Black Kiss Omnibus, recensione: quando l’orrore ha i capelli biondi
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Il mondo dell’arte, in tutte le sue declinazioni, ci ha fortunatamente sempre abituato che i “generi” sono solo uno strumento al servizio dell’artista: ricalcarne gli stilemi più o meno fedelmente è una scelta dettata dalla sensibilità e dalla sperimentazione dell’autore.
Black Kiss di Howard Chaykin è un noir, ma è anche un horror, un poliziesco, un fumetto dalle forti tinte erotiche. Anche se è vero che questi genere, spesso, vengono mescolati, il fumettista statunitense mette in piedi un’epopea complessa capace di destabilizzare il lettore man mano che la trama si sviluppa.
Al centro della storia di Black Kiss c’è il triangolo composto dalla prostituta transessuale Dagmar, la sua amante Beverly e dal musicista jazz Cass Pollack e un filmato compromettente da recuperare a tutti i costi.
Proseguire oltre nella trama, rischierebbe di fare spoiler. Nonostante il volume 1 sia uscito nel 1988, l’edizione prestigiosa dell’omnibus proposto dalla Saldapress è perfetta per recuperare anche il volume 2 (del 2012) e lo speciale natalizio (2014) e venir scaraventati nel torbido mondo di Dagmar e Beverly.
Un mondo davvero torbido, fatto di sesso, ricatti, violenza, sangue e vendetta. Chaykin, da “giallista” navigato, fin dalla prima tavola inizia a seminare indizi che porteranno alle rivelazioni (non “rivelazione”) finali. Dopotutto, Black Kiss è una storia corale: le trame, non solo del trio protagonista ma anche dei personaggi collaterali, hanno un proprio sviluppo autonomo che riesce ad incastrarsi con quello degli altri, restituendo un affresco ricco ed elaborato in cui ogni consapevolezza del lettore viene disattesa.
Indubbiamente i temi che trovano spazio in Black Kiss non sono per tutti: estremamente controverso all’epoca, rimane attuale anche ai giorni nostri. Chaykin – come molti autori a lui contemporanei – sceglie di scoperchiare il velo patinato della società anni’80, rivelando perversioni, tensioni sociali, atmosfere culturali underground che solo un medium come quello del fumetto poteva portare in superficie con forza. L‘autore è senza freni, libero di caricare la propria storia con immagini forti, d’impatto e senza fronzoli. Dopotutto, è la storia stessa di Black Kiss a richiedere immagini espliciti.
Il disegno di Chaykin non è da meno: sporco, spigoloso, l’autore sovraccarica le vignette di tratteggi e dettagli, le figure e gli ambienti di dense texture. I balloon diventano un forte elemento grafico che descrivono – anche con la loro sola presenza – la tavola. L’architettura stessa di quest’ultima non è mai banale, sempre elaborata e costruita come un puzzle visivo.
Ad un primo impatto, infatti, sembra quasi difficoltosa la lettura immediata del fumetto. Ma Black Kiss non è di certo un’opera da leggere velocemente come passatempo: è un mondo oscuro in cui si viene immersi lentamente e in cui ci si deve rimanere invischiati per poterne apprezzare la densità narrativa.
L’intelligenza autoriale di Chaykin è, infatti, palese anche nella scelta della trama del secondo volume che, a dispetto del “2” nel titolo, funge da prequel. Lo stesso vale per lo speciale natalizio, un racconto di vendetta che si incastra nel racconto principale. Difatti, le spudorate avventure di Dagmar e Beverly, dopo il colpo di scena finale del primo volume, avevano bisogno di necessari approfondimenti e poterli avere tutti rinchiusi in un unico volume insieme al racconto principale, dà l’opportunità di fare un lungo viaggio nell’inferno costruito da Chaykin.
Un inferno camuffato con forme voluttuose e capelli biondo oro.