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La recensione di Spider-Man: Homecoming

“Cazzo! Hanno messo un costume anche a lui? Non ci posso credere” esclamava Riggan Thomson, alter-ego di Micheal Keaton nel superbo Birdman di Alejandro Gonzalez – Inarritu, nel prendere atto che attori del calibro di Robert Downey Jr. e Jeremy Renner sono da tempo tra i volti più rappresentativi dei cinecomic. L’origine della fama dello stesso Keaton si deve, d’altronde, alla sua interpretazione del Cavaliere Oscuro di Gotham City in quel Batman di Tim Burton, datato 1989, che può essere considerato il primo, grande successo di massa dell’era moderna per un adattamento cinematografico di un personaggio dei fumetti. Se la grande prova dell’attore di Beetlejuice nel film di Inarritu era stata letta da tutti come il tentativo di prendere le distanze dal genere che gli aveva dato il successo, la sua presenza in Spider-Man: Homecoming, terza versione cinematografica delle avventure del Tessiragnatele di casa Marvel in 15 anni, ha destato un certo scalpore fin dal suo annuncio. D’altra parte, la consapevolezza di poter contare sulle qualità di un veterano come Keaton per la parte del villain, donava certezze ad un progetto sulla cui bontà sono state nutrite fin dall’inizio dubbi e perplessità, visto che esce a soli tre anni di distanza dall’ultimo capitolo del fallimentare dittico a firma Marc Webb – Andrew Garfield.

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Le vicende che hanno portato alla nascita di questa terza iterazione della saga di Peter Parker, dopo quelle di Sam Raimi e di Webb, sono note: la necessità da parte della Sony di continuare a girare film con protagonista l’Uomo Ragno per non perderne i diritti di sfruttamento cinematografico e la presa d’atto, dopo l’esito non soddisfacente degli ultimi due film, di dover chiedere l’aiuto di chi il Ragno lo conosce bene. Da qui l’accordo, siglato dalla dirigente Amy Pascal con Kevin Feige per la cessione dell’aspetto creativo ai suoi Marvel Studios, mentre la produzione e la distribuzione sarebbero rimasti saldamente in mano alla Sony. In sostanza, a Feige e soci spettava la scelta del “tono” della pellicola, degli interpreti, nonché del regista, un condottiero capace di condurre la nave in porto. Ora che arriva finalmente sugli schermi, com’è questo Spider-Man: Homecoming? Ci sono cose che ci hanno convinto ed altre meno.

Diciamo subito che a livello stilistico si tratta di un tipico “prodotto Marvel Studios”, rispettoso del materiale di provenienza ma capace di non prendersi troppo sul serio. Il marchio del Marvel Cinematic Universe è ben impresso dalla solita, carismatica presenza di Robert Downey Jr./Tony Stark, qui nel ruolo del mentore del giovane Peter Parker. La storia, inoltre, prende le mosse dalle vicende del primo film degli Avengers, datato ormai 2012, di cui è una diretta conseguenza. L’approccio scelto dagli sceneggiatori John Francis Daley e Jonathan M. Goldstein è quello del teen movie alla John Hughes, il regista specializzato in commedie adolescenziali peraltro evocato in una scena del film, quando Spider-Man, durante un inseguimento, ruzzola nel giardino di una villetta dove viene proiettato Una pazza giornata di vacanza, film dell’ 86 con Matthew Broderick diretto proprio da Hughes. E come in un film del regista di Breakfast Club, il setting ideale è quello del liceo: è qui che ritroviamo Peter Parker, ragazzo del Queens, che vive le sue giornate tra la scuola, dove non è certamente tra in ragazzi più popolari, e la vita con sua Zia May, con la quale divide un appartamento in uno squallido condominio di periferia. Quello che la zia non sa è che Peter è segretamente Spider-Man, l’amichevole Tessiragnatele di quartiere che ha già vissuto un’ avventura con gli Avengers in Captain America: Civil War e che dovrà tornare in azione quando la città verrà minacciata dai loschi traffici di Adrian Toomes, contrabbandiere di tecnologia aliena lasciata incustodita durante la battaglia di New York del film del 2012 e di cui si è servito per trasformarsi nel temibile Avvoltoio.

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Se ci sono cose, in Homecoming, che finiranno per conquistare anche gli spettatori più scettici, una di queste è sicuramente la prova di Tom Holland, viso acqua e sapone e modi da bravo ragazzo. Il giovane attore riesce a trovare una propria via per portare sullo schermo un personaggio iconico e amato come Peter Parker, evitando di esasperarne sia una goffaggine che nell’interpretazione di Tobey Maguire era spesso scivolata nel grottesco, sia di indugiare nell’autocompiacimento emo tipico della versione di Andrew Garfield. Questo Parker è un ragazzo di periferia come tanti, che prova un incontenibile sense of wonder di fronte alle meraviglie di cui è costellata la sua nuova vita: un eroe springsteeniano della classe operaia, come lo definisce Tony Stark con una battuta fulminante e azzeccata che ha fatto scoppiare l'applauso in sala. E vederlo volteggiare al ritmo di Blitzkrieg Bop dei Ramones è francamente irresistibile. Michael Keaton dona spessore ad ogni scena che lo vede protagonista, dando vita ad un villain carismatico e rapace, come l’animale a cui si ispira. L’Avvoltoio, nelle storie classiche di Stan Lee e Steve Ditko, era il secondo criminale affrontato dall’Uomo Ragno e la scelta del regista Jon Watts e dei suoi collaboratori non avrebbe potuto essere filologicamente più corretta. Un applauso al dipartimento degli effetti speciali e alla costume designer Louise Frogley per la resa del personaggio, un riuscitissimo mix tra la versione classica, richiamata dalla pelliccia intorno al collo, e un moderno look da aviatore che coglie l’essenza predatoria del villain. Spettacolare, d’altronde, è anche la resa del costume del Tessiragnatele, mai così vicino alla sua controparte cartacea, in particolare alla versione classica di John Romita Sr., di cui riprende alcune espressioni iconiche grazie all’idea, semplice ma geniale, di far muovere le lenti della maschera dell’eroe come se facessero parte dell’obiettivo di una macchina fotografica.

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Buona prova anche quella del cast di supporto, a partire dai giovani compagni di scuola di Peter Parker tra tutti spicca Jacob Batalon nella parte di Ned Leeds, simpatica spalla di Peter, che nulla ha però a che fare col classico personaggio di Lee e Ditko ma sembra essere derivato piuttosto dal Kong creato da Brian Micheal Bendis e Mark Bagley in Ultimate Spider-Man, il remake delle avventure del Ragno aggiornato agli anni 2000 firmato dalla coppia di autori ormai 17 anni fa. Lo spirito dell'opera di Bendis e Bagley aleggia fortemente sulla pellicola, di cui sembra essere stata l'ispirazione principale. La classe di Peter è formata da un melting pot razziale del tutto coerente con la composizione sociale di un quartiere popolare come il Queens. Tra gli altri, citiamo Tony Revolori, già visto in Grand Budapest Hotel, nella parte di Flash Thompson, e Zendaya nella parte di Michelle, protagonista di un rumor finora non confermato che continuerà, c'è da scommetterci, a suscitare grandi polemiche tra i lettori storici del fumetto. Piacevole ma ininfluente ai fini della trama la presenza di Marisa Tomei nella parte di Zia May, personaggio storico opportunamente ringiovanito vista la giovane età di Peter nella pellicola.

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La sceneggiatura di Daley e Goldstein, a cui ha contribuito, tra gli altri, lo stesso Jon Watts, scivola via gradevolmente tra momenti spettacolari e divertenti, spingendo decisamente sul pedale della commedia. Per volontà dei produttori le origini di Spider-Man non vengono mostrate nuovamente: se la scelta è da comprendere, perché una terza versione delle origini in 15 anni sarebbe stata irricevibile, finisce comunque per togliere spessore alla pellicola. Ricordiamo che la storia di Peter Parker è una storia di potere e responsabilità, di errori e di conseguenze: tutti nodi che dovranno essere affrontati nei prossimi capitoli della serie, per non allontanarsi troppo dallo spirito del personaggio. La trama, non dovendo soffermarsi su elementi già visti in precedenza, è funzionale al collocamento del personaggio nell'affresco del Marvel Cinematic Universe. in questo senso, la nuova pellicola ragnesca si differenzia nettamente da quelle che l'hanno preceduta diventando a tutti gli effetti un nuovo capitolo del grande serial cinematografico Marvel.

Nonostante i dubbi derivanti dal suo scarso curriculum, che conteneva solamente i poco visti Clown e Cop Car, la prova di Jon Watts può considerarsi più che buona. L’insidia, per ogni regista che presta la propria opera ad un film targato Marvel, è sempre quella di venire assorbito da un processo produttivo più grande di lui che uccide sul nascere ogni vocazione autoriale, vedi il caso Edgar Wright/Ant-Man, finendo per essere risucchiati nel flusso narrativo di un universo cinematografico che rischia di livellare ogni talento. Ci sono almeno due momenti di grande cinema nel film, che segnalano il talento di Watts. Il primo è la scena del salvataggio al monumento di George Washington. Il secondo, che rivela la provenienza del regista dal thriller, è quello in cui Keaton e Holland sono in macchina insieme, in borghese, e il villain è attraversato dal dubbio circa la vera identità del ragazzo. Il volto dell’uomo è illuminato dalla luce rossa del semaforo, che si fa verde quando Toomes non ha più dubbi. Una piccola sequenza d’autore estratta da un blockbuster estivo che fa ben capire che, pur contenti del “ritorno a casa” del Ragno, il rinnovato franchise di Spider-Man potrà avere un futuro solo se lasciato libero di trovare la propria voce, per quanto all’interno del Marvel Cinematic Universe.

Nato dalla collaborazione di Sony Pictures e Marvel Studios, Spider-Man: Homecoming sarà diretto da Jon Watts ed è previsto per il 6 luglio 2017. Alla sceneggiatura troviamo John Francis Daley e Jonathan M. Goldstein (Vacation) mentre il protagonista della pellicola sarà Tom Holland. Nel cast anche Marisa Tomei (Zia May), Zendaya (Michelle), Laura Harrier (Liz Allen), Tony Revolori (Flash Thompson), Jacob Batalon (Ned Leeds), Robert Downey Jr. (Tony Stark/Iron Man), Michael Keaton (Avvoltoio), Kenneth Choi, Michael Barbieri, Donald Glover, Logan Marshall-Green, Martin Starr, Isabella Amara, Jorge Lendeborg Jr., Hannibal Buress, Abraham Attah, Angourie Rice, Martha Kelly e J.J. Totah. Il film sarà inserito nel MCU.

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