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Lorenzo Bartoli e Roberto Recchioni, John Doe

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Ciao Roberto, ciao Lorenzo, bentornati su Comicus. Arriviamo subito al punto. Qual è stata la vostra reazione quando avete ricevuto la proposta del rilancio di John Doe? Raccontateci com'è andata.

Bartoli: Enzo Marino, ex direttore amministrativo dell’Eura e attuale proprietario dell’Aurea, ha sempre sostenuto di amare John come e più di noi. E ci ha fatto una promessa, quella di riprendere appena possibile le pubblicazioni del ragazzo meraviglia. Dovevamo solo aspettare tempi migliori. Abbiamo aspettato. La mia reazione è stata quella di chi – in fondo – sapeva che una storia come quella di John Doe meritava di essere raccontata fino in fondo. Troppo amore da parte dei lettori: credo che l’Eura, al momento della chiusura, abbia ricevuto più di duemila email di protesta. Ci credevo e ci contavo, insomma. Quando è successo per davvero ho solo sorriso e preso atto che Enzo era stato di parola.

Possiamo quindi dire che John Doe è alla sua quarta stagione? Una quinta? O è invece qualcosa di diverso?

Bartoli: Io credo che la differenziazione netta tra le stagioni sia sì programmatica, ma anche “comoda” per chi voglia cercare di recuperare albi arretrati o salire in corsa sulla storyline principale. Azzeriamo e resettiamo ogni volta, ma senza perdere di vista il lettore hardcore e affamato di continuity. Abbiamo fatto così ancora una volta, con la complicazione strutturale di dover pensare a quelli (speriamo molti) che scelgono di comprare il numero uno di una nuova serie un po’ a scatola chiusa.

Recchioni: Se ci stiamo affidando ai termini usati dalle serie televisive e dal fumetto USA, è la nuova serie di John Doe, stagione uno. La vecchia serie è composta da quattro stagioni.

A circa un anno dall'uscita dell'ultimo numero, la vostra concezione del personaggio e della storia è in qualche modo mutata?

Bartoli: Un po’. Parlo per me, ovviamente. Mi sento più alla ricerca di un connubio tra la pesantezza dei temi trattati (il cosa) e un’auspicabile leggerezza nel raccontarli (il come). Non siamo dei fini umoristi, io e Roberto. E magari ridiamo e ci divertiamo per il modo in cui guardiamo le situazioni più drammatiche della vita. Ma stiamo cercando di proporre un JD pesantemente leggero, passatemi la frase.

Recchioni: Del personaggio, no. E in termini assoluti, nemmeno della storia complessiva. La storia di JD finirà come avevamo previsto, parecchi anni fa. Ma prenderemo una strada diversa rispetto a quello che avevamo pensato.

È stata dure riprendere in mano il personaggio dopo che la parola fine dell'ultimo numero ha sentenziato l'addio di John Doe alle edicole?

Bartoli: No. John è pieno di materiali per noi interessanti. È pane quotidiano. Il difficile è stato ed è cercare di giocare al raddoppio e senza barare. Ci divertiamo a scriverlo, questo è innegabile e si sente. Poi, in un certo senso, parte della strada narrativa era già tracciata, brillava come un neon difettoso davanti ai nostri occhi. La macchina era accesa, il motore caldo e le intenzioni erano e sono quelle della prima stagione: belle storie, dritti verso il finale.

Recchioni: Per me, abbastanza. Ma non perché JD fosse cambiato quanto perché ero io ad aver cambiato i miei tempi di produzione e la mia maniera di scrivere. Tornare a lavorare in quella macchina tritasassi che è la produzione mensile di un fumetto seriale, al di fuori della Bonelli, è stata un’esperienza difficile. Una volta che mi ci sono abituato di nuovo, però, non ho avuto difficoltà a ritrovare le chiavi del personaggio e sono tornato a divertirmi con lui.
 
Dite la verità, eravate già in contatto con qualche altro editore?

Bartoli: Niente di concreto. Come ti ho detto prima, fiducia nel personaggio ce n’è sempre stata, ma è mancata la fretta di vendere o di stringere accordi con altri. L’Eura ci ha dato una libertà narrativa che in un seriale è difficile da riscontrare. Questo, per gli autori, conta. E quindi, abbiamo aspettato. E abbiamo fatto bene.

Recchioni: No.

Roberto, in una vecchia intervista per Comicus hai dato una lettura delle prime tre stagioni che le assimilava, per stilemi, focus narrativo e volontà sperimentale, a un bonellide (la prima), a una testate supereroistica tipo X-Men (la seconda), a un manga (la terza). Se dovessi proseguire questo parallelismo come parleresti delle nuove storie che andremo a leggere?

Recchioni: A una commedia.

Come muterà la continuity originale della storia principale di John Doe rispetto a quanto previsto prima dell'interruzione?

Bartoli: Mah. Diciamo che non ridurrei tutto a un discorso di continuity. Sappiamo dove andare e come andarci. Ma non conosciamo tutte le tappe. C’è un margine per il cambiamento, per la sorpresa, per lo stupore del viaggio. Abbiamo la macchina, la benzina e una mappa della struttura principale. Ma le fermate, le tappe forzate, quelle non sappiamo ancora bene che contributo daranno alla vita editoriale e narrativa del corpus di JD.

Recchioni: Abbiamo dovuto tagliare via tutta una parte che avrebbe visto JD alle prese con la creazione di un nuovo mondo e la gestione di esso. Ma non è stato malissimo perché, in questa maniera, possiamo concentrarci di più sugli aspetti davvero importanti della storia che abbiamo in mente e badare solo al sodo.

Da vostre dichiarazioni in rete si capisce che questa serie sarà fruibile ai nuovi lettori, ma sarà comunque la prosecuzione di quella vecchia. Quanto è stato difficile raggiungere questo equilibrio fra vecchio e nuovo?

Bartoli: Molto. E devo dire che il peso di questa doppia lettura, almeno all’inizio, se l’è accollato quasi tutto Roberto. Ma anche il prode Mauro Uzzeo sta facendo ottime cose, visto che ha una testa da fumetto come ne ho viste pochissime in 23 anni di carriera. Tornando alla domanda, il vecchio è suggerito, il nuovo è sotto gli occhi di tutti, in un gioco di scatole cinesi che farà sorridere soprattutto alla luce di una seconda lettura, tipo una visione ulteriore de "Il sesto senso" una volta che conosci il colpo di scena. Ti diverti di meno per certi versi e di più per altri.

Recchioni: Parecchio. Nel primo numero ho dovuto esibirmi in un paio di giochi di prestigio mica da ridere ma devo ammettere che è stato molto stimolante e che mi ha permesso di mettere a frutto molte delle cose che ho imparato a proposito del passaggio delle informazioni.
 
Una storia a fumetti, inevitabilmente, oltre ad essere figlia degli autori che vi lavorano, è figlia del suo tempo. Quanto la situazione nazionale e internazionale influenza le tue sceneggiature?

Bartoli: Poco. L’uomo fa errori universali, ama e odia sempre allo stesso modo. Io sono un cacciatore di storie, non di mode. In questi anni, di certo, si è sedimentato qualche ingrediente nuovo della cultura pop e di sicuro lo useremo per metaforizzare o far brillare certi concetti. Ma niente di decisivo, almeno per quanto mi riguarda.

Recchioni: In maniera abbastanza rilevante ma, come sempre, non direttamente evidente in termini di narrazione. Questa nuova avventura di JD ruota tutto intorno ai temi della religione e della fede e ignorare come questa si riflette nel nostro mondo reale sarebbe impossibile.

Da chi sarà composto il nuovo cast di John Doe?

Bartoli: Di Uzzeo ho già detto. I disegnatori sicuri sono Riccardo Torti, Silvia Califano, Luca Maresca, Fabrizio Galliccia, Luca Genovese, Andrea Accardi e qualcun altro che non ha ancora messo mano alla matita. Un cast di tutto rispetto, secondo il mio punto di vista, con un’attenzione di nuovo focalizzata anche sui giovani e sugli esordienti.

Recchioni: Oltre quelli detti da Lorenzo, anche Davide De Cubellis, Massimo Dall’Oglio e altri disegnatori che verranno annunciati in corso d’opera. Come al solito, cercheremo di alternare dei validi professionisti a degli esordienti di belle speranze.

Com’è avvenuta la scelta del nuovo copertinista?

Recchioni: Nella maniera più semplice del mondo. Non ci è venuto in mente nessuno più bravo di Davide in giro.
 
Bartoli: Massimo Carnevale è unico, solo e inimitabile. Ci serviva un artista con una cifra personale forte e con una capacità sintetica nell’immagine singola. Davide De Cubellis era perfetto per queste esigenze. E sta prendendoci la mano, ogni copertina che realizza è un paio di spanne migliore di quella precedente. È pop, moderno, classico, conosce i mezzi che usa e sa raccontare. Siamo soddisfattissimi, si nota?

Potete darci qualche anticipazione su quello che troveremo nei prossimi numeri?

Recchioni: No.

Bartoli: No. Ma preparatevi a scherzare con i santi.

Oltre a John Doe, su cosa state lavorando ora?

Bartoli: Parecchie cose extra fumetto. Nel nostro ambito, invece, sono felice di annunciarvi che a Lucca troverete anche il numero zero di un nuovo progetto Aurea: Alice Dark. Alle matite Andrea Domestici, per ricomporre la coppia del lontanissimo, ma mai troppo dimenticato, Arthur King. Sarà una serie da edicola, a colori, con uno stile davvero interessante. Per il resto, ho scritto un piccolo film indipendente, curato la Bibbia di una serie tv, scritto un soggetto per un film sportivo e fatto da consulente a una casa di produzione. Al piccolo film tengo moltissimo, perché potrebbe risultare più esplosivo di tanta roba fatta con i soldi veri.

Recchioni: Alcuni progetti per la Bonelli e alcuni volumi come autore unico.

Ultima domanda. Un numero: 99. Dopodiché?

Recchioni: Intanto arriviamoci.

Bartoli: Dopo il 99 John si riposerà. Per sempre, credo. Almeno nella formula editoriale del mensile da edicola. Su altri fronti, sarà più vitale che mai. Grazie per l’attenzione, ciao!



Redazione Comicus
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