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"A" come Ignoranza

Con il passare degli anni, Internet si è rivelata una fucina di talenti, ma anche un serbatoio di indicibili scemenze. Un blog in particolare dimostra come sia possibile riunire queste due verità in una sola pagina web, in un solo corpo, in una sola mente: quella di Davide Berardi, in arte Daw, giovane fumettista che ha trovato nella rete il proprio trampolino di lancio, a partire da quella blogosfera che deve stargli tanto a cuore, al punto da citarne fatti e personaggi.

In "A" come Ignoranza, Daw si cimenta in storie che superano abbondantemente la soglia della demenzialità. Pescando tra le frange della cultura pop contemporanea e della nostra vita di tutti i giorni, ne estrapola le mostruosità per poi ricontestualizzarle in situazioni oltre l’assurdo.

Non c’è salvezza per i film strutturalmente omologati, né per i talk show soporiferi, in questa opera prima (e si spera non ultima) che, per fortuna, è molto di più di una sconsacrazione in chiave nerd della famiglia e dell’odierno squallore mediatico. Trattasi molto più probabilmente della valvola di sfogo di un umorista instancabile e coerente: tanto nell’arte quanto di persona, Daw si dimostra una macchina da gag capace di sfornare battute a una velocità rintronante. Lettori e interlocutori si ritrovano costretti ad arrendersi a un bombardamento di sana idiozia che proviene praticamente da ogni sua vignetta e da ogni singola parola da lui pronunciata.

Daw dà subito prova di essere un genio della comicità post-moderna, dissacrante ma senza l’intento di demolire davvero qualcosa né qualcuno, tanto è indaffarato a scatenare un’ilarità incessante e spesso insensata. Politicamente troppo scorretto per divenire mainstream (chi ha detto Leo Ortolani?), l’autore bergamasco ha comunque tutti i crismi per divenire un cult. Ci ritroveremo a parlare ancora di lui. Se non per la notorietà che rischia di conquistarsi, magari per via dell’eco delle nostre grasse risate.


Simone Celli
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