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Valter Buio: Alessandro Bilotta

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Ciao Alessandro, bentornato su Comicus.
È al suo esordio la maxiserie Valter Buio, 12 numeri per la Star Comics. Illustraci questo tuo nuovo lavoro.

Valter Buio è un personaggio da scoprire un numero dopo l’altro, difficile riuscire a descriverlo in due battute. Vediamo se con questa intervista riesco ad avvicinarmici il più possibile.

Com'è nata l'idea per questa serie, come si è sviluppata e quanto tempo è passato prima di vedere il primo numero in edicola?

Dario Gulli della Star Comics è uno dei più grandi esperti italiani di horror. Abbiamo cominciato a parlare di questo progetto circa un anno fa, mi interessava realizzare una serie del genere dandogli una forte connotazione psicologica e d’introspezione. Siamo partiti subito e, in meno di un anno, eccoci qui.

Parlaci di Valter Buio, il protagonista. Che personaggio è?

Valter fa lo strano mestiere dello psicanalista di fantasmi. Riceve le anime in pena di coloro che restano in un limbo in cui non fanno più parte di questo mondo, ma comunque non riescono ad abbandonarlo del tutto. Sono spiriti che il “Dottor Buio” chiama Inconsci, perché devono risolvere un evento traumatico, spesso legato alla loro morte. Valter è un personaggio che cerco di rendere quanto più realistico e umano possibile, sono finite su di lui diverse caratteristiche che mi appartengono. Una certa riflessività, la tendenza a sorprendersi, qualche ossessione come quella di perseguitare l’ex moglie che lo ha lasciato per rifarsi una vita. Uno tutt’altro che perfetto che, se fa a botte, le prende.

Come sarà la serie? Essendo il protagonista uno psicologo, io la immagino come una serie in cui ci sarà molta introspezione con un pizzico di soprannaturalità. Confermi la mia impressione?

Con i pochi dati ancora a disposizione, sei riuscito a sviluppare un’impressione precisa al millimetro. Non avrei saputo definirla meglio.

Che argomenti toccherà la serie?

Non voglio anticipare troppo, ma già a partire dai primi numeri ci saranno le domande più ricorrenti dell’esistenza che danno vita alle fobie più comuni. La paura della morte, la ricerca ossessiva del senso della vita, rimorsi del passato, ansia di conoscere il futuro.

Ci sarà un filo narrativo conduttore, leggi continuity, fra le storie o i vari episodi sono tutti autoconclusivi?

La miniserie è sviluppata come una serie, nel senso che ogni episodio è leggibile separatamente. Allo stesso tempo gli eventi che accadono ai protagonisti in un episodio si ripercuotono anche in quelli successivi. Comunque alla fine non resterà in sospeso nessuna vicenda o sottotrama.

Come mai è stata scelta Roma come ambientazione? Ti trovi bene ad ambientare storie in Italia?

Ogni volta che ho creato una serie l’ho ambientata a Roma, perfino i progetti che ho realizzato per il mercato francese. Penso che più un personaggio sia radicato nell’ambiente in cui si svolgono le vicende, più la storia sia interessante. Roma è la città che conosco meglio e che quindi posso raccontare al meglio. In Valter Buio ho avuto l’ambizione di rendere protagonista delle storie proprio questa città dove luoghi vecchi di millenni coesistono accanto a edifici modernissimi, proprio come metaforicamente le anime di è passato camminano accanto a chi è ancora.

Come si è formato il team artistico?

Insieme a Dario Gulli abbiamo ragionato su quali potessero essere i disegnatori della Star Comics che sentissero più nelle corde questo tipo di progetto. Per me richiedeva molto realismo, atmosfera e capacità di far recitare i personaggi. Il team è formato da sette disegnatori e un copertinista. Tra loro ci sono alcune delle colonne portanti della Star Comics, come Ivan Vitolo, Francesco Bonanno, Giuseppe Candita, Matteo Mosca e Sergio Gerasi, che ha realizzato il numero 1 e ha collaborato alla creazione grafica del personaggio insieme ad Andrea Rossetto, disegnatore visto all’opera con gli Les Humanoïdes Associés e colorista della mia serie Romano, pubblicata in Francia da Vents d’Ouest. A loro si aggiunge Andrea Del Campo, che viene da diversi anni di collaborazione con l’Eura, e il copertinista Paolo Martinello, al lavoro in Francia per Glénat.

Che indicazioni hai dato ai disegnatori sul protagonista e sulle ambientazioni in generale?

Come ti dicevo, e i disegnatori sono stufi di sentirselo ripetere, per me contano unicamente i personaggi, la loro caratterizzazione e recitazione. I personaggi hanno risvolti drammatici, ma anche sfumature di commedia, senza mai essere macchiette. Inoltre abbiamo cercato di creare delle caratteristiche fisiche italiane, che i personaggi non avessero quelle fisionomie esterofile stereotipate viste mille volte, è un modo di ragionare e di lavorare quasi inedito. Insomma un realismo da vita quotidiana che non è facile da ottenere, chi si aspetta una serie con i fantasmi che attraversano i muri, rimarrà deluso. Sono davvero contento dal lavoro che hanno fatto tutti quanti, Martinello, Gerasi, Del Campo, Rossetto, Vitolo, Bonanno, Candita e Sansone, siamo un gruppo e il merito va diviso tra tutti.

Da autore "da libreria" sei diventato un autore molto presente in edicola. Come hai vissuto questo passaggio e come ha inciso sul tuo modo di lavorare e di scrivere?

L’autore da libreria e quello da edicola in questo momento coesistono occupando lo stesso corpo. Nessuno dei due ostacola l’altro, ma vivono in una schizofrenia perfetta. Sicuramente sono due diversi approcci alla scrittura, ma posso dirti che un’esperienza arricchisce l’altra e che su entrambi i modi di lavorare sto focalizzando quelli che per me stanno diventando degli elementi imprescindibili, cioè una maggiore semplicità mirata al sodo, ai contenuti fondamentali dei protagonisti e al momento in cui questi si manifestano, quella che Italo Calvino chiamava l’epifania dei personaggi.

Come procede il tuo lavoro su Dylan Dog? Circa un mese fa è uscito il tuo primo racconto per la serie regolare dell'Indagatore dell'Incubo, che emozioni hai provato?

Leggevo Dylan Dog da ragazzo, mi ha formato come lettore di fumetti e non solo. Forse da piccolo mai avrei pensato di finire qui ed è una cosa che quando ci ripenso, mi emoziona ogni volta.
Ormai la mia collaborazione con Dylan Dog prosegue da quattro anni, e in genere quando escono le storie, sono già elaborate e digerite, magari da qualche anno. Non riesco mai a godere molto di qualcosa quando esce, sono sempre concentrato su ciò a cui sto lavorando al momento, l’istante di vera emozione è quando metto il punto a un soggetto o a una sceneggiatura e mi sembra che tutto quadri, come in un ordine misterioso di eventi che ancora una volta si è ripetuto.

Com'è lavorare su un personaggio tutto nuovo come Valter Buio e su un'icona come Dylan Dog così codificata. Dove pensi ci siano maggiori difficoltà?

Dico sempre che scrivere una serie già esistente e crearne una propria sono due mestieri radicalmente differenti. Dal mio punto di vista, un personaggio storico come Dylan Dog ha bisogno soprattutto di umiltà e dedizione da parte di un autore. Creare una nuova serie invece significa cercare di offrire al lettore qualcosa di diverso da quello che già c’è, per temi e modi di raccontarli.

È in dirittura d'arrivo il quarto ed ultimo volume de La Dottrina. Quali sono le tue sensazioni a proposito?

Sono delle sensazioni di grande malinconia. È un lavoro che ha accompagnato me e Carmine Di Giandomenico per molti anni, quasi dieci, ora che è finito personalmente mi accorgo che è un pezzo della mia vita. È stato un parto difficile, faticoso e ragionato, l’edificio che ci lasciamo alle spalle è complesso ed emozionante, almeno per noi, ma è anche qualcosa che ci dà enorme soddisfazione.

Attualmente a cosa stai lavorando?

Per un anno non potrò dedicarmi a molto altro oltre alla collaborazione con Dylan Dog e a seguire i mille impegni connessi a Valter Buio. Dopo questi dodici mesi potremmo ritrovarci e fare delle valutazioni e progetti per quello che sarà. Quella cosa lì, il futuro, è un mistero anche per me. Sono qui che lo aspetto, sempre senza troppa fretta.


Gennaro Costanzo
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