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Panini Comics: in arrivo CTRL-Z – Greyscale di Alessandra “Alyah” Patanè

  • Pubblicato in News

Riceviamo e pubblichiamo:

Un’app in grado di annullare l’ultima azione commessa nella vita?
Con Ctrl-z,
La graphic novel di Alessandra “Alyah” Patanè,
si può

Come sarebbe la vita se si potesse usare il comando CTRL-Z per annullare e correggere la nostra ultima azione? E se esistesse un’app capace di farlo? Nella vita di Hugo Viennese, giovane universitario strampalato, si può grazie all’app Changce. Hugo è il protagonista di CTRL-Z – Greyscale, graphic novel di Alessandra “Alyah” Patanè, che arriverà in libreria a giugno con Panini Comics e in anteprima a Etna Comics (Catania, 1 - 4 giugno). Ma non è tutto: dal 1 giugno, su Play Store, si potrà scaricare gratuitamente l’app Changce, per accedere a contenuti inediti della storia e non solo...

“Control-Z”, più comunemente abbreviato con CTRL+Z, è un comando generato premendo simultaneamente i due pulsanti sulla tastiera del computer. Questo codice è di solito associato a diverse funzionalità, ma la più diffusa è nota con il nome di UNDO e permette di annullare l’ultima azione effettuata.

Hugo è un ragazzo semplice che si divide tra studio, amici e piccole disavventure. La sua vita sembrerebbe perfetta, ma a Hugo tutto questo non basta ed è sempre alla ricerca della svolta nella sua vita. Qualcosa cambia quando scopre Changce, l’app che consente di correggere con un semplice gesto l’ultima scelta effettuata. Con Changce niente più errori causati dall’inesperienza, dalla distrazione, dalla sfortuna. Il mondo, adesso, sembra un posto migliore agli occhi di Hugo. Ma sarà proprio così?

L’AUTRICE

Alessandra Patanè (chiamata da tutti ALYAH) è nata in Sicilia e ha vissuto in tutte le regioni tranne... la Sicilia. Vive attualmente a Berlino.

Ha sempre sognato di fare la fumettista e ora effettivamente lo è... o meglio, lei prova a far finta di esserlo e spesso se ne convince talmente tanto da risultare preoccupante. Ha debuttato nel 2014 con la serie Greedy Flower, nata inizialmente come webcomic e successivamente pubblicata da Shockdom Edizioni. Parallelamente, Alyah lavora proprio a CTRL-Z, progetto che viene presto accolto dalla scuderia Panini Comics. C’è una cosa molto importante che dovete sapere di Alyah prima di fare la sua conoscenza: adora ridere, adora parlare e adora mangiare. Spesso le tre cose avvengono contemporaneamente.

Scheda

Autori: Alessandra “Alyah” Patanè
Formato: 17x26 cm, cartonato
Pagine: 128, a colori
Prezzo: Euro 14,00

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La Meraviglia per tutte le età, la recensione di Moon Girl & Devil Dinosaur 1

Per approcciarsi correttamente alla serie Moon Girl & Devil Dinosaur bisogna necessariamente mettersi in un’ottica moderatamente infantile, bisogna comprendere che non si sta per leggere una prodotto Marvel da serie regolare così come ci ha abituati la Casa delle Idee nelle sue produzioni più mainstream degli ultimi anni, ossia con una buona dose di violenza, di politica, di questioni socioculturali più o meno articolate e sensibili, di realismo e di indagine psicologica. Non si può quindi valutare il prodotto paragonandolo acriticamente alle altre produzioni della casa editrice americana perché il confronto sarebbe insensato: ma non perché il titolo sia scadente, ma perché la maggior parte degli elementi narrativi contenuti nelle prime risultano pressoché assenti in questa.

Moon Girl & Devil Dinosaur rappresenta infatti una specifica scelta editoriale mirata non solo alla diversificazione della produzione massiva di comics da parte dell’editore, ma anche alla diversificazione dei personaggi protagonisti, all’apertura ad etnie diverse dalla canonica bianca caucasica e all’orientamento del fumetto ad un pubblico più giovane o comunque più infantile: questa serie fa rapidamente presa sui bambini, che possono immedesimarsi nella giovane protagonista, o su chi per esempio, nonostante l’età largamente fuori target, continua a godersi cartoni animati o serie per i più giovani, insomma, a chi ancora si diverte a riesumare il fanciullo che dimora dentro ognuno di noi. E di questo va dato merito alla scrittura fresca e frizzante di Amy Reeder e Brandon Montclare, che non si prendono mai sul serio e danno sfogo alla fantasia più sfrenata, che rievoca un'infanzia di mirabolanti avventure.

D’altronde sin dall’incipit è tutto più che lampante: stiamo parlando di una serie in cui la protagonista è una ragazzina inumana afroamericana di 9 anni, nonché una delle menti più brillanti di tutto il mondo, che ha come migliore amico un enorme dinosauro rosso. Non possono esserci fraintendimenti.

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Ma attenzione a non sottovalutare per questo le implicite riflessioni che possono essere dedotte da una mente adulta e che possono invece sfuggire ad un lettore più giovane, che si godrebbe semplicemente la linearità e la fluidità della lettura. Ci si può estrarre non poco da questo volume, anche solo il banalissimo “non giudicare un libro dalla copertina” (in questo caso sì, vi conviene farlo perché la cover è davvero eccezionale), che diventa un rispettare maggiormente il prossimo, anche se a prima vista può sembrarci facilmente categorizzabile in modo un po’ pregiudizievole, ma che sotto può nascondere molto di più se ci poniamo in un’attitudine meno arrogante e più aperta a farsi sorprendere. Un messaggio bello, oltre al no racism e all’eguaglianza etnica, che non fa mai male riprendere, e che, in un’ipotetica lettura genitore-figlio di quest’opera - che si presta benissimo -, può essere decodificato, estratto, ampliato e trasmesso con grande facilità e immediatezza.

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Parlando un po’ più della serie in sé, Moon Girl & Devil Dinosaur rappresenta una sorta di versione 2.0 di quell’originale serie Devil Dinosaur del 1978 realizzata dal Maestro Jack Kirby, qui la recensione dell'omnibus, che seguiva le avventure di Moon Boy e del Tyrannosaurus Rex contro il “piccolo popolo”, un modo carino per riportare in vita un universo vecchio di 40 anni e particolarmente fortunoso per la Marvel. Ora il Piccolo Popolo ha trovato un modo per sbarcare nel nostro universo e con essi il dinosauro gigante, che cercherà di ostacolare le scorribande dei malvagi ominidi per recuperare un manufatto importante per il loro mondo natio. Questo filone narrativo si scontrerà inevitabilmente con la vita della giovane e geniale Lunella, bambina incompresa dalle potenzialità formidabili, che cerca disperatamente di evitare la trasformazione terrigena in quanto inumana.

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La serie è accompagnata da un comparto visivo decisamente pop, molto semplice e immediato ma al contempo ben realizzato da Natacha Bustos, che assieme alla palette sgargiante di Tamra Bonvillain dialoga egregiamente con gli elementi narrativi fanciulleschi e l’azione predominante nel racconto.
Una serie avventurosa e divertente, in grado di intrattenere lettori in un range di età particolarmente ampio, il che ne alza sicuramente il valore. Edizione ottima nell’ormai classico cartonato morbido di Panini Comics.

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Ritorno al Noir, la recensione di Tyler Cross 1: Black rock

Il noir è un genere sempre molto difficile forse perché necessita, nel suo sviluppo, di elementi stabili, ben definiti, archetipali, dai quali non si può esimere: detective hard boiled, la femme fatale bionda, il gangster pericoloso, le ombre, l’oscurità, la metropoli peccaminosa. Frank Miller, ad esempio, ha saputo esplorarlo, nel fumetto, alla perfezione.
Non sono da meno Fabian Nury e Brüno che, giocando con questi elementi, e spesso ribaltandoli, sono riusciti a creare un grande noir.

Negli USA degli anni ‘50, Tyler Cross è un gangster al soldo di chi paga meglio e, come tale, accetta un incarico pericoloso che ha a che fare con un grosso carico di eroina: rubare la droga al figlioccio irrispettoso del suo attuale datore di lavoro, un vecchio boss mafioso che non vuole andare in pensione. Ma come ogni noir che si rispetti, le cose non andranno per il verso giusto e Tyler si ritroverà in un piccolo paese del Texas a fare i conti con la famiglia Pragg che tiene sotto controllo l’intera comunità. Se il politically correct vuole che il protagonista si ravvedi e salvi la situazione, Nury e Brüno scelgono la via più decadente.

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Tutta l’aria che si respira è da noir: puzza di sigarette, odore di polvere da sparo, primi piani, dettagli, lame di luce che tagliano le ombre. Nury sceglie, rispettandone comunque le direttive narrative, di sovvertire i “luoghi comuni” del genere. Alla metropoli, lo sceneggiatore, sceglie il deserto che con il suo caldo e la sua sabbia bloccano i personaggi e appesantiscono l’atmosfera, tanto quanto farebbero i vicoli sporchi e maleodoranti di una città. Al posto del Detective, il gangster Cross, riesce a catturare la curiosità e condurre il lettore attraverso la trama, senza che quest’ultimo giudichi il suo operato: dopotutto è un criminale. Alla femme fatale bionda e prosperosa pronta a sedurre chiunque posi gli occhi sulle sue curve, troviamo Stella, ragazza in attesa di essere salvata, anche da se stessa. Nury costruisce personaggi senza abbellimenti: non ci sono eroi positivi, ognuno a modo suo – su tutti, i membri della famiglia Pragg, senza possibilità alcuna di riscatto – colpevole di aver fatto troppo o troppo poco.

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La solida sceneggiatura non poteva che trovare espressione grafica migliore nel disegno di Brüno: sintetico, caricaturale, cromaticamente piatto – che ricorda le operazioni stilistiche di Tim Sale e Bruce Timm – che con una straordinaria frammentazione della tavola conferisce un ritmo perfetto al racconto. Ed è proprio sull’utilizzo sapiente delle vignette che Nury e Brüno riescono a catturare il lettore: dettagli, numerosi, di mani, sguardi, pistole, dune e nubi di fumo ci immergono nelle scene, rendendoci parte integrante della storia, destinatari unici della visione complessiva dell’azione. Il tratto grafico indugia sul sangue, sui corpi, sul sudore e la polvere creando un cortocircuito tra la rappresentazione spregiudicatamente sintetica e contenuto drammaticamente realistico.

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L’incursione narrativa e visiva nel western strizza l’occhio a Sergio Leone, con una ipotetica fusione tra Il buono, il brutto e il cattivo e C’era una volta in America: la criminalità organizzata della metropoli si scontra con banditi dell’America rurale del sud. Ma i riferimenti al noir in tutte le sue espressioni mediali sono numerose: le strisce di Dick Tracy nella deformazione caricaturale dei personaggi, i romanzi di Raymond Chandler nella prosa evocativa della voce fuori campo e il cinema di Howard Haws nel black humor di cui è intrisa la storia.
Tyler Cross riesce dunque a porsi come ponte tra il grande noir “classico” e la sua declinazione moderna, a testimonianza che il genere, forse troppo spesso dichiaratamente dimenticato ma fin troppo spesso utilizzato, riesce ancora a trovare spazio nel cuore del lettore.

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