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Giacomo Nanni: Cronachette

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Intervista a cura di Carlo Alberto Montori.


Cronachette 2Ciao Giacomo e benvenuto su Comicus! Ci vuoi raccontare un po' di te e di come sei arrivato nel mondo del fumetto?

Ho trentotto anni. Ho pubblicato la prima storia a fumetti sulla rivista Black di Coconino Press otto anni fa. Nel frattempo ho cominciato assieme ad altri autori ad autoprodurre una rivista a fumetti chiamata Canicola, e in seguito per Coconino ho pubblicato tre libri.
Mi ero avvicinato al fumetto come "professione" già parecchi anni fa, perchè a Rimini nel 1986/87 c'era una succursale della scuola Feininger, dove mi ero iscritto perchè stava a nemmeno cento metri da casa mia, e ho seguito per qualche mese le lezioni di Daniele Brolli e diversi stage con gli insegnanti della scuola di allora, fra cui Igort, Giorgio Carpinteri, Massimo Giacon... Avevo solo 15/16 anni, ero troppo giovane, non è servito a molto sul momento. Poi ho frequentato la Scuola del Libro di Urbino, sezione Disegno Animato. Anche questa risale a diversi anni fa ormai.

Cronachette è nato sul tuo sito, sottoforma di tavole autoconclusive che pubblicavi tu stesso; all'inizio di questo progetto cos'era Cronachette nella tua testa? Una sorta di "blog" del rapporto tra te e il tuo gatto, un banco di prova dove sperimentare orizzonti del medium fumetto che in altri tipi di storie non ti era permesso fare, o che altro ancora?

Quando ho cominciato a pubblicare le prime tavole di Cronachette sul blog, non avevo un'idea precisa di quello che sarebbe diventato.
"Banco di prova" forse è il termine giusto, perché mi sentivo libero di pubblicare qualunque cosa, ma mi sono subito posto anche nell'ottica di disegnare qualcosa di leggero, da leggere distrattamente, come succede spesso con i blog. Avevo precisa l'idea che ogni tavola avrebbe dovuto essere leggibile di per sé, autonomamente, in modo che se non ti eri letto quelle precedenti riuscivi comunque a coglierne il senso. Più che esplorare nuovi orizzonti, sono andato a rileggermi per esempio le vecchie comic strip americane, soprattutto quelle di avventura: dove c'era uno sviluppo nella storia, ma ogni striscia presa singolarmente era già un brevissimo racconto autoconclusivo. Se prendi le vecchie storie di Rip Kirby, o Dick Tracy è così, c'è un racconto che si sviluppa, ma ogni striscia ha una sua propria autonomia e i personaggi non si evolvono veramente. Quindi l'idea principale era di utilizzare quella concezione sulla tavola singola per disegnare una specie di autobiografia. Poi quando mi sono trovato di fronte alla possibilità di farne un libro ho potuto riorganizzare lo stesso materiale con altrettanta libertà, e così molte delle tavole che avevo postato sul blog per esempio, sul libro non sono comparse, ma ne ho disegnate molte di nuove. Più della metà del materiale del libro non è mai uscito sul blog.

Cronachette 2 è un prequel che racconta "le origini" di Esterina: il fatto che questo secondo volume abbia una narrazione più lineare è riconducibile alla necessità di raccontare questa storia, o è legato alla consapevolezza comunque che quei fumetti sarebbero stati poi raccolti in un albo?

Entrambe le cose. Ho disegnato il libro di getto, una tavola dopo l'altra, anzi due tavole alla volta, in modo da dare comunque un ritmo unitario all'insieme, nel senso che alla fine di ogni coppia di tavole è sempre presente una sorta di gag, anche se il racconto continua nelle pagine seguenti. Il fatto di concepirlo direttamente come libro mi ha permesso di inserirvi una storia un poco più articolata, con uno sviluppo e una conclusione, diversamente dal primo volume. Avevo chiaro in mente quello che sarebbe successo di pagina in pagina. Ho avuto un anno intero per pensarci, molti appunti a cui fare riferimento e soprattutto i ricordi di quel che era successo veramente, perché è autobiografico anche questo. Di conseguenza il libro ha assunto una forma meno frammentaria.

Visto l'argomento dei volumi, una domanda è d'obbligo: come definiresti il tuo rapporto col mondo felino?

Direi buono. In realtà non è che io sia un appassionato di gatti, è solo che ne ho avuto più di uno e mi pareva che nonostante la quantità enorme di animali presente nei fumetti fin dalle origini, fossero sempre stati utilizzati per raccontare per lo più cose umane. Cronachette cerca il punto di vista del gatto. L'ambiente in cui si svolge l'azione è quello umano, la casa, ma è vissuto in termini felini, non viceversa. Cioè racconta di come dorme, come mangia, come gioca, come corre un gatto vero e proprio, non un gatto vestito da uomo. Ma allo stesso tempo quel gatto è anche un vero personaggio dei fumetti, perché parla, ride, piange... insomma è disegnato, non è reale. Forse racconta di una differenza che è impossibile colmare fra due universi che allo stesso tempo si compenetrano fra loro, quello umano e quello animale.

Le altre tue storie (Storia di uno che andò in cerca della paura e Una vita violenta) hanno uno stile grafico ma soprattutto narrativo molto differente rispetto a Cronachette. È una tua innata versatilità che ti porta a sperimentare lavori molto diversi tra loro, o ti sforzi per ogni storia che vuoi scrivere di trovare i toni e la forma che più si adattano al racconto?

Mi sforzo di trovare i toni e la forma che più si adattano al racconto. Poi questa idea nel primo volume di Cronachette è portata all'estremo, visto che ci sono cambi di stile anche da una pagina all'altra, mentre nel volume appena uscito c'è una maggior coerenza stilistica. In Storia di uno, riuscire a mantenere una certa omogeneità di stile dall'inizio alla fine del libro è stata la cosa più impegnativa, anche considerato il fatto che ci ho messo più di due anni a disegnarlo. E in effetti lo stile originario del libro, quando avevo cominciato, era un poco più lieve ed ironico di quello che è diventato poi, quando lo stavo terminando, e ho dovuto ridisegnare alcune tavole per questo motivo, perché l'atmosfera era  completamente cambiata e aveva assunto toni piuttosto drammatici che non avevo previsto. Ero partito da una fiaba e ne è venuta fuori una specie di tragedia amletica. Anche se leggi le storie uscite su Canicola, in generale lo stile di disegno cambia da una storia all'altra. Spesso dipende anche dalla tecnica che si utilizza. Lo stesso disegnatore con in mano un pennino, un pennello, un rapidograph o una matita, farà sempre cose diverse a seconda dei materiali che sta utilizzando. Credo che valga per tutti.

In Cronachette 2, ancor più che nel primo, ci sono molti elementi assurdi e alcuni veri e propri paradossi metafumettistici. Questo deriva da un tuo personale gusto per il surreale, o è un mezzo attraverso il quale vuoi cercare di infrangere i limiti e le regole della comunicazione fumettistica?

Io credo che i limiti e le regole, anche quando sono imposti dall'esterno, da un editore o dal genere "letterario" cui si fa riferimento, vadano riconosciuti come una ricchezza. Credo sia una questione di equilibri. È possibile comunque giocare con le aspettative del lettore per esempio, sondare i limiti della cosidetta sospensione dell'incredulità.
Anche una totale invenzione, per essere raccontata ha bisogno di confrontarsi con la realtà così come siamo abituati a percepirla. La stessa cosa succede per un racconto autobiografico. Il fatto che il nucleo di una storia faccia riferimento ad avvenimenti reali non impedisce che ci si debba confrontare con lo stesso problema, anzi a maggior ragione ci si può trovare in difficoltà nel momento in cui un mezzo espressivo come il fumetto è stato tradizionalmente utilizzato per la fiction.
Piuttosto che avere infranto delle regole ne ho inventata qualcuna, che magari ha senso solo dentro quel libro, e che risulta comprensibile perché comunque sia non ho trasgredito le basi del linguaggio convenzionale.
In ogni caso la maggior parte delle assurdità nel libro fanno sempre riferimento a situazioni reali, o riconoscibili come tali. Voglio dire che anche il metafumetto può essere un espediente per parlare di cose che ci riguardano. Non mi interessa fare del metafumetto per sondare i limiti del mezzo espressivo e basta. Lo ritengo un espediente narrativo come ce ne sono tanti altri: se non hai nulla da raccontare non ha nessuna utilità.

Sul tuo blog stai continuando a realizzare quasi quotidianamente nuove cronachette, che immaginiamo faranno parte di un terzo volume... Cosa possiamo aspettarci dal futuro di Esterina, ma anche dal futuro del suo autore Giacomo Nanni?

Sì, nei mesi di aprile e maggio ho pubblicato una quarantina di pagine di quello che sarà il terzo volume della serie. Per il momento la pubblicazione su blog si è fermata perché sto già lavorando concretamente al libro vero e proprio e spero che uscirà abbastanza presto. In questo terzo volume si aggiungono molti nuovi personaggi: un gatto siamese che si chiama Gatto, che credo sia veramente il nome più diffuso in assoluto fra i gatti, e poi ci sono dei piccioni, un merlo, un corvaccio nero.. Per il momento questo è il lavoro a cui mi sto dedicando, poi non so.


Carlo Alberto "Deboroh" Montori
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