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Erin De Pasquale

Erin De Pasquale

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Spider-Man 642

Anche in Italia, infine, l’universo Marvel come lo conoscevamo è finito. Terra-616, Terra-1610 e tutti gli altri mondi paralleli sono stati distrutti, e adesso esiste un unico grande pianeta chiamato Battleworld, formato dai rimasugli delle realtà un tempo esistenti. Questa è la base di Secret Wars, il nuovo maxi-evento Marvel in questi mesi nelle nostre edicole e fumetterie.
Grazie a questo espediente narrativo non solo si sono potuti rimescolare gli elementi più classici delle diverse serie della Casa delle Idee, ma si è avuta anche la possibilità di recuperare vecchi realtà alternative – apparsi per la prima volta a seguito di alcuni eventi o nei What if – e renderli canonici anche solo per un periodo limitato di tempo.
Rinnovare le promesse parte proprio da questo presupposto. Ambientata in una versione di Manhattan più futuristica rispetto a quella di Terra-616, in questa realtà gli eventi tanto criticati dai fan post Civil War e della saga Soltanto un altro giorno non sono mai accaduti: nessuno ha mai sparato a zia May, l’identità dell’Uomo Ragno è rimasta un segreto, e soprattutto Peter Parker e Mary Jane Watson non hanno mai rinunciato al loro amore. Non solo quindi sono felicemente sposati, ma a completare il nucleo famigliare c’è anche Annie Parker, la figlia poco più che neonata che avrebbero avuto e a cui avevano rinunciato insieme al loro matrimonio.
Ma se la vita domestica di Peter sembra perfetta, così non è quella da supereroe: diversi suoi “colleghi” sembrano essere spariti nel nulla mentre altri sono stati uccisi, e tutti gli indizi sembrano puntare ad Augustus Roman, presidente dell’Empire Unlimited, un società interessata alle abilità speciali dei supereroi. Non solo: proprio nel momento in cui i Vendicatori decidono di occuparsi della situazione con Roman, un buon numero di detenuti evade dal carcere di Ryker’s, e tra questi c’è una certa conoscenza sia della famiglia Parker, Venom.

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Sono due i temi principali che si intrecciano in questo primo capitolo –e che sicuramente verranno trattati nel corso della miniserie: da una parte c’è il problema dell’identità segreta dell’Uomo Ragno e la separazione tra vita privata e le imprese supererositiche, uno dei pilastri principali del personaggio di Spidey fin dalla sua creazione. Peter ha sempre avuto problemi a tenere in equilibrio la sue due vite, e le difficoltà sono solo aumentate col passare degli anni, ma il matrimonio – e soprattutto il suo essere diventato padre – sembra aver portato il tutto ad limite estremo. Il sottile equilibrio tra doveri coniugali e le grandi responsabilità a cui i suoi poteri lo costringono verrà del tutto distrutto quando Venom, a conoscenza della sua identità segreta e ossessionato da Mary Jane, si troverà a piede libero, costringendolo a scelte disperate.
Dall’altra, ritroviamo specialmente verso il finale della storia un tema molto caro a Dan Slott – ancora lo sceneggiatore di Spider-Man: come abbiamo visto in diverse saghe scritte da lui, come per esempio Superior Spider-man o la più recente Ragnoverso, malgrado siano molti i personaggi che possono indossare la maschera dell’Arampicamuri, solo Peter Parker può essere considerato il vero e autentico Uomo Ragno, perché ciò che rende l’Uomo Ragno quello che è non sono i poteri o la maschera, bensì l’etica e la morale di chi porta quel costume.
Forse come sorta di apologia nei confronti della scelta molto biasimata dai fan di far separare Peter da Mary Jane, la questione viene affrontata sotto forma di domanda: le grandi responsabilità sulle spalle di Peter sono più forti anche del suo amore per la moglie e la figlia?

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In effetti quello di Rinnovare le promesse non è l’amichevole Arrampicamuri di quartiere a cui siamo abituati. Poiché fin dalle prime pagine percepiamo che la situazione in questa frammento di Battleworld è particolarmente tesa, non troviamo la brillantezza e l’autoironia che contraddistinguono le classiche avventure dell’Uomo Ragno; la voce pensiero di Peter è sì presente ma è più cupa e ‘oscura’ del solito, e vanno a ricordare un po’ i dialoghi della saga – anch’essa molto osteggiata dagli appassionati - Back in Black.
C’è da dire però che, nonostante le atmosfere più tetre del solito, ai fan di lunga data del Ragno farà piacere rivedere insieme la coppia formata da Peter e Mary Jane, ancora più legati di prima, forse. La completa fiducia tra i due è resa evidente sia dai dialoghi che nelle scene d’azione.
Il personaggio della modella dai capelli rossi infatti è quasi co-protagonista in quest’albo: non solo viene sempre resa partecipe da suo marito nelle scelte riguardanti la sua vita, ma soprattutto ricopre un ruolo attivo nella vicenda, anche quando viene presa di mira da Venom. Non si limita quindi a ricoprire lo stereotipato ruolo di “damigella in pericolo” ma fa tutto ciò che è in suo potere per difendere la piccola Annie.

Malgrado Dan Slott sia conosciuto per le sue trame molto distanti dallo stile classico dell’Uomo Ragno – e per questo venga spesso criticato dai fan più conservatori del personaggio – in questo caso parte da forse una delle situazioni più classiche per poi stravolgere completamente lo status quo, dando alla storia un gusto quasi distopico. I dialoghi forse risultano un po’ meno brillanti del solito, ma la trama è pregna di informazione e in poche pagine riusciamo subito a capire il tono dell’intera vicenda. I disegni di Adam Kubert, sempre molto belli e chiari, enfatizzano ancora di più la sensazione di trovarci in una storia distopica: interessante la scelta di contrapporre ad un’architettura futuristica – con tanto di grattacieli altissimi e macchine volanti – un design dei costumi dei supereroi a cavallo tra di anni ’80 e ’90.
Questo primo capitolo di Rinnovare le Promesse compie un ottimo lavoro nel gettare le basi per una storia interessante, in cui i temi classici dell’Uomo Ragno vengono affrontanti in maniere nuova e non banale, dando allo stesso tempo ai fan di lunga data qualcosa che desideravano da tempo.

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A completare l’albo troviamo altre due storie in qualche modo legate al mondo di Spider-Man. La prima è il primo capitolo di un altro tie-in con Secret Wars, ossia Ragnoverso, scritta da Mike Costa e disegnata da André Araujo. Diversi Uomini e Donne Ragno che abbiamo imparato a conoscere nel crossover omonimo si sono ritrovati in un’unica contea di Battleworld, senza però ricordare nulla né del loro passato né del loro precedente incontro. In particolar modo Gwen Stacy alias “Spider Gwen” non riesce a capire perché nel cimitero ci sia una tomba con inciso il suo nome, e questo la spingerà ad indagare sull’intera vicenda. Anche in questo caso si tratta di una buona introduzione agli eventi che seguiranno, e il (doppio) colpo di scena finale tiene il letto col fiato sospeso. Questo tie-in risulta particolarmente interessante per il fatto che i suoi protagonisti sembrano più consapevoli rispetto agli altri abitanti di Battleworld di ciò che era la loro vita precedente: che questa contea nasconda qualche indizio sulla natura del nuovo mondo?

La seconda storia invece è ambientata poco prima della fine del multiverso, e difatti si intitola Gli Ultimi Giorni. Come da titolo, la storia scritta da Robbie Thompson racconta gli ultimi giorni prima della distruzione di Terra-616 di Cindy Moon, ormai conosciuta anche come Silk, passati tra la ricerca dei suoi genitori scomparsi e la caccia ai criminali, come ad esempio la Gatta Nera. Ciò che colpisce di quest’ultimo racconto sono soprattutto i disegni di Stacey Lee, caratterizzati da uno stile a metà tra la Disney e il fumetto giapponese e totalmente azzeccati per un personaggio fresco e nuovo come quello di Silk. Se siete amanti di questa nuova supereroina, la storia non potrà non incuriosirvi.

Agente Carter – Operazione S.I.N.

Sono molti i personaggi – anche minori - che attraverso la loro rappresentazione nel Marvel Cinematic Universe hanno ricevuto nuova linfa e grazie a ciò sono stati scoperti (o riscoperti) dal grande pubblico.
Tra questi il personaggio che ha forse ricevuto più amore da parte del pubblico e dagli autori è quello di Margaret “Peggy” Carter: dopo essere apparsa per la prima volta come comprimaria in Captain America – Il Primo Vendicatore nel 2011, è poi diventata protagonista prima di un Marvel One Shot a lei dedicato nel 2013 e infine di una serie tv nel 2015 dal titolo Agent Carter.
In concomitanza quindi con la messa in onda della prima stagione del telefilm, la Marvel ha deciso di pubblicare una miniserie dedicata alle sue avventure dopo la conclusione della Seconda Guerra Mondiale, e i cinque numeri originali sono stati raccolti e pubblicati in Italia dalla Panini in un unico volume che potete trovare in questi giorni nelle fumetterie con il nome Agente Carter – Operazione S.I.N.

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Come il titolo può far intuire, la serie nasce come tie-in del maxi-evento Marvel del 2014 Original Sin, ma è ambientata nel 1952. Nonostante la guerra sia finita da diversi anni, Peggy sta ancora facendo i conti con i postumi degli eventi che l’hanno coinvolta, tra tutti la scomparsa del suo amato Steve Rogers; come se non bastasse, nonostante lavori per il Governo, i suoi superiori tendono a sottovalutarla e non la ritengo in grado di assolvere ai compiti più importanti per il semplice motivo di essere una donna. La situazione cambia quando Howard Stark – padre del famoso Tony – la contatta per proporle una missione segreta, persino per il Governo: Woodrow McCord, uno dei suoi informatori, sembra aver trovato un oggetto appartenente ad una civiltà aliena. Piccolo problema: quest’oggetto si trova in Russia. 
Queste sono le premesse di quello che si rivelerà essere una sorta di “road trip” attraverso l’Unione Sovietica, da Mosca ai paesini rurali sparsi per la tundra fino all’”ultimo gulag”, conquistato da una neonata H.Y.D.R.A.

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Benché sia Kathryn Immonen che Rich Ellis – rispettivamente sceneggiatrice e disegnatore della miniserie – siano riusciti molto bene a ricreare l’epoca storica in cui la vicenda è ambientata, nei dialoghi come nei disegni, il tema della Guerra Fredda viene solo sfiorato e serve semplicemente come espediente narrativo per creare delle difficoltà che i protagonisti dovranno superare. Più sfaccettato risulta invece il dibattito sull’avanzare della tecnologia: la fascinazione di Howard nei confronti di tutto ciò che è altamente tecnologico deve fare i conti con il senso di colpa per aver contribuito al Progetto Manhattan, il famoso piano per lo sviluppo della bomba atomica, portando sulla carta forse il più grande problema etico-scientifico sviluppatosi dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. A ciò si unisce il suo desiderio di scovare e analizzare artefatti alieni - proprio per la loro caratteristica di essere così evoluti, anche rispetto alle sue invenzioni - e questo si sposa alla perfezione con la nascita dell’esplorazione spaziale tipica di quegli anni. Tutte queste tematiche non sono trattate in maniera molto approfondita, ma quanto basta per rendere il comportamento dei personaggi più ambiguo e far chiedere al lettore quali scelte compiranno alla fine.

Un aspetto particolarmente azzeccato di Operazione S.I.N. è la gestione delle connessioni con l’universo Marvel “contemporaneo”. Viene per esempio narrata più approfonditamente la storia del già citato “Woody” McCord, il primo uomo ad ergersi come difesa tra la Terra e le minacce aliene che da lì a poco la coinvolgeranno, e che con la sua morte ispirerà l’operato di Nick Fury. Grazie all’ambientazione particolare, si sono potute raccontare le origini di alcuni dei personaggi provenienti dall’est Europa: ecco quindi che completano il cast una giovane Tania Belinskaya –futura Guardiano Rosso -, un giovane Ursa Major e altri piccoli camei.
Sebbene all’apparenza i collegamenti non siano così stretti, tutti questi accorgimenti servono a far percepire al lettore più affezionato il ruolo centrale che nonostante tutto le avventure di Peggy Carter ricoprono – o meglio, hanno ricoperto – nella continuity.

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Ma la vera stella dell’albo è proprio lei, l’Agente Carter, da cui d’altra parte la serie prende il titolo. Non abbiamo mai una voce-pensiero di Peggy, il suo carattere viene interamente descritto attraverso i suoi dialoghi e le sue azioni, e tanto basta: fin dalle prime pagine riusciamo ad intuire il valore del personaggio, ma è all’incontro con Howard che viene rivelata la sua frustrazione di essere donna in una società e periodo storico in cui le donne non erano considerate abili quanto gli uomini. In questo il suo personaggio si avvicina molto alla sua controparte cinematografica-televisiva: benché non se ne lamenti mai apertamente, il suo nemico più grande è il sessismo, come in Russia così negli Stati Uniti d’America; il suo personaggio è completamente indipendente dai suoi comprimari maschili, anzi, tiene loro testa e spesso è lei a dover risolvere i problemi creati proprio dagli uomini. Forse questa sua infallibilità può risultare una caratteristica fastidiosa, ma era proprio questo il tipo di personaggio che la Immonen voleva creare: un personaggio forte e solido, su cui tutti gli altri potessero contare e che non sbagliasse mai un colpo, nonostante dentro di sé fosse ancora ferito per gli avvenimenti della guerra. 

Dal punto di vista tecnico, Rich Ellis ha fatto senza dubbio una grande ricerca storica per ricreare lo stile di quegli anni, sia per quanto riguarda il tratto sia per gli elementi che compongono i disegni: dai vestiti alle abitazioni, tutto rappresenta fedelmente gli anni ’50, e i colori di Jordan Boyd aiutano a rafforzare questa sensazione. Un tocco di classe è poi la rappresentazione degli oggetti tecnologici: mentre i congegni di Howard Stark ricordano e quasi ricopiano la fantascienza degli Anni Cinquanta e Sessanta (enormi oblò, tubi, antenne a non finire), gli oggetti alieni – senza dubbio più avanzati di quelli di Howard - sono più simili alla nostra visione del futuro, con tanto di led al neon e un grande utilizzo di acciaio e vetro.
Il problema più grosso di Operazione S.I.N. è forse la trama scritta da Kathryn Immonen, a volte poco chiara nei passaggi logici: i personaggi si ritrovano a viaggiare per la Russia senza un vero motivo e riescono a risolvere il mistero dietro al famoso artefatto quasi per caso. Il tentativo di collegare queste vicende con il resto della continuity e in particolar modo con gli altri tie-in di Original Sin è senza dubbio lodevole, ma a volte viene fatto in maniera troppo forzata.

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Agente Carter – Operazione S.I.N. è tutto sommato un albo gradevole, senza particolari picchi d’eccellenza. Il ritmo è ben scandito grazie soprattutto ai dialoghi brillanti e simpatici – Peggy Carter ha qualcosa da dire a tutti, sempre e comunque – e i diversi riferimenti sia alla storia Marvel sia alla storia con la esse maiuscola aiutano a rendere la miniserie unica a proprio modo. Per chi poi ha conosciuto il personaggio dell’Agente Carter tramite il grande (o piccolo) schermo e se ne è innamorato, diventa quasi un acquisto obbligato: basta chiudere un occhio su qualche scivolone narrativo.

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