Può capitare di lasciarsi trasportare dall'emotività, nel lavoro come nelle piccole vicende quotidiane. Spesso, quando ci troviamo a recensire fumetti che trattano argomenti che hanno diviso l'opinione pubblica, il rischio più grande è quello di perdere la nostra obiettività e lasciare che fattori legati alla nostra sensibilità incidano sul giudizio finale. Essere qui, con un graphic novel che tratta del caso di Eluana Englaro, è uno di quei momenti.
Eluana - 6233 Giorni nasce dalla collaborazione tra la Scuola italiana di Comix, la Consulta di Bioetica Onlus, ed è edito dalla 001 Edizioni. Il soggetto è del Dottor Claudio Falco, la sceneggiatura di Marco Ferrandino, i disegni di Martina Sorrentino. Questo volume, diviso in quattro parti, prova a raccontarci nella maniera più esaustiva possibile un tema che coinvolge non solo la sfera etica e medica, ma anche quella religiosa, giuridica e culturale del nostro paese.
La drammatica vicenda è diventata ormai storia. Eluana aveva 21 anni quando la sera del 18 gennaio 1992 a Lecco, a causa del fondo stradale ghiacciato, uscì di strada e si andò a schiantare contro un muro. La ragazza riportò lesioni craniche gravissime e una frattura con slivellamento della seconda vertebra con conseguente immediata paresi di tutti e quattro gli arti. Da subito la giovane entrò in coma e, dopo le terapie svolte presso i riparti di Terapia Intensiva degli Ospedali di Lecco e Sondrio, riuscì ad uscirne, ma viste le lesioni cerebrali estese ed irreversibili, fu dichiarata in stato vegetativo permanente, ovvero uno stato che esclude la coscienza di sé e del mondo esterno, oltre alla possibilità di comunicare o interagire. Da questo momento ha inizio un calvario lungo 17 anni, al termine del quale la donna troverà la morte dopo la cessazione dell'alimentazione forzata, a seguito dell'accoglimento da parte dei giudici dell'istanza della famiglia.
Le quattro parti del volume affrontano in maniera analitica tutta la vicenda ed introducono il lettore al tema dello stato vegetativo permanente e del testamento biologico già nella prima parte, grazie ad uno scritto del Professor Maurizio Mori, per passare poi alla lettura del graphic novel, elemento portante di quest'opera. La parte conclusiva ospita un'intervista a Beppino Englaro, padre di Eluana, a cura di Valentino Sergi e un cenno sullo stato della legislazione, oltre ad una bibliografia per approfondire gli studi e maturare, così, una propria opinione sulla questione.
Anche il fumetto è diviso in quattro atti che, partendo dalla sera dell'incidente, giungono fino alla morte di Eluana. Anche in questo caso, come già visto nel film di Marco Bellocchio, La Bella Addormentata, gli autori decidono di non utilizzare il punto di vista della famiglia bensì quello di personaggi che sono direttamente o indirettamente legati alla vicenda. La protagonista Laura è nata lo stesso giorno di Eluana, nella stessa clinica, ne ricalca in parte gli aspetti caratteriali, forte, libera, determinata, così come ce la racconta il padre. Quest'espediente narrativo permette a Ferrandino di raccontare la vita che Eluana avrebbe potuto vivere se quell'incidente non avesse stroncato ogni possibile crescita. Come in una staffetta, Laura raccoglie un testimone virtuale e vive, inconsapevolmente, non solo la sua vita ma anche quella di una donna che, priva di ogni dignità, legata ad un macchinario freddo che le permette di respirare, è rinchiusa in un guscio.
E proprio lo scorrere del tempo è il tema centrale di quest'opera. Non è facile trasmettere il peso, l'angoscia, il senso di 17 anni trascorsi in un letto. L'autore prova a riempirli intrecciando fatti reali con altri inventati. La vita di Laura e di suo marito Mauro, conosciutisi durante i fatti di Genova del 2001, si intreccia con la Storia, quella che troviamo sui manuali di scuola, quella della strage di Capaci e dell'uccisione di Carlo Giuliani, delle sentenze dei giudici che hanno scandito l'iter giudiziale della vicenda. Questo, forse, è l'unico modo per consentire al lettore di prendere contezza con la mole che quei 6233 giorni rappresentano, la pietra miliare che solo la vita sa offrirci, che ci parla delle occasioni mancate, le possibilità negate, tutto ciò che sarebbe potuto essere ma che, invece, si è schiantato contro un muro.
Nel suo complesso, la narrazione non risulta per nulla retorica o didascalica, evitando subito l'errore più grande in cui un progetto così importante e delicato poteva incappare. Gli autori non fanno mai trapelare il proprio giudizio, né influenzano il lettore nella maturazione della propria opinione. L'uso di questo media ha fornito loro la possibilità di compiere un'importante operazione di sottrazione, con la quale è stata eliminata la pesantezza e farraginosità di aspetti medici e legislativi, lasciando in evidenza solo i risvolti immediati e diretti della storia. A chi si avvicina per la prima volta alla vicenda Englaro vengono forniti tutti gli elementi necessari per districarsi in una questione spinosa che, purtroppo, una volta chiuso questo caso, non ha avuto un seguito e che ha lasciato ancora irrisolto il tema dello stato vegetativo permanente e del testamento biologico.
Qualche piccola indecisione, invece, viene dal versante grafico della storia. Lo stile di Martina Sorrentino è ancora acerbo. Sebbene l'autrice sia abile nel cambiare il proprio registro adeguandolo alla narrazione, ora caricaturale, ora carico di simbolismo, ora realistico, frequente risulta non all'altezza la composizione della singola vignetta, scolastica e priva della giusta profondità. In alcune fasi la tavola resta bloccata nella sua rigidità e in quella delle figure, perdendo di incisività e inficiando il buon lavoro in fase di storytelling.
Il risultato finale è comunque buono, e premia un'iniziativa che ha il sicuro merito di offrire ad un pubblico più giovane un'interessante strumento di analisi su una tematica che ha caratterizzato il dibattito politico e pubblico nell'ultimo decennio. Allo stesso tempo, porta alla ribalta una questione che troppo frettolosamente è stata riportata all'eccezionalità, e in quanto tale, trattata solo nel caso in cui si verifichi. Come cantano i Linea 77 nella loro canzone Il Senso, "rispetto per una scelta presa da me, per me". Quel giusto rispetto che Eluana ha chiesto per 17 anni, non ascoltata nel silenzio della sua stanza.