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Topolino: Valentina De Poli non è più la direttrice del settimanale

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Nei giorni scorsi si era sparsa la voce del licenziamento di Valentina De Poli, direttrice di Topolino. Anche se non è arrivata ancora una comunicazione ufficiale da parte di Panini Comics, diversi autori Disney e non ne hanno stamattina confermata la notizia.

Non si conoscono le motivazioni di questo cambio, né chi ne prenderà il posto. Per questo dobbiamo attendere comunicazioni ufficiali.

Valentina De Poli inizia la sua collaborazione con Topolino nel 1987, nel 2001 dirige la rivista W.I.T.C.H. Dal 2007 è direttore di Topolino, riportando la testata all'attenzione della critica grazie a una gestione molto amata dagli appassionati.

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Dissolvenza a nero, recensione: il noir cinematografico di Ed Brubaker e Sean Phillips

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Ormai è chiaro quanto il duo Eb Brubaker e Sean Philipps sia il sinonimo per eccellenza di noir a fumetti, a partire dalla loro opera più celebre, ovvero la saga di Criminal, pubblicata inizialmente dall’etichetta Icon della Marvel e passata poi dalla Image.
Con Dissolvenza a nero i due autori ripetono il colpo portandoci in quello che è il loro territorio narrativo preferito. Fade Out (questo il titolo inglese dell’opera), è un termine ben noto agli appassionati di cinema o, nello specifico, ai montatori e si riferisce al passaggio da una scena all’altra che avviene gradualmente a favore di uno sfondo nero. Letteralmente, si chiama Dissolvenza a chiudere. Con questo stratagemma, i due autori danno via ad ogni albo, ovvero con uno sfondo nero e col titolo dell’episodio.

Naturalmente il significato di Fade Out va oltre a quello tecnico e viene utilizzato proprio per il suo riferimento cinematografico, non a caso l’opera si svolge nella Hollywood degli anni ’40. In questo senso, Brubaker eleva alla massima potenza la sua passione per il noir non solo ambientando la vicenda nell’epoca d’oro del genere, ma si muove abilmente fra le pieghe della storia mostrando quello che avviene oltre la finzione ovattata del cinema. Lo sceneggiatore, infatti, pur muovendosi nella pura fiction, prende spunto da avvenimenti reali. Il primo, il lavoro di suo zio, sceneggiatore di Hollywood, che conservava in casa i suoi vecchi copioni e che provava sentimenti contrastanti per quell’epoca. Il secondo riguarda tutto il marciume che girava nel mondo degli studi cinematografici e delle star, e delle conseguenze del maccartismo, ovvero la paura del “pericolo rosso” che portò in rovina diversi uomini sospettati ingiustamente di spionaggio anche a Hollywood.

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La vicenda narrata da Brubaker ha per protagonista Charlie Parish, sceneggiatore di Hollywood con tanto di nomination all’Oscar, ma che ha perso totalmente la voglia di scrivere dopo aver assistito in prima persona agli orrori della guerra in Europa. A scrivere per lui c’è però Gil Mason, suo ex-mentore finito nelle liste del maccartismo e per questo allontanato dal lavoro. La vita di Charlie viene ulteriormente sconvolta quando, dopo una festa, si sveglia nella stanza in cui giace morto il corpo dell’attrice Valeria Sommers, star in ascesa e sua amica. Charlie non ricorda molto della notte prima e più cercherà di andare a fondo nella vicenda più si inabisserà nel marcio del mondo di Hollywood.

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Uno dei principali scopi di Brubaker è quello di raccontare non solo la sua trama, ma l’assurdo e cinico mondo della Hollywood degli anni ’40, ben documentato da racconti, biografie e documenti. In questo circo splendente dal di fuori, ma corrotto e malato dall’interno, lo sceneggiatore non salva nessuno, a partite dallo stesso protagonista, passando dai produttori fino all’ultimo degli attori, nessuno è assolto. Brubaker, abile come al solito, delinea ogni figura donando loro una sfaccettatura in grado di renderli vivi e umani. La vicenda si svolge lentamente e l’autore costruisce il suo mosaico con pazienza e sapienza.

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Sean Philipps è la controparte naturale di Brubaker, e la loro intesa artistica rasenta la perfezione. Qui Philipps, coadiuvato da Elizabeth Breitweiser ai colori, lavora per la prima volta in digitale a un fumetto, abbandonando dunque la matita ma senza perdere minimamente il suo tocco. Come ammesso dallo stesso Brubaker, nelle sue sceneggiature per Philipps i dettagli sono minimi e dunque all’artista viene concessa piena liberta di movimento. La sua regia si dimostra, anche in questo caso, impeccabile. Il disegnatore predilige una gabbia composta da tre strisce tendenzialmente composte da 7 vignette, ma le variazioni sono numerose e frequenti, modulate a seconda dell’esigenza.
L’atmosfera della Hollywood degli anni ’40 è resa a pieno, grazie anche all’eccellente lavoro di Breitweiser, capace di donare le diverse sfumature adatte alla varie fasi della storia.

L’edizione Panini Comics in cui viene presentata in Italia l’opera per la prima volta è perfetta in ogni suo aspetto. Non solo l’elegante cartonato raccoglie tutti i 12 albi della miniserie vincitrice anche di un Eisner Awards nel 2016, ma è ricca di contenuti extra davvero interessanti, in particolar modo i dettagliati articoli in cui Brubaker, Phillips e Breitweiser spiegano le fasi del loro lavoro.

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Punisher collection: Zona di guerra, recensione: il Punitore di Dixon e Romita Jr.

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A inizio anni ’90, ancor prima della rivoluzione Image Comics, il pubblico americano mostrò di gradire eroi violenti, oscuri e tormentati con fisici ipertrofici che tutta una generazione di nuovi artisti rappresentava con soluzioni grafiche originali e moderne, spesso con figure smodate e lontane da un realismo e da una compostezza compositiva più classicheggiante. La bomba Image amplificò tutto all’eccesso e per qualche anno l’onda d’urto fu molto forte.

La Marvel, fra nuovi e vecchi character, trovò nel Punitore un ottimo compromesso fra passato e presente. Il personaggio aveva esordito addirittura nel 1974 sulle pagine di The Amazing Spider-Man, creato da un team classico composto da Gerry Conway, Ross Andru e John Romita Sr. Tuttavia, dopo diverse comparsate come comprimario su varie testate, solo nel 1986 ottenne la sua prima miniserie da protagonista, dal cui successo nacque la sua prima serie regolare. La Marvel capì le potenzialità del personaggio e lanciò così nel 1988 The Punisher War Journal, una serie più integrata nel Marvel Universe dove Frank Castle interagiva maggiormente con gli altri eroi. Per battere il ferro finché è caldo, la Casa delle Idee diede vita prima a The Punisher Magazine, durato solo 16 numeri, e poi a una terza testata intitolata The Punisher War Zone. Di quest’ultima, Panini Comics ha da poco raccolto il primo ciclo di 6 numeri nella collana Punisher Collection.

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Dopo l’abbandono da parte del suo socio Micro, Frank Castle decide di infiltrarsi come semplice sgherro, sotto falsa identità, nella famiglia mafiosa dei Carbone alla cui giuda troviamo due fratelli, il maggiore Julius - che detiene il comando - e il minore Sal, che spesso è in disaccordo con i metodi del primo. Frank Castle utilizza la sua posizione per avere informazioni, e il suo doppio gioco (nonché qualche azione avventata) non solo complicano le cose ai Carbone, ma anche ad egli stesso. La situazione si complicherà fino al punto in cui Castle verrà scoperto e mandato a morire, se non fosse per l’intervento esterno del suo ex amico Mitraglia.

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The Punisher War Zone è scritta da Chuck Dixon, all’epoca una promessa del fumetto americano, che già si era fatto notare per alcuni lavori sia per l’Eclipse Comics che per la Marvel. Fu proprio in questo periodo, grazie contemporaneamente all’impegno alla DC su alcune testate della Bat-family, in particolare su Robin, che l’autore ottenne la consacrazione definitiva.
Le sceneggiature di Dixon sono asciutte e dirette e non risentono affatto del passare del tempo. L’intreccio delle trama, un perfetto “action-movie” a fumetti, è credibile e ben reso, seppur non particolarmente intricato. La sua versione del Punisher è perfettamente credibile e trova equilibro nel mostrare sia la parte dura che quella umana del personaggio.

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Alle matite troviamo John Romita Jr., di ritorno su una serie regolare dopo un periodo di due anni. Qui, Romita era in una fase fondamentale della sua carriera, attivo fin dalla fine degli anni ’70, l’artista aveva già realizzato diversi cicli su importanti testate, fra cui Iron Man, Amazing Spider-Man e Uncanny X-Men, tuttavia fu dal suo lavoro su Daredevil, con le chine di Al Williamson, che il fumettista avvia un’evoluzione artistica importante, smarcandosi dall’ombra ingombrante del padre e elaborando uno stile proprio. Su The Punisher War Zone Romita, dunque, è ormai un autore nel pieno della sua maturità, e il suo stile squadrato, i suoi corpi voluminosi, la sua composizione dinamica, che spesso sfocia in spettacolari splash-page, sono non solo in linea con i tempi (Romita, però, rinnega gli eccessi di alcuni suoi colleghi) ma, soprattutto, si sposano alla perfezione con il personaggio di Frank Castle. Il suo Punitore è possente, rude e violento e ritrae alla perfezione tutte le caratteristiche del personaggio e ben si adatta alle sceneggiature di Dixon.

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Avengers - Nuove Alleanze, recensione: i Vendicatori di Geoff Johns

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Prima di diventare una della colonne portanti della DC Comics, Geoff Johns ha fatto in tempo a lasciare un piccolo segno anche alla Marvel grazie in particolare a un breve ciclo di storie dei Vendicatori che ora Panini Comics raccoglie parzialmente in un volume cartonato di 312 pagine dal titolo Avengers - Nuove Alleanze.

Il periodo storico coperto va dall’ottobre 2002 al marzo 2003. Pochi anni prima la testata degli Avengers era stata rilanciata all’interno nell’operazione Il Ritorno degli Eroi grazie a un lungo e apprezzato (sia dai fan che dalla critica) ciclo ad opera dello sceneggiatore Kurt Busiek e del disegnatore George Pérez. Il loro merito fu quello di attingere a quella che era l’essenza storica del gruppo con enorme amore e competenza. Il loro addio fu, in pratica, il testamento per i fan di quella che era la concezione classica dei Vendicatori. Per trovare un nuovo e importante ciclo per il gruppo dovremmo attendere l’arrivo di Brian Michael Bendis che con Avengers Dissambled rivoluzionò totalmente la concezione di base della serie Marvel portandola nel nuovo millennio. Fra la gestione di Busiek/Perez e quella di Bendis, ci fu un breve ciclo di storie scritte da Johns seguito da una disastrosa run ad opera di Chuck Austen.
Nel volume Panini sono presenti i primi 7 albi scritti da Johns per The Avengers più la miniserie di 4 Avengers Icons: The Vision e i numeri di Thor e Iron Man del crossover La battaglia degli dei. Per questa ragione, il volume è possibile dividerlo in 4 parti.

Nella prima, troviamo le storie tratte da Avengers 57-60, illustrate da Kieron Dwyer, che compongono la saga “Fiducia Mondiale”. Qui i Vendicatori, con un team composto da Capitan America, Iron Man, Wasp, Calabrone, Scarlet, Visione, Warbird, Ant-Man, She-Hulk, Pantera Nera e Falcon, ricevono dall’ONU l’incarico di governare il mondo intero dopo la scomparsa di tutte le capitali del pianeta. Nonostante qualche ingenuità di fondo, la storia è importante perché pone le basi di quella rivoluzione futura che porterà il team a cambiare per sempre inserendo elementi politici nelle fondamenta del gruppo non di poco conto. Gli Avengers devono essere considerati come una forza mondiale e il loro raggio d’azione non può essere limitato ai soli USA. Johns, però, è abile soprattutto nel gestire le relazioni personali fra i personaggi e dimostra una conoscenza del gruppo notevole e ciò traspare in maniera evidente.

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Avengers Icons: The Vision è una storia particolarmente importante per il personaggio di Visione, che finora aveva avuto solo un’altra mini-serie a lui dedicata nonostante fosse un personaggio importante del gruppo. Qui lo sceneggiatore ridefinisce il personaggio riallacciandosi al lavoro fatto da John Byrne a fine anni ’80 e donando una nuova umanità al sintezoide.
Nonostante i nobili intenti, l’opera dello sceneggiatore non brilla particolarmente e il lavoro si segnala più che altro per l’inizio della collaborazione con Ivan Reis. Da aggiungere, che dopo l’addio di Johns alla Marvel il personaggio e gli spunti di questa miniserie, verranno quasi del tutto accantonati e ci vorrà qualche anno prima che il personaggio ritorni in auge.

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Il volume prosegue con due episodi della serie Avengers disegnati da Gary Frank. Il primo “Vendicatori Uniti”, narra le conseguenze della saga “Fiducia Mondiale” e definisce il nuovo ruolo politico dei Vendicatori, ora una potenza mondiale con tanto di rappresentanza all’ONU. Il secondo episodio, dal titolo “Cuori infranti” è sicuramente il migliore della gestione di Johns sulla testata e si concentra sulle vicende umane de il Fante di Cuori e di Ant-Man, mettendo a confronto i due personaggi, i loro dissapori e le loro problematiche (l'affidamento della figlia per Scott Lang e gli estenuanti trattamenti per non esplodere come una bomba atomica del Fante di Cuori).

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“Cuori infranti” rappresenta sicuramente il punto più alto della gestione di Johns sulla testata. Il volume si conclude con il crossover con le testate di Thor e Iron Man intitolato La battaglia degli dei e disegnato interamente da Alan Davis.
Dopo la morte di Odino, Thor è ora il re di Asgard, e decide di portare il suo regno sopra il cielo di New York per renderlo visibile a tutti. Quando i fedeli di Thor della Slokovia, il cui culto per gli dei nordici è vietato, invocano l’aiuto del dio per porre fine alle persecuzioni e al regime del generale Stoykovicz, Thor decide di intervenire e di porre fine alle loro sofferenze. Ma l’intervento “divino”, seppur nobile nelle intenzioni, scuote i fragili equilibri politici della zona e questo porterà i Vendicatori, in particolare Iron Man e Capitan America, ad agire per fermare l’azione di Thor. La storia, pur con qualche ingenuità, si segnala per le importanti problematiche morali ed etiche che solleva, oltre che per i disegni di gran fattura di Davis.

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Il breve ciclo di storie scritte da Johns per la Marvel proseguirà fino al #76, ma gli albi succesivi al 64 (che si segnalano particolarmente per la saga in 6 parti intitolata "Red Zone" e disegnata da Olivier Coipel) non sono qui presenti. Ad ogni modo, come evidente dalla lettura di questo volume, il lavoro dello sceneggiatore ha dimostrato, pur nella sua brevità, una notevole personalità che poteva essere coltivata ulteriormente e maturare in qualcosa di importante per la storia dell’editore. Forse, se avesse continuato, la storia dei Vendicatori sarebbe ora diversa, di sicuro le premesse viste erano interessanti. Col senno di poi, considerando il suo eccellente lavoro fatto alla DC Comics in seguito, forse è andata meglio così. Ma questo non lo sapremo mai.

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