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Francesco Tedeschi

Francesco Tedeschi

Panini Noir: Area 10

C’è qualcuno che si aggira per la città. Qualcuno a cui piace uccidere, decapitare le proprie vittime, lasciare il corpo sulla scena del crimine e portarne via la testa. Per questa sua abitudine, il killer è chiamato “Enrico VIII”, in onore al sovrano con la passione per la ghigliottina. Sulle sue tracce, il detective Adam Kamen inizia la sua indagine… Ma qualcosa va storto: un incidente gli procura un buco in mezzo alla fronte, e l’agente inizia a vedere strane cose, un’inquietante sovrapposizione di tempi diversi. Ben presto Adam scoprirà che la sua sventura ed Enrico VIII sono in un qualche modo collegati, e che un’antica pratica a metà tra la scienza e l’esoterismo, la trapanazione, forse non è così inefficace come si crede.

Area 10, quinto volume della serie Panini Noir, deve il suo titolo a una regione del cervello, quella posta in prossimità della ghiandola pineale, organo della cui funzione gli scienziati non sono ancora del tutto certi. Senza ombra di dubbio si tratta del graphic novel più riuscito e avvincente della collana, almeno finora (più bello persino di quello di  BrianAzzarello): la storia, tenebrosa e senza sbavature, prende per mano il lettore e lo accompagna in un percorso che si fa via via più oscuro e inquietante, in un crescendo di efferatezze e trovate ributtanti.
Un vero e proprio romanzo noir e hard boiled riuscito alla perfezione, in linea con il suo genere ma contaminato da spunti decisamente alieni dal noir, trovate che potrebbero essere definite senza remore horror e persino grottesche.

La sceneggiatura, opera del navigato ed esperto di thriller Christos N. Gage, è velocissima ma mai superficiale, spinge il lettore a voltare pagina, lo sorprende con una sequela inaspettata di colpi di scena mai prevedibili e lo mette a disagio con le sue atmosfere nerissime.
Ottima anche la componente artistica, opera di Chris Samnee, che sembra studiata apposta per il genere noir: i disegni, dal tratto pulitissimo e basati sul chiaroscuro, facilitano la discesa del lettore nell’inferno newyorkese in cui è sprofondato il malcapitato Adam Kamen.
In definitiva, Area 10 è una lettura molto consigliata a tutti gli amanti del noir e del thriller più attanagliante.

Fables: Streghe

Prosegue Fables, la pluripremiata serie Vertigo creata dall’eccellente Bill Willingham. Dopo il gran numero di vicissitudini attraverso cui la comunità di Favolandia si è vista costretta a passare, dalla primigenia minaccia dell’Avversario a quella rappresentata dai Letterati, una nuova creatura rischia di compromettere la società delle fiabe, qualcuno di così tremendo e terrificante da essere in grado di succhiare la vita e la felicità di chiunque ostacoli la sua avanzata. Come se non bastasse, anche la perfida Baba-Yaga è ora libera, e sembra del tutto intenzionata a vendicarsi di Frau Totenkinder e di tutti i suoi alleati. Per fortuna, la scimmia volante Bufkin ha un piano.

Bill Willingham si riconferma uno sceneggiatore incredibilmente fantasioso e prolifico: il mondo descritto in Fables, serie di chiara ispirazione gaimaniana e vincitrice di ben dodici Eisner Award, è di certo uno dei più originali e innovativi di tutto il panorama delle serie Vertigo. Basato sì su un presupposto che affonda le radici in un universo appartenente all’inconscio collettivo, ma gestito con coerenza e logica, l’universo narrativo di Fables non incorre pertanto nel rischio maggiore proprio delle storie di questo tipo: quello di giustificare ogni evento con l’espediente della magia o della fantasia. Al contrario, Fables risulta come un’applicazione dei meccanismi propri delle fiabe al mondo reale. Ed è proprio ciò che accade in questo capitolo: qui, infatti, ogni fiaba, a partire dalle streghe, può utilizzare solo le proprie peculiarità che, come sempre avviene nelle favole, hanno limiti di capacità e potenza ben definiti. Ottima anche la caratterizzazione dei personaggi: nel capolavoro di Willingham, infatti, ogni singolo personaggio è dotato di uno spessore psicologico curato e definito, arricchito nella maggior parte dei casi da un forte conflitto interiore. Fables è sì un racconto corale, ma tutte le sottotrame che ne costituiscono l’intreccio sono caratterizzate da frattali che tendono nella medesima direzione, offrendo al lettore più punti di vista e diverse sfaccettature della medesima vicenda. In quest’ultimo volume, ad esempio, è la scimmia Bufkin, personaggio finora marginale, a occupare con la sua esilarante presenza un gran numero di tavole.

"Streghe", e Fables in generale, risulta quindi una crasi perfetta tra realtà e fantasia, scevra sia dai luoghi comuni del fantasy che dalla prevedibilità che spesso impoverisce le opere di questo genere. Certo, va detto che questo tredicesimo tomo dell’edizione italiana di Fables è forse meno coinvolgente dei precedenti volumi, ma la ragione è con tutta probabilità da ricercarsi nella trama stessa: è infatti evidente che questo ciclo non è che un raccordo tra il precedente, culminato ne "Il grande incontro delle fiabe", e quello che verrà.
Perfetta la componente artistica (di Mark Buckingham, Jim Fern e David Laphmam), essenziale e definita, indicatissima per l’atmosfera onirica e favolistica dell’intera opera.
Unica nota dolente, la grande quantità di refusi che imperversa nei balloon: anche se non rendono meno piacevole la lettura, omissioni, ripetizioni ed errori di grammatica impoveriscono un’edizione altrimenti perfetta.

The Boys 9: La società dell'autoconservazione

Che Garth Ennis detesti i supereroi non è mai stato un segreto. Da sempre infatti lo sceneggiatore scozzese li ha messi in ridicolo nelle sue storie, salvando solo alcuni sporadici personaggi degli universi supereroistici, come il Punitore o Devil (che supereroi in senso stretto non sono, specie il primo). Il creatore della leggendaria serie Vertigo Preacher, però, non ha mai espresso il suo astio verso i superumani  come nella serie The Boys, edita da Dynamite, dove mette in gioco addirittura un’intera squadra il cui compito è controllare, reprimere, a volte persino eliminare fisicamente i supereroi. Supereroi che si discostano non poco da Superman, Spider-Man e tutti gli altri. Ed è proprio in The Boys che Garth Ennis, libero dalle norme impostegli dalle grandi case editrici, secondo le quali non è certo possibile dissacrare i personaggi di punta, imperversa nel suo stile: l’intera serie è infatti volta a estremizzare le caratteristiche assurde dei superumani, renderle odiose, e infine deliziare il lettore tramite la repressione di queste peculiarità tramite i Boys, spesso e volentieri in un eccessivo e grandguignolesco bagno di sangue a base di violenza, volgarità, e molta, moltissima ironia.

"La società dell’autoconservazione", nono volume italiano della serie, ribalta i canoni stabiliti dai cicli precedenti: questa volta è la superumanità a fare il primo passo ai danni di Butcher e della sua squadra. Il secondo supergruppo più potente del mondo dopo i Sette, i Rappresaglia, ha deciso di togliere di mezzo i Boys a partire dalla Femmina. Il leader dei Rappresaglia è uno dei membri della superumanità più potenti del mondo, e per Butcher non sarà facile sconfiggerlo… Per fortuna può contare sui suoi alleati, che tutto sono meno che deboli.
Ne "La società dell’autoconservazione" Garth Ennis alza la posta sia dal punto di vista della violenza visiva ─ forse più dettagliata e cruda che nei capitoli precedenti ─ sia da quello metaforico e simbolico: non è un caso che il leader dei Rappresaglia sia un supereroe che porta la svastica, effigie del potere più mostruoso e disumano che abbia mai infettato il nostro pianeta, sul suo mantello.

Come di consueto, da ogni vignetta emergono le idee politiche dell’autore, la sua grande passione per gli intrecci narrativi a base di intrighi politici e militari, la dissacrazione al vetriolo più sfrenata e la tendenza all’esagerazione metaforica e ironica. Memorabile una delle quattro copertine originali, raccolte in coda al volume, che scimmiotta quella di All Star Superman di Grant Morrison.
Come al solito, perfetti per la sceneggiatura gli espressivi e semiseri disegni di John McCrea e Carlos Ezquerra, due tra gli artisti prediletti di Garth Ennis.

In definitiva, così come i precedenti volumi della serie, "La società dell’autoconservazione" non può mancare né nella libreria di ogni amante del pulp, né, più in generale, in quella di ogni appassionato di fumetto. Sempre a patto che si abbia lo stomaco forte.

La biblioteca di Lucien: Swamp Thing 1

Prosegue La biblioteca di Lucien, collana Planeta DeAgostini il cui nome si ispira al bibliotecario delle Terre del Sogno e che raccoglie storie di personaggi del vastissimo universo Vertigo, storie finora dimenticate – del tutto o in parte – dall’editoria italiana.
Dopo il bellissimo Black Orchid, La biblioteca di Lucien ci propone il primo volume di una serie che vede come protagonista un personaggio ormai divenuto un archetipo del mondo del fumetto: Swamp Thing, alias Alec Holland, nato negli anni ’70 dalla mente di Len Wein e Berni Wrightson.

Creazione alla quale anche Alan Moore ha dedicato grande attenzione negli anni ’80, sceneggiando cicli narrativi che possono essere definiti veri e propri capolavori (storie sulle cui pagine è nato tra l’altro il celebre John Constantine), Swamp Thing è uno dei personaggi più atipici dell’intero panorama DC/Vertigo: lo scenziato Alec Holland è un’entità tra l’umano e la semidivinità, una sorta di via di mezzo tra il supereroe e l’Eterno gaimaniano, che però si discosta sia dalla prima forma che dalla seconda. La sua genesi, infatti, ricorda quella di un supereroe (un incidente in laboratorio), ma le sue peculiarità, legate a una crasi simbiotica tra l’umano e l’ambiente selvaggio che lo circonda, sono a ridosso della linea che separa lo scientifico dal mistico.

Questo volume racchiude un lungo ciclo narrativo scritto da Grant Morrison e Mark Millar: i due mostri sacri del fumetto mettono in scena un dramma poliedrico e profondamente eclettico, miscelando alla perfezione e amalgamando senza grumi elementi propri di generi diametralmente opposti e all’apparenza privi di compatibilità. Tutto questo senza stravolgere né reinventare il personaggio: qui l’Elementale della Foresta (questo uno dei tanti nomi di Swamp Thing) è più che mai fedele ai canoni stabiliti da Alan Moore, autore noto per la sue vena psichedelica e inusualmente onirica. La storia, coinvolgente ed emotiva, inizia con uno Swamp Thing feroce e assassino che semina cadaveri sulla sua via e, come un animale in preda a un raptus assassino, si fa strada verso la sua vittima designata uccidendo chiunque abbia la sfortuna di trovarsi sul suo cammino.

Cosa è accaduto allo Spirito del Bayou? Perché Alec Holland, da sempre giusto e  innocente, semina morte e terrore? Come da consuetudine per lo psichedelico Grant Morrison, la risposta è da ricercarsi su un piano allucinatorio, un livello dell’esistenza intessuto nella follia che trascende di gran lunga la realtà sensibile, in cui la psicologia e l’esoterismo dettano le leggi della logica. Numerosi sono gli spunti horror particolarmente raccapriccianti, che trascinano il lettore in un universo malato e disturbante.
Ottima la componente artistica (affidata a Phil Hester, Kim Demulder, Phil Jimenez, Chris Weston) che si sposa alla perfezione con le atmosfere e le ambientazioni della trama.

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