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Liniers, Macanudo

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Intervista a cura di Carlo Alberto “Deboroh” Montori
Traduzione a cura di Sarah Passacantilli


Ciao Liniers. Innanzitutto, non ci pare che tu abbia l'aspetto di un coniglio. Perché hai scelto proprio un coniglio come tuo alter-ego a fumetti?

Oh, è cominciato tutto a una manifestazione a Berlino 5 anni fa, dove erano ospitati artisti di diverso tipo e ognuno doveva realizzare qualcosa. Io ero l'unico disegnatore e per di più ero il primo della lista, per cui mi sono ritrovato a dover fare qualcosa senza avere come metro di paragone il lavoro altrui; ho deciso di rappresentarmi, ma trasformandomi in un coniglio perché pensavo fosse più "artistico".Il perché di questa scelta forse risiede nel fatto che fossi già abituato a scarabocchiare conigli, già da tempo.

I tuoi fumetti sono molto sperimentali e diversi da ogni altra opera in circolazione: a quale pubblico ti rivolgi e chi pensi possa apprezzare maggiormente le tue strip?


Non ho assolutamente idea di che razza di persone potrebbero essere quelle che leggono i miei fumetti. Io mi limito a realizzare qualcosa che mi diverta ogni giorno, forse è un atteggiamento egoista ma forse è il modo giusto per soddisfare i lettori e non finire negli schemi di altre opere già esistenti.

Il tuo umorismo fa ampio utilizzo di gag assurde ed elementi surreali: da questo punto di vista quali sono le tue principali influenze, nel campo del fumetto e non?


Beh, credo che l'umorismo surreale sia il modo più facile di sorprendere il lettore, presentandogli all'improvviso un elemento che non poteva minimamente immaginarsi. In questo la mia influenza principale sono stati molto probabilmente i Monty Phyton; per il mio gusto personale adoro anche Ren e Stimpy, due personaggi che sembrano disegnati per un pubblico di bambini, con uno stile simile a quello di Tex Avery, ma ai quali poi capitano cose tremende e soffrono in modo incredibile.

A differenza della maggior parte delle strip, Macanudo non ha un cast fisso. Certo, ci sono personaggi ricorrenti, ma non approfonditi come avviene ad esempio nei Peanuts, Mafalda, Calvin & Hobbes, e per questo non è possibile creare vicende che si sviluppino nel tempo... L'esempio più vicino può essere The Far Side di Gary Larson. Percepisci questo più come un limite o come un modo per creare più liberamente?

Volevo un po' di entrambe le cose. Mi piaceva sfruttare le potenzialità della strip quotidiana, con elementi e situazioni ricorrenti come avviene ad esempio nei Peanuts o in Mafalda; questi fumetti però avevano una struttura che non permetteva ai loro autori di prendersi certe libertà e realizzare qualcosa che presentasse elementi surreali o che non c'entrassero nulla con il cast regolare. Sentivo che non avrei mai potuto lavorare così: se mi fossi messo al lavoro su una strip sui pinguini dovendo disegnare ogni giorno sempre e solo pinguini, probabilmente dopo un po' di tempo avrei provato l'irrefrenabile impulso di recarmi in Antartide e fare una strage.

In Italia, la situazione per le strip non è tra le più rosee: sui quotidiani sono praticamente assenti e sono realizzate per lo più da autori amatoriali che le presentano online, e solo pochi fortunati vengono notati da una piccola casa editrice che realizza raccolte stampate per un pubblico di nicchia.

Com'è la situazione in Argentina? Quali pensi siano i punti di forza di questo formato e per quali motivi dovrebbe essere considerato alla pari di altri tipi di fumetto?

In Argentina le strip sono l'unico modo per fare soldi nel campo dei fumetti, posso dire di essere molto fortunato ad essere un autore che si trova a proprio agio a lavorare su questo formato. Lì infatti difficilmente le persone si interessano al fumetto, entrando in una libreria specializzata per cercare ad esempio l'ultimo libro di Daniel Clowes. Così la pubblicazione delle strip è l'unico modo per raggiungere il grande pubblico, che non compra il quotidiano per le strip ma se le trova lì e comincia a seguirle con fedeltà. Inoltre lo spazio ridotto che occupa una strip permette di fornire una panoramica più ampia della produzione fumettistica: il lettore infatti si ritrova in una sola pagina opere di artisti argentini come Quino e Roberto Fontanarrosa, ma anche strip straniere come Zits.


I ritmi e gli spazi della striscia quotidiana sono piuttosto serrati: hai mai pensato di sperimentare il tuo stile in qualche opera a più ampio respiro, con più tempo a disposizione per realizzarla?

Proprio un mese fa ho terminato una storia lunga, che probabilmente sarà raccolta in volume: si intitola Posters e originariamente è stata pubblicata a puntate di 12 pagine l'una, su una rivista mensile.
La realizzazione è stata alquanto bizzarra, dato che scrivendo solo una dozzina di pagine al mese la serializzazione è durata circa 9 anni: ogni mese mi limitavo a rileggere quanto avevo fatto il mese precedente, ormai dimenticandomi tutto quello che avevo realizzato prima.

È evidente in Macanudo il desiderio di sperimentare, potremmo considerarlo una sorta di laboratorio fumettistico nel quale cerchi di realizzare ogni volta qualcosa di nuovo che possa sorprendere e spiazzare le aspettative del lettore. Da cosa nasce l'idea che ti spinge a realizzare strip simili?


Le mie intenzioni erano di realizzare qualcosa in cui io per primo non avrei saputo cosa sarebbe avvenuto di giorno in giorno, e il formato strip mi agevola molto da questo punto di vista. Ora posso fare praticamente quello che voglio e gettarlo immediatamente in pasto ai lettori: prima di Macanudo disegnavo la striscia settimanale Bonjour, ma i tempi più lunghi mi permettevano di idearla con più calma, pensare a come perfezionarla, rimuginare su eventuali correzioni...

Come pensi che il grande pubblico abbia potuto accettare una strip così bizzarra, che in alcuni punti sembra quasi sfidarlo a leggere qualcosa di completamente insensato (ad esempio alla serie "Conceptual Incomprensible")?


La mia fortuna è che i responsabili dei giornali argentini sono abbastanza pigri e non prestano troppa attenzione alle strip a fumetti, per cui posso permettermi di fare cose impensabili; ad esempio non potrei mai lavorare in uno show televisivo, dato che in tv c'è un processo più rigoroso e con molti più controlli, avrei dei blocchi che con la strip quotidiana non ho.
Credo inoltre che il mio umorismo non sia completamente insensato, ma si basa su una sorta di codice che si sviluppa in comune col lettore: inizialmente appare più ostico e di difficile comprensione, ma quando inizi ad afferrarne il senso ne sei completamente catturato e non puoi più farne a meno. Un po' come il whisky: è difficile entrare a far parte dei dipendenti di whisky, ma una volta che sei entrato nel tunnel non puoi più uscirne. Ecco, Macanudo è il whisky dei fumetti.

Per finire, una risposta che tutti i tuoi lettori vogliono conoscere: qual è il grande segreto che si cela dietro il misterioso uomo in nero? Vedremo mai una graphic novel noir che ci racconterà il suo turbolento passato?


In realtà il suo passato è misterioso anche per me: inizialmente avevo provato a cercare delle spiegazioni nella mia testa e dargli un background, pensando che potesse essere morto o chissà cos'altro... Poi ho pensato che il modo migliore per far sì che il personaggio fosse effettivamente misterioso per il lettore è che lo rimanga anche per me.
Il più grande mistero però è come il personaggio possa essere ancora presente nelle mie strip: la prima volta che lo disegnai pensai "È la cosa più stupida che io abbia mai disegnato, sarà la fine della mia carriera di fumettista!", poi invece al successivo incontro con i lettori un sacco di fan mi chiesero un suo disegno, così capì che forse non era stata la peggiore delle mie idee.


Redazione Comicus
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