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Speciale Talking Book: Tenente Colonnello Roberto Riccardi

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Non senza un minimo di emozione mi appresto a dare il benvenuto sulle pagine di Talking Book al Tenente Colonnello Roberto Riccardi, direttore responsabile della rivista Il Carabiniere nonché uno degli artefici di Unità Speciale, nuovo mensile a fumetti edito dall’Eura Editoriale che ha come protagonista assoluta proprio l’arma dei carabinieri.

Tenente Colonnello Riccardi che ne direbbe se, prima di parlare di Unità Speciale, parlasse un po’ di lei? Le andrebbe di presentarsi ai nostri lettori?

Non so quanto ci sia da dire, rischiamo la noia immediata! Sono di Bari, ho 42 anni, per 13 mi sono occupato di indagini contro la criminalità organizzata in Sicilia, in Calabria e a Roma. Poi ho fatto l’addetto stampa al Comando Generale dell’Arma, sono diventato giornalista e circa un anno e mezzo fa mi hanno affidato la direzione della nostra testata istituzionale, Il Carabiniere. È stato allora che mi è venuta l’idea dei fumetti…

A che punto della lavorazione di Unità Speciale lei è stato coinvolto, e qual è stato il suo ruolo?

Come ho accennato, Unità Speciale è nata nella mia testa. Ho pensato di poter raccontare, con un linguaggio affascinante e arricchito dalla suggestione delle immagini quale è quello dei fumetti, la vita che avevo vissuto quando facevo l’investigatore. Con i fumetti ero cresciuto, passando da Topolino a Tex, quindi al Monello e all’Intrepido. Infine a Lanciostory e Skorpio, che hanno accompagnato tutta la mia adolescenza e la mia formazione. Dago, Gilgamesh, Qui la legione, Savarese, Nippur, Amanda, L’Eternauta… come avrei fatto senza di loro?
Ma non posso non citare, a questo punto, gli altri padri (e madri) di Unità Speciale: i bravissimi autori Cinzia Tani e Massimo Guglielmi, gli editori Filippo Ciolfi, Enzo Marino (figlio di Carabiniere!) e Sergio Loss, tutti i disegnatori (che sono tanti)…

Dal punto di vista di strategia della comunicazione, qual è nelle sue intenzioni la finalità di Unità Speciale?

Spero che ci consentirà di comunicare i nostri valori, i nostri ideali, in un modo molto semplice e diretto, senza fronzoli. E che ci permetterà di raggiungere persone, di ogni età ed estrazione, che con i Carabinieri hanno avuto finora contatti molto mediati, e che dunque “non ci conoscono”.

Il popolo italiano nutre, a mio parere, un grande affetto e una stima profonda per l’arma dei carabinieri. Testimonianza di questo affetto sono anche le infinite barzellette che hanno i carabinieri come protagonisti… Fornire attraverso un fumetto una visione drammatica e realistica del vostro lavoro potrebbe servire a scrollarsi di dosso anni e anni di storielle?

Le storielle mi sembra si siano appannate da tempo, molto prima dell’arrivo di Unità Speciale. Insieme a livelli di scolarizzazione e di cultura generale dai quali abbiamo preso grandi distanze. Oggi tutti gli ufficiali dell’Arma hanno almeno una laurea quinquennale, i marescialli una triennale, ci sono semplici Carabinieri che parlano più lingue, hanno titoli di studio elevati, viaggiano, leggono. L’uso delle tecnologie è particolarmente sviluppato. Quale spazio possono trovare, le antiche barzellette, che pure a loro modo, come lei ha detto giustamente, esprimevano un affetto e una simpatia diffusi?

Confesso che il progetto attorno al quale si è sviluppato Unità Speciale esercita su di me un fascino enorme. Coniugare le esperienze fatte sul campo dall’arma e la fantasia degli scrittori del fumetto, sfruttando nel contempo ambientazioni e argomenti che esercitano grande fascino (alle volte morboso) sui telespettatori, potrebbe rivelarsi una miscela vincente sia dal punto di vista narrativo che da quello commerciale. Che aspettative ha da questa avventura editoriale?

Tengo le dita incrociate. I prodotti editoriali, lei lo sa quanto me, sono sempre un terno al lotto, il loro possibile successo è funzione di tanti fattori. Ma in cuor mio mi auguro che il tenente Ranieri e gli altri personaggi abbiano una lunga vita ed entrino nel cuore e nella mente di tanti lettori.

Che tipo di riscontro crede che avrà Unità Speciale tra le fila dei Carabinieri?

I colleghi che mi è capitato di sentire sono molto incuriositi dall’idea, hanno voglia di sapere in che modo parleremo di loro (di noi: sono anch’io un Carabiniere, perbacco!) e renderemo una realtà così particolare. Molti, quando il primo numero è uscito in edicola, mi hanno chiamato per complimentarsi, per avere informazioni, anticipazioni. Ovviamente non ho potuto rivelare nulla, sul percorso della serie.

Il lavoro delle forze dell’ordine è costituito da indagini che vanno a buon fine e da vicoli ciechi che portano a casi archiviati senza un colpevole. La realtà è fatta di vittorie e fallimenti, di tonalità di grigio… Attraverso Unità Speciale crede che si potrà tentare di fornire una versione credibile della realtà? Oppure crede che non sia il caso di trasmettere attraverso un fumetto un messaggio nel quale si può comunicare l’incapacità delle forze del bene di risolvere alcuni casi?

Come qualunque altro “mestiere”, il nostro ha una realtà molto complessa alle spalle, difficile da comprendere per chi non è addetto ai lavori. Ha detto bene, spesso lavoriamo per mesi (se non anni) a un caso e alla fine l’indagine non porta ai risultati sperati. Nel primo numero lo facciamo dire al capitano Cammarata: “Per fare i carabinieri occorre la pazienza dei contadini”, che seminano, seminano, e non sempre raccolgono. Non necessariamente per colpa loro. Magari arriva la grandine e rovina il raccolto. Non so se sarà possibile spiegare tante cose, con un fumetto, ma ci proveremo!

Nel suo ruolo di supervisore consentirebbe a far pubblicare una storia in cui possa essere trasmessa una visione non proprio idilliaca della sua arma? Mi riferisco, a esempio, a una storia nella quale potrebbe esserci, chessò, un Carabiniere corrotto…

Bella domanda. I Carabinieri in Italia sono oltre 110.000, e in una famiglia tanto grande è impensabile che non possa esserci la pecora nera. Ma la struttura, nel suo complesso, è davvero sana. Quando leggiamo sui giornali di un Carabiniere arrestato o denunciato, è perché siamo stati capaci di far pulizia al nostro interno. Per quanto riguarda le nostre serie, Unità Speciale si prefigge di trasmettere qualcosa di positivo, dunque i personaggi principali hanno quel segno. Ma hanno anche le loro ombre, a cominciare dal protagonista, il tenente Ranieri.

Con Unità Speciale si è deciso di sfruttare l’ambientazione italiana, un’ambientazione che ci fa pensare a fatti di cronaca (e politica) contingenti con la realtà di tutti i giorni. Crede che sia possibile affrontare tematiche d’attualità, come ad esempio la raccolta delle impronte digitali dei bambini rom, sulle pagine di Unità Speciale?

Parleremo di molte cose, senz’altro, la maggior parte delle quali di estrema attualità. Ma di certo non faremo un fumetto politico. Non è la nostra vocazione. L’Arma ha una funzione istituzionale molto precisa, serve lo Stato chiunque lo rappresenti. Lo facciamo da quasi due secoli. Ed è giusto stare al di fuori delle parti.

Mi ha sconcertato un po’ il comportamento del Tenente Raffaele Ranieri, protagonista di Unità Speciale. Mi sembra infatti che, sebbene animato da buone intenzioni, intraprenda troppo spesso iniziative private, non autorizzate dal suo superiore… un comportamento un po’ troppo indipendente per un “novellino” che dovrebbe sottostare ad una struttura gerarchica. Cosa ne pensa?

Penso, anche per esperienza personale, che la disciplina sia un valore che si impara lungo il cammino. Ranieri è giovane, vuole cambiare il mondo, nel suo cuore la voglia di giustizia preme a un ritmo veloce. Più veloce di quello del suo superiore, che ha un’età diversa. Imparerà a regolarsi. Ma, se ci ha fatto caso, Raffaele si sente meglio non appena riferisce al suo capitano quello che ha scoperto: il testimone, i passamontagna.
Aggiungo ancora una cosa: l’iniziativa è una virtù, nell’Arma. È uno dei valori affermati nella Premessa al nostro Regolamento Generale, non a caso. I nostri Comandi sono sparsi dappertutto, la realtà di un’indagine è sempre in movimento. Spesso non c’è il tempo di chiedere un avallo o il conforto di un superiore, bisogna agire. Senza eccedere o fare cose inopportune, ma agire.

Mi levi una curiosità, lei è un fruitore di letteratura gialla? C’è una serie televisiva, italiana o straniera, che predilige? Ci sono romanzi che le piacciono o autori che preferisce?

Confesso. Forse anche per il fatto che per molti anni mi sono occupato professionalmente di delitti, spesso leggo cose diverse dai gialli. Narrativa italiana e straniera, saggistica, poesia, perfino favole.
Ma i gialli, specie quando sono ben costruiti, mi piacciono eccome! Con la rivista Il Carabiniere abbiamo anche bandito un concorso letterario di genere, Carabinieri in Giallo. Se fate una ricerca su Internet, trovate tutte le informazioni. È in uscita in edicola, ai primi di luglio, un bel Giallo Mondadori che raccoglie i racconti premiati dalla prima edizione del concorso, che si chiamerà proprio Carabinieri in Giallo.

Per me è tutto. Nel ringraziarla per la sua gentilezza e disponibilità le chiedo se vuole aggiungere qualcosa.

Cari saluti. Anche da parte del tenente Ranieri, del capitano Zanetti, dell’appuntato Caruso (che mi sta particolarmente simpatico, nel mio lavoro sul campo molti Caruso sono stati dei preziosi consiglieri!) e di tutti gli altri personaggi di Unità Speciale.



Stefano Perullo
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