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Caravan: Emiliano Mammucari

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Come ogni intervistatore che si rispetti, direi di iniziare questa breve chiacchierata con un po’ di cenni biografici. Ti andrebbe di presentarti ai nostri lettori?

Sono Emiliano Mammucari, disegnatore di fumetti. Ho lavorato su John Doe, Napoleone, Jan Dix ed ora Caravan.

Come è iniziata la tua avventura su Caravan? A che punto della lavorazione sei stato coinvolto?

Credo di essere l'ultimo arrivato... fino a dicembre ero al lavoro su Jan Dix 5, una storia particolarmente complicata che mi ha richiesto più tempo del previsto. Però conoscevo bene Caravan, almeno come "fan": con Michele Medda ho la fortuna di condividere una bella amicizia ormai decennale, e quando ci sentivamo al telefono mi parlava spesso di questo progetto particolare. Appena concluso Dix (le serie si concludono molto prima dell'uscita in edicola) ho sfacciatamente chiesto di poter partecipare a Caravan.  

Ho una curiosità abbastanza banale… dal momento che Caravan è un unico “romanzone” in 12 capitoli, strettamente interconnessi l’uno con l’altro, come ti è stata presentata la serie? E come ti è stato presentato l’episodio alla cui realizzazione hai contribuito?

Mi è stata presentata come la storia di una famiglia qualunque all'interno di avvenimenti più grandi di loro. Una storia molto solida. Non abbiamo mai parlato più di tanto di concetti come continuity, o cose così. Sono scelte subordinate alla storia.
Posso dire come la vedo io: secondo me, piano piano, si sta arrivando a scoprire come usare al massimo questa nuova formula delle miniserie. È ovvio che sia un processo che prevede una gradualità, e una serie di tentativi. Una miniserie dopo l'altra ne stiamo scoprendo l'agilità, la versatilità; la possibilità di raccontare con registri che prima non erano stati usati.
Io sono molto contento dell'aria di rinnovamento che si respira in Bonelli. Anzi, mi sento di dire che ancora non stiamo sfruttando appieno le potenzialità di una casa editrice così grande. Se provi a fare due conti spiccioli, e fai un calcolo di quanti albi arrivano nelle case della gente, la cifra è enorme. Le case editrici straniere, soprattutto francesi, questi conti li fanno, e non riescono a crederci... per loro una serie da un volume l'anno che arriva a 10.000 copie di venduto è una buona serie: d'accordo la differenza di "format" (in Francia si vende in libreria, in Italia nelle edicole), ma non riescono a capire come si faccia a far viaggiare le serie a cifre da 10 volte tanto.

La struttura narrativa “anomala” di Caravan ha richiesto un approccio lavorativo, creativo, differente dal solito? È stato, forse, necessario lavorare più a stretto contatto con gli altri disegnatori della serie?

Per me senz'altro, visto che per fare Dix ci ho messo un anno e mezzo, e per questo ho pochi mesi a disposizione. Smiley
In realtà la difficoltà di Caravan è la recitazione: i personaggi sono tantissimi. Devi riuscire a tenere tutti a modello e devi farli recitare come si deve, perché la parte di dialogo va accompagnata con particolare attenzione.

In poche parole… perché è necessario leggere Caravan e quali sono gli elementi che ne faranno una pietra miliare del fumetto avventuroso italiano?

Addirittura necessario... no, non credo sia "necessario". C'è gente che vive tranquillamente senza aver letto "Il grande Gatsby", si può benissimo vivere senza Caravan.
Però è una bella storia, avvincente. Mi avventuro a dire che è una storia profonda.

Stefano Perullo
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