Menu

Arrowsmith 1 e 2, recensione: la realtà alternativa di Busiek e Pacheco, fra fiaba e guerra

arrowsmith 1

PER ACQUISTARE IL VOUME, CLICCA QUI! carrello

Era il luglio del 2005 quando la Magic Press fece arrivare sugli scaffali delle nostre fumetterie Arrowsmith: il fascino della divisa, versione italiana del volume Arrowsmith: So Smart in Their Fine Uniforms, che raccoglieva la miniserie di sei numeri, uscita negli USA un paio d’anni prima, realizzata da due delle stelle più brillanti del fumetto americano del periodo, Kurt Busiek e Carlos Pacheco.
Lo sceneggiatore statunitense e l'artista spagnolo avevano già lavorato assieme nella memorabile maxiserie Avengers Forever, pubblicata dalla Marvel tra il 1998 e il 1999 e, forti del loro successo, decisero di collaborare di nuovo per un progetto creator-owned, bussando - dopo un tentativo andato a vuoto con la Gorilla Comics (alla cui fondazione aveva partecipato lo stesso Busiek) - alla porta della Wildstorm, la linea editoriale di Jim Lee, all’epoca ormai fuori dal consorzio Image. Per la precisione, Arrowsmith uscì sotto le insegne della Cliffhanger, l’imprint della Wildstorm che riuniva alcuni dei talenti emergenti d’oltreoceano di fine anni Novanta (tra i quali, Jason Scott Campbell, Humberto Ramos e Joe Madureira), un gruppo di cui, a pieno titolo, anche Busiek e Pacheco potevano sentirsi parte.

A quella miniserie, avrebbero dovuto seguirne diverse altre, in quanto Arrowsmith era stata concepita fin dall’inizio per non essere una collana regolare, in modo da permettere ai due autori di continuare a occuparsi di più progetti contemporaneamente. I troppi impegni, tuttavia, si dimostrarono un ostacolo insormontabile, in particolare per Pacheco il quale, probabilmente complici vari problemi di salute, che successivamente, si riveleranno più gravi del previsto, cominciò a diradare di molto le sue apparizioni sui comic book. Per iniziare a leggere Behind Enemy Lines, la seconda miniserie dedicata a Fletcher Arrowsmith – il giovane protagonista dell’opera, da cui, come è facile intuire, deriva il nome della stessa - si dovette aspettare addirittura il 2022, qualche mese prima della prematura scomparsa del grande cartoonist iberico, il quale nel settembre di quell’anno annunciò di essere affetto da SLA, la terribile malattia neurodegenerativa che di lì a poco lo avrebbe, purtroppo, condotto alla morte.

Non nascondiamo, quindi, di aver accolto con molta soddisfazione la decisione di Saldapress di riportare in Italia il fumetto di Busiek e Pacheco, che, perso uno dei suoi ideatori, sembrava destinato a un limbo editoriale senza via d’uscita. Oltretutto, pure lo scrittore di Boston un paio di anni fa ha cominciato ad accusare dei disturbi fisici (nello specifico, forti emicranie), che lo hanno costretto a fermarsi per un lungo periodo. Soltanto ora ritroveremo il suo nome su una nuova testata - Free Agents della Image - che Busiek sceneggerà assieme a Fabian Nicieza. Di conseguenza, vista l’evidente situazione di stallo, l’iniziativa dell’editore emiliano è apparsa ancora più meritevole, così come degna di nota, benché sia ormai diventata la norma per Saldapress, è la veste scelta per i volumi che raccolgono le due miniserie, di cui la seconda – è bene ricordarlo - finora inedita da noi. Il formato maggiorato, unito a una stampa di altissima qualità, non solo rendono giustizia ai bellissimi colori di Alex Sinclair e José Villarubia, ma permettono di ammirare le tavole di Pacheco in tutto il loro splendore.

arrowsmith A 1

Fletcher Arrowsmith è un giovane abitante di Herbertsville, nel Connecticut, che, contrariamente alla volontà del padre, decide di arruolarsi per andare a combattere in Europa. La vicenda, infatti, inizia nel 1915, quando nel Vecchio Continente già imperversa la Grande Guerra. Il mondo di Fletcher, però, è diverso dal nostro. Innanzitutto, la storia ha preso altre direzioni, tanto che la sua città natale non si trova negli Stati Uniti d’America (che non sono mai stati fondati), bensì negli Stati Uniti di Columbia (i quali, a eccezione della Florida, includono, più o meno, tutti gli stati americani orientali a noi noti) e in Europa, le differenze sono persino maggiori: per esempio, la Francia ha mantenuto il suo nome originale di Gallia, l’Italia non ha raggiunto l’unità e invece dell’Austria abbiamo la Tirolia. Inoltre, a seguito di un patto stipulato nel Medioevo, tra Carlo Magno e i reami magici, gli uomini convivono assieme a creature fantastiche come fate, troll e draghi. Arrowsmith è, quindi, un curioso incrocio tra una tipica storia di guerra e un fantasy, che, sorprendentemente, a dispetto di questa bizzarria, dal punto di vista narrativo funziona benissimo. Merito soprattutto della consueta capacità di Busiek di rendere credibile l’inverosimile, una qualità già evidente in Marvels e Astro City, le due opere in cui il creatore dei Thunderbolts aveva mostrato come apparirebbe la nostra realtà se i supereroi esistessero davvero.

Ma, scenario semi-fiabesco a parte, utile perlopiù a esaltare le doti artistiche di Pacheco, la vicenda si incammina presto sui binari del classico racconto di formazione. Pertanto, la fascinazione di Fletcher per il corpo d’aviazione e la sua genuina voglia di combattere per una giusta causa, rimarranno tali solo fino ai primi scontri con il nemico. Dinanzi agli orrori della guerra, il protagonista perderà in poco tempo la sua innocenza, lasciando inevitabilmente spazio a disillusione e fatalismo. Ciononostante, per non correre il rischio che le tematiche soprannaturali comincino lentamente a stonare in un contesto bellico tradizionale, Busiek, pur sottolineando con forza gli aspetti più sgradevoli del conflitto (la perdita degli amici in battaglia, le carneficine insensate, il cinismo dei comandanti), fa in modo che questi non prendano il sopravvento sui passaggi puramente avventurosi della trama. D’altra parte, l’autore statunitense, sebbene non estraneo a esperimenti di decostruzione abbastanza significativi (ne è una dimostrazione la già citata Astro City), è sempre stato il portavoce di un rinnovamento soft del medium, maggiormente evidente nel linguaggio che nella forma, riuscendo a trasportare il fumetto americano nel nuovo millennio, senza scalfirne minimamente l’essenza. Non è un caso che ogni volta si presenti la necessità di fare una lista dei principali contributi di Busiek alla Nona Arte non ci si dimentichi mai del suo lungo ciclo degli Avengers di fine anni Novanta e primi anni Duemila, realizzato in gran parte con George Pérez, uno dei disegnatori che, assieme a John Byrne e pochi altri, per più di due decenni ha rappresentato il punto di riferimento artistico dei comic book, mostrandosi capace di difenderne i canoni estetici persino nel pieno della rivoluzione operata da Todd McFarlane, Jim Lee e soci, dalla fine degli anni Ottanta in poi.
Arrowsmith segue alla lettera gli stessi dettami e il buon Kurt, libero da vincoli di continuity, ne approfitta anche per dare spazio alle sue grandi abilità affabulatorie, di frequente valorizzate da quei testi freschi e moderni, che caratterizzano costantemente la sua scrittura.

arrowsmith A 2

Come è facile presumere - almeno da chi ha familiarità con lo stile dell’autore andaluso – ritroviamo l’identico mix equilibrato di tradizione e innovazione pure nelle tavole di Pacheco. Quest’ultimo, dopo alcuni lavori iniziali, in cui aveva manifestato chiare influenze nipponiche (al pari di diversi suoi connazionali come Pasqual Ferry e Salvador Larroca, sbarcati negli Stati Uniti all’incirca nel medesimo periodo), ha rapidamente affinato il suo tratto, distinguendosi per eleganza, ricercatezza delle inquadrature - per sua stessa ammissione, di derivazione kirbyana - ricchezza nei dettagli e una definizione delle anatomie che, pur mantenendo una certa morbidezza nelle forme (più simile, però, a quella rintracciabile nei disegni di Alan Davis che al cartoonismo dei manga), lo hanno reso l’artista ideale per Arrowsmith.
Soprattutto nella prima miniserie, Pacheco ci regala parecchie pagine che sono un’autentica gioia per gli occhi, non solo per l’armonia perfetta tra storytelling e cura dei particolari, ma anche per i giochi di ombre, l’espressività dei volti e la scelta dei primi piani di ogni vignetta.

arrowsmith A 3

Come detto, parte di questo si perde nel secondo arco narrativo, dove, in verità, pure il modo di raccontare di Busiek appare più convenzionale e poco propenso a sorprendere i lettori. Ciononostante, se per lo scrittore americano è lecito ipotizzare un normale appannamento, forse dovuto al troppo tempo intercorso tra una miniserie e l’altra, è difficile non pensare, invece, che la performance meno entusiasmante – benché sempre di notevole livello – di Pacheco non sia dipesa dall’avanzare della malattia.
Oltretutto, leggendo i corposi extra del primo volume, nei quali, grazie alla verve creativa dell’amico romanziere Lawrence Watt-Evans, Busiek ci propone la stravagante (e minuziosissima!) storia del mondo alternativa, a cui abbiamo brevemente accennato in precedenza, diventa inevitabile fantasticare sulle infinite meraviglie che il maestro spagnolo avrebbe potuto offrirci, messo di fronte alla possibilità di rappresentare altre epoche, di immaginare città leggendarie e di dare forma a tanti nuovi personaggi.
La speranza, ora, è che, se mai si deciderà di portare avanti le avventure di Arrowsmith, lo si faccia scegliendo un disegnatore all’altezza del suo illustre e sfortunato predecessore.

Leggi tutto...

Addio al fumettista Carlos Pacheco

  • Pubblicato in News

Un nuovo e grave lutto colpisce il mondo del fumetto. Ci ha lasciati Carlos Pacheco, noto disegnatore spagnolo famoso per i suoi lavori in Marvel e in DC. L'artista aveva 60 anni.

Pacheco aveva annunciato lo scorso settembre sui suoi social di essere affetto da sclerosi laterale amiotrofica (SLA).
Pacheco, che ha lavorato su personaggi come Superman, Capitan America, Lanterna Verde e Fantastici 4, si era ritirato dall'attività professionale lo scorso aprile e la scorsa settimana ha ricevuto il premio alla carriera professionale assegnato dall'Associazione degli autori di fumetti spagnoli (AACE).
Dopo oltre 30 anni di carriera, l'autore si era preso ad aprile "un anno sabbatico" per riprendersi dai suoi problemi di salute, ma a settembre aveva riportato una paralisi alla gamba destra che lo ha portato a scoprire di essere affetto da SLA.
 
Appassionato di fumetti fin da giovanissimo, ha iniziato a lavorare in pubblicazioni spagnole mentre studiava biologia a Siviglia. Dopo aver vinto diversi premi come dilettante, ha iniziato come professionista presso Planeta Da Agostini realizzando adattamenti per la Spagna copertine, poster e illustrazioni di fumetti pubblicati negli Stati Uniti dalla Marvel. Nel 1993 si fece notare su Dark Guard di Marvel UK, passando poi a lavorare in USA su The Flash per la DC Comics e poi per Fantastic Four e Avengers Forever. Nel 2002 firma un contratto in esclusiva con la DC Comics e nel 2009 per la Marvel, lavorando a tutti i loro personaggi principali. Insieme allo sceneggiatore Kurt Busiek nel 2009 dà vita alla serie Arrowsmith per l'etichetta Wildstorm della Image Comics.

Leggi tutto...

La Marvel diffonde nuove immagini per Heroes Reborn

  • Pubblicato in News

Come vi abbiamo riportato qualche giorno fa, la Marvel ha annunciato una iniziativa chiamata "Heroes Reborn", che rimanda a quella "Rinascita degli Eroi" avvenuta 25 anni fa per mano di autori quali Jim Lee, Rob Liefeld e Jeph Loeb. Sebbene non siano stati diffusi ulteriori dettagli, se non un teaser con la domanda "Che fine hanno fatto gli eroi più potenti della Terra?", ora la casa editrice ha mostrato 8 immagini teaser, realizzate da Carlos Pacheco, che mostrano una sorta di mash-up di noti personaggi.

Anche in questo caso, le informazioni note sono poche. Quello che sappiamo è che l'evento arriverà dopo la fine del'attuale run degli Avengers "Enter the Phoenix".

Potete vedere le immagini diffuse qui di seguito.

heroes reborn 1

heroes reborn 2

heroes reborn 3

heroes reborn 4

heroes reborn 5

heroes reborn 6

heroes reborn 7

heroes reborn 8

Leggi tutto...

La Vita di Capitan Marvel, recensione: le origini segrete di Carol Danvers

61RWfX-mh4L

a

A proposito della morte e di come viene rappresentata nell’Universo Marvel, il compianto Stan Lee era solito dire che nei fumetti della Casa delle Idee l’Aldilà ha le porte girevoli: in più di cinquant’anni di pubblicazioni un trapasso e una resurrezione ad effetto non sono stati negati a nessuno dei principali eroi dell’editore. Con una sola eccezione, a dire la verità: Capitan Marvel, ovvero il Capitano Mar-vell del guerrafondaio Impero Kree, da lui rinnegato per diventare un difensore della Terra. La morte di Mar-Vell venne narrata da Jim Starlin nell'indimenticabile La Morte di Capitan Marvel, opera che inaugurò nel 1982 la linea di Graphic Novel dell’editore. Il più nobile e cosmico degli eroi Marvel incontrava una fine molto terrena, ucciso da un cancro causatogli dall’esposizione a dei gas tossici durante lo scontro col villain Nitro. Il lirismo conferito alla storia da Starlin la fece diventare un classico, che nessuno volle mai vanificare col ritorno tra i vivi di Mar-Vell. Ciò nonostante, l’universo Marvel aveva ancora bisogno di un Capitano.

Il titolo non restò vacante a lungo: già pochi mesi dopo Roger Stern e John Romita JR facevano debuttare una nuova Capitan Marvel, Monica Rambeau, in Amazing Spider-Man Annual 16. Questo nuovo capitano non aveva alcun legame col precedente e nonostante il tentativo di Stern di accompagnarla in un percorso di crescita facendola diventare prima membro e poi guida degli Avengers, il personaggio non incontrò mai il pieno gradimento del pubblico.

life-cap-m-1

Un tentativo venne fatto con Genis-Vell, figlio di Mar-Vell concepito dalla di lui consorte Elysius grazie all’estrazione del DNA del Capitano, ma nonostante un ruolo di protagonista nel classico moderno Avengers Forever del 1999 e un ottimo ciclo scritto per la sua testata da Peter David, l’interesse intorno al personaggio scemò molto presto. All’inizio del decennio in corso, la Marvel decise di far coincidere la ricerca di un nuovo e autorevole Capitan Marvel con la definitiva maturazione di un personaggio già esistente e molto amato dai lettori: Ms. Marvel.

Le origini dell’eroina erano legate a Mar-Vell: la sua reale identità era quella di Carol Danvers, maggiore dell’aeronautica che era rimasta ferita durante uno scontro tra il Capitano e il suo grande nemico Yon-Rogg. Lo scoppio di un dispositivo Kree la travolse, e l’enorme quantità di energia liberata ne modificò la struttura genetica, rendendola a tutti gli effetti un ibrido tra Kree e essere umano. Dotata di poteri e di un costume simili a quelli del Capitano, Carol assunse l’identità di Ms. Marvel, entrando dopo poco tempo anche negli Avengers. Da questo momento in poi gli sceneggiatori Marvel non hanno lesinato nel concepire traversie per la povera Carol, per l’elenco delle quali vi rimandiamo a futuri approfondimenti. Durante l’evento Avengers Vs X-Men, Carol decise di mettere per sempre da parte un lungo periodo buio della sua vita, culminato con l’alcolismo, e di onorare la memoria di Mar-Vell raccogliendone l’eredità. La vera decisione, in realtà, era stata presa dalla Casa delle Idee, decisa a dotarsi di un personaggio femminile potente e iconico come la Wonder Woman della rivale DC, tuttavia la mossa ben si sposava con la definitiva crescita del character. Inoltre, era apprezzabile la mossa di conferire ad una donna il ruolo di personaggio portabandiera dell’editore stesso, a partire dal nome.

life-cap-m-2

Carol ha però faticato ad imporsi nella sua nuova identità, visto che dal 2012 è stata protagonista di ben 4 testate a suo nome, tutte dalla vita effimera, nonostante la bontà dei nomi coinvolti (tra gli altri, Kelly Sue DeConnick e Margareth Stohl ai testi e ottimi artisti come David Lopez, Kris Anka e Ramon Rosanas alle matite). Prima di lanciare la quinta serie a lei dedicata, tutt’ora in corso, la Marvel ha deciso di tirare le somme dell’esperienza di Carol come “Capitano” con La Vita di Capitan Marvel. La miniserie, che riecheggia il titolo della raccolta del celeberrimo ciclo di Jim Stalin dedicato a Mar-Vell negli anni ’70, vuole essere il punto di arrivo delle precedenti esperienze editoriali che hanno visto Carol Danvers nei panni del Capitano e, allo stesso tempo, un nuovo starting point per le future iniziative a lei dedicate dopo il felice e commercialmente proficuo esordio sul grande schermo.

Ai testi ritorna Margaret Stohl che, molto più che nei numeri da lei scritti per la serie regolare di Captain Marvel, può giustificare il credito ottenuto come romanziera: è lei infatti l’autrice del romanzo “young adult” La sedicesima luna, adattato per il cinema nel 2013 col film Beautiful Creatures. Nella trama da lei imbastita, Carol decide di prendersi una pausa dalla sua vita di supereroina per tornare nella casa di famiglia, nel Maine, dopo un attacco di panico che l’ha colpita durante una missione con gli Avengers. Le motivazioni sono probabilmente da ricercare nel suo passato e nel suo rapporto col padre scomparso. Arrivata nel paesino dove è cresciuta, Danvers ritrova la madre e il problematico fratello Joe. Un incidente automobilistico occorso a quest’ultimo e la necessità di assisterlo prolunga a tempo indeterminato la permanenza di Carol dai suoi. Nelle settimane che seguono, Carol rinverrà casualmente delle lettere d’amore che il padre aveva scritto in gioventù ad un’altra donna. Dopo aver chiesto spiegazioni alla madre, quest'ultima rivela alla figlia di essere a conoscenza delle lettere: ma non tutto è come sembra, e alcune rivelazioni successive sul passato della famiglia di Carol getteranno una luce del tutto nuovo tanto sui suoi genitori quanto sulle sue origini di eroina.

life-cap-m-3

Nato dalla necessità aziendale di spingere il personaggio in concomitanza dell’uscita del film a lei dedicato, La Vita di Capitan Marvel si rivale a sorpresa una piacevole lettura, merito della buona verve della Stohl che confeziona una storia intimista, dove i momenti di quiete domestica e di dramma familiare sono ben bilanciati con l’azione prettamente supereroistica: una sorta di I Segreti di Osage County, ma con i superpoteri.

Il comparto grafico vede il ritorno ad ottimi livelli di Carlos Pacheco, la star di classici moderni come il già citato Avengers Forever: dopo un decennio in cui l’artista spagnolo non si era saputo riproporre ai suoi livelli abituali (anche a causa dalla separazione con il fedele collaboratore alle chine Jesus Merino) il disegnatore di X-Men e Fantastic Four consegna tavole di notevole impatto, capaci di imprimere vigore e ritmo al proprio storytelling. I numerosi flashback sono invece affidati al talento indie di Marguerite Sauvage, delle cui tavole Pacheco realizza comunque il layout al fine di mantenere una piacevole continuità stilistica. Le chine di Rafa Fonteriz, il cui tratto delicato ben si sposa con quello di Pacheco, e i colori chiari di Marcio Menyz completano un reparto grafico assolutamente rimarchevole.

Panini Comics propone La Vita di Capitan Marvel nel consueto formato da cartonato soft-touch, confezione ideale per un ottimo prodotto che fa da viatico alla nuova serie dedicata a Carol Danvers, realizzata dal team tutto al femminile composto da Kelly Thompson e Carmen Carnero.

Leggi tutto...
Sottoscrivi questo feed RSS