La terra dei figli
- Scritto da Gennaro Costanzo
- Pubblicato in Recensioni
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“Sulle cause e i motivi che portarono alla fine si sarebbero potuti scrivere interi capitoli nei libri di storia. Ma dopo la fine nessun libro venne scritto più.”
È con questo incipit che si apre il nuovo e immenso (in tutti i sensi) libro di Gipi La terra dei figli di sicuro il suo lavoro più lungo, arrivato a 2 anni di distanza dal tanto celebrato unastoria che, come ricorderete, venne inserito nella lista dei libri candidati al Premio Strega. L’autore ci porta ora in uno scenario post-apocalittico, pur non rinunciando alla dimensione “provinciale” tipica dei suoi racconti. Quello che si delinea tavola dopo tavola è uno scenario rurale, fatto di erba alta e lagune, vegetazione incolta e poche abitazioni sparse, distanti l’una dall’altra spesso centinaia di metri. Non sappiamo cosa sia successo prima, cosa ovvero abbia causato la fine del mondo così come lo conosciamo. Tutto ciò che c’era prima sembra non aver più alcun valore, come vecchie foto ritrovate e gettate a terra come inutili rifiuti. È in questo scenario che un uomo alleva i suoi due figli, in uno stato quasi primitivo. Il padre, vissuto nell’epoca “ante-apocalisse”, insegna ai ragazzi l’indispensabile per la sopravvivenza, li protegge dal mondo, dall’esterno, gli nasconde l’esistenza dell’altro e degli altri. Non gli ha insegnato neanche a leggere, parlare dell’epoca in cui si stava in casa seduti sul divano in salotto a guardare la tv è del tutto inutile per lui. Ed è così che trascorre la sua vita, in una condizione al limite del selvaggio, finché non giunge la sua morte e i figli sono costretti a vedersela con il mondo.
Reprimere la loro curiosità è servito però a poco, non solo perché non si può vivere in un’ampolla, in una menzogna, ma perché non si può opprimere la propria indole. Lasciati soli, i figli verranno a contatto con l’esterno, ma senza avere le chiavi per comprendere il mondo. Il loro desiderio più forte è quello di scoprire cosa annotava il padre sul diario che riempiva ogni giorno ed è questo che determina le loro azioni e li porterà alla scoperta di una realtà più complessa di quella che conoscevano.
Gipi per la prima volta smette di raccontare di se stesso mettendo in scena un romanzo senza didascalie, senza voci interiori, un racconto crudo, ma sentito e potente. Chiaro è il messaggio che pervade tutto il fumetto, l'autore non parla di sé, ma racconta la società odierna. In un mondo pieno di contraddizioni, fatto di tante isole distanti in cui ognuno è chiuso nella propria scatola e fatica a percepire l’esterno, Gipi trova nella scrittura la via della salvezza, nella cultura e nella sua diffusione. Non è un caso se è un libro a salvare i protagonisti del racconto. In fondo, il fumettista ci dà una speranza, la chiave per ritrovare noi stessi anche quando attorno c’è la desolazione, il degrado totale. E, cosa importante, ritrovare la fiducia negli altri anche quando l’ambiente esterno, la società, ci vuole trasformare in animali selvatici.
Un racconto, scrivevamo prima, senza didascalie e voci interiori, è lo stesso Gipi a fare una dichiarazione d’intenti in un post su Facebook. L'autore, infatti, ha voluto creare un romanzo lineare, immediato e di facile lettura, sia ben chiaro, non per questo banale o prevedibile, tutt’altro. Una stratificazione è ben presente e la profondità del racconto è ben evidente. La dimensione umana del racconto emerge anche nella sua non-epicità, nel suo coprire un arco di tempo limitato (la storia si svolge nell’arco di pochi giorni), nel concentrare tutto sui protagonisti lasciando che siano i disegni a raccontare lo sfondo e il contesto in cui gli eventi si svolgono.
Sul lato grafico, Gipi utilizza una gabbia tendenzialmente fissa, quella classica composta da sei vignette (tipica dei fumetti bonelliani) a cui applicare variazioni sempre sulle strisce orizzontali, mai sfruttando la verticalità. C’è una predominanza di bianco anche perché le sue linee sottili delineano figure esili spesso seminude e in scenari all’aperto, non è un caso, dunque, se il nero prevale negli interni. I pochi personaggi che vediamo in scena hanno tutti un volto segnato, se non deforme, e un aspetto trascurato, a renderli umani e simili a noi è la grande naturalezza ed espressività con cui l'artista li fa recitare.
Per l’occasione, Coconino Press propone l’ultima fatica di Gipi in un elegante cartonato con cover nera a cui fanno da contrasto le pagine bianche di ottima carta ruvida. La terra dei figli è un instant-classic, un’opera di un autore maturo e consapevole dei propri mezzi ma che non vuole ripetersi, che continua a cercare stimoli nuovi. Di sicuro uno dei volumi più profondi ed emozionanti di questo 2016.
Dati del volume
- Editore: Coconino Press
- Autori: Testi e disegni di Gipi
- Genere: Drammatico
- Formato: 17x24, C., 288 pp., b/n
- Prezzo: 19,50€
- ISBN: 978-8876183256
- Voto della redazione: 9