Alla ricerca di un canone, la recensione di Aliens 1 di Saldapress
- Scritto da Leonardo Cantone
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Che lo Xenomorfo ideato esteticamente dall’artista surrealista Hans Ruedi Giger sia parte integrante dell’immaginario collettivo è un dato incontrovertibile: nonostante la poca dimestichezza con la saga fantascientifica inaugurata dal film Alien (1979) diretto da Ridley Scott, chiunque conosce la creatura aliena sibilante e spaventosa capace di generare, da quasi quarant’anni, profonda inquietudine. Il parassita alieno non solo fa preda degli esseri umani, li caccia e li uccide, ma li trasforma in incubatori della propria specie: la paura non è rivolta, dunque, alla sola morte, ma alla contaminazione e alla agonia consapevole e, sopratutto, all’ignoto. Le creature si muovono nell’oscurità, attraverso i cunicoli, alimentano il terrore per ciò che non si conosce e ricordano l’impotenza dell’essere umano.
Tali, strutturali, premesse ne hanno decretato il continuo successo. Non stupisce, dunque, che, dopo il discutibile prequel Prometheus (2012), Ridley Scott voglia ancora indagare il mondo degli xenomorfi attraverso il nuovo capitolo Alien: Covenant.
Ma, circa un anno prima, la Dark Horse, aveva già scelto di esplorare il vasto mondo cinematografico di Alien – in precedenza già arricchito da numerose serie a fumetti e serie videoludiche – con una nuova collana dall’inequivocabile titolo di Aliens. Il titolo della serie, difatti, sceglie una ben precisa collocazione temporale all’interno della saga cinematografica e, cioè, tra il primo film di Scott e Aliens – scontro finale (1986) di James Cameron.
Ogni fan delle pellicole conosce il nome di Ellen Ripley, interpretata da Sigourney Weaver, unica sopravvissuta del disastro della nave spaziale Nostromo frutto del primo incontro con le creature degli Xenomorfi, e ha familiarizzato con le mire economiche della Weyland-Yutani Corporation. La nuova serie Dark Horse inizia questo nuovo viaggio, proprio dalle nascoste logiche espansionistiche della multinazionale: il primo albo edito in Italia dalla Saldapress, dunque, raccoglie le prime due uscite americane della miniserie Defiance, scritta da Brian Wood e disegnata da Tristan Jones, che raccontano il tentativo di recupero del relitto di una nave cargo alla deriva, l’Europa, che si rivela essere in realtà una missione per la cattura gli Xenomorfi. Ma quello che può sembrare uno sviluppo narrativo “canonico” per i capitoli della saga di Alien, concede invece un colpo di scena che condizionerà l’intero sviluppo della miniserie.
Brian Wood cambia la protagonista “storica” e la sostituisce con la marine coloniale Zulla Hendricks, per poter così essere libero di espandere l’universo narrativo della saga, ancorandola contemporaneamente a quello intero multi-mediale di cui si compone: un cameo – che, sicuramente, non rimarrà tale – vede Amanda Ripley, figlia di Ellen, adulta come nel videogame Alien: Isolation (2014), parlare con la protagonista della miniserie. La volontà di Wood, attestata nella perfetta adesione dell’atmosfera narrativa del fumetto a quella dei film, è di far in modo che il suo lavoro vada a comporre un capitolo di quella che è un’epopea fantascientifica che trova completezza attraverso media diversi, che siano cinematografici, fumettistici o videoludici. La sceneggiatura, riesce, dunque, nel proprio compito: l’eroina forte dal conflittuale rapporto con un sintetico, la “missione di recupero”, l’essere intrappolati e costantemente minacciati, i silenzi dello spazio siderale rotti dal sibilo degli Xenomorfi, sono quegli elementi che proiettano il lettore, fin dalle prime vignette, in quello che potrebbe essere un nuovo capitolo cinematografico di Alien.
A restituire tale atmosfera, non poteva non contribuire il disegno di Jones: dettagliato, dai tratti sottili e spesso nervosi, trova grande ricchezza nei dettagli, specie quelli fantascientifici – come le astronavi o gli stessi protagonisti alieni – che legano esteticamente la miniserie a fumetti alla saga cinematografica. Da segnalare, indubbiamente, i colori di Dan Jackson, capaci, nonostante una vaga sensazione di piattezza, di esaltare il tratto di Jones, rimarcando l’angoscia e la paura dei corridoi di una nave spaziale, popolata di angoli bui, sporcizia e metallo.
Indubbiamente, tale miniserie non può, ma non dovrebbe, essere intesa al di fuori del contesto filmico. Rispetto alle numerose serie a fumetti precedenti, quella di Wood e Jones, vuole essere parte integrante e non spin-off o mero corollario dei capitoli filmici: l’obiettivo è quello, palese, di creare – come sta succedendo con Star Wars – un “canone” coerente e ben strutturato, una vera e propria mitologia degli Xenomorfi, che necessariamente trova sviluppo narrativo attraverso supporti e linguaggi diversi che concorrono verso la definizione di un unico universo.
Dati del volume
- Editore: Saldapress
- Autori: Testi di Brian Wood, disegni di Tristan Jones
- Genere: Horror
- Formato: 16,8 x 25,56, S., 48 pp., col.
- Prezzo: 1,90€
- ISBN: 9788869192500
- Voto della redazione: 7