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E' solo un gioco

E’ solo un gioco (Free Books, cartonato, 240 pagine, b/n, € 14,90) di Charles Schulz e Jim Sasseville

Apriamo il menù, e vediamo il nostro piatto contrassegnato da un asterisco. Una nota a fondo pagina ci informa che potrebbe contenere ingredienti congelati, ma decidiamo di prenderlo lo stesso. Del resto lo sappiamo, l’intera pietanza è rimasta in ghiacciaia per quasi cinquant’anni; non ci resta che sperare che il freddo abbia fatto bene il suo lavoro. Lo assaggiamo, iniziamo a percepire le sfumature del suo sapore. Non sapevamo bene cosa aspettarci, forse eravamo preparati a qualcosa di diverso, ma di certo non ne siamo delusi. Solo dopo averne prese un altro paio di cucchiaiate comprendiamo di essere finiti in un ristorantino chic, di quelli in cui non ti servono un primo e un secondo ma una vasta gamma di assaggi diversi. Sì, è proprio questa la caratteristica principale di E’ solo un gioco, il fatto di essere composto da situazioni e sapori continuamente nuovi, sempre conditi da una buona dose di umorismo pulito e innocente. Gusti raffinati per palati fini, quindi, ma in grado di piacere più o meno a tutti. L’unica cosa che ci lascia perplessi è il forte uso, in mezzo ai vari sport che condiscono i nostri assaggi, della spezia chiamata bridge, ma è un problema che colpisce solo quelli che il bridge non lo conoscono e del quale non sono in grado di apprezzare al meglio il sapore. E’ la tipica sensazione che si ha mangiando per la prima volta un cibo esotico; ci piace ma non sappiamo dire perché. E questo non è nemmeno un cibo così esotico. Ci viene quindi servito un piatto che i due chef hanno realizzato tra il novembre del 1957 e il gennaio 1959, e il signor Sasseville, ottimo padrone di casa nonché uno dei due artefici, non manca di indicarci a fondo pagina le curiosità sull’origine di alcune delle vignette che compongono la raccolta; quelle più inserite nel contesto di allora e che oggi risultano più difficilmente decifrabili. Pietanze del genere non si trovano mica tutti i giorni, e ci riteniamo fortunati ad avere avuto la possibilità di apprezzarle. Ci facciamo portare il conto, pensiamo che avrebbe potuto essere più salato, e ce ne andiamo. Presumibilmente torneremo presto a provare qualche nuova portata.

Pellegrino Artusi

Andrea Antonazzo
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