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La rinascita di Wonder Woman, eroina e donna. La recensione dei primi 3 albi RW Lion

Se il fumetto popolare, in particolare quello superoistico, è la versione contemporanea dei racconti mitologici dell’antichità, è altrettanto vero che i suoi personaggi e le loro gesta debbano ammodernarsi e aggiornarsi col passare del tempo per essere attuali nella società che evolve di continuo. D’altronde, Wonder Woman ha compiuto ormai 75 anni che equivalgono a 10 volte tanto rispetto all’antichità considerando la velocità con cui si succedono i cambiamenti nella nostra epoca. Naturalmente, ci sono eroi che hanno bisogno più di altri di essere rivisitati, guardiamo in casa DC a Superman e agli sforzi degli sceneggiatori per rendere attuale e appetibile un personaggio sicuramente diverso rispetto al suo esordio negli anni ’30. Per Wonder Woman la questione è duplice: non solo rimodernarne la mitologia e rendere attuali le sue gesta, ma renderla un modello di donna contemporaneo e credibile (d’altronde, il personaggio nasce proprio con queste intenzioni).

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La figura della donna è decisamente cambiata dagli anni ’40 ad oggi e il suo ruolo nella società, così come nella narrazione avventurosa, è differente. rendere il personaggio attuale, dunque, è una questione decisamente centrale. Non è un caso se proprio il personaggio di Wonder Woman è stato, di recente, al centro di alcune polemiche. La sua scelta come ambasciatrice per le donne rappresentante delle Nazioni Unite, ad esempio, è stata largamente contestata in quanto combattente e per il costume a stelle decisamente “americano”, ma anche per la sua raffigurazione estetica. Non solo, proprio la nuova serie targata Rinascita ha visto la polemica fra lo sceneggiatore Greg Rucka e il disegnatore Frank Cho incaricato di realizzarne la variant cover. Ebbene, senza entrare nel merito della ragione, Rucka era in netto contrasto con l'artista in quanto considerava la sua raffigurazione di Wonder Woman decisamente più da pin-up, nonché maggiormente sensuale, il che non rappresentava la visione di donna delle sue sceneggiature e il profilo del personaggio da lui delineato. D’altronde, anche al cinema la Wonder Woman di Gal Gadot, scelta della Warner, rappresenta un modello distante da quella di Lynda Carter del telefilm anni ’70.

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Se dunque, anche nella serie New 52 avviata dagli ottimi Brian Azzarello e Cliff Chiang c’era una raffigurazione totalmente distante dal modello classico del personaggio, con tanto di rivisitazione concettuale e mitologica dello stesso, la serie targata Rinascita ci riporta una Wonder Woman moderna, ma maggiormente in continuità con la figura che abbiamo conosciuto in passato. La scelta di Rucka ai testi non è affatto casuale in tal senso in quanto non solo ottimo sceneggiatore, ma anche autore di un apprezzato ciclo di storie dell’Amazzone negli anni ’00. Lo scrittore, per l’occasione, ha deciso di sfruttare la quindicinalità della sua serie (periodicità che la DC ha imposto alle sue principali testate) alternando i due disegnatori Liam Sharp e Nicola Scott in due diverse storyline: “The Lies” e “Year One”. Nell’edizione RW Lion, anch’essa quindicinale, che stiamo analizzando ora, si manterrà questa alternanza, tuttavia il primo numero è occupato dallo speciale introduttivo: Wonder Woman: Rinascita che vede all’opera Rucka, Sharp e Matthew Clark.

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Nei due binari narrativi, dunque, Rucka mette al centro verità e origini, con la nostra Amazzone confusa dai suoi stessi ricordi. Le continue riscritture in casa DC hanno portato a 3 background differenti per l’eroina: quello anni ’40, quello post-Crisis e quello New 52 e tocca ora a Diana comprendere quali ricordi siano corretti. Lo sceneggiatore, dunque, ne approfitta per fare ordine e al tempo stesso riscriverne definitivamente le origini. Inutile dire che le due storyline, per quanto ambientate nel presente e nel passato, hanno punti di contatto che risaltano proprio dalla loro contrapposizione. Insieme a quella di Diana, viene approfondita la figura di Steve Trevor, di cui pure scopriremo i trascorsi. Ad ogni modo, in tre numeri abbiamo letto uno speciale introduttivo e due “prime parti” per cui il tutto risulta ancora troppo preliminare e ci si attende di entrare nel vivo dai prossimi albi. Di sicuro, dunque, questo è un piccolo limite che emerge dalla lettura, seppur comprensibile data la struttura della serie. Le due storie, inoltre, sono caratterizzate da uno stile grafico totalmente differente: un tratto più epico e marcato, con una paletta cromatica più scura e intesa, per la storia ambienta nel presente disegnata da un ottimo Liam Sharp, mentre Nicola Scott ci mostra un tratto più delicato con una colorazione maggiormente sfumata e lieve.

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Nel proporre questo quindicinale, la Lion ha deciso di affiancare un comprimario alla testata principale di Wonder Woman. Nei primi 6 numeri, troviamo dunque la mini pre-Rinascita Poison Ivy: Cicle of life and death a cui seguiranno (alternandosi) Trinity di Francis Manapul e Superwoman di Phil Jimenez. Una lettura, questa Poison Ivy di Amy Chu e Clay Mann, che ben tratteggia la letale nemica di Batman, e che presenta guest star note come Harley Quinn e Catwoman. La mini è un giallo con assassino di impianto classico, tuttavia di ottima fattura con Ivy nel ruolo di ricercatrice che indaga sulla misteriosa morte dei suoi colleghi al giardino botanico di Gotham.

Da sottolineare, in chiusura, le ottime note della redazione Lion che ben illustrano il quadro generale ai neofiti o ai lettori che sono tornati alla DC in occasione di Rinascita.

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Harley Quinn e la gang delle Harley, la recensione

L’universo fumettistico contemporaneo – indubbiamente con la complicità di quello cinematografico – da qualche anno è alla rincorsa di un obiettivo, la cui portata narrativa è ancora da decifrare: la “riabilitazione” dei cattivi.
Il mondo dei comics non è assolutamente estraneo al cattivo che si ravvede, che compie una buona azione, o che per un periodo “riga dritto”, ma l’operazione in atto in questi anni è diversa. Il “cattivo” da sempre è stato un personaggio affascinante, spesso più dello stesso eroe, capace di sfumature psicologiche e declinazioni ambigue che al protagonista non sono e non possono essere narrativamente concesse, e per questo più seducente e abile nell’ancorarsi all’immaginario del fruitore. In un contesto sociale di rinegoziazione di valori e di bombardamento mediatico su “cattivi” reali che vandalizzano il mondo e chi lo abita, il villian di carta o al cinema è costretto a cambiare identità, non a stravolgerla, ma a mutarla: ed è il caso di Harley Quinn. La “nuova” Harley, declinata nel mondo di celluloide, è diventata icona per le adolescenti, le “cattive ragazze” ancora alla ricerca di una propria identità. Dopotutto, il mondo ha bisogno di “cattivi” con cui identificarsi, senza sentirsi colpevole nel farlo.

Harley Quinn e la Gang delle Harley 1

Creata da Bruce Timm e Paul Dini, la dottoressa Harleen Frances Quinzel, poi Harley Quinn e compagna di vita e scorribande del Joker, è un personaggio che dalla serie animata che ne ha decretato la comparsa nell’universo DC ha saputo conquistarsi uno spazio di grande rilievo nel cuore di tutti i lettori delle testate di Batman.
Un cattivo che si è stratificato in maniera sempre più complessa nel corso di più di vent’anni dalla sua comparsa: divertente, ironica, violenta psicopatica, succube, martire ma anche crudele e carnefice, sfaccettature ambigue di una figura che, necessariamente, data la sua identità narrativa, deve essere tale. Ed è proprio tale ambiguità che ha permesso a Jimmy Palmiotti e a Frank Tieri di costruire la serie a fumetti dal grande successo dedicata al personaggio: Harely Quinn non è più un “cattivo” così com’è nata, non supera più un certo limite che, convenzionalmente, la lascerebbe identificare come una nemesi seriamente pericolosa. La sua cattiveria è stata mitigata in favore di un divertente gioco grottesco, a tratti surreale che, con un personaggio come “l’ex del Joker”, permette agli sceneggiatori di mettere in piedi un testo dalla grande ironia, capace di giocare con il concetto di supereroe, nemesi e, sopratutto, di antieroe. Operazione simile, a quella fatta da Daniel Way con la sua straordinaria run dedicata a Deadpool. La miniserie Harley Quinn e la gang delle Harley ovviamente non fa eccezione.

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Protagonisti del volume sono i membri della “gang” conosciuti sulla testata principale di Harley che permette al duo Palmiotti-Tieri di intraprendere un racconto meno battuto per una serie supereroistica di questo tipo: il noir. Harley Quinn, dunque, non è la protagonista, ma il motore dell’azione, il suo personaggio agisce ma lo fa in secondo piano, parallelamente ai membri della sua banda. Il lettore è abituato a vedere la pazza “arlecchina” in situazioni difficili, assurde, da commedia nera e, in questa mini, Harley è stata rapita. Compito della sua “gang” è di salvarla.
Palmiotti e Tieri, dunque, costruiscono la storia come un vero e proprio giallo, in cui i pezzi lentamente prendono il giusto posto nella ricostruzione della vicenda e conducono il lettore verso il climax risolutivo attraverso dosati colpi di scena e alleggerendo la narrazione con surreali e comici intermezzi che ricordano costantemente che questa, non è una storia di supereroi contro supercattivi, ma quella di un antieroe, anzi, antieroina.

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Il paniere di disegnatori che hanno illustrato l’avventura della “gang” di Harley è variegato. A Mauricet il compito di essere la prima matita della miniserie: lo stile si presta al comico e al grottesco della storia ma, forse, a volte cede troppo alla deformazione anatomica inducendo in errore, cosa che non accade invece con le espressioni dei volti dei protagonisti che riescono a restituire tutta l’assurdità della vicenda e le risposte emotive dei personaggi. Ad Inkai Miranda è affidato, invece, il compito di narrare il passato del villian della mini: lo stacco grafico permette al ritmo narrativo nelle battute ultime del racconto di alternarsi e, sopratutto di rallentare e contemporaneamente di alimentare la risoluzione finale. Lo stile è meno “giocoso”, più spigoloso, trsposizione, forse, dei drammatici e conflittuali eventi che racconta. Il penultimo albo vede tra i disegnatori Dawn McTeigue che fonde le due narrazioni precedenti e raccoglie la trama nel momento della sua deriva action, grazie ad uno stile che si presta perfettamente al fumetto supereroistico. Amanda Conner e Frank Cho, invece, ci regalano le divertenti, surreali e giocose cover e rispettive variant.

La miniserie Harley Quinn e la gang delle Harley è l’ideale compendio per chi segue la testata principale dedicata all’arlecchina DC, ma risulta godibile anche per una lettura avulsa dal contesto in cui si inscrive. Il piacere della lettura è riservato, in misura maggiore, al testo scorrevole e accattivante, coadiuvato da interessanti trovate grafiche che concedono molto spazio alla spettacolarità della narrazione.

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Universo DC Rinascita: anteprima esclusiva di Flash 2

  • Pubblicato in News

A distanza di due settimane dal suo esordio, ecco giungere ad alta velocità il secondo numero di Flash targato Rinascita. Noi di Comicus, dopo avervi mostrato l'anteprima del numero 1 e approfondito il suo contenuto nella nostra recensione, vi mostriamo ora alcune pagine in esclusiva del nuovo albo in uscita sabato 28 gennaio.

Ecco la sinossi ufficiale:
"Dopo il primo numero introduttivo cominciamo a fare sul serio con i nostri tre protagonisti. Per FLASH Carmine di Giandomenico illustra la nascita di un nuovo velocista: chi è e cosa lo lega a Barry Allen? Inoltre FRECCIA VERDE dovrà guardarsi le spalle da una doppia ferita, una delle quali causata da Black Canary. Infine AQUAMAN apre la sua ambasciata atlantidea, ma Manta Nera ha qualcosa da ridire."

Potete leggere l'anteprima di Flash 2 qui di seguito.

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Grazie a Convergence e il one-shot di Rinascita, i lettori delle avventure di Superman hanno iniziato a familiarizzare con due eventi dalla grande portata narrativa e legati tra loro: le avventure del kryptoniano eroe che hanno iniziato a leggere con il reebot New 52, cinque anni fa, erano le avventure di un altro Superman e questo Superman ora è morto. Ma di chi sono, dunque, le storie contenute in questo primo albo di Rinascita? Comunque di una vecchia conoscenza per i lettori, il Superman di cui hanno letto dal 1985 fino al 2011 e, precisamente, si tratta dell’Uomo d’acciaio tra l’evento Crisi sulle Terre Infinite e l’inizio di New 52.

Peter Tomasi e Pat Gleason, alla sceneggiatura, introducono questo familiarmente sconosciuto Clark Kent, sposato con Lois Lane e con figlio, che accetta, con non poche reticenze, di ereditare il mantello del Superman deceduto, ufficiando la sua presenza come eroe, dopo gli anni passati ad agire, raramente, nell’ombra. Il racconto vira fortemente sui toni intimisti lasciando l’azione fuori dalla lettura e concentrandosi sulle emozioni e le intenzioni dei protagonisti. L’intera storia ruota attorno al perno della morte: da eroe, Clark Kent, vuole scongiurarla, da essere umano, Lois Lane, vuole rispettarla, ma entrambi sono bisognosi di accettare il cammino che gli si profila davanti. Una sceneggiatura sobria, con l’obiettivo di introdurre il nuovo status quo delle avventure dell’eroe kryptoniano, che si interroga, attraverso i due personaggi, sul valore del sacrifico, non necessariamente come “sacrificio ultimo”, ma come frutto di scelte altruistiche che possono, o meno, condurre a strade a volte inaspettate, a volte necessarie. Le matite di Doug Mahnke restituiscono con grande maestria e tecnica l’approccio quasi distaccato, filosoficamente raziocinante della sceneggiatura, attraverso le granitiche figure che popolano le vignette del racconto.

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Il piccolo Jon è il protagonista e la voce narrante del secondo numero: cosa vuol dire vivere con i superpoteri accanto ad un padre che, dopo anni, ha deciso di intraprendere la vita superoistica? Jon ancora non sa come usare i suoi poteri, cosa vuol dire celarli al mondo e quali possono essere le conseguenze del loro utilizzo senza la supervisione di chi, come lui, ha già affrontato tali questioni. Il conflitto generazione padre-figlio è alle porte e preannuncia una sotto-trama che, se sviluppata nelle prossime uscite, potrebbe dare un'inedita versione di Superman, alle prese con le proprie questioni irrisolte legate alla sua adolescenza. Tomasi e Gleason scelgono solo di introdurre tale questione, rendendo Jon un protagonista con un ruolo, probabilmente, determinante nelle avventure dell’Uomo d’Acciaio. Le matite di Mick Gray assolvono al loro dovere di illustrare il racconto dal punto di vista del piccolo Jon: la figura imponente del padre, per lui punto di riferimento, è scultorea e granitica, anche nel momento del conflitto, mentre un tratto maggiormente cartoonesco si presta per la raffigurazione del giovanissimo ragazzo.

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Se questo numero riparte da 1, non lo fa Action Comics che prosegue con la numerazione pur allacciandosi alla “rinascita” di Superman. La figura di Doomsday è maggiormente presente, dopotutto, ai testi, troviamo il deus ex machina dietro La Morte di Superman (1992), Dan Jurgens.
Meno intimista e più d’azione, il “nuovo” Superman deve prendere una posizione definitiva tra il rimanere nascosto o prendere il posto dell’Uomo d’Acciaio. Durante una rapina ad una banca, consapevoli della morte dell’eroe, i quattro rapinatori non si aspettano la presenza dello stemma della famiglia El e si aspettano ancora meno che ad indossarlo è Lex Luthor, in armatura rosso-blu che pubblicamente si proclama come erede di Superman. La sceneggiatura di Jurgens si concentra sullo scontro identitario tra i due protagonisti, l’uno che dubita dell’altro. Lo scontro fisico è anche sul piano ideologico: chi deve ereditare il “mantello” di Superman? Quali sono le motivazioni dietro Lex Luthor? Risposte destinate a rimanere insolute per l’arrivo di un personaggio ben noto ad entrambi. Il racconto è ricco di colpi di scena e il punto di vista a cui il lettore aderisce e quello della moglie Lois Lane e del figlio Jon che guardano in diretta lo scontro tra Lex e Superman: tante le domande, molti i dubbi, diverse le cose che sorprendono e i testi di Jurgens concedono poco spazio alla risoluzione narrativa in favore di un crescendo misto di ansia e curiosità che rende avido il lettore in attesa di conoscere il prosieguo del racconto.
Per la storia, prepotentemente virata sull’action supereroistico, i protagonisti muscolari sono disegnati con un tratto felicemente poco pulito da Patrick Zircher, che concentra la sua attenzione, e quella dell’eroe kryptioniano, sul “fantasma” Doomsday: l’ultimo, devastante, scontro con l’alieno era costato molto caro a questo Superman.

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Il terzo racconto degli albi della “rinascita” di Superman, vede come protagonista un personaggio che sembra essere agli antipodi rispetto all’Uomo d’Acciaio: Kong Kenan, bulletto adolescente, di Shanghai, scapestrato, irriverente, pronto a mettersi in mostra. Mentre vessa, come d’abitudine, il suo compagno di scuola Luo Lixin, l’arrivo del supercattivo Condor Blu scatena in lui qualcosa di inaspettato: lancia una lattina al criminale che stava tentando di rapire Luo, facendogli perdere la presa e costringendolo alla ritirata. Il gesto eroico non passa inosservato e Kang viene subito intercettato da Laney Lang, giornalista di Primetime Shangai. Ma la giovane reporter non è l’unica ad averlo notato: pronto a farlo diventare un eroe, nell’ombra, agisce il Ministero dell’Autonomia. L’aria che si respira nella sceneggiatura di Gene Luen Yang è quella del dejavù: oltre l’assonanza dei nomi dei protagonisti, le “strizzate d’occhio” al lettore di Superman sono disseminate ovunque, ma quello che leggiamo è una sorta di remake-reboot cinese delle avventure di Superman. La genesi del protagonista non potrebbe essere più differente: orfano alieno Superman, padre assente per Kong, principe kryptoniano il primo, bullo di periferia cinese il secondo, identità segreta per l’Uomo d’Acciaio, vanto per il neo Super-Man (fondamentale la presenza del trattino). Eppure entrambi accomunati dal bisogno inconscio ed irrefrenabile di aiutare il prossimo. Il racconto non riesce, comunque, a convincere del tutto: il voluto “tarocco” made in china risulta essere troppo stucchevole nel voler rimandare ai personaggi originari e il protagonista non ha ancora la complessità per reggere l’intera narrazione. I disegni di Viktor Bogdanovich non aiutano lo svolgimento: forse troppo “canonici”, non osano con sperimentazioni grafiche che avrebbero, forse, accresciuto il valore del “gioco” iconico, a tratti parodico, che la sceneggiatura tenta di conferire al racconto. Dopotutto, siamo all’inizio delle avventure di Super-Man, e bisogna attendere che il terreno si stabilizzi.

Con il difficile compito di non ripartire, ma di raccogliere le fila editoriali di Superman, questo primo albo riesce nell’intento di porsi tra ponte tra gli assidui lettori dell’Uomo d’Acciaio e i prossimi sviluppi narrativi, ma anche come incipit per i nuovi lettori, ricostruendo il passato dell’eroe necessario alla comprensione di ciò che avverrà.

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