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Jupiter's Legacy e MPH: i due Mark Millar a confronto

Esistono due autori, omonimi, che per una strana coincidenza sono nati anche lo stesso giorno e lo stesso anno. Parliamo di Mark Millar e di Millar Mark, entrambi scozzesi ed entrambi sceneggiatori per il mondo dei fumetti, con il secondo che ha anche un occhio di riguardo per il cinema. È il caso di approfondire questo curioso parallelismo fra i due sceneggiatori in particolare dopo l’uscita, a poche settimane l’uno dall’altro, di due volumi da parte di Panini Comics: parliamo di Jupiter’s Legacy e di MPH.

Mark Millar, il primo dei due che prendiamo in esame, noto per lavori quali Authority e Ultimates, è sicuramente un autore non molto prolifico. Le sue opere sono contraddistinte da una forte connotazione politica, tendente decisamente verso sinistra, che con uno sguardo critico reinterpretano il mondo dei supereroi inserendoli in uno contesto moderno, complesso e credibile. Le sue opere, inoltre, sono ricche di chiavi di lettura e attentamente costruite. La psicologie dei suoi personaggi sono complesse e sfaccettate. I suoi Ultimates, i Vendicatori degli anni 2000, sono un chiaro esempio del suo lavoro: Millar, qui, rielabora i classici personaggi Marvel dando loro una moderna interpretazione da cui non è stato più possibile tornare indietro.
Jupiter’s Legacy è un esempio lampante di quanto appena detto.

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Se finora abbiamo avuto eroi iconici che hanno attraversato i decenni indenni, Millar abbatte su di loro lo scorrere del tempo, invecchiandoli e dandogli una prole. Qual è, dunque, la vita che condurrebbero, oggi, questi superdotati figli di eroi? Millar, in piena chiave decostruzionista, li delinea come complessati e alienati, psicologicamente fragili, con genitori che sono stati per loro un peso poco sostenibile, più attenti alla loro immagine pubblica che a salvare il mondo. E lo stato del mondo è uno dei problemi che alcuni dei personaggi si pongono: possibile mai che, nonostante il loro intervento, il mondo sia sempre sull’orlo di una perenne crisi economica così come nel 1929? Servono davvero a qualcosa le loro scazzottate o è un modo ormai superato di affrontare i problemi? Forse è tempo di cambiare la politica da dentro portando oltre le loro responsabilità.

Come evidente, dunque, lo sguardo critico e politico dell’autore porta a un nuovo livello quella voglia di smontare il mito degli eroi e condurli in un contesto sempre più realistico e disincantato. Non è un caso se questo tipo di operazione è stata sempre fatta da autori europei (Alan Moore, Neil Gaiman, Grant Morrison, Warren Ellis etc., per spiccata e diversa sensibilità culturale). E Millar lo fa con puntualità e perizia, con una sceneggiatura attenta fin nella costruzione stessa della tavola, suddivisa sempre in 4 parti dall’elegante lavoro di Frank Quitely.
Siamo solo al primo volume, dunque bisogna fare attenzione nello sbilanciarsi, eppure Jupiter’s Legacy è una di quelle perle rare capace di segnare il mondo del fumetto per un bel po’. 

A differenza del suo omonimo, Millar Mark (quello di MPH, per intenderci), è un writer dallo spirito decisamente più commerciale, ma detto nel senso più buono possibile del termine. Lo scrittore, infatti, predilige soggetti che hanno di base un’idea tanto semplice quanto accattivante, plot che in genere sviluppa in 4-6 albi e che sono, in pratica, storyboard per il cinema, visto che vengono puntualmente opzionati, spesso prima dell’effettiva uscita, dai produttori di Hollywood. Tendenzialmente, i suoi lavori portano all’estremo idee che nei classici universi narrativi Marvel e DC sarebbero impossibili da applicare fino in fondo. MPH, disegnato dal bravissimo Duncan Fegredo, potremmo definirlo quasi un suo manifesto programmatico.

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La storia parla di Roscoe, un ragazzo di Detroit che vuole giungere al successo nella vita spacciando droga per il suo capo. Non ha alcun intenzione di scalare le gerarchie, sa stare al suo posto e mantiene un basso profilo. Ma, nonostante questo, finisce in prigione. Caduto in basso, si lascia convincere ad assumere una droga, l’MPH appunto, che gli donerà il potere della supervelocità. Roscoe, dunque, scapperà di prigione e coinvolgendo un gruppo di amici, tra cui la sua fidanzata, mette su una sorta di super-gruppo nel tempo limitato alla scorta di pillole in suo possesso. Ma come sfrutterà i suoi poteri, facendo del bene o del male? In realtà, rapinando banche, arricchendosi e divertendosi, questo gruppo si attira la simpatia della popolazione anche elargendo parte delle rapine e non ferendo mai nessuno. Naturalmente, qualcosa andrà storto e ci sarà più di un colpo di scena ad attenderci.

Lo stile di scrittura è scorrevole, i personaggi ben definiti e i dialoghi veloci e frizzanti. L’opera non ha implicazioni politiche o particolari chiavi di lettura (nonostante una connotazione sociale di sottofondo è ben presente), lo scopo principale di Mark è intrattenere il suo pubblico in modo avvincente, puntando non sulla riflessione ma sull’azione. A differenza di Jupiter’s Legacy, dunque, in MPH abbiamo un soggetto molto più leggero, ma al tempo stesso intrigante, ideale per una trasposizione cinematografica.

Quello che ci preme sottolineare è che i due autori presi in esame non sono in alcun modo in competizione fra loro. Chi ha scritto MPH, infatti, non è un sceneggiatore svogliato, poco ispirato o meno bravo rispetto a quello di Jupiter’s Legacy come tendenzialmente si crede, semplicemente è uno scrittore consapevole dei propri mezzi che decide di creare volutamente un’opera di semplice intrattenimento come Kick-Ass, ad esempio, Supercroocks o Superior, per citarne alcune. L’errore di fondo sta nella concezione, del tutto sbagliata, che autori di opere considerate di maggiore profondità debbano essere elogiati più di coloro che realizzano lavori più leggeri. Liberi, ognuno, di preferire l’uno o l’altro genere, tuttavia questo non deve andare a demerito di uno scrittore che consapevolmente scrive un’opera volta al puro intrattenimento. Chiariamo: ciò non toglie che Jupiter’s Legacy sia effettivamente un fumetto di maggior spessore e che verrà rimarrà più a lungo, a differenza di MPH, assolutamente godibile ma non seminale. 

La verità, alla fine, è che esiste un solo Mark Millar, un autore versatile, che sa fare bene il proprio lavoro e che, come un attore cinematografico, ama tanto fare commedie leggere quanto film impegnati. Uno scrittore che ci si è creato (meritatamente) un nome e che ha fiutato bene l’aria che tira a Hollywood, sempre più a corto di idee, e ha creato un proprio marchio, una fucina di idee pronte per l’uso che, male che vada, rimangono buoni fumetti realizzati da grandi artisti. Non si tratta, dunque, di maggiore o minore ispirazione (sebbene opere più o meno riuscite ci siano, e MPH di sicuro non si piazza nella top 5). L’evidente bravura di Mark Millar è palese in entrambi i casi, non sempre però i suoi lettori riescono a capire con quale spirito ha scritto un’opera prima di leggerla, per questo, dunque, può capitare di sentirsi spiazzati se ci troviamo di fronte a due titoli come Jupiter’s Legacy e MPH. In realtà, basta giusto informarsi un po’ prima.

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