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Sergio Loss

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Il mitico Numero Zero di Lanciostory riporta: Michele Mercurio (amministratore delegato), Filippo Ciolfi (direttore editoriale) e Stelio Rizzo (direttore responsabile). Questo il trio fondatore della storica testata a fumetti Eura, ma di rilevante importanza sono Antonino Mancuso (esperto sceneggiatore, condirettore nella prima stagione della testata) e Sergio Loss (redattore tuttofare nonché sceneggiatore in proprio).
Questi uomini nel 1974 hanno dato il via a una storia che prosegue in edicola fin dall’anno successivo – segno che una rivista fatta per benino non si improvvisa, ma viene pensata e costruita pezzo per pezzo – a tutt’oggi, sempre con estrema chiarezza d’intenti: pubblicare quanto di meglio è disponibile sul mercato internazionale, con un occhio di riguardo all’Argentina (principale “fonte di approvvigionamento” fino a pochi anni fa) e ai paesi francofoni, oggi pezzo forte della rivista, non disdegnando affatto l’ottimo fumetto autoctono, prodotto appositamente per la Casa Editrice.

Sergio Loss ha attraversato quindi tutte le fasi vissute da Lanciostory e dalle testate che via via si sono aggiunte – la gemella Skorpio, le ristampe in volumi cartonati Euracomix ed Euramaster, quelle nei brossurati de I Giganti dell’Avventura, Fantacomix-Day fino agli albi monografici (sia inediti che ristampe) tra i quali ricordiamo Cybersix, Martin Hel, Dago e la sua seguitissima ristampa, Amanda, Detective Dante, John Doe fino ad arrivare a Unità Speciale – vestendo le mansioni più disparate, da redattore a traduttore, da sceneggiatore a coordinatore, da direttore editoriale a consulente editoriale.

Chi meglio di lui quindi per ricordare capisaldi e varia umanità tra autori e personaggi a fumetti pubblicati in 35 anni di presenza ininterrotta?

Ciao Sergio e benvenuto su Comicus.
In tanti anni hai visionato centinaia di migliaia di tavole e apprezzato autori di prima grandezza come Héctor Oesterheld, Carlos Trillo, Ricardo Barreiro e Robin Wood, così come tanti altri ottimi storytellers. Da sceneggiatore e traduttore, di chi conservi un ricordo in particolare, e quale sua storia ti ha emozionato di più?


No. Davvero. Non è possibile citare un autore. E tantomeno una storia. Da L'Eternauta in poi, sono state troppe quelle che mi hanno dato un'emozione. E troppi gli autori che mi hanno offerto il modo di avvicinarmi alle tante facce della creatività. Potrei, ovviamente citare Robin Wood (al quale mi lega anche un'amicizia sincera), ma farei torto ai tanti coi quali ancora oggi commento a volte, via e-mail, i fatti del mondo, da Eduardo Mazzitelli a Ricardo Ferrari, a Néstor Barron, a (quando mi riesce di afferrarlo) Guillermo Saccomanno. L'esperienza vissuta con e nell'Eura è irripetibile per questo: perché come la vita ti offre un intero mondo. E proprio questa è sempre stata la mia sensazione: me ne stavo alla mia scrivania e il mondo veniva da me, mi costringeva ad affrontarlo a parlargli, a viverci. Come circoscrivere tutto questo a uno, due, dieci incontri?

L’Eura ha avuto il merito e la fortuna di lanciare molti sceneggiatori e disegnatori che hanno letteralmente iniziato sulle pagine dei vostri settimanali per approdare successivamente alla notorietà più vasta, alcuni anche come scrittori tout-court (tra gli altri Giuseppe Ferrandino), altri come superstar della tavola disegnata (ad esempio Paolo Eleuteri Serpieri). Ci puoi raccontare come nasce un autore di successo?

Anche qui gli esempi sono tantissimi. Giuseppe Ferrandino venne da noi e propose i suoi soggetti. Ebbe la fortuna (e fu una fortuna anche per l'Eura) di capitare con Stelio Rizzo, il più classico dei burberi, ma anche uomo capace di riconoscere il talento alla prima occhiata. Per Eleuteri Serpieri il discorso fu totalmente diverso: era insegnante di disegno e non voleva assolutamente darsi al fumetto. Forse non si riteneva all'altezza (lui!). Decisivi furono i racconti western scritti per lui da Raffaele Ambrosio. Ma ricordo gli inizi di tanti altri autori. Ricordo, per esempio, un Giovanni Freghieri quindicenne o giù di lì che arrivò all'Universo (Intrepido e Monello), dove allora lavoravo, con le sue tavole. Le guardammo, notammo che prometteva molto bene e lo invitammo a continuare e a tornare da noi dopo un anno. A differenza di molti altri, che di fronte a questa risposta sparivano, dopo un anno tornò. E debuttò subito.

Alcuni di voi provenivano dalla Casa Editrice Universo, la diretta concorrente nel settore dei settimanali a fumetti di taglio popolare. Tu stesso hai lavorato a lungo per loro. Come è venuta l’idea di differenziarvi dalle loro testate, giungendo alla felice formula del “tuttofumetto”?

All'Universo (dove ho imparato il mestiere e dove ho lavorato per dieci anni, dal 1965 al '75) il fumetto era considerato solo una componente del giornale. E non la più importante. Ricordo ancora quando l'allora caporedattore (persona squisita, purtroppo scomparsa prematuramente) mi disse, entusiasta, che "L'Intrepido diventerà un vero giornale". E intendeva che dal settimanale sarebbero scomparsi i fumetti per lasciare sempre più spazio all'attualità sportiva. Era una strategia editoriale nella quale per il fumetto non c'era spazio. Tutto qui. L'Eura nasceva invece con l'intento opposto: quello di valorizzare il fumetto, nella convinzione che la dicotomia tra fumetto d'autore e fumetto popolare fosse una solenne idiozia. A posteriori, non vedo una vera concorrenza in questo campo (diverso il discorso per quanto riguarda i fotoromanzi) tra le due case. L'Eura voleva (e sapeva) presentare buon fumetto. L'Universo, no.

Fino alla metà degli anni ’80 alcuni dei vostri autori italiani (e tu stesso lo hai fatto) hanno lavorato in quello che definirei romanzo fotografico, molto simile per costruzione al fumetto propriamente detto. Quanto ha influito essere una filiazione del colosso Lancio, il maggiore marchio editoriale nel settore dei fotoromanzi? Quale dei due campi poteva essere considerato serbatoio dell’altro?

È indubbio che l'appoggio pubblicitario e diffusionale dei fotoromanzi Lancio al neonato Lanciostory fu importante. Teniamo presente che allora la Lancio vendeva circa 60.000.000 (sessanta milioni) di copie l'anno. Ma la mia impressione è che i due pubblici si siano ben presto differenziati (anche se esisteva un'importante fascia che leggeva indifferentemente fotoromanzo e fumetto). A margine, dirò che l'esperienza di sceneggiatore di fotoromanzi è stata, almeno per me (ne ho scritti, credo, più di duecento), fondamentale. Perché ti insegna a lavorare all'interno di regole molto strette (in un fumetto puoi far deragliare l'Orient Express su un ponte e farlo crollare su una città densamente abitata con lo stesso costo di un primo piano, nel fotoromanzo la cosa non è così facile) e alla fine capisci che proprio le regole, lungi dal mortificare la creatività, ti costringono usarla tutta.

Nel corso degli anni avete intrapreso vari percorsi editoriali, i settimanali prima, i volumi e gli albi molti anni dopo. Questo ampliamento del parco-testate nacque principalmente per ristampare materiale meritevole di ulteriore lettura in formato differente o seguiste una precisa idea di espansione editoriale?

Ogni sei o sette anni si affaccia in edicola una nuova generazione di lettori, che hanno sentito parlare di Dago o de L'Eternauta ma non hanno avuto modo di leggerli. Ci sono poi i collezionisti, che gradiscono un'edizione adatta alla biblioteca. Nasce ovviamente da qui l'idea (nella quale è naturalmente forte anche la componente commerciale) delle varie offerte.

L’avvento degli inserti-omaggio fu un’invenzione epocale per i vostri settimanali. Come arrivaste a questa decisione, e come mai nel tempo si trasformarono esclusivamente in una formula di ristampe, seppure a grande richiesta? Avete mai pensato di tornare a proporre qualcosa di inedito anche su quelle pagine?

Per quanto riguarda le motivazioni, rimando alla risposta precedente. Per l'ipotesi di inserti inediti (anche se non si può mai dire mai), rispondo con una tautologia: l'inserto-omaggio è un inserto-omaggio. Dubito che in tempi di vacche magre come questi (il fumetto non è in crisi: è in crisi tutta l'economia) il budget di un giornale sopporterebbe i diversi costi di un inserto inedito (è ovvio che i primi diritti di pubblicazione costano più dei successivi) dato in omaggio.

Hai un rimpianto, un fumetto che ti sarebbe piaciuto proporre ma i cui diritti erano già stati acquistati da altri editori?

Sinceramente no. Se abbiamo pubblicato fumetti meno validi o se ce ne sono sfuggiti di validi (in tanti anni può essere successo) non è mai stato per colpa del destino cinico e baro o per questioni economiche. La responsabilità è sempre stata nostra. Abbiamo sempre scelto tutto quello che ci piaceva.

Unità Speciale nasce in collaborazione con l’ente editoriale dell’Arma dei Carabinieri. Tu ne sei il supervisore dei testi, creati da Cinzia Tani, Massimo Guglielmi e Roberto Riccardi. Che accoglienza ha avuto questa collana tra il pubblico?

Unità Speciale è un'esperienza molto particolare. Una scommessa. Per vedere se è possibile avvicinare al fumetto un pubblico un po' diverso. In questo senso la mia supervisione è estremamente delicata, perché quello che Cinzia Tani, Massimo Guglielmi e Roberto Riccardi usano non è propriamente un linguaggio fumettistico. Esperienza interessante, quindi, ma della quale dobbiamo ancora tirare le somme (sette mesi non bastano).

Grazie per l’amabile chiacchierata, Sergio.

Grazie a te.



Giovanni La Mantia
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