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Cento anni di Corrierino: Fabrizio Lo Bianco

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Negli ultimi anni della sua esistenza, il Corriere dei Piccoli ha tentato diverse strade per riconquistare i giovanissimi, per poi chiudere nel '95. Ancora oggi i fumetti pare abbiano difficoltà a penetrare un certo target. Confermi? E quali potrebbero essere le cause, visto che i fenomeni editoriali diretti a bambini e pre-adolescenti periodicamente non mancano (Harry Potter, Geronimo Stilton etc)?


La difficoltà a "intercettare" i lettori giovanissimi c'è e individuarne le cause è difficile. In generale, l'Italia non è un paese per bambini. Basta guardarsi intorno per rendersene conto: l'architettura, le infrastrutture, i palinsesti televisivi, tutto è progettato secondo l'ottica dell'adulto e mai immedesimandosi nella prospettiva di un bambino. Lo stesso vale in ambito editoriale. Il successo di "Harry Potter" e "Geronimo Stilton" forse nasce proprio dal fatto che entrambi i personaggi sono nati senza pensare troppo al marketing ma assecondando il lato fanciullesco di J.K. Rowling e di Elisabetta Dami. Lo stesso successo non è riscontrabile nel fumetto per bambini forse perché, come scriveva Gianni Rodari nella sua "Grammatica della fantasia", il fumetto è un "lavoro ricco di operazioni logiche e fantastiche": per essere decodificato implica un livello di competenza superiore alla fruizione di un film o di una novella. E oggi molti genitori preferiscono occupare il tempo dei propri bimbi piazzandoli davanti a uno schermo, piuttosto che condividere con loro "operazioni logiche e fantastiche". Inoltre un tempo il fumetto era uno svago che non doveva competere con i grandi concorrenti di oggi: i videogiochi e i canali satellitari tematici.

Credi che il fatto che alcune testate vendutissime all'epoca come il Giornalino o il Corriere dei Piccoli fossero mirate esplicitamente ai più piccoli possa avere determinato il pregiudizio comune in Italia che "i fumetti sono roba per bambini"?

Credo di sì, anche se si tratta di un grande paradosso: da un lato i suoi interpreti erano autori raffinatissimi (penso ad Antonio Rubino, Attilio Mussino, Sto e altri), la cui opera come fumettisti veniva considerata di ultim'ordine rispetto a ciò che gli stessi autori producevano in altri ambiti artistici. In realtà, anche in questo caso dovrebbe far pensare non solo il fatto che il fumetto sia da sempre identificato come qualcosa di artisticamente irrilevante e di infima qualità, ma che per dargli questa connotazione negativa lo si definisca "roba per bambini", a riprova della considerazione che si ha dell'infanzia in Italia. D'altronde il nostro è il Paese che ha dato i natali e che poi ha ostracizzato una pedagogista come Maria Montessori.

Si può dire che quelle testate abbiano formato un filone di fumetti per l'infanzia mancanti quasi del tutto in altri Paesi (in USA, ad esempio), magari uniti a una certa tradizione pedagogica italiana?

Anche le esperienze dei fumetti per l'infanzia in Francia e Belgio siano state molto importanti. Di sicuro in Italia, fatte le dovute proporzioni, il fumetto in generale e in particolare il Corrierino hanno avuto un ruolo pedagogico che in seguito solo programmi di servizio come "Non è mai troppo tardi" della RAI hanno svolto con altrettanta efficacia. Del Corrierino erano implicitamente pedagogiche le storie, sia per l'attenzione al lessico e alla grammatica (oggi, per dire, usare il congiuntivo in un fumetto sembra un'eresia…) sia per i riferimenti alla cronaca, alla storia, al costume. Penso, per esempio, alle sceneggiature di Mino Milani che riuscivano a essere allo stesso tempo divulgative e appassionanti. Erano poi esplicitamente pedagogici gli inserti dedicati a storia, geografia, letteratura, ecc., illustrati da grandi maestri come Sergio Toppi e Dino Battaglia con un rigore filologico che oggi è difficile riscontrare persino in alcuni testi scolastici. In questo filone un ruolo importante continua a svolgerlo una testata cattolica come Il Giornalino attraverso inserti come "Conoscere Insieme". A differenza del Vittorioso, a mio avviso più confessionale e condizionato dalla temperie politica, "Il Giornalino" ha avuto il merito di svolgere questo ruolo pedagogico in maniera piuttosto laica.


Marco Rizzo
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