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Emilio Balcarce, storie da un futuro odierno

Salve Emilio e benvenuto su Comicus!
Sei recentemente tornato al fumetto dopo un lungo periodo nel quale ti eri defilato da questo media. L’urgenza di raccontare nuove storie e situazioni ti vede adesso sulle pagine di Skorpio, storico settimanale dell’Eura Editoriale che assieme a Lanciostory ha presentato nel nostro Paese tanti tuoi lavori in passato. Adesso ecco Funeral, miniserie in 6 capitoli scritta insieme a Héctor López e disegnata da Jok (pseudonimo di Diego Coglitore), autore di cui si parla molto bene.
Puoi raccontare questo tuo ritorno al fumetto? Le sensazioni, le prospettive...

Mi sento come se fossi rimasto in animazione sospesa su una nave spaziale e mi fossi svegliato in un nuovo mondo. È cambiato tutto, la modalità di scrivere e disegnare, pure quella di relazionarsi con gli editori, grazie al computer. Ho molto entusiasmo e una grande quantità di idee accumulate in questi venti e passa anni che sono stato lontano dal fumetto per problematiche editoriali, lavorative e familiari. Confido che i lettori mi appoggino in questo ritorno.

La tua produzione a fumetti verte soprattutto sul genere fantascientifico, ma in qualità di romanziere e giornalista hai spaziato tra l’erotismo e il racconto di cronaca. Ci descrivi i diversi approcci alle tematiche?

La fantascienza è la mia passione. La parentesi dell’erotismo accadde per necessità, quando mi sposai chiusero tutte le case editrici per le quali lavoravo e un editore mi dette questa possibilità: scrivere racconti erotici. Questo, paradossalmente, mi condusse al giornalismo perché ad un altro editore piacquero i miei racconti e mi offrì di scrivere cronache poliziesche. Così iniziai, fino ad arrivare ad essere caporedattore del quotidiano Crónica di Buenos Aires, dove attualmente lavoro.

Oltre trent’anni fa hai conosciuto Alberto Salinas che ti ha indirizzato presso la Ediciones Record dove hai speso la prima parte della carriera di sceneggiatore. Un ricordo del creatore grafico di Dago e dei tuoi esordi nel settore.

Mia madre, scomparsa recentemente, era infermiera. Per casualità si trovò a curare il grande Alberto Salinas, in qualità di paziente. Così conobbi lui e anche il suo celebre padre, José Luis Salinas, e gli mostrai le mie storie disegnate [Balcarce agli inizi era anche disegnatore, NdR]. Ma alla fine piacquero più le mie sceneggiature e le portò presso le Ediciones Record. Fu il mio padrino negli esordi della mia carriera e gli sarò perennemente grato. Oltre all'eccellente Dago, con il mio stimato collega Robin Wood, mi piacque molto anche Los Vortrekkers [in Italia Continente nero, pubblicata su Skorpio nel 1977/78, NdR], la serie che realizzò con Alfredo Grassi. La sua morte mi dispiacque moltissimo.

Hai lavorato con un mostro sacro della historieta come Juan Zanotto, compianto autore di tanti personaggi indimenticabili, con la saga Cronache del Tempo Medio. Com’è stato lavorare con un perfezionista grafico come lui, grazie a una storia dai vari livelli narrativi?

Juan Zanotto fu il primo disegnatore che mi chiese di progettare una serie, e così dedicai molto tempo alla realizzazione di Cronache del Tempo Medio. Era il sogno della mia vita perfettamente compiuto, perché fu il primo artista che mi colpì graficamente quando ero un adolescente. Mai avrei immaginato che un giorno sarei riuscito a lavorare con lui. Furono quattro anni di collaborazione nella forma ideale nella quale devono lavorare disegnatore e sceneggiatore: a stretto contatto nella proposta e discussione di idee. Fino a quel momento, vendevo i miei lavori e l'editoriale decideva chi li doveva disegnare. Non esisteva alcun contatto tra sceneggiatore e disegnatore. Con Zanotto ho conosciuto il metodo lavorativo ideale.

Tra gli altri artisti che hanno lavorato con te ci piace citare Leonardo Manco, ormai lanciatissimo nel mercato nordamericano. Ma le collaborazioni eccellenti non mancano nel tuo carnet: Arturo del Castillo, Juan Giménez, Enio, Lucho Olivera e tanti altri hanno contribuito a tradurre in immagini le tue storie.
Chi sono i tuoi partner odierni, nei lavori che vedremo prossimamente? Puoi tracciare una scheda delle serie?

Dico sempre che il miglior disegnatore è colui che supera ciò che uno immagina nel suo cervello, e ho avuto la ventura di lavorare con vari mostri in tale senso.
Attualmente sto lavorando con Jok, disegnatore di Funeral, in una nuova miniserie dal titolo Terminal di genere steampunk, un western spaziale, i cui diritti di pubblicazione sono stati venduti all’Eura. E abbiamo altri due progetti: Knightmare, cavalieri medievali in un futuro apocalittico, e Valkiria, di extraterrestri e vichinghi.
Con Guillermo Donés sto terminando Cazadores, racconti di fantascienza sulla caccia e abbiamo in progetto Marea roja, un dramma marittimo.
E con Diego Garavano, l'eccellente colorista di Donés, abbiamo venduto all’Eura la miniserie Ecologicas, con capitoli brevi e poetici, di 2 pagine ognuno, sul tema che attualmente preoccupa tanto l'umanità.

Quale è adesso lo scenario argentino per il settore delle historietas dopo la grave crisi economica degli anni passati? Quale formato riesce meglio a fare breccia negli appassionati, l’antica formula della rivista con varie storie o il volume monografico?

In Argentina non esistono attualmente grandi gruppi editoriali di fumetti come in passato. Sono scomparse tutte e gli autori lavorano in maggioranza per Europa o Stati Uniti. Seguono le fanzine realizzate da autori esordienti e alcune riviste, come la rinata “Fierro” pubblicata dall’editore del quotidiano Página 12. E ci sono alcune case che stanno pubblicando volumi, ma sono molto poche, purtroppo.

Grazie per questa chiacchierata, Emilio. Ci auguriamo di leggere presto tanti altri lavori di tua creazione.

Grazie a voi per l'intervista. È stata un'emozione grande tornare a lavorare per l’Italia, Paese a me caro dove ho pubblicato tutta la mia produzione. Mi auguro che il mio ritorno sia benvenuto alla generazione di lettori che mi lesse 20 anni fa così come alla nuova generazione.
 
 



Giovanni La Mantia
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