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Batman/Grendel, recensione: Quando il Pipistrello incontrò il Diavolo

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Come abbiamo già raccontato nella recensione del primo omnibus dedicato a Grendel, il personaggio cult creato da Matt Wagner, all’inizio degli anni ’80 il mondo del fumetto a stelle e strisce viene attraversato dalla rivoluzione del direct market. Un nuovo modo di fruire i comics che consente il lancio di nuove proposte editoriali e di nuovi autori. È un momento di grandissimo e irripetibile fermento creativo: Frank Miller sta rinnovando il fumetto statunitense col suo primo e fondamentale ciclo di Daredevil mentre un giovane inglese di nome Alan Moore ha inaugurato in terra d’Albione con Miracleman un nuovo modo di scrivere i fumetti di supereroi che verrà definito “decostruzionista”. È in questo clima positivo che Matt Wagner lancia il suo Grendel, personaggio indie che trova un suo pubblico fedele nonostante il fallimento del suo primo editore, Comico, sulla falsariga di quanto Dave Sim aveva fatto con Cerebus.

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Il successo di questi nuovi personaggi e la reputazione sempre più consolidata dei loro autori non può fare a meno di attirare l’attenzione dei grandi editori: la Dark Horse Comics si offre di rilevare la pubblicazione di Grendel, mentre la DC propone a Wagner di realizzare un incontro tra la sua creatura e il personaggio bandiera della major, Batman.
A più di 25 anni dalla prima pubblicazione italiana dell’incontro / scontro tra i due personaggi, curata dalla ora defunta Phoenix, Panini Comics riporta in libreria il crossover tra Batman e Grendel in un bel volume cartonato che contiene, oltre alla prima miniserie del 1993, anche il sequel del 1996 sempre realizzato da Matt Wagner. Seppur realizzate dallo stesso autore, si tratta di due opere estremamente diverse da loro, quasi antitetiche, separate da una differenza stilistica che ben riflette i profondi cambiamenti che attraversano il mondo del fumetto americano tra l’uscita della prima e tra quella della seconda.

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La prima miniserie si sviluppa in due albi di formato “prestige”, L’enigma del diavolo e La Maschera del diavolo. Pur uscendo nel 1993, la storia risente molto di una certa letterarietà e di una costruzione delle tavole tipiche di qualche anno prima quando, a cavallo del passaggio tra gli ’80 e i ’90, l’influenza del lavoro di Frank Miller sui giovani artisti americani raggiunge il suo apice. La realizzazione della storia risale infatti a quel periodo ma il fallimento della Comico, che si sarebbe dovuta occupare della pubblicazione, costringe Wagner a tenere l’opera già terminata nel cassetto finché la stessa DC Comics si offrì di pubblicarla.
La trama è incentrata su un complesso piano ordito da Hunter Rose, che decide di lasciare la sua “comfort zone” newyorkese e di recarsi a Gotham City per sfidare l’unico uomo che, secondo lui, può dargli filo da torcere: Batman. Nella storia i due personaggi condividono lo stesso universo, e si tratta di una sintesi narrativa particolarmente azzeccata perché, in fondo, Grendel non è altro che un riflesso distorto dello stesso Batman. Un uomo segnato da un evento traumatico che ha deciso di affinare i suoi talenti non per combattere il male, ma per votarsi ad esso.
Il piano di Rose gira intorno ad un’audace rapina al Museo di Gotham di un prezioso reperto archeologico, che viene costruito per tutto lo svolgimento della storia. Una sapiente costruzione narrativa che rende necessario l’utilizzo di un vasto numero di comprimari che finiscono per sottrarre la scena ai due protagonisti. In particolare, due personaggi femminili coinvolti da Rose come pedine del suo complesso piano, Rachel King e Hillary Perrington, diventano a tutti gli effetti le vere protagoniste della vicenda, alternandosi come voci narranti a Batman che a Grendel. Il pensiero corre alla marcata dimensione letteraria che caratterizzava la Vertigo delle origini, ai primi albi in terra americana di Neil Gaiman & Co. che la presenza di didascalie ricche di testo trasformava in vere e proprie novelle illustrate . Ma come si diceva poc’anzi, l’influenza maggiore è quella di Frank Miller, dei suoi monologhi e delle sue atmosfere noir. L’opera milleriana che Wagner tiene in maggiore considerazione è sicuramente Batman: Year One, anche per l’evidente richiamo stilistico a David Mazzucchelli, co-autore di quel capolavoro di cui Wagner mutua il tratto essenziale ed elegante, chiaramente ispirato ad Alex Toth. Dal punto della composizione delle tavole, Wagner gioca con la loro sistemazione delle vignette come nella serie principale di Grendel, incastonando le didascalie tra vignette ora più grandi, ora più piccole, prive di quel gusto raffinato ispirato all’art déco che contraddistingueva la serie madre ma che comunque sopravvive nella rappresentazione di Gotham, tipica di un noir urbano d’altri tempi.

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L’autorialità della primi mini segna il passo nel sequel del 1996, che occupa il secondo slot del volume. Stavolta Batman affronta il cyborg Grendel-Prime, il Grendel del futuro, arrivato nella Gotham del presente attirato dalla presenza delle ossa del defunto Hunter Rose nella città del Cavaliere Oscuro. Spetterà a quest’ultimo affrontare l’erede del Diavolo ed evitare che il suo piano per ritornare nella sua epoca metta a repentaglio la vita dei cittadini di Gotham City.
Tra questa storia (sempre suddivisa in due albi one-shot, Le ossa del Diavolo e La danza del Diavolo) e l’avventura precedente, uscita solo tre anni prima, passano tutti i grandi cambiamenti avvenuti nell’editoria a fumetti statunitense dopo il debutto della Image Comics. Il successo degli eroi “dopati” della "Big I" influenza l’intero settore, generando una moda e un gusto per uno stile muscolare ed esagerato, che segnerà quegli anni e che ritroviamo anche in questo secondo incontro tra Batman e Grendel. Qui lo stile di Wagner assorbe le influenze artistiche del momento e, mettendo da parte la raffinata composizione delle tavole che caratterizzava il primo incontro tra i due personaggi, l’artista si scatena con spettacolari splash-page contraddistinte da muscolarità e colori digitali lividi che sembrano uscite da un albo Image del periodo.

Due lavori completamente agli antipodi, uno più autoriale e uno decisamente più commerciale, dal cui confronto emergono interessanti considerazioni su un periodo significativo della storia del fumetto americano che rende questo volume meritevole di considerazione.

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Grendel Omnibus 1 - Hunter Rose, recensione: Il ritorno del Diavolo di Matt Wagner

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Tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 la nascita e l’affermazione negli Stati Uniti del “direct market”, ovvero di una distribuzione esclusiva dei comics in negozi specializzati che bypassano il circuito di edicola, supermercati e stazioni di rifornimento, limitando il rischio di rese, favorisce il decollo di una editoria indipendente. Questi anni segnano infatti la nascita di piccole ma agguerrite case editrici che si affiancano ai due colossi del settore, Marvel e DC. Etichette che non riusciranno ancora a sfidare e a battere le due major su loro stesso campo come farà la Image Comics nel decennio successivo, ma che le faranno da apripista e lasceranno comunque il segno nella storia del fumetto americano. Impossibile non ricordare tra queste, nel decennio compreso tra i primi anni ’80 e i primi ’90, le esperienze della Continuity Comics fondata da Neal Adams, della First Comics che pubblicò una serie di grande impatto come American Flagg! di Howard Chaykin, della Eclipse Comics che portò negli Stati Uniti il capolavoro Miracleman di Alan Moore e la Comico. Quest’ultima legò al suo nome ad un personaggio che sarebbe diventato di culto, un simbolo dell’editoria indipendente dei comics a stelle e strisce: Grendel, scritto e disegnato da Matt Wagner. Una saga a fumetti incredibilmente longeva e pionieristica per concepimento e sviluppo, partorita da un autore che, al momento della prima apparizione del personaggio, ha solo 21 anni.

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Nel 1982, sulle pagine del secondo numero di Comico Primer, effimera testata antologica che presenta i personaggi della giovane casa editrice, fa la sua prima apparizione questo misterioso personaggio che, per caratterizzazione e ambiente nel quale si muove, sembra uscito da una storia pulp d’epoca. Siamo negli anni chiave del rinnovamento del fumetto statunitense, grazie all’eco di quanto viene fatto in Gran Bretagna da un giovane autore inglese di nome Alan Moore che presto arriverà negli States, e grazie a soprattutto al lavoro di un altrettanto giovane Frank Miller sulle pagine di Daredevil, da lui trasformato da collana sull’orlo della chiusura a irrinunciabile capolavoro dove il fumetto di supereroi si fonde col noir e l’hard-boiled contaminato, per la prima volta in un fumetto mainstream, con influenze derivate dalla cultura orientale e giapponese in particolare. Un’influenza, quella di Miller, che non può lasciare indifferenti i giovani autori che in quegli anni tentano l’ingresso nel mondo del fumetto e Matt Wagner è indubbiamente tra questi. In quattro episodi che formano un unico lungo racconto in prosa, narrato attraverso didascalie incastonate in tavole reminiscenti dell’art déco, e vignette connesse tra loro come le vetrate di una chiesa, Wagner racconta dall’inizio alla fine la storia di Hunter Rose, giovane scrittore milionario che ha dedicato la giovinezza ad affinare le sue doti fisiche e intellettuali ma non per diventare il classico giustiziere, ma un efferato e mascherato signore del crimine. Non un antieroe alla Punisher, ma uno dei più spietati villain mai apparsi in un albo a fumetti. Considerate le risorse sulle quali può contare e la schiera di collaboratori dei si circonda, oltre all’evidente influenza pulp, stiamo parlando di uno Shadow votato al Male. Un genio dotato dell’intelligenza di Fu Manchu, dell’agilità di Batman e della spietatezza di un assassino, che esercita grazie ad un bastone dotato di lama con la quale giustizia le sue vittime.

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Grendel è la realizzazione della volontà di potenza, del desiderio assoluto che si traduce in dominio fisico e intellettuale sugli altri uomini. Un’indagine sulla violenza innata nel profondo dell’essere umano, ma che non è fine a se stessa, bensì votata al potere e al controllo degli altri esseri umani. Una fantasia tipica della giovinezza, che un autore allora ventenne traduce in una storia di circa quaranta pagine raccontata in prosa attraverso un uso letterario delle didascalie, con tavole organizzate in una originale tricromia bianco, rosso e nero, attraversate dalle influenze di cui sopra, in cui viene raccontata la parabola completa di Hunter Rose, dall’ascesa al declino. Una storia iniziata e chiusa da Wagner, che non immaginava allora che la sua creazione avrebbe avuto un futuro ben più lungo di quelle prime quaranta pagine. Dopo la prima apparizione in Comico Primer, infatti, Grendel si vede dedicata una testata personale che però, per problemi finanziari dell’editore, non va oltre i primi tre numeri. La storia di Grendel prosegue sotto forma di appendice alla serie di un’altra creazione di Wagner, Mage. La Comico nel 1986 raccoglierà poi tutto questo materiale in un volume unico, intitolato Devil by the Deed, in italiano Il Diavolo nelle Azioni. Un storia narrata attraverso soluzioni grafiche sperimentali e assolutamente innovative per l’epoca, come dicevamo sopra. Vignette incastonate tra loro come le vetrate che nelle chiese raccontano episodi delle scritture. Qui invece viene raccontata, dall’inizio alla fine, la storia di Hunter Rose, attraverso il racconto che la figlia adottiva Stacy Palumbo ne fa nel suo diario. Stacy e il diario costituiranno un elemento fondamentale della saga di Grendel, ma Wagner a sorpresa sostituisce Hunter con un nuovo Grendel, una donna di nome Christine Spar di cui non riveliamo altro, trasformando il suo personaggio in un “brand” che vedrà varie incarnazioni attraverso i secoli. Ne parleremo nelle prossime occasioni: qui ci concentreremo sulla figura di Hunter Rose, a cui è dedicato il primo di una serie di omnibus dedicati alla creatura di Matt Wagner pubblicati da Panini Comics.

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L’omnibus contiene tutto il materiale dedicato al primo Grendel di cui Wagner, dopo aver raccontato le storie dei Grendel successivi, riprese a raccontare le vicende nel 2007 con la mini Grendel: Behold the Devil, una storia da lui scritta e disegnata che narra un episodio fondamentale e mai raccontato della vita di Rose. In mezzo però, ci sono il passaggio alla Dark Horse Comics, dopo il fallimento della Comico, e due miniserie antologiche di notevolissimo spessore artistico, Grendel: Black, White & Red del 1998 e Red, White & Black del 2005, scritte dallo stesso Wagner e disegnate dal gotha degli artisti del fumetto Usa attivi tra il 1990 e la prima metà degli anni 2000.
In queste due miniserie l’autore riprende e arricchisce di particolari e dettagli la storia raccontata ne Il Diavolo nelle Azioni, dimostrando che quest’ultima, per quanto rimarchevole, era soltanto il canovaccio di una trama più complessa che aspettava l’occasione di essere sviluppata in forma compiuta e conclusa. Wagner ritorna sul “luogo del delitto”, ampliando la sua idea originale con un meccanismo narrativo di scatole cinesi intrigante e davvero ambizioso. In una serie lunghissima di storie brevi, seguiamo l’ascesa al potere di Hunter Rose e le manovre per prendere il controllo della malavita di New York, insediandosi nei gangli politici e amministrativi della città tramite la violenza, la corruzione e il ricatto. Il rapporto con la figlia adottiva Stacy, la rivalità con il lupo mannaro Argent, essere dalle fattezze mostruose ma votato al bene unico rivale all’altezza di Grendel, anche per l’affetto di Stacy. Tutto viene raccontato in queste pagine, contraddistinte dall’inevitabile tricromia rosso, bianco e nero, marchio di fabbrica di tutta la saga. I disegnatori coinvolti? Come dicevamo, una lista di mostri sacri da far girare la testa. Si comincia con l’indimenticabile Tim Sale, per proseguire poi con Mike Allred, David Mack, Guy Davis, Duncan Fegredo, Paul Chadwick, i compianti John Paul Leon e Jason Pearson, Chris Sprouse, Jill Thompson, Darick Robertson, Michael Zulli, Ashley Wood, Jim Mahfood, Kelley Jones, Phil Hester, Michael Avon Oeming, Stan Sakai, Phil Noto, Dan Brereton… e tanti altri in una lista di eccellenze impossibile da elencare nella sua totalità.

In Behold the Devil, Ecco il Diavolo, la miniserie del 2007 che chiude il volume, un Wagner maturo abbandona gli sperimentalismi degli inizi e lo stile ispirato ai fumetti “neri” europei e ai manga che proprio nei primi anni ’80 cominciavano a circolare negli States. Venticinque anni dopo Wagner ha ormai maturato un tratto pienamente inserito nello standard del fumetto statunitense del periodo che, pur senza rinunciare alla ormai canonica tricromia rosso – bianco – nero, si scatena con l’uso di spettacolari splash-page. In questa storia si mettono in moto gli eventi che porteranno alla caduta di Hunter Rose: con una sorta di “effetto flashback”, Wagner torna a quanto narrato tanti anni prima ne Il Diavolo nelle Azioni, ampliandolo e arricchendolo. Un racconto di forma circolare e non lineare, davvero ambizioso e riuscito, che rende la saga di Grendel un classico irrinunciabile del fumetto indipendente a stelle e strisce che merita di essere riscoperto grazie a questi splendidi volumi pubblicati da Panini Comics.

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Netflix realizzerà la serie tv di Grendel di Matt Wagner

  • Pubblicato in Screen

Nel 2019, Dark Horse Entertainment ha firmato un accordo con Netflix che ha dato vita a una serie di successo di The Umbrella Academy. Il prossimo progetto in via di sviluppo sarà un adattamento live-action di Grendel di Matt Wagner. Netflix ha annunciato che ha messo in produzione una prima stagione composta da 8 episodi. Abubakr Ali è stato scelto per il ruolo di Hunter Rose, il primo Grendel introdotto nel fumetto.

Wagner ha creato Grendel nel 1982 raccondando l'ascesa al potere di Hunter nel mondo criminale. "Lui cerca di vendicare la morte di un amore perduto. Va in guerra con la malavita di New York, solo per rendersi conto... perché batterli, quando puoi unirti a loro?" Dopo la conclusione della storia di Hunter, l'identità di Grendel è passata ad altri personaggi.

Netflix ha anche condiviso una dichiarazione di Wagner sulla serie:
"Non potrei essere più elettrizzato per la saga di Grendel, una delle serie di fumetti indipendenti più longeve, finalmente tradotta in live-action per lo schermo", ha scritto Wagner. "Sono particolarmente entusiasta di vedere Abubakr Ali portare in vita il personaggio di Grendel/Hunter Rose: ha il carisma, lo stile e la vitalità che ho immaginato nel ruolo per anni".

Oltre a Abubakr Ali nel ruolo da protagonista, la serie vede nel cast Julian Black Antelope come Argent, Madeline Zima come Liz Sparks, Kevin Corrigan come Barry Palumbo, Emma Ho come Stacy Palumbo, Erik Palladino come Teddy Ciccone, Brittany Allen come Annabelle Wright e Andy Mientus nel ruolo di Larry Stohler.

Andrew Dabb (Supernatural) scriverà e dirigerà la serie. Con un cast già completo, le riprese della serie potrebbero iniziare alla fine del 2021 o all'inizio del 2022.

(Via SHH)

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Terminator 35° anniversario, recensione: il ritorno dei "classici" fumetti di Terminator

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Era solo questione di tempo prima che Saldapress decidesse di affiancare alle collane dedicate ad Aliens e Predator anche quella di Terminator. Un po’ lo stesso percorso seguito dalla Dark Horse, la casa editrice americana che, nella seconda metà degli anni Ottanta, fece fortuna realizzando nuove storie a fumetti basate sui personaggi di noti franchise cinematografici. Infatti, come ricorda John Arcudi (che nel 1990 scrisse Terminator: tempesta, la prima miniserie Dark Horse ambientata nel mondo creato da James Cameron) nell’introduzione al volume Terminator – 35° anniversario (preludio alla serie mensile regolare dedicata ai cyborg viaggatori del tempo, sull’esempio di quanto Saldapress ha già fatto con i fumetti degli xenomorfi e degli yautja, le cui collane da edicola sono state precedute da analoghi volumi celebrativi, contenenti le prime storie di questi personaggi ad apparire negli USA), Mike Richardson, storico fondatore e presidente della Dark Horse, dopo gli ottimi risultati di vendita delle serie di Aliens e Predator, voleva allargare il proprio parco testate ad altri protagonisti di film di successo.

L’editore di Portland era riuscito, da poco, a strappare i diritti di Terminator alla Now Comics, che, fino a quel momento, era stata la casa editrice licenziataria per la trasposizione a fumetti della pellicola di Cameron, e dopo la pubblicazione di The Mask (che Arcudi aveva realizzato in coppia con Doug Mahnke sull’antologico Mayhem), aveva intuito le potenzialità dello sceneggiatore di Buffalo, decidendo di metterlo alle redini della nuova collana. La stessa che ritroviamo ora nel volume edito da Saldapress, il quale, sotto una bella copertina cartonata, arricchita da abbondanti effetti metallici, ci ricorda che quest’anno si celebra il 35° anniversario dell’uscita nei cinema del primo film della saga, una ricorrenza che ha portato anche alla realizzazione di un nuovo capitolo cinematografico, Terminator- Destino oscuro.

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Gli eventi raccontati in Tempesta seguono, di poco, quelli visti nella pellicola del 1984: tre mesi dopo l’invio di Kyle Reese nel passato per contrastare il terminator incaricato di uccidere Sarah Connor, un altro piccolo gruppo di soldati umani riesce a tornare indietro nel tempo, con l’obiettivo di fermare sul nascere il progetto Bellerophon, preludio alla creazione di Skynet. Nonostante le precauzioni prese dai militari per evitare che le macchine venissero a conoscenza del loro piano, tre terminator partono al loro inseguimento, trasformando per la seconda volta la città di Los Angeles nel violento terreno di scontro tra esseri umani e cyborg.

Sebbene Arcudi fosse ancora alle prime armi, e nonostante qualche piccola ingenuità nei testi, la trama dei quattro episodi che compongono la miniserie mostra già uno scrittore consapevole delle proprie capacità. Il ritmo frenetico che, fin dalle prime vignette, impone alla narrazione, contribuisce a trasferire su carta quasi la stessa travolgente energia che aveva portato al successo il film con Arnold Schwarzenegger. Il lettore non ha un attimo di tregua e, per quanto gli avvenimenti seguano un percorso che richiama apertamente l’opera cinematografica originale, non mancano anche colpi di scena di un certo effetto. Oltretutto, alcuni passaggi mostrano curiose somiglianze con la trama di Terminator 2 (uno in particolare, molto evidente, che non riveliamo per evitare di rovinare la sorpresa a chi ancora non avesse letto la miniserie), che negli anni hanno alimentato speculazioni sulla possibilità che Arcudi potesse avere avuto accesso alla sceneggiatura di Cameron, in quanto, al momento della pubblicazione del primo episodio di Tempesta, il film era ancora in lavorazione: se anche fosse andata così, non ci sarebbe nulla di male, dato che la storia di Arcudi prende strade completamente diverse rispetto alla pellicola. Ma lo scrittore americano, per quanto ne sappiamo, non ha mai chiarito i dubbi in proposito. Inoltre, malgrado i personaggi siano stati concepiti secondo i modelli in voga nelle pellicole action dell’epoca, possiedono, comunque, quella caratterizzazione minima, necessaria a rendere la lettura ancora più appassionante. Ciononostante, come ammette lo stesso Arcudi, un contributo fondamentale alla riuscita dell’opera è arrivato dai dinamici disegni di Chris Warner.

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L’autore americano, già messosi in mostra in precedenza su altre collane della Dark Horse, con il suo stile cinematografico e con le sue tavole iper-cinetiche, pur non potendo vantare le doti artistiche di altri disegnatori più famosi (un limite particolarmente evidente nella definizione dei volti dei vari personaggi), entra perfettamente in simbiosi con la sceneggiatura di Arcudi. Per di più, essere al lavoro su una serie indipendente, invece che su una di Marvel e DC, gli permette di esprimersi in totale libertà, senza temere la censura del Comics Code. Al lettore, quindi, non viene risparmiato nulla, soprattutto nelle battaglie, dove non mancano scene efferate o veri e propri passaggi al limite dello splatter. Coloro che, per ragioni anagrafiche, hanno appena letto la miniserie, difficilmente comprenderanno l’effetto dirompente che ebbe Tempesta alla sua uscita, ma quando nel dicembre del 1991, la Granata Press di Luigi Bernardi fece uscire in edicola il primo numero della neonata collana Nova Comix (che raccoglieva i primi due episodi di Tempesta), per sfruttare l’arrivo nei cinema di Terminator 2, il lettore italiano si trovò di fronte a qualcosa a cui aveva appena cominciato ad abituarsi: diverse testate nostrane avevano iniziato a proporre alcune hit indipendenti d’oltreoceano, e quelle storie così crude e violente, e, proprio per questo, così lontane dai canoni Marvel e DC, avevano fatto capire, non solo le potenzialità, ma anche la direzione irreversibile verso cui si stava muovendo l’editoria a fumetti americana. Sebbene, a quasi trent’anni dalla sua pubblicazione, Tempesta mostri qualche segno del tempo, è innegabile che la sua lettura riservi ancora parecchie emozioni.

A completare il volume, non troviamo il seguito dell’opera di Arcudi e Warner (Terminator: obiettivi secondari, che, probabilmente, verrà proposto su altre testate dell’editore emiliano), ma Terminator: one shot, una storia autoconclusiva (il titolo gioca con l’espressione inglese “one shot”, che nel fumetto americano indica gli albi singoli fuori serie, e il “solo colpo” a disposizione di un personaggio della storia per distruggere il cyborg protagonista della stessa), pubblicata dalla Dark Horse proprio alla vigilia dell’uscita sugli schermi americani di Terminator 2, e che si ricollega anch’essa alla trama del primo film della saga. Nelle pagine iniziali, infatti, apprendiamo che il terminator interpretato da Arnold Schwarzenegger non è stato il primo cyborg assassino a essere inviato nel passato, in quanto preceduto da una controparte “femminile”, che arriva fino a San Francisco, sulle tracce della Sarah Connor sbagliata.

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Ai testi di One shot troviamo il britannico James Robinson, all’inizio della sua carriera in terra americana. Quello che oggi è conosciuto come un apprezzato professionista, avendo lavorato, con successo, per tutti gli editori statunitensi più importanti, all’epoca era ancora uno scrittore acerbo, che era arrivato a collaborare con la Dark Horse dopo aver realizzato alcune opere minori sia in patria che negli USA. Poco a suo agio con le tematiche fantascientifiche del film di Cameron, Robinson decide di far evolvere la trama in un insolito intrigo noir, dove i massacri del cyborg femminile vengono inframmezzati dai piani omicidi di due amanti, inconsapevoli vittime delle macchinazioni di Skynet. Le differenze di stile con la miniserie di Arcudi e Warner sono più che evidenti e vengono ulteriormente ingigantite dalla scelta di Matt Wagner come disegnatore. Se si esclude l’evocativa copertina dell’albo, riprodotta nelle pagine interne del volume, le tavole troppo autoriali del papà di Grendel, per quanto molto belle, si conciliano ancora meno dei testi di Robinson al mondo di Terminator e, anche se One shot non manca di spunti interessanti, è inutile negare che il pezzo forte del volume sia rappresentato da Tempesta. Bene ha fatto, comunque, Saldapress a cominciare la riproposizione delle storie legate ai personaggi di James Cameron seguendo la cronologia originale, permettendo, così, a chi ancora non conoscesse questo importante tassello del fumetto americano, di potersi avvicinare ad esso nella maniera più corretta.

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