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X-Men Grand Design 1, recensione: la storia dei mutanti vista da Ed Piskor

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Se dovessimo in qualche modo etichettare Ed Piskor, potremmo definirlo un biografo o un documentarista a fumetti. Nella sua pur breve ma apprezzata carriera, l’artista americano classe 1982 ha scritto e disegnato Wizzywig, biografia fittizia di un hacker che ripercorre, mescolando realtà a finzione, lo sviluppo del movimento hacker fra la fine degli anni ’70 ad oggi. Più celebre è, naturalmente, la sua opera Hip-Hop Family Tree in cui l’autore narra anno dopo anno la nascita del sopracitato movimento musicale ricostruendo e mettendo in ordine eventi e personaggi con la precisione di un vero storico. La sua opera, infatti, è davvero una sorta di documentario a fumetti apprezzato tanto dagli appassionati del genere quanto dagli amanti dei fumetti.

Essendo un autore a cui piace narrare le proprie passioni, dopo l’hacking e l’Hip-Hop, un quasi incredulo Piskor si mette al lavoro su progetto dedicato ai mutanti di casa Marvel. Il suo entusiasmo è visibile da un contenuto speciale del primo volume di X-Men Grand Design in cui il fumettista intitola “Sogno di una vita” una raccolta di foto da bambino e di vecchi disegni in cui mostra la sua sconfinata passione per i mutanti.

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Il progetto non si allontana molto da quello di Hip-Hop Family Tree, Piskor mette in ordine e narra le vicende dei mutanti a partire dalla loro origine fino agli anni ’80. Si va, dunque, dall’infanzia di Charles Xavier e di Erik Magnus Lehnsherr fino alla nascita degli X-Men e alla loro affermazione. Nel fare questa operazione, l’autore mette in prospettiva gli eventi del passato con quello che avverrà in futuro, in special modo con l’avvento della Fenice che, come noto, si impossesserà del corpo di Jean Grey. In particolare, questa sottotrama è al centro della narrazione di Piskor con la quale, evidentemente, vorrà portare al culmine (oltre che alla conclusione) la sua miniserie. Ricordiamo che X-Men Grand Design è composta da 4 albi di formato doppio e che finora sono usciti i primi due, raccolti entrambi nel volume Panini Comics.

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Dal punto di vista visivo, il grande formato proposto da Panini Comics, ovvero un brossurato 23.4X33 (lo stesso utilizzato per Hip-Hop Family Tree), consente di poter godere appieno delle tavole ricche di dettagli e, soprattutto, di testo e che ridotte avrebbero risentito di molto nella lettura e nella leggibilità delle stesse. Piskor applica una colorazione alle proprie tavole che simula la resa di stampa dei vecchi albi, e la carta “ingiallita” amplifica l’effetto dando il tocco vintage voluto. Lo stesso tipo di colorazione è stato applicato al primo albo degli X-Men di Stan Lee e Jack Kirby interamente riproposto per intero nel volume come gradito extra.

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L’opera, sicuramente ambiziosa, risulta riuscita nel suo intendo: Piskor si districa in decenni di storie e rivedere in maniera coerente e pressoché corretta gli eventi creando una narrazione che coinvolgerà tanto i vecchi fan, che si troveranno non solo davanti a un’ottima lettura ma anche a una ricostruzione rispettosa del passato, tanto i nuovi fan che vogliono conoscere la storia del celebre gruppo Marvel.

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Gurt e L’ascensore dei mondi 1, recensione: l'adrenalica opera di Isaak Friedl e Oscarito

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Nell’ampia mole di fumetti che Panini Comics propone ogni mese possiamo trovare alcune interessanti e inedite chicche. La casa editrice modenese, infatti, nota principalmente per la proposta di alcune delle più importanti licenze del mondo (su tutte quella Marvel Comics), sta di recente aumentando la produzione di fumetti del tutto originali. È il caso di Gurt e L’ascensore dei mondi, opera realizzata da Isaak Friedl (Sottobosco, Dylan Dog) e Oscarito (L’Isola del Tesoro, Sappy), team giovane e interessante per un fumetto tanto fuori di testa quanto accattivante.

Gurt Boznikov è un baffuto e spericolato postino in grado di consegnare la posta nei luoghi più inaccessibili e disparati. Il suo mondo non è il nostro, è un pianeta distorto e pieno di creature mostruose e bizzarre. Dopo una visita medica, il suo dottore comunica al malavitoso Don Ombroso una particolarità interessante: Gurt ha due stomaci, il che lo rende perfetto per una missione speciale. Per convincere il postino, il boss minaccia la sua famiglia e promette di non far loro del male solo se Gurt accetta di recarsi al Dolphin Hotel e prendere un misterioso ascensore. Protetto da un potente guardiano, l’unico modo per salire su di esso è batterlo fisicamente o bere un veleno mortale. Due prove insuperate finora ma, con i suoi due stomaci, Gurt può superare la prova e portare uno zaino dal contenuto misterioso in un altro mondo. Non ci dilunghiamo ulteriormente sulla trama che prenderà una piega del tutto folle e adrenalinica.

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Isaak Friedl costruisce un mondo bizzarro e ricco senza particolare sforzo, la realtà rappresentata appare originale e ben riuscita e il protagonista e i comprimari decisamente interessanti. Il suo stile diretto e asciutto, che punta all’action, ricorda molto quello di Mark Millar, e in effetti la sua opera non sfigurerebbe nel Millarword. Forse il suo limite è quello di spingere troppo sull’acceleratore e di lasciare  il lettore spaesato per i continui cambi di situazione.

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Friedl è coadiuvato da Oscarito che dà vita a questa splendida realtà sia con le sue matite grottesche e spigolose, che si esaltano nella raffigurazione di assurdi personaggi dall’eccellente resa mimica, e si innestano in tavole iper-dinamiche e dalla gabbia libera. Ma è soprattutto grazie alla sua colorazione digitale che sfuma in una sorta di effetto pastellato, ben reso dai tratteggi, che il risultato finale è una gioia per gli occhi.

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Al termine della lettura si resta un po’ con l’amaro in bocca e toccherà attendere la prosecuzione della vicenda per vedere se Friedl riuscirà a mantenere coerente e avvincente l’intreccio narrativo fin qui costruito. Il rischio che le cose possano sfuggire di mano è sicuramente presente, ma fin qui Gurt e L’ascensore dei mondi riesce a stuzzicare la curiosità del lettore. Panini Comics, oltre all’edizione base, offre anche una variant ad opera di Paul Pope e un’ulteriore versione con tanto di busta postale decisamente originale.

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Rick and Morty: volume uno, recensione: dalla serie animata al fumetto

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Fin dal principio, fumetto e animazione sono sempre stati strettamente connessi fra loro e personaggi nati per un medium, spesso e volentieri, vengono impiegati anche nell’altro. È per questo assolutamente comune vedere character dei fumetti divenire cartoon e viceversa. Tuttavia, se questa pratica ha funzionato molto bene per quanto riguarda il passaggio da comics ad animazione, l’opposto decisamente meno. È facile ricordare, grazie anche a una diffusione più ampia e capillare, serie animate di successo e di alta fattura tratte dai comics, un po’ meno frequenti sono le serie a fumetti tratte da cartoni animati che hanno mantenuto uno standard qualitativo alto. 

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Uno dei casi migliori, in tal senso, è quello di Topolino e degli altri personaggi Disney che hanno goduto di fumetti di qualità eccellente. In questo caso è facile, anche, individuare come una delle componenti di questo successo sia dovuto al fatto che il fumetto abbia intrapreso una strada totalmente differente e indipendente rispetto ai cartoon, senza dunque scimmiottamenti di sorta. Infatti, uno dei fallimenti maggiori di queste operazioni deriva dal voler replicare la formula proposta nei cartoni animati su carta, non tenendo presente la diversità del medium e cercando di operare una semplice trasposizione della formula originale che risulta però già fallimentare in partenza. Da aggiungere, inoltre, che spesso queste serie a fumetti vengono realizzate col solo scopo di sfruttare il successo del brand e sono affidate a team artistici minori.
All’uscita del volume Panini Comics dedicato a Rick and Morty, la domanda che ci poniamo dunque è: riuscirà questa serie ad essere all’altezza della sua fonte originaria?

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Creata da Justin Roiland e Dan Harmon per Adult Swim (e disponibile su Netflix), Rick and Morty segue le vicende di un impacciato adolescente e di suo nonno, un brillante quanto pazzo scienziato, in una serie di folli e paradossali avventure in altre dimensioni. La serie fantascientifica, ispirata fortemente alla saga di Ritorno al futuro, presenta uno humor nero e trame dense intrecciate fra loro, e si avvale di un’eccellente scrittura. Un prodotto complesso da trasporre su carta, ma che grazie alla Oni Press e agli artisti coinvolti Zac Gorman e CJ Cannon, il risultato non è per nulla negativo.

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Intendiamoci, siamo distanti anni luce dal cartone, e gli autori ce la mettono tutta per riproporre tutti gli stilemi della serie e la sua follia narrativa e creativa. Non a caso, le prova più convincente è rappresentata dai primi 3 albi (di 5) contenuti nel primo volume Panini Comics. Queste storie, infatti, compongono una lunga avventura che consente agli autori di scrivere una trama più complessa e articolata. Le due storie successive, però, mantengono un ottimo livello di originalità, seppur presentano trame condensate in sole 18 tavole. In appendice, troviamo 5 storie brevi da 4 pagine ciascuna che completano la proposta dei comic-book originali.

In attesa dei nuovi episodi, la serie a fumetti di Rick and Morty riesce ad essere un buon surrogato, seppur lontano dai fasti del cartoon. Testi e disegni riescono a riprendere il mood originale dello show e a trasporlo in maniera fedele. Non indispensabile per i fan della serie, ma sicuramente godibile e accattivante grazie anche al prezzo proposto (128 pagine a 12€).

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Punisher Collection: Un Barbaro con la Pistola, recensione: la trasferta caraibica del Punitore di Dixon e Buscema

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Un barbaro con la pistola è il secondo volume della collana Punisher Collection ad essere dedicato alla serie Punisher War Zone varata a inizio anni ‘90 quando il personaggio di Frank Castle conobbe la sua massima espansione dopo un periodo vissuto da character secondario, e diversi anni prima del rilancio ad opera di Garth Ennis e Steve Dillon.
Mentre il precedente tomo Zona di Guerra ristampava il ciclo iniziale delle testata, disegnato da John Romita Jr., la nuova proposta presenta i 5 albi che vanno dal numero 26 al 30 realizzati dalla leggenda dei comics John Buscema, qui al suo ultimo lavoro su una serie regolare.

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Ai testi troviamo sempre Chuck Dixon, autore in ascesa che riceverà la sua consacrazione definitiva nello stesso periodo sulle testate della Bat-family alla DC Comics
Lo stile di Dixon non solo è perfetto per il Punitore, l’autore centra bene il personaggio rendendolo umano e credibile senza smussare la sua aura da duro, ma soprattutto ha uno stile di scrittura diretto e asciutto che risulta moderno e attuale ancora oggi, rendendo dunque la lettura in perfetta sintonia con le produzioni più moderne. Le vicende in cui lo sceneggiatore cala il personaggio sono sempre a misura d’uomo, mai eccessive o surreali, e si distinguono per intrecci solidi.

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La storia vede Frank Castle seguire la pista un trafficante d'armi fino a Puerto Dulce, un'isola caraibica pronta ad esplodere per i conflitti rivoluzionari in atto. Giunto sul luogo, la copertura di Frank salta presto e, una volta catturato, verrà imprigionato e mandato ai lavori forzati in una piantagione di zucchero. Lì non avrà vie di fuga e dovrà letteralmente battersi per la sopravvivenza. Fortunatamente, il suo aiutante Microchip - che lo assiste a distanza - convoca Mike “Ice” Phillips, commilitone di Castle ai tempi della guerra in Vietman il cui esordio è avvenuto nella serie bellica The 'Nam. Ice aiuterà Frank a fuggire dalla piantagione e, insieme a Microchip, intraprenderanno un rischioso viaggio di ritorno nella giungla pieno di insidie mortali.

L'avventura ha un ritmo serrato e, seppur senza un fitto intreccio, risulta ricca di pathos e di capovolgimenti di situazione. Dixon riesce a sfruttare bene gli stereotipi dei villain della vicenda riuscendo a renderli convincenti senza caratterizzazioni eccessive. Da sottolineare anche un leggero sotto testo politico che allude a situazioni simile a quella dell'immaginaria Puerto Dulce, con dittature militari, rivoluzioni in atto e popolazione ridotta alla fame.

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Alle matite troviamo John Buscema, disegnatore diventato leggendario per tante opere, in particolare per il suo splendido Conan. Siamo, naturalmente, nella fase finale della sua carriera, il suo tratto è ormai maturo ma la qualità del suo lavoro resta intatta. Il suo Punitore è massiccio e credibile, le tavole presentano una gabbia variabile e risultano sempre molto ariose, con una preferenza per inquadrature ravvicinate.
Nell'ultima delle 5 storie, le rifiniture sono affidate a Tom Palmer e le differenza con le precedenti tavole si nota sopratutto nella rifinitura dei volti e nei tratteggi più irregolari.
La colorazione è quella originale affidata a Kevin Tinsley e risente di tutti i 24 anni della storia ed è lontana da un gusto più moderno. In particolare risulta troppo satura in alcuni frangenti, specie per la scelta dei colori per gli sfondi, mentre migliora decisamente nella parte d'avventura ambientata nella giungla in cui appare più naturale.

Punisher Collection: Un Barbaro con la Pistola recupera un ottimo ciclo del Punitore, scritto da uno degli autori simbolo degli anni '90 e disegnato da una leggenda dei comics, il cui valore aggiunto è quello di essere il suo ultimo lavoro su una testata regolare.

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