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Intervista a Carmine Di Giandomenico

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Non è la prima volta che intervisto Carmine Di Giandomenico, ma ammetto che forse questa è l’occasione in cui lo faccio con maggior piacere. Da un po’ di tempo, infatti, è stato ufficializzato un progetto molto importante che Carmine sta realizzando per la Marvel Comics… Iniziamo la nostra chiacchierata proprio parlando di Battlin’ Jack Murdok.

Di cosa parla questa miniserie sul passato di Daredevil?

Battlin’ Jack per me significa un piccolo sogno che si realizza. Non mi sarei mai immaginato di poter arrivare a ideare/realizzare una storia che illustrasse le origini di Devil.
La storia parte da un’idea che avevo da tempo, e cioè spostare per una volta il punto di vista delle origini di Devil, che sono state sempre auto-narrate dalla memoria di Matt, dalla parte di Jack, il padre, e di come lui vive l’arrivo di Matt e la sua adolescenza.
Il suo ritmo seguirà le origini di Devil che tutti conoscono, ma mostrerà ai suoi fan uno spaccato “diverso” della vita dell’uomo che Matt ha preso come riferimento della propria vita.
Sicuramente questa miniserie dovrà sgomitare molto per farsi spazio tra opere sacre come L’Uomo Senza Paura di Miller/JR Jr. e Devil Giallo di Loeb/Sale.
Ma questo alla fine saranno i lettori a giudicarlo.

Bene, vedo che hai provveduto tu a citare due opere con le quali, se si parla delle origini dell’uomo senza paura, bisogna fare necessariamente i conti… In particolare è essenziale tener conto proprio dell’opera realizzata da Frank Miller e John Romita Jr. Cosa ti ha colpito delle opere dei tuoi predecessori, e di quali elementi terrai conto nel corso dello sviluppo della tua storia?

Amo alla follia quel periodo storico del Daredevil di Miller che ha tracciato poi il percorso di tutti gli altri sceneggiatori che si sono avvicinati al personaggio negli anni a venire.
Miller ha aperto una strada che non si può fare a meno di seguire, soprattutto perché Daredevil è un personaggio metropolitano e, oltre ai poteri sensoriali amplificati, risulta essere una persona normale con tutte le sue sfaccettature psicologiche contraddittorie.
È un personaggio complesso e affascinate, da sviluppare e seguire attentamente, ed è proprio questo suo lato contraddittorio che lo rende più umano e complesso di ogni altro supereroe Marvel.
E appunto proprio questo lavoro di Miller mi ha catturato l’anima, proprio per questo sviluppo inusuale del supereroe, che crea un’opera avvincente e dinamica, e che resta sempre tale anche a 20/30 anni di distanza.
La Nocenti, per esempio, ha avuto un ruolo molto difficile nel sostituire Miller, ma ci è riuscita con l’aggiunta di un lato mistico della sua visione di Devil, ampliando così il lavoro di Miller, rendendo il personaggio più un simbolo da seguire che un eroe urbano noir da ammirare.
Penso che qui potremmo stare a parlarne per ore.
Tornando a noi, sicuramente dovrò affrontare un durissimo confronto con queste opere monumentali, e speriamo di non sbatterci la faccia :-) .
Chi leggerà Battlin' Jack sicuramente avrà una sorta di rewind mnemonico che lo proietterà a quelle atmosfere e cercherà sicuramente di confrontarle.
Ma il principio della mia storia è proprio riportare alla mente quel periodo storico dell’Uomo Senza Paura di Miller e JR Jr., cercando di aggiungere qualcosa che possa rafforzare la continuità delle trame di Miller, sulle quali mi sono posto sempre solo due interrogativi.
È proprio da lì che è nata la mia idea: cercare di darvi una risposta.
Prima di presentare l’idea, mi sono rispulciato tutti i numeri di Devil che conoscevo a memoria, mi sono studiato tutti i passaggi da lui narrati per capire la strada che avrei dovuto seguire, sia per la continuità sia per poter mettere a registro la mia sceneggiatura.
Di difficoltà ne ho avute tante, soprattutto di remore, perché, insomma, stavo creando una storia sulle origini di Devil, e certamente non è facile, soprattutto è molto rischioso andare a toccare delle corde narrative già saldate magistralmente.
Unica diversità iniziale è che il lettore avrà Battling come protagonista, il padre di Matt, e sarà lui a vivere di prima persona gli avvenimenti della storia.
Per la prima volta, le origini di Devil saranno narrate dall'ottica della persona che lo ha cresciuto. Creando un "distacco" dalla visione che Matt ha di suo padre, rendendo più concreta e realistica questa figura di riferimento che ha avuto il piccolo Matt, sia che essa sia stata positiva o negativa.
E insieme al protagonista, spero che il lettore sia catturato da queste emozioni, spero...
Non posso dire molto altro della trama, ma posso dire che l’avvenimento cruciale di tutta l’idea avverrà nel terzo numero, con l’interazione di un personaggio creato da Miller però appena accennato nelle sue storie, ma non posso dire altro.
Insomma, possiamo dire che la traccia iniziale per questa storia era lì da anni ferma, diciamo per assurdo, già scritta da Miller stesso, il quale ha lasciato in eredità dei punti molto forti sulle origini e non del personaggio di Devil, e io non ho fatto altro che unire il puzzle.
Oddio, mi fa brutto parlare così e spero di non essere frainteso e passare per spocchioso, ma è quello che oggettivamente ho fatto, e certamente occorre avere una buona dose di incoscienza ed essere leggermente pazzi per farlo, e visto che tutti mi dicono che sono matto… EHEHEHEEHEH… Beh, l’ho fatto! Ho fatto il pazzo :-)
(Cavolo questo passaggio sembra lo scambio di battute tra Bruce Wayne e Joker nel primo film di Batman… Troppo tardi… fumetti e film sui fumetti mi hanno fatto male…).
La mia paura maggiore è che ho preso la decisione di non far vedere mai la figura dell’eroe Daredevil, una decisione molto forte visto che si tratta delle sue origini, ma la forza della storia è proprio questa scelta narrativa. Quesada ha capito la forza che volevo dare alla mia storia e, lasciando da parte il suo lato di lettore che vorrebbe vedere Devil svolazzare sui tetti, ha visto più chiaramente i miei intenti e ha creduto fortemente nella sua forza narrativa.
E – che dire? – eccomi qua…

Daredevil è un personaggio dalle molte vite editoriali… Dopo un inizio molto lieve e soap-operistico c’è stata la forte virata a tinte noir voluta e imposta da Frank Miller, poi la gestione di Ann Nocenti ha donato al personaggio un’interpretazione mistica. In seguito Karl Kesel ha riportato la serie alle tematiche delle origini, mentre Bendis e Brubaker hanno “restaurato” il clima Milleriano… Che atmosfera si respira in Battlin’ Jack?

Beh, l’influenza dell’Uomo Senza Paura di Miller è molto forte, ma anche quella di Stan Lee. E devo dire che l’impresa è davvero difficile anche soltanto da avvicinare.
Ho cercato di riportare quelle atmosfere, ma indirizzandole su un lato molto più romantico e meno noir.
L’atmosfera che ho cercato di dare è una luce particolare e surreale, a far sembrare quasi una rievocazione teatrale della storia, puntando maggiormente sulle espressioni dei volti e degli occhi dei personaggi, soprattutto quelli di Jack, in modo che facciano capire il suo animo soffocato dalle vicende che vive.
La cosa che mi interessa di più è raccontare proprio il rapporto del padre con suo figlio, che poi lo porteranno alla sua decisione finale sul ring.
Comunque lasciatemi dire solo una cosa… che rispondendo a queste domande sento un peso enorme che schiaccia il fiato…

La peculiarità di questa miniserie è che tu, oltre ad esserne il bravissimo disegnatore sei anche l’autore del soggetto. Mi racconti la genesi di questo progetto?

Si sono il creatore dell’idea e della storia.
Avevo questo soggetto in embrione molti anni fa, all’incirca nello stesso periodo in cui ho iniziato Oudeis, solo che non avevo mai avuto il coraggio di presentarlo, di farmi avanti con la Marvel americana.
Ammetto anche che era in uno stato molto embrionale, ma con il passare degli anni e con la piccola esperienza accumulata, ho iniziato ad aggiustarla conservandone l’idea originaria. Dopo che ho iniziato a lavorare per la Marvel, ho avuto comunque molti dubbi e paure nel presentarla. Soprattutto visto che stava per uscire la miniserie Padre di Quesada.
Non appena ho letto la trama di questa miniserie ho avuto come un istinto naturale di spedire a Quesada un breve riassunto della mia idea con tutto il primo numero storybordato per sapere cosa ne potesse pensare.
E non mi sarei mai immaginato un tale interesse ed entusiasmo da parte sua, al punto da inserire la miniserie di Battlin’ Jack Murdock tra i progetti speciali legati a Devil, che presto raggiungerà il numero 100 in America.
Ed è stato Quesada che ha passato il progetto nelle mani dell’editor Simons Warren per iniziare a lavorarci sopra per la sua realizzazione.
Warren è stato molto attento e curioso, mi ha riempito di domande per capire ogni riferimento che nella miniserie offrirà, e soprattutto lo spirito e l’idea da cui nasce la trama.
E così e mi ha messo in contatto con Zeb Wells, con il quale collaboro per la trama e i dialoghi in modo da poter rimanere più vicino alla struttura di sceneggiatura americana.

Mi potresti fornire una descrizione (la tua visione personale) dei personaggi coinvolti in Battlin’ Jack?

I personaggi coinvolti sono personaggi che nelle trame di Miller avevano in ruolo “di comparse” e che caratterizzavano l’atmosfera dell’ambiente un cui Devil si muoveva. Qui, in Battlin’ Jack, un personaggio in particolare rivestirà un ruolo importante a livello narrativo.
E tutto è giocato sulla continuità della serie di Devil. Altro non posso dire, altrimenti sembra veramente che sto raccontando la trama, ma credo proprio che gli appassionati di Devil si divertiranno a ritrovarsi proiettati in una storia evocativa.

Il tuo reclutamento alla Marvel ha dei retroscena che rappresentano uno stimolo per ogni disegnatore. Potresti raccontarci come hai conosciuto e contattato Joe Quesada?

Oddio, mi sento molto fortunato da questo punto di vista, e se devo ringraziare qualcuno perché ciò sia avvenuto è solo la mia compagna Raffaella.
Io non ho fatto altro che postare nel forum del sito di Quesada un topic con i miei lavori, ma con nessuna pretesa. Era solo per poter avere uno scambio culturale diverso da quello italiano, e – perché no… – un consiglio da parte di Quesada stesso. Personalmente mi piace confrontarmi con opinioni e critiche insieme ad altri disegnatori, peccato che capiti raramente.
E non mi sarei mai immaginato di ricevere un PM da Quesada stesso, che mi scriveva di essere curioso e di voler vedere meglio i miei lavori. Mi ha chiesto di mandargli un cd alla Marvel, e io l’ho fatto.
Beh, immaginate l’infarto che ho fatto quando, 3 settimane dopo l’invio del cd, è arrivato il contratto Marvel per e-mail!
È da lì che ho iniziato. Mi misero alla prova per la caratterizzazione di Lost Souls di J. Micheal Strazinsky che poi ha invece scelto la Dorel (che ha realizzato un lavoro magistrale), e da lì a poco mi hanno ingaggiato per la miniserie Vegas, apparsa su Amazing Fantasy e scritta da Karl Kesel, e in seguito per altre collaborazioni di tutto rispetto, tra cui un oneshot di Justice scritto da Peter David.
Il What If di Capitan America insieme a Tony Berdard, nuovamente insieme a Karl su RedWolfcon una realizzazione a 4 mani, e il What If di Wolverine di Jimmie Robinson. Tutto questo grazie all’editor Mark Paniccia che ha creduto nelle mie piotenzialità, fino ad arrivare qui, al mio Battlin’ Jack insieme a Zeb e Warren.
Che dire… È un’esperienza incredibile, perché scopri autori come Karl Kesel che ammiravo da lettore, persone di una umiltà e sincerità disarmante, ed è bello vedere che, se hai progetti o idee interessanti, ti danno l’opportunità di poterle dibattere e, se meritevoli, collaborano tutti insieme per realizzarla…
Ma tornando a noi, sicuramente non mi sento affatto un esempio da seguire perché ogni storia/vita è a sé, e forse sono uno di quei casi rari dove “forse” a parlare la lingua universale sono stati i disegni. Meglio così visto che l’inglese non lo parlo, e ad aiutarmi c’è Raffaella. Alla quale devo tutto quello che sono adesso.
Scusate se ne approfitto… “GRAZIE AMOREEEEEEEEEEEEEE!”

Apro una breve parentesi a tinte rosa… In giro si vocifera che tra te e Raffaella (protagonista di un’intervista straordinariamente gustosa sul sito della Saldapress) stia per accadere qualcosa di davvero grosso… Avete già fissato la data?

Come direbbe Mike Buongiorno: - AHI AHI AHI scrushhhhhhhh quale busta vuole la uno la due o la TrhEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE scrushhhhhhhhhhhh…
Scherzo. Adesso si diventa seri, altro che fumetti e battute.
Con Raffa penso che la mia vita emotiva sia realmente cambiata in meglio. È una donna forte e decisa, anche se all’apparenza sembra minuta e timida. Per certi versi, dei lati del nostro carattere sono molto simili. Oramai sono 10 anni che stiamo insieme e penso che sia giusto iniziare a pensare di realizzare una nostra vita da soli. Insieme stiamo veramente studiando di realizzare il più grande progetto della nostra vita, e posso assicurarti che non mi spaventa affatto.
Per il momento nessuna data certa, intanto stiamo cercando casa e, appena trovata, da lì a poco prima il corso prematrimoniale, e di conseguenza il grande passo!
E chissà… se poi arriverà un piccolo di Giandomenichino…
Lo so… lo so… voi direte: “NO!!!!!!!!!!!!!! Un altro NO!!!!!!!! Già non sopportiamo il padre, figuriamoci il figlio!…”, ma vi assicuro che non lo indirizzerò nel mondo dei disegnatori, state tranquilli! EHEHEHEEHEHEHEHEHEHEHE :-)
Però se fosse lui a chiederlo? ………………………………………… :-)
Paura, eh?
EHEHHEHHEHE
Scherzo :-)

Se il piccolo di Giandomenichino avrà il tuo talento credo che gli farò da agente!
Previsioni future a parte, mi piacerebbe moltissimo poter vedere alcune delle tavole che hai presentato a Joe Quesada sul suo forum… Ce le puoi mostrare?


Perfetto, se accadrà saprò dove indirizzare mio figlio (PAOLINO! MIIO FIGLIO! VAI VAI SULLA FASCIA!!!!!!!!) :-).
Che percentuali ti prenderesti eventualmente? :-)
Le tavole che ho presentato a Quesada i lettori italiani le conoscono già: sono quelle di Oudeis libro 1, Giulio Maraviglia e la Dottrina.
Poi ogni tanto qualche supereroe, tipo Devil, Spider-Man, ecc… Comunque eccone qualcuna.



Quesada ti ha affidato il progetto in coppia con il bravo Zeb Wells. Che ruolo sta avendo Wells nella realizzazione di Battlin’ Jack Murdok?

Il ruolo di Zeb è fondamentale, soprattutto per rendere la trama più sullo stile americano, perché la mia aveva dei ritmi più italiani, e sta svolgendo un lavoro strepitoso.
E dopo aver letto Octopus anno primo, posso dire che è stata la scelta migliore che potessero fare per poter mantenere l’atmosfera della mia idea/trama e renderla più dinamica nei dialoghi.

Come organizzate il vostro lavoro tu e Wells? Com’è strutturata la collaborazione?

Zeb ha in mano tutto lo script e i dialoghi che ho scritto in agosto e, allegato a tutto ciò, lo storytelling dell’intera miniserie per avere più chiara la narrazione.
C’è anche da dire che spesso basta storybordare per rendere più chiari dei passaggi narrativi rispetto ad uno scritto che potrebbe essere aperto a delle interpretazioni personali.
E come detto lui sta rimettendo a registro la trama e i dialoghi per renderla leggermente più supereroistica e meno lenta e romantica di come l’avevo pensata.
Sta attuando un’operazione di taglia e cuci sul mio storyboard per dargli un taglio più supereroistico, e quando vedrò che si distacca leggermente, gliene parlerò in modo da chiarirci meglio sugli intenti che ho in mente.
Ma posso garantire che questa sinergia è rispettosissima. Zeb ha chiaro ciò che ho in mente per Battlin', e fino ad ora non ci siamo mai scontrati su questo tipo di problema, ci lasciamo liberi di esprimerci senza invadere troppo il lavoro dell’altro, con l’unico intento comune di poter raccontare un Battling Jack “inedito”, o meglio dargli un piccolo spessore emotivo in più rispetto a quello che ha sempre avuto, e che lo porterà a prendere la sua decisione che darà vita al Diavolo di Hell's Kitchen.

Ti faccio una domanda senza pietà: come te la cavi con l’inglese? Che tipo di problemi devi affrontare per rapportarti ad un mercato come quello statunitense e con i tuoi colleghi?

Allora, qui la cosa è difficile, nel senso che come ho detto l’inglese non lo parlo, ma grazie a Raffaella sto iniziando a saperlo scrivere, e leggermente a intuirne la lettura. Tant’è che appena leggo “But” mi preoccupo, perché vuol dire che subito dopo ci sono correzioni da fare :-).
A parte gli scherzi, Quesada e gli editor sanno di questo mio “handicap”, ma ci sono passati sopra tranquillamente. Per loro l’importante è che tu sia affidabile e concreto nel tuo lavoro, dove in 4 settimane devi consegnare tutto dando il massimo.
Ma mi sono ripromesso che appena avrò tempo prenderò ripetizioni da Raffa e partirò per New York a conoscere tutti di persona.

Tu hai uno stile di disegno molto particolare e dinamico: costruisci tavole non necessariamente caratterizzate da una rigida scansione delle vignette e personaggi che sono spesso ritratti in pose estreme, quasi deformate (sebbene si intuisce la tua perfetta conoscenza dell’anatomia umana). Con uno stile di disegno così è stato difficile emergere nel nostro mercato?

Le difficoltà di emergere penso che si trovino in ogni ambiente lavorativo e di nazionalità, e che il discorso di differenziare stilisticamente gli autori dai tratti italiani, americani o francesi, oramai sia oltrepassato/vecchio, visto che le energie artistiche si influenzano costantemente e rapidamente. Penso che oggi la valutazione del valore di persone che vogliono avvicinarsi a questo ambiente si debba fare principalmente sulla base delle loro idee narrative, e poi un secondo tempo sul tratto espressivo.
Ma questo discorso vale per una presentazione e realizzazione di una propria idea, e non di un lavoro su personaggi e stilemi già esistenti.
L’esempio di questa tipologia di idee è Oudeis, che è nato da una mia esigenza legata al divertimento di raccontare e non di pubblicare, e Saldapress ha voluto valorizzare questo mio lavoro, credendo nel progetto.
Personalmente cerco in ogni progetto di modificare leggermente il tratto per avvicinarmi maggiormente alla visione e sensibilità della trama che sto raccontando, ed esempi sono La Dottrina per la Magic, Maraviglia, La Lande des Aviateurs per Humanoïdes e Romano per Glénat insieme ad Alessandro Bilotta, con il quale sto lavorando ai secondi volumi francesi che hanno avuto un discreto successo e interesse in quel mercato.
Ogni volta che io ed Alessandro lavoriamo, lo facciamo per poter lasciare una nostra impronta su ogni lavoro, uno stile italiano riconoscibile, e devo dire che l’interesse che ha scaturito il primo volume di Romano è stato creato appunto per la sua italianità sia di struttura narrativa che di scenario scelto. A tal punto che a parlarne è stato lo stesso TG dell’emittente FRANCE 3, che lo ha definito il primo volume neorealista.
Che dire, una bella responsabilità adesso....
Questo è solo per dire che ad ogni progetto in cui mi sento coinvolto cerco di dare il massimo per rispettarne le sue potenzialità. Ma in tutte queste lavorazioni cerco sempre di lasciare qualcosa di me stesso, e i lavori per la Marvel hanno seguito lo stesso criterio.
Sicuramente il mio tratto è difficile da descrivere per me, visto che sono io a disegnare, le estremizzazioni e le distorsioni delle anatomie sono una mia caratteristica, mi piace amplificare l’espressività di un personaggio, rompere gli schemi dei riferimenti fotografici che rischierebbero di rendere un’immagine immobile, statica, fredda e poco comunicativa.
Ma con questo non vuol dire che sono l’unico. Ogni disegnatore estremizza o amplifica determinate espressioni a seconda del proprio gusto o bagaglio artistico.
Mi piace molto miscelare il tratto realistico con quello del cartoon, rimanendo dell’idea che il fumetto sia qualcosa che deve distaccare dalla realtà con la sua fantasia espressiva, che faccia parte della sceneggiatura o del disegno o di entrambi.
Ma se in futuro mi capitasse di essere coinvolto in un progetto già avviato, che richiedesse magari un maggior realismo, non avrei alcun problema ad adattare il mio stile, l’ho già fatto in passato con altri progetti, pur tentando tuttavia di essere sempre riconoscibile.
Personalmente in Italia ho avuto (ed ho tutt’ora) le mie difficoltà, all’inizio dovute anche all’inesperienza. Avevo un’idea troppo romantica di come dovesse essere il lavorare in questo settore, ma poi dopo aver fatto un po’ di esperienza ho assunto un approccio diverso, meno romantico ma più efficiente.
Credo che sia stato così anche per i colleghi che, come me, stanno investendo su se stessi nel tentativo di trasformare una passione radicata in una professione.
Il mio unico obiettivo è di restare coerente con me stesso, con le mie sole forze, di ricordarmi sempre che tutto quello che faccio è finalizzato a voler “raccontare” storie che mi appassionano, dei personaggi che preferisco.


Disegnare Daredevil è un punto di arrivo o un punto di partenza?

Sicuramente è coronare il sogno di una vita. Diciamo che forse è un gradino in più che ho scalato, ma prima bisogna poggiare bene il piede, altrimenti si casca all’indietro.
E posso assicurare che il dolore è forte, perché già ci sono passato una volta.
Si prova una spaccatura emotiva terribile, ma non perché non si lavori o che altro. È una spaccatura interiore che prende la tua persona, quello che sei che viene disintegrato, è una perdita totale della propria identità.
E rimettere insieme i pezzi è difficilissimo.
Quindi, per essere più chiaro, non mi sento né arrivato o che altro. Anzi, vedo davanti a me ancora tanta strada… proprio come la canzone di Baglioni “Strada Facendo”.
E mica potevate scappare senza leggere una citazione baglioniana…:-) ….
Speriamo solo di non sbandare fuori strada per colpa dell’asfalto sfaldato o di una manutenzione stradale sbagliata.
Perdonatemi, ma non ce la faccio a prendermi troppo sul serio, e ammiro chi riesce a farlo.
Tornando seriamente a noi.
Daredevil per me ha rappresentato il motivo di raccontare fumetti, di disegnarli, è il personaggio nel quale mi sono sempre rivisto.
Soprattutto in Born Again, nel quale mi rivedo dopo le varie vicissitudini avute in questo ambiente.
Una cosa di cui forse posso veramente vantarmi è che, se ho raggiunto questi gradini, l’ho fatto con le mie sole forze.



Dopo aver coronato il tuo sogno di dare vita ad una storia con protagonista la famiglia Murdock, cosa ti piacerebbe disegnare? Hai altri progetti in cantiere per la Marvel?

Beh, sinceramente mi piacerebbe poter realizzare una storia di Hulk, proiettandolo sulle atmosfere della serie televisiva che finiva sempre con Banner che si allontanava facendo l’autostop. Poi Gli Inumani sono un gruppo che mi affascina moltissimo, e anche gli spesso dimenticati Alpha Flight.
Sicuramente mi piacerebbe anche continuare a proporre mie idee, che vi devo dire… ci proverò. Ma attualmente è solo un sogno.
Al momento sono ancora in fase di realizzazione con Battlin’ Jack.
Ma la loro organizzazione per ora è come un orologio. Appena terminato un albo mi hanno contatto per altri lavori, mentre per Battlin' sono stato io a proporlo. Mentre ne stavo discutendo mi hanno proposto di realizzare il What If su Wolverine, la cui uscita, ho visto sul sito Panini, è prevista per maggio in appendice a Wolverine 209 (sì, lo so, sto facendo pubblicità spudorata… nel caso fate finta di non aver letto EEHEHEH:-) ).
Comunque appena finito Battlin' non saprei.
Mi lascio trascinare dalla corrente, e dovrei attendere una risposta che mi vede tra i candidati a sostituire un grande autore… a voi scoprirlo.
Mi piacerebbe anche poter avere l’opportunità di avere un confronto con una produzione più seriale, che non sia necessariamente solo per il mercato estero.

Se Quesada ti offrisse un contratto in esclusiva per la casa delle idee, accetteresti?

Penso che solo un pazzo direbbe di no, visto che darebbe l’opportunità di disegnare personaggi che hanno segnato l’infanzia di tutti.
Ma sicuramente prima preferirei riuscire a chiudere tutte le lavorazioni che ho in corso con Alessandro Bilotta, che attualmente è impegnato anche su Dylan Dog.
Primo, per rispetto dei lettori che ci hanno appoggiato in questi anni, e secondo perché trovo che Alessandro sia uno dei migliori (se non il migliore) sceneggiatori della “nuova” generazione che abbiamo attualmente in Italia. Il suo lavoro è instancabile, e sicuramente meriterebbe un’attenzione maggiore dai media italiani.
Lo so che passo per quello di parte solo per il fatto che oltre a collaborare con Alessandro ci lega una grande amicizia. Ma vi consiglio di leggere le sue storie, e sarebbe proprio bello poter mettere a confronto anche le sceneggiature, come accade per il disegno tra i disegnatori, ma so anche che è improponibile in Italia.
Posso assicurarvi però che se ciò avvenisse, molti lettori si appassionerebbero alla narrazione di Alessandro, rivalutando anche i loro giudizi.

Il tuo percorso artistico è molto particolare. Hai iniziato disegnando Examen (un divertentissimo serial supereroistico per il defunto progetto “Italia XXII secolo” della defunta Phoenix Enterprises) e dopo varie peripezie editoriali (che hanno contribuito alla tua maturazione artistica) sei approdato alla Marvel. Quanto è stata importante, nel tuo percorso lavorativo, quella prima esperienza su Examen?

È stata importantissima, la prima volta che mi confrontavo direttamente con la realtà chiamata fumetto.
Prima di Examen vedevo tutto in maniera idealizzata e non avevo un’identificazione realistica di una produzione a fumetti e del lavoro che c’è dietro oltre al disegnatore: riunioni, confronti diretti e sinceri sulle strade da prendere, il marketing, ecc. Conservo con molta gelosia quel periodo, che mi ha fatto crescere molto grazie a Daniele Brolli che mi ha dato la prima opportunità, e il mitico Giuseppe Palumbo che mi ha dato le prime dritte per poi camminare da solo.
In Examen ho messo tutta la mia passione per i supereroi, passione che poi è rimasta ed è continuata anche nei lavori che sono venuti dopo, come Maraviglia, La Dottrina e Oudeis.
Sai, è bellissimo vedere che questo personaggio, Examen, sia rimasto nella mente dei lettori appassionati. E devo essere sincero: se, per assurdo o situazione utopica, mi si chiedesse di ritornare su quel progetto, penso che accetterei.

L’apprezzamento per il tuo attuale incarico non mi fa però dimenticare che i tuoi lettori italiani attendono con impazienza i capitoli finali di due opere che portano la tua firma. Che puoi dirci di Oudeis e La Dottrina? Li vedremo mai i capitoli finali?

Mi dispiace, ma nello stato attuale non saprei che rispondere.
Per Oudeis, ho appena sentito Andrea Ciccarelli che mi manderà presto il pdf del lettering da supervisionare insieme. Dopodichè si passerà alla fase dei miglioramenti grafici che ho richiesto, e infine la stampa. Ma non so quando accadrà…
Mentre per La Dottrina la situazione è più complessa.
Mi rammarico per i lettori, ma posso assicurarvi che il mio impegno per realizzarli è il massimo, soprattutto per chi ha appoggiato con l’acquisto queste opere.
Personalmente spero che tutto si risolva presto, soprattutto visto le voci di corridoio che stanno iniziando a circolare e che non sono molto piacevoli, con le quali si sta scaricando sulla mia figura professionale delle responsabilità che non mi appartengono, facendomi passare per quello che non sono e iniziando anche a causarmi un danno professionale. Se un editore dovesse ricevere queste voci sulla mia inaffidabilità, come pensate che possa reagire?
Ma ringraziando Dio, il lavoro che sto sviluppando con la Marvel e per la Francia smentisce queste voci, dimostrando l’esatto contrario di queste dicerie da bar che accusano la mia affidabilità.
E anche ai lettori stanno arrivando queste giustificazioni: che sono lento e che i ritardi sono causati dal fatto che sto lavorando per la Marvel.
Che dire… va beh, mi ripeto: vi basta guardare a cosa sto lavorando e la tempistica richiesta per certi lavori, e poi trarre le somme.
Con questo non voglio fare lo scarica-barile, ma sono stufo di essere usato come specchio dietro al quale nascondersi per un lungo periodo, tutto qua. Visto soprattutto che a farne le spese è la mia figura professionale qui in Italia.

Poco fa hai parlato dei tuoi progetti per la Francia. Tu lavori prevalentemente all’estero, riscuotendo un buon successo in Francia, per l’appunto, e negli USA, due mercati molto prestigiosi, mentre qui in Italia i tuoi volumi faticano a trovare una degna collocazione in libreria e nel cuore degli appassionati. Come mai secondo te?

Questa domanda è pericolosa.
Sicuramente, come andrò a rispondere, tutti giù a remare contro… Mi pongo anch’io la stessa domanda, anche se devo dire che è difficile raggiungere il cuore degli appassionati se non escono i volumi.
E credo che un piccolo spazio, nonostante tutto, gli appassionati lo abbiano trovato e che si siano affezionati ai personaggi che ho realizzato e che realizzerò.
Certo, il rapporto con loro è strettamente legato alla diffusione dei volumi, e senza di essi non si crea nessuna sinergia tra lettori e autori.
Il fatto che i miei volumi non riescono a trovare spazio nelle librerie… Credo che dipenda molto dalla gestione delle case editrici e non da me. Sta a loro lavorare per una promozione che possa far arrivare a tutti i miei volumi.
Forse il problema è che mi faccio vedere poco in giro, sia fisicamente che su internet?
Sai, nel nostro mercato funziona così: non contano le idee o di come professionalmente le sviluppi, conta l’essere presente costantemente nel giro, e a me personalmente non piace, preferisco restare a casa a fare quello che più mi piace e che sono fortunato a fare, disegnare.
Comunque posso anticipare che la Magic Press ha preso i diritti di Romano di Glénat che presto vedrà il suo esordio in Italia. E spero che i lettori italiani ci si possano appassionare come i lettori francesi.



Parlami un po’ dei due progetti che stai producendo per il mercato francese, Romano e La Landa degli Aviatori. Di cosa trattano, che periodicità avranno e quanto a lungo dureranno?

I due progetti per la Francia sono realizzati insieme ad Alessandro Bilotta, e siamo molto entusiasti dell’apprezzamento che ha avuto il nostro modo di narrare storie.
Il primo, Romano, è edito da Glénat ed è la storia di un pugile, ambientata nel dopoguerra nella zona di Trastevere, ma non mi va di svelare troppo visto che presto uscirà. Posso assicurare che Alessandro ha realizzato una struttura narrativa semplice, ma struggente e appassionante. Ci siamo concentrati più sul descrivere le emozioni e i sogni dei personaggi che sul dinamismo degli incontri di boxe. E forse la definizione trovata dalla critica francese per descrivere Romano è decisamente giusta: “neorealista” racchiude esattamente il modo di raccontare di Alessandro.
Il secondo progetto, La Landa degli Aviatori, è per Humanoïdes ed è una storia di fantascienza, ma questa definizione non rende giustizia alla storia, dove troviamo sì un futuro ipotetico, ma diverso dal solito. Alessandro ha focalizzato la sua attenzione sul senso dell’abbandono che i protagonisti vivono in un mondo surreale. Graficamente, prima di iniziarli a disegnare, ho dialogato moltissimo con Alessandro per capirne le intenzioni in maniera quasi morbosa, credendo delle volte di parlare di persone vere e non di personaggi. Facendo questo tipo di analisi sui personaggi, li ho fatti miei, nel senso che ho cercato di interpretarli come farebbe un attore per potergli dare una recitazione che rispecchi la loro psicologia, ben descritta da Alessandro. E stilisticamente ho cercato di renderli diversi, modificando leggermente il tratto.
Le uscite dei volumi avranno cadenza annuale, come tutti i volumi francesi, e per Romano sono previste tre uscite, mentre per La Landa degli Aviatori ne sono previste 6.
Attualmente stiamo lavorando alle prossime uscite e posso assicuravi che i secondi volumi sono una bomba, ma nonostante sappia la trama, mi sono coinvolto nuovamente in maniera sempre più forte, perché Alessandro ha realizzato due strutture narrative avvincenti.

In Romano e in Battlin’ Jack Murdock, sullo sfondo delle vicende degli eroi protagonisti c’è il mondo della boxe. Ti piace questo sport? Come differisce il tuo approccio alla boxe in queste due opere?

La boxe è uno sport che mi appassiona e che mi piacerebbe fare, ma ora è tardi e il mio fisico non è di quelli adatti.
Mi ha sempre colpito lo sguardo dei pugili, prima durante e dopo un incontro: hanno gli occhi fissi sul loro avversario, ma sempre si vede un velo di tristezza. È qualcosa di molto possente ma fragile allo stesso tempo, non so come spiegarlo, ma si vede chiaramente che, quando combattono, lo fanno per vincere le loro paure.
E quindi come potrei non amare film come “Lassù qualcuno mi ama”, “Rocco e i suoi fratelli”, “Toro scatenato” e per finire i primi due “Rocky”, e gli ultimi “Million dollar baby” e “Cinderella Man”.
Questi film hanno segnato un’epoca, e ricordo come correvo esaltato e dinamicamente plastico, andando a scuola e imitando Stallone con i pugni alzati o giocando con la pallina… Questa nobile arte affascina e trasporta in maniera inspiegabile, risveglia un’energia che delle volte ci si dimentica di avere. Ah, bei tempi spensierati che sono andati… e con loro anche gli addominali…
Ma con il passare degli anni e scegliendo questa professione, beh, prendetemi pure per pazzo, ma ho visto tante analogie tra il pugile e il disegnatore. Entrambi sono costretti a salire, a combattere, per volere della platea che incita, costretti a soffrire per la propria sopravvivenza. Ma non si lotta per sovrastare chi si ha di fronte, anzi, si lotta per dimostrare al mondo il proprio valore e dignità; loro fanno tutto ciò con i pugni, e noi con le matite.
Alla fine spero che sia chiaro che mi affascina la psicologia della figura del pugile, e che impazzisco quando essi mostrano il loro lato nostalgico ma nello stesso tempo scherzoso, come la battuta in “Cinderella Man” dove, alla domanda “Perché torni a combattere?”, Russell Crowe risponde: “Per il latte”. Tutti ridono a quella affermazione che sembra banale, ma per lui il lottare per il latte vuol dire il benessere dei propri figli, una scelta d’amore, a costo della vita.
Che ci posso fare, quando sento la passione in certi dialoghi, impazzisco.
Ok! Potrei stare per ore a parlare, ma visto che non so “né cantare, né ballare”, è meglio andare avanti :-).
Per quanto riguarda Romano, come già detto è Alessandro lo sceneggiatore, e la strada scelta per raccontare è stata la semplicità e la quotidianità del periodo storico, incentrando l’attenzione sui sentimenti di tutti i protagonisti, senza tralasciare nessuno. Per certi versi un lavoro molto simile alla Giulio Maraviglia a livello di scheletro della sceneggiatura, dove, come in Maraviglia, ad essere protagonista è la Roma di quella epoca e di chi la viveva, accostandosi all’influenza e al patrimonio artistico e narrativo che appunto ci ha lasciato il neorealismo.
Quindi la boxe è vista come uno strumento per acquisire una lezione di vita per migliorarsi.
Mentre in Battlin’ Jack il mio intento è quello di dare epicità alla vita dell’uomo che, con la sua scelta, diede vita al diavolo di Hell’s Kitchen. Ho voluto raccontare la strada intrapresa da Battlin’ Jack, che non è stata scelta, ma imposta dalle difficoltà che ha dovuto vivere, e alle quali ha dovuto rassegnarsi fino alla sua rivincita. Ma con questa miniserie (e qui mi ripeto) ci sarà un anello fondamentale che raggrupperà le motivazioni e le conseguenze e le apparizioni future che appartengono alla continuità della serie di Devil scritta da Miller.
Battlin’ Jack è un anello di congiunzione nato da una struttura che Frank Miller ci ha lasciato in eredità. Per questo sono molto ansioso della sua prossima uscita in giugno, ma anche molto sicuro di quello che ho scritto e disegnato.

Chiudo con una domanda che sono certo ti toccherà al cuore. Sei ancora in contatto con Claudio Baglioni?

Purtroppo dopo la nostra intensa collaborazione non ci siamo più sentiti a causa di strade diverse che abbiamo intrapreso, ma non è un addio, è solo un distacco momentaneo dovuto ai nostri impegni.
E sono felicissimo di essere riuscito a realizzare con le mie sole forze un’opera dagli sforzi colossali come la sua città virtuale “Patapan”.
Conservo gelosamente il ricordo di ogni riunione e coinvolgimento da parte sua. E ringrazierò sempre Claudio per la grande opportunità che mi ha dato e per aver puntato su di me. Penso che sia stato il primo grande a non guardare il nome che portavo, o se fossi famoso. Ha puntato sulle mie qualità e affidabilità, apprezzando il mio disegno, ma del resto i grandi ragionano in questa maniera, valutando concretamente ciò che fai e puntando su chi reputano meritevole per doti e non per lodi.
E ti dico che ne vado fiero. Sono stato il primo a realizzare un progetto per un cantante che è una colonna portante della musica italiana come Claudio, elaborando insieme a lui il sito più grande del mondo tra gli artisti della musica.
E devo dirvi che a farmi da colonna sonora mentre disegno Battlin’ Jack, c’è “Grand’uomo” di Baglioni, e consiglio a chi ama unire le influenze artistiche come me, a chi prenderà l’albo in originale, o aspettandone la pubblicazione in volume in Italia, di leggerlo con questo grandioso brano di Claudio in sottofondo.



Stefano Perullo
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