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Walt Disney e l'Italia - Una storia d'amore: intervista a Marco Spagnoli

Marco Spagnoli ha fatto praticamente di tutto. Laureato in filosofia, critico cinematografico, direttore artistico di festival, regista di documentari su personalità come Anna Magnani e Tonino Guerra, ha collaborato con una infinità di riviste che sarebbe pedissequo elencare e per la cui conoscenza rimandiamo al suo sito ufficiale, zeppo di notizie e contenuti.

A noi basta sapere che il suo ultimo lavoro, Walt Disney e l'Italia - Una storia d'amore, affronta il rapporto che una delle icone del XX secolo ha avuto con il nostro paese, includendo nel discorso, oltre all'animazione, anche il mondo dei fumetti. Il documentario, abbinato nei cinema del circuito The Space al film Saving Mr. Banks, è stato recentemente trasmesso da Rai 1.

Per l'occasione abbiamo intervistato l'autore, che ci ha rivelato, tra le tante cose, le inaspettate affinità tra Hegel e l'Uomo Ragno.

Per leggere la recensione di Walt Disney e l'Italia - Una storia d'amore, clicca qui.
Intervista a cura di Andrea Fiamma.

MarcoSpagnoliTi sei laureato in Storia delle Istituzioni Sociali e politiche e adesso hai diretto un documentario su Walt Disney. C'è qualche passaggio nel mezzo che ci siamo persi?
Beh vi siete persi venti anni di vita, tre figli, tre gatti, diverse collaborazioni giornalistiche e cinque documentari presentati di cui tre a Venezia, due al Festival di Roma, una candidatura al David di Donatello, una al Nastro d’Argento e uno al FOCAL che è l’Oscar del cinema che usa materiali d’archivio.

Coniugare due interessi così diversi è possibile, quindi?
Non trovo nessuna differenza tra leggere Hegel e Spider-Man. Con l'unica possibile caratteristica che ne La fenomenologia dello spirito non ci sono belle donne come Mrs. Marvel o Mary Jane Watson (che poi è anche un gatta morta).

Com'è nata l'idea di realizzare il documentario?
Stefano Bethlen di Walt Disney Company mi ha chiesto un’idea per accompagnare l’uscita di Saving Mr. Banks in Italia. Io ho risposto che un documentario sul rapporto tra Disney e il nostro paese sarebbe stato un modo perfetto per evidenziare il legame unico e speciale tra l’Italia e Disney. Il suggerimento è stato apprezzato ed eccoci qui…

L'aspetto "dietro le quinte" dei documentari passa spesso sotto silenzio. Come si costruisce un documentario del genere? Quanto è durato tutto il processo, dalla raccolta dei materiali al montaggio?
Il backstage di un documentario è meno ‘vibrante’ di quello di un film dove sono in gioco ego e creatività. Il nostro è stato un lavoro molto meticoloso durato complessivamente poco meno di un anno con una fase molto calda che è quella del montaggio. In un documentario tutto si basa sul lavoro del regista, del produttore, del montatore e del Direttore della fotografia. Noi abbiamo lavorato in grande sintonia con Disney company italia e quindi non c’è molto di divertente da raccontare.

La fotografia è molto curata, specie per la scelta degli sfondi in cui inserire le conversazioni. Ricordo un'intervista di Charles Ferguson, il regista del documentario Inside Job, in cui affermava che un documentario andava costruito anche dal punto di vista estetico, dagli ambienti fino alle cravatte degli intervistati. È una filosofia che senti di abbracciare o preferisci un prodotto meno curato ma più vitale e immediato?
Dipende dal materiale: io credo sia importante trovare un equilibrio tra i due elementi, ma sono anche convinto che sia il materiale a dettare la forma cinematografica. Il contenuto è più importante di tutto, perché una scena perfetta che non significa nulla, è meno interessante di qualcosa di più ‘sporco’ che, però, comunica grandi emozioni. L’importante è essere curati e mai sciatti.

C'è stato anche molto lavoro d'archivio, recuperando filmati di varie epoche. Come si è svolto il processo?
È un lavoro di archivio che significa entrare come in una libreria e vedere tante, tantissime ore di materiali. Sceglierli provare a montarli e chiederne i diritti.

Nel documentario compaiono due dei capisaldi dell'animazione italiana, Bruno Bozzetto ed Enzo D'Alò. Come vedi il settore? Ultimamente ci sono stati esperimenti interessanti, come L'arte della felicità, ma anche film meno riusciti (penso allo stesso Pinocchio di D'Alò).
L’animazione chiede risorse che, oggi, in Italia non sono disponibili per il cinema: dinanzi allo strapotere degli Americani e i tentativi interessanti dei Francesi il nostro paese è un po’ indietro. Sono certo, però, che il talento italico grazie alla tecnologia ci sorprenderà presto in questa direzione. Come nel caso de L’arte della felicità

Negli Stati Uniti l'eredità di Walt Disney è una questione molto sentita, prima Michael Eisner, CEO della compagnia negli anni ottanta e novanta, ora John Lasseter sono stati a più riprese definiti "i nuovi Walt". Credi che Lasseter sia un degno successore di Disney?
Lasseter che ho incontrato diverse volte è un genio, ma la differenza è che Walt Disney è stato un pioniere e un inventore. Oggi è più difficile e più facile al tempo stesso. Tutti amano l’animazione, ma ci sono tanti film e mantenere l’originalità non è semplice. Credo che avremo molte sorprese e che in futuro vedremo nuovi talenti che indipendentemente dai paragoni potranno fare cose egregie: da Genndy Tartakovsky a Katzenberg passando per lo stesso Tim Burton e Lasseter fino ad arrivare a Brad Bird e Henry Selick solo per citarne alcuni.

Il documentario ha accompagnato nei cinema Saving Mr. Banks, il film sulla realizzazione di Mary Poppins che mostra un Walt Disney all'apice del suo successo. C'è stata una buona dose di delusione da parte degli addetti ai lavori per le mancate candidature nelle categorie più importanti degli Oscar. Hai avuto l'occasione di vederlo?
Ho visto il fim a giugno proprio per preparare il documentario. Certamente: credo che Tom Hanks e Emma Thompson abbiano offerto un’interpretazione fantastica, così come lo stesso Paul Giamatti. Senza dubbio avrebbero meritato di più, ma oggi il film appartiene al pubblico che potrà fare sentire il proprio affetto.

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