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Giorgio Parma

Giorgio Parma

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Once Upon a Time in Russia: una gallery degli splendidi lavori italiani esposti nella mostra

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Once Upon a Time in Russia è il titolo di una mostra espositiva che si sta svolgendo a San Pietroburgo, in Russia per l'appunto, e che raccoglie i disegni di 26 artisti internazionali, tra cui molti italiani, che accompagnano 4 fiabe tipiche della tradizione russa rinarrate da Niki Orfanou, con l'obiettivo di ripercorrere e celebrare la cultura russa. La mostra, curata e organizzata dall'illustratrice italiana Isabella Mazzanti - che tra le altre cose ha appena terminato la realizzazione di una bella storia breve di Dylan Dog sulle pagine del Color Fest, sui colori di Annalisa Leoni e i testi di Federico Rossi Endrighi - e Natalia Howard, ha aperto i battenti il 25 ottobre e durerà fino al 2 novembre, e raccoglie numerose illustrazioni a cui hanno partecipati, sul versante italiano, Rita Petruccioli, Martoz, Chiara Benedetti, Fabio Mancini, Marco Somà, Greta Xella, Marilisa Cotroneo, Marianna Coppo, Giorgia Casetti, Ariel Vittori, Rosaria Battiloro, Daniela Tieni, Sumiti Collina, oltre alla stessa Mazzanti e numerosi altri artisti internazionali.


A questo indirizzo potete trovare la pagina Facebook ufficiale della mostra, con tante foto dei lavori esposti, mentre noi ve ne raccogliamo alcuni nella gallery in basso, segnalandovi anche gli autori degli stessi, sperando che magari si possa un giorno tenere tale evento anche nel nostro Paese.

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They Are Not Like Us Vol.1 – Buchi neri per la gioventù

Cosa sarebbe successo se nel lontano 1963 i giovani mutanti creati da Stan Lee e Jack Kirby non fossero stati accolti sotto l’ala protettrice ed educativa del Professor Charles Xavier, ma fossero stati indottrinati all’odio e puntati verso la vendetta e l’opposizione violenta al razzismo, a chi li discriminava, li odiava, per la loro diversità genetica? Se gli X-Men fossero stati un gruppo di criminali, assassini, resi ancora più pericolosi per via dei loro poteri innati?
Questo, a grandi linee e con un paragone basato su personaggi di un’altra casa editrice, è quello che cerca di sviluppare lo sceneggiatore Eric Stephenson nel suo They Are Not Like Us, serie a fumetti scritta per la Image Comics e pubblicata nel nostro Paese da Saldapress.

Una storia che ribalta la concezione del fumetto “super”, e ci fermiamo qua, sottraendo al filone narrativo classico tutto ciò che di “eroistico” possiede, mantenendone tuttavia l’ossatura e gli elementi prevalenti. Troviamo quindi dei giovani dotati, incompresi, segregati, e osteggiati per via della loro diversità, incapaci di essere accettati da una società di persone normali che li vede come dei freak, come delle aberrazioni che non possono trovare posto in un mondo ordinario. Vittime di soprusi, di drammi familiari, di sfruttamento e di violenza, fisica ma psicologica soprattutto, che vengono portati sull’orlo della crisi, vengono spinti al suicidio, al porre fine a queste sofferenze nel modo più semplice ma più difficile da attuare, ossia privarsi della vita. Stephenson associa, per tutti i protagonisti, all’infanzia e alla prima giovinezza, un periodo di incapacità di accettazione della propria diversità, in cui le ferite inflitte con veemenza da agenti esterni nella debole e fortemente manipolabile psiche umana, portino all’autodistruzione, alla destinazione della rabbia e del dolore contro sé stessi, ultimandosi eventualmente con il tentativo di suicidio.
Tuttavia, il rancore provato con il passare del tempo si accumula, e l’adolescenza e la maturità portano l’individuo ad una esternazione di tali sentimenti, di tali urgenze, verso l’origine di tali sofferenze.

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Ed è proprio qui che risiede la chiave di volta: la presenza di The Voice, un personaggio misterioso che interviene proprio per far compiere questo passo cruciale: guadagnare la totale indipendenza dal mondo intero, dando un taglio netto al proprio passato, lasciandosi alle spalle il dolore per dare sfogo completo al proprio essere, senza freni di alcun tipo. Una svolta radicale, che porta alla rimozione forzata dell’individuo dal contesto sociale in cui ha sempre vissuto, estraendosi completamente dalla possibilità di essere giudicati mediante strumenti e valori tipici della società stessa, sottraendosi all’applicazione di concetti come etica e morale, giusto e sbagliato. Svincolandosi completamente da qualunque tipo di ingabbiamento, di costrizione astratta o concreta che li vincola alla realtà. Liberi di fare ciò che si vuole, di prendere ciò che si vuole, di diventare ciò che si desidera senza rimorsi. O almeno così è come viene venduta la storia ai giovani protagonisti, che sebbene galvanizzati da questa entusiasmante possibilità, si accorgeranno presto che le cose non sono per niente così semplici, e che ciò che perderanno sarà insostenibile.

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Questo è infatti ciò che succede a Tabitha, una giovane ragazza telepate, da sempre considerata una pazza da dottori e dalla sua famiglia in primis, che viene avvicinata dopo il tentativo di suicidio da The Voice, e successivamente verrà introdotta ad un gruppo di dotati capitanati proprio dal misterioso leader. La proposta che le verrà fatta sarà allettante: realizzarsi completamente, imparare ad usare i suoi poteri e vivere liberamente, padrona di tutto ciò che desidera. Ma dovrà sacrificare completamente il suo passato in questo passaggio: uccidere la propria famiglia e i propri cari, per poter scomparire completamente dalla società e non essere mai più riconosciuta. Ma la giovane sin da subito non sarà così volenterosa di intraprendere questo passo, né tanto meno di aggregarsi ad un gruppo di persone violente, che agiscono sostanzialmente in base ai loro egoismi e al culto della loro persona. Cercherà quindi di opporsi a questa surreale situazione, ma lasciamo l’evoluzione di questa trama alla vostra lettura.

Sebbene il tema narrato non sia originalissimo – numerosi in letteratura i tentativi di decostruzione della figura del supereroe, che invece di prestarsi al “bene” utilizza il suo potere per i propri scopi personali – interessante risulta invece l’approccio al problema, l’addentrarsi nella questione e lo scervellarsi attorno ad una possibile soluzione. La violenza immotivata, o aggravata da futili motivi, il comportamento da vigilanti sanguinari, la cieca manifestazione di rabbia e il libero sfogo del proprio rancore, propinati da The Voice, ci vengono proposti dai personaggi stessi come mitigati o legittimati dal passato di abusi e discriminazione subito, eppure è lo stesso Stephenson a mostrarceli in un’ottica correttiva, che raddrizza la visione distorta di tali comportamenti mediante l’ottica non traviata di Tabitha, che sebbene abbia sofferto come gli altri, è consapevole di quanto erronea e spesso ipocrita sia la condotta di questi individui.

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Dal punto di vista artistico invece, i disegni di Simon Gane sono sostanzialmente realistici, dal character design vario, con una particolare attenzione per le micro-espressioni e la caratterizzazione fisiognomica dei personaggi. I colori di Jordie Bellaire sono come sempre azzeccatissimi, in totale armonia con il lavoro, e in questo caso definiti da campiture piatte, tenui e mai accese, seppur vagamente calde, a cui è sovrapposto un filtro sabbiato e bruciato, che da quel tocco vintage.

Un buon prodotto questo They Are Not Like Us, che vi terrà impegnati anche con riflessioni non banali, spesso approfondite dai dialoghi scritti da Stephenson, impreziosito dal layout e dal lettering sempre curato e attento di Fonografiks. Edizione Saldapress molto simile a Nowhere Man, sempre di Stephenson, che restituisce intatta la qualità dell’opera.

Suicide Squad chiude al Box Office vicinissimo a Batman V Superman

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Facendo un rapido bilancio, dopo poco più di 4 mesi dall'uscita di Suicide Squad nelle sale cinematografiche americane, ci si accorge che il risultato finale a cui si assiste è a dir poco sorprendente: il totale degli incassi nel mercato interno nord americano della pellicola è sostanzialmente identico a quello di Batman V Superman, pellicola che poteva vantare personaggi più famosi, e su cui la Warner Bros. ha sicuramente puntato di più, considerandola l'apripista per il nuovo DCEU.

325,1 sono i milioni di dollari incassati da SS a fronte dei 330,3 milioni ottenuti da BVS, una differenza minima se si considera anche che la prima pellicola è costata ben 75 milioni di dollari in meno della seconda, ad una prima stima. Una cosa che tuttavia accomuna i due film è sicuramente la scarsa valutazione critica associata. Se si considerano i dati globali poi, Suicide Squad chiude a 745,5 milioni mentre Batman V Superman arriva a 873,2, ma solo perché 100 milioni sono arrivati solo dalla Cina, in cui SS non è mai stato proiettato in quanto considerato inadatto per il popolo cinese. Questo ha penalizzato non di poco la pellicola, che avrebbe facilmente superato così i risultati di 773 milioni di Guardians of the Galaxy e i 782 milioni di Deadpool, altri film che presentavano personaggi non particolarmente conosciuti dal pubblico.

Attualmente non si sa nulla di un possibile secondo capitolo di Suicide Squad, mentre è stato annunciato lo spin-off su Harley Quinn.

X-Men: Fox progetta Deadpool 3 con la X-Force, nuovi dettagli sui futuri film dei mutanti

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Dopo l'incredibile successo avuto da Deadpool, la 20th Century Fox ha subito ordinato la seconda pellicola del franchise, in cui verrà introdotto Cable, ma da cui purtroppo si è appena allontanato Tim Miller, il regista della prima pellicola che, per divergenze creative, ha preferito non continuare il progetto. Ma la major non si ferma qui: THR riporta la notizia che Deadpool 3 è già stato programmato, e nel film vedremo la X-Force, la brutale squadra di assassini mutanti, di cui fanno parte Cable e Domino, che debutteranno entrambi nel secondo capitolo.

Per quanto riguarda il futuro delle altre saghe cinematografiche mutanti, apprendiamo che Simon Kinberg è al lavoro sulla sceneggiatura del prossimo film sugli X-Men. Non è al momento coinvolto Bryan Singer, quantomeno come regista, ma la Fox sembrerebbe essere fiduciosa nel poter coinvolgere ancora Jennifer Lawrence, Michael Fassbender e James McAvoy. Mentre per altri due progetti, Gambit e The New Mutants, se per il primo al momento c'è un rinvio a data da destinarsi per mancanza di regista dopo che Doug Liman ha abbandonato il ruolo, per il secondo, il regista Josh Boone potrebbe cominciare le riprese addirittura questa primavera.

Il prossimo film ad arrivare sul grande schermo sarà comunque Logan, il terzo e ultimo capitolo della saga di Wolverine, interpretato per l'ultima volta da Hugh Jackman.

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