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BaBao: Supergum!: superpoteri, cicche, cimici ed eroismo, intervista a Laura Guglielmo e Susanna Rumiz

Di Laura Guglielmo vi abbiamo già parlato diverse volte, soprattutto per quanto riguarda il suo ruolo di co-fondatrice dell'etichetta indipendente Attaccapanni Press e tutti i progetti correlati. Quando Bao Publishing ha reso nota la notizia della pubblicazione di un volume da lei scritto sugli incredibili disegni di Susanna Rumiz, non abbiamo potuto far altro che cercare di saperne di più su questa storia. Ne è venuta fuori una piacevole intervista in cui ripercorriamo un po' la formazione di quest'opera e le sue peculiarità, approfondendo un po' la conoscenza delle autrici. Di seguito trovate anche delle immagini del volume, mentre per una corposa anteprima potete recarvi a questo indirizzo.
Qui potete invece trovare la nostra intervista a Caterina Marietti sull'etichetta editoriale BaBao.
Il volume esce oggi nelle principali librerie e fumetterie d'Italia.

SUPERGUM Guglielmo Rumiz BAO 2017

Oggi, 30 novembre, esce in tutta Italia Supergum il vostro primo volume per BAO Publishing, pubblicato sotto l’etichetta BaBao, dedicata ad un pubblico più giovane. Parlateci un po’ di questo libro.

Laura: Supergum è un libro che parla di come anche le capacità all’apparenza più insignificanti possono giocare un ruolo importantissimo, ma per dirlo tira in ballo le cicche, le rapine in gioielleria, i superpoteri, un posto di nome Pieve San Broccolo, una gara di cimici, e un mucchio di altre cose belle. È avventuroso, divertente e nonostante il volume abbia una sua conclusione promette intrighi futuri assai misteriosi.

Susanna: Disegnare Supergum è stato uno spasso. È il mio primo fumetto con così tanti personaggi e soprattutto così tante pagine! Mentre progettavo lo storyboard mi sentivo dentro ad un cartone animato e questo mi ha subito conquistata.

Come nasce la vostra collaborazione?

Laura: La nostra collaborazione è nata… ormai 8 anni fa! Frequentavamo tutte e due la sezione di Illustrazione allo IED Milano, e la nostra indole intrinsecamente orsa ci ha avvicinate. In men che non si dica eravamo impegnate a fare risotti, progettare avventure e fare disegni stupidi sul retro dei biglietti del treno.

Susanna: Finito il triennio a Milano siamo sempre rimaste in contatto e aspettavo solo l’occasione giusta per poter illustrare una storia scritta da Laura!

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L’etichetta BaBAO raccoglie libri dedicati a un pubblico più giovane, ma molto diversi tra loro sia come tematiche che come narrazione. Come si inserisce il vostro volume all’interno di questa collana?

Laura: Mi piace pensare che Supergum sia un volume un po’ “trasversale”, come certe serie animate di Cartoon Network, cioè pensato per poter piacere ai piccoli, che sono il suo pubblico principale, ma adatto ad essere fruito anche da lettori più grandi. Se devo pensare a un libro con un approccio simile all’interno di questa collana è sicuramente la serie di Hilda di Luke Pearson (BAO) di cui sono una fan sfegatata!

Si vociferava che Supergum fosse una trilogia... Cosa potete dirci a riguardo? Ci sono progetti a lungo termine per questa serie?

Laura: I progetti a lungo termine ci sono eccome, e pare proprio che i libri saranno ben cinque...

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Parlateci un po’ della genesi di quest’opera. Come è nata l’idea per questa storia?

Laura: Supergum è una storia che è rimasta nel cassetto per un po’. Susanna mi aveva chiesto una storia breve per un albo illustrato per un altro editore, che alla fine ci ha rifiutato la proposta. A noi la storia piaceva, quindi l’abbiamo tenuta lì. Quando BAO ha pubblicato una call for entries per la collana BaBAO abbiamo pensato di tirarla fuori, spolverarla, riscriverla da capo, darle un abito più carino, tentare la sorte e farla diventare un fumetto. Da storia di 24 tavole a primo volume di una serie ne ha fatta di strada!

Susanna: Esatto, mi avevano chiesto se avevo qualche idea per una storia a tema supereroi. Immediatamente ho mobilitato Laura che dopo nemmeno 24 ore aveva già scritto la primissima bozza di Supergum.

Cosa vi ha portate a scrivere una storia per bambini? Qual è il vostro legame con la narrativa per l’infanzia?

Laura: L’unica cosa che mi porta a scrivere storie per bambini è Susanna che me le chiede. Senza di lei non le scriverei mai. Se lasciata a me stessa, finisco sempre per cacciarci in mezzo almeno 5 accoltellamenti, 90 pagine di intrigo politico, 18 draghi, gli alieni, 6 battaglie campali e per lo meno due o tre morti per magia nera.

Susanna: Lavoro per l’editoria per bambini da diversi anni e vorrei illustrare molti più libri d’avventura, esplorazione e mistero. Il problema è che non sono capace di scrivere, quindi approfitto di Laura che ha sempre una marea di storie fantastiche nel cassetto!

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Quali accortezze avete preso, sia dal punto di vista narrativo che artistico, per la realizzazione di una storia volutamente dedicata ad un pubblico più giovane?

Laura: La cosa su cui mi sono dovuta fare più violenza è stata non perdermi in dettagli inutili, rinforzare la natura lineare della trama e usare un linguaggio quanto più possibile semplice ma accattivante. Non volevo scrivere in maniera artificialmente semplificata, i bambini non sono stupidi e ho idea che se ne accorgano molto facilmente se li tratti come tali, quindi avevo molta paura di cadere in questa trappola: ho fatto del mio meglio per mantenere un ritmo e una lingua che fossero al tempo stesso comodi da seguire ma vivaci.

Una domanda per Susanna Rumiz. Parlando dello stile con cui il fumetto è stato realizzato, si può notare come l’illustrazione e in generale il disegno per l’infanzia si confaccia appieno con la tua produzione tipica. Come sei approdata a questa cifra stilistica? Quale è stato il tuo percorso creativo?

Susanna: All’inizio non avevo le idee molto chiare. Mi piaceva disegnare ma non sapevo come sfruttare questa passione e ancor meno come trasformarla in un lavoro! Da quando ho iniziato a illustrare libri per bambini invece mi sento del tutto nel mio elemento e non riesco ad immaginarmi a fare nient’altro che disegnare storie avventurose e personaggi divertenti. La parte che preferisco in assoluto del mio lavoro è legata al colore: trovare la palette di colori perfetta, cosa che può richiedere dei giorni, ma che dà sempre grossissime soddisfazioni.

A chi consigliate questo volume e quale secondo voi è il target di pubblico perfetto per questo libro?

Laura: Alla gente a cui piace l’azione, che pensa che l’eroismo abbia posto ovunque e sotto qualsiasi forma, e che soprattutto non si tira indietro di fronte all’insormontabile sfida di scovare una cimice più massiccia, implacabile e guerrafondaia di Maciste Attila III.

Ringraziamo le autrici e l'editore per la disponibilità e vi invitiamo caldamente a leggere questa storia.

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Haxa 1, recensione: Il fantasy italiano di Nicolò Pellizzon

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Il futuro è solitamente la sede di fantasie tecnologiche, auto volanti, strumenti straordinari, materiali dalle proprietà incredibili; il passato, al contrario, è il palcoscenico ideale per ambientare le nostre visioni arcane e magiche, tra creature misteriose e cavalieri senza macchia. Eppure esistono alcune opere che fondono questi due elementi contemporaneamente in cui il futuro ipertecnologico si unisce alla magia di avvenimenti inspiegabili e poteri sovraumani; Haxa ne è un altro esempio. L'opera in questione è la nuova fatica di Nicolò Pellizzon per Bao Publishing, di cui il primo dei quattro corposi volumi previsti è già stato da poco pubblicato. Pellizzon lavora da solo a questo grosso progetto, con il solo contributo di Myriam El Assil, assistente alla colorazione, riuscendo a tirare fuori un universo narrativo molto vasto, dai risvolti altrettanto grandiosi per quanto riguarda possibili progetti futuri.

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La vicenda di Haxa prende avvio nel 2035, quando il mondo scopre che la magia è reale. Nell'anno della catastrofe, quando crolla la torre invisibile di al-Hillah che permetteva alla magia di rimanere nascosta, si dispiega agli occhi dei “normali” la verità sul “Haxa”, l'energia arcana presente nel mondo, e sugli Assidi, coloro che la controllano e la incanalano. Insieme a questa nuova consapevolezza, il mondo scopre anche di una guerra tra due fazioni: coloro che controllano gli elementi (Alchemici), riuniti in una società paramilitare e ben strutturata, e gli evocatori di creature (Goetiani), bande di terroristi il cui scopo non è chiaro. Il clima di tensione si ripercuote sulla popolazione di Ellidi (i privi di potere), che, terrorizzati dalla magia, si armano per proteggersi dai poteri degli evocatori grazie a una polizia speciale. Quasi un secolo dopo dal crollo della Torre, la protagonista Sophie si innesta in questo ambiente, alla ricerca di un'identità dopo essere fuggita da scuola per aver scoperto di possedere anch'ella dei poteri misteriosi, diversi da entrambi i tipi conosciuti; insieme a lei un gruppo di ragazzi rinnegati in grado di controllare sia l'arte degli elementi che quella dell'evocazione, disorientando i vertici dei clan alchemici.

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La protagonista si muove in questo modo tra i misteri di una esistenza a lei del tutto nuova, attraverso una trasformazione del personaggio a caccia di risposte sul proprio ruolo nel mondo. A ciò si innesta un ricorrente riferimento alle tematiche del diverso, dell'integrazione delle minoranze, riferite alla diffidenza degli Ellidi verso i maghi. Sebbene Sophie non risulti particolarmente interessante come personaggio, l'autore riesce a creare alcuni comprimari molto riusciti e caratterizzati, in un cast davvero vasto che si muove con lo scopo di scoprire la verità sulla magia che i clan alchemici tengono celata.

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Il mondo che Pellizzon immagina è così articolato che risulta difficile trovare tutte le fonti di ispirazione utilizzate. La terra in cui si muovono i personaggi, la mittle Europa e i paesi baltici e scandinavi, nonostante sia caratterizzata da visioni di futuro tecnologico, sembra una landa inospitale da saga fantasy, con foreste e montagne da valicare, templi nascosti e fortezze da conquistare. Perfino le città, in tutto simili a quelle odierne, danno l'impressione di metropoli ai confini delle terre selvagge, un luogo di frontiera tra la foresta tipicamente magica e il mondo dei non dotati fatto di tecnologia; come se ci si aspettasse di trovare tra i cunicoli un mondo sotterraneo anch'esso popolato da creature straordinarie.

La colorazione delle tavole di Pellizzon risulta ben azzeccata grazie alle tinte psichedeliche, con toni piatti e corposi; il tutto rende l'ambientazione molto immersiva, soprattutto nelle zone scure, in cui risultano predominanti il viola, il rosso e il giallo. Il tratto dell'autore ne risulta però inficiato, rendendo non semplice la comprensione di alcuni passaggi dinamici; a ciò si aggiunge una non sempre ottima gestione dei dialoghi, spesso non troppo chiari da capire se non con una lettura molto attenta a più passaggi. La trama, pressoché lineare, è arricchita da parecchi particolari che richiedono una certa concentrazione per essere colti, anche a causa di un'insufficiente conoscenza dell'universo narrativo che si va a rivelare al lettore a mano a mano; a uscirne vincitrice è la regia, che Pellizzon sapientemente giostra grazie ad una narrazione efficacie.

L'universo di Haxa è in definitiva molto interessante, sebbene richieda qualche messa a punto che sicuramente non mancherà di arrivare con il proseguimento della serie.

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La giusta mezura, recensione: il risveglio dalla stasi affettiva secondo Flavia Biondi

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Dopo la pubblicazione due anni fa del suo primo graphic novel targato Bao Publishing, intitolato La generazione - da poco stampato anche oltreoceano grazie a Lion Forge - la fumettista toscana Flavia Biondi torna con un nuovo romanzo a fumetti, La giusta mezura, da più parti indicato come uno dei titoli più interessanti dell’anno. Abbiamo già voluto approfondire di recente la genesi di questo volume, cercando di capire al meglio cosa rappresenti per la sua autrice con un’intervista dedicata. Ora però vogliamo parlarvi di cosa ha significato per noi la lettura di quest’opera, confermando quindi da parte nostra le voci riguardanti la bellezza di questo titolo.

Come già visto sulle pagine de La generazione, Flavia Biondi riesce a parlare alle persone di se stesse, a narrare vicende umane senza renderle clinici casi di studio o plateali cliché: riesce a costruire un’impalcatura solida seppur flessibile, tessendo fibre narrative vivide e consistenti - linfatiche - che donano sostanza alla forma, con cui intreccia dei drammi umani incantevoli e splendidamente dolorosi, così intrisi di emozioni e sentimenti da risultare inevitabilmente folgoranti.

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L’autrice ci fa entrare così in uno spaccato di vita di coppia, quella di Mia e Manuel, due giovani sulla soglia dei trent’anni che si ritrovano a fare i conti con le insoddisfazioni della vita, con l’incepparsi dei meccanismi sociali e l’arrugginirsi della ruotine, in quei periodi di stasi, che ciclicamente tornano, e che più passa il tempo e più ci mettono alla prova, con difficoltà crescenti accompagnate da una nostra capacità di risposta sempre più indebolita dalla fatica spesa per ciò che si è conquistato, magra consolazione rispetto alle giovani ambizioni, a cui ci si aggrappa disperatamente pur di non perderlo. E questo vale sia a livello lavorativo, che sociale e che, come in questo caso, amoroso. Ci troviamo difatti immersi in una di quelle singolari -eppure così comuni- derive sentimentali a cui si va incontro dopo un periodo di quiete emotiva. La Biondi ci mostra il pericolo insito nella stazionarietà, la possibile instabilità di un equilibrio dato per scontato ma che si mostra essere solo un massimo locale di una vasta fluttuazione non nota nella sua interezza. E cosa succede quando una minima perturbazione sconvolge una routine formale e viziata? Quando ci si ritrova a fare i conti con quello che si ha invece che con quello che si vorrebbe?

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Biondi parte come suo consueto da storie piccole, di periferia, comuni, per arrivare a parlare in modo universale alla gente dell’”umana gente”, per rimanere in tema di “mezura” stilnovistica. La bellezza più grande di questo libro sta nel fatto che si percepisce intensamente il desiderio dell’autrice nel voler raccontare questa storia, nel volerla mettere su carta e darle una vita, per parlarci di quei momenti che non sono frequentemente celebrati perché solo di transizione, non facilmente vendibili come inerti o edulcorabili: la fumettista ci consiglia di non rifuggire i nostri sentimenti, di affrontare ogni sfida, anche quella apparentemente più banale e piccola, senza mai sottrarsi al confronto, senza mai lasciar accumulare e sedimentare l’insoddisfazione, o anche i più piccoli screzi possono trasformarsi in crepe insanabili, perché ciò che crea uno squilibrio genera anche un movimento, direbbe Cyril Pedrosa.

La giusta mezura è una storia sul fare i conti con se stessi, una storia su quando ci si ferma, anche solo per un attimo, a tirare le somme della propria vita, rendendosi conto che il tempo passa per davvero anche se non ce ne accorgiamo, anche se tentiamo di opporci, e che quanto fatto fino a quel punto ci definisce, in un modo o nell’altro. Si prende ciò che è rimasto tra le mani, cercando di ricomporlo e di ricostruire il percorso che ci ha portati dove siamo, senza grande successo però, perché non si prestava poi così tanta attenzione al processo stesso mentre lo si compieva.

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Mia, la protagonista di questa personale evoluzione sentimentale parte da questo status quo, e metterà in discussione tutto ciò che ha realizzato per approdare ad una nuova coscienza, a ritagliarsi un nuovo posto nel mondo, a trovare il migliore incastro, il compromesso meno doloroso, ma dovrà farlo da sola, in fin dei conti. Le persone possono capirsi solo fino ad un certo punto: ci sono dei passi che devono essere compiuti singolarmente, delle strade che devono essere percorse, anche se accidentate, senza nessuno al proprio fianco. Spesso le scelte vanno prese da soli, ma la fortuna sta nel poterne affrontare le conseguenze supportati da altri.

Dal punto di vista artistico ritroviamo lo stile caratteristico dell’autrice, sempre in equilibrio tra il morbido e il ruvido, affinato rispetto alle sue precedenti versioni, accompagnato dalla squisitezza del layout di pagina adottato, mutevole, cangiante, mai ripetitivo, adornato da soluzioni più tecniche e sequenziali alternate a splendidi virtuosismi che fluidificano la pagina, spezzano i confini delle vignette amalgamandole, assecondando alla perfezione i ritmi narrativi con quelli grafici, che vengono opportunamente modulati in un gioco di armonica complicità.

La giusta mezura è quindi una delle storie più umane pubblicate in Italia negli ultimi anni, impreziosita da un’edizione Bao Publishing di grande gusto estetico.
La giusta mezura è, senza dubbio, l’opera che consacra definitivamente e insindacabilmente Flavia Biondi come una delle migliori autrici complete contemporanee.

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Affrontare l'infelicità affettiva trovando La giusta mezura, intervista a Flavia Biondi

Tra le novità in arrivo a Lucca Comics & Games 2017, di certo uno dei volumi più attesi è La giusta mezura di Flavia Biondi, il nuovo lavoro targato Bao Publishing di una delle autrici più valide del panorama fumettistico italiano contemporaneo. Dopo l'ottima prova de La generazione, di recente sbarcato anche oltreoceano per Lion Forge ottenendo subito ottimi consensi, l'attesa per quest'opera così highly anticipated è alta e non potevamo quindi farci mancare un'intervista a riguardo. Di seguito quindi trovate le risposte dell'autrice alle nostre domande di approfondimento. Ricordiamo che abbiamo già intervistato Flavia Biondi in occasione dell'uscita di una sua storia recente per l'antologia erotica Melagrana di Attaccapanni Press.

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Bentornata su Comicus!
Partiamo innanzitutto dal titolo: perchè La giusta mezura? Puoi raccontarci almeno per sommi capi la trama del libro?

Alla soglia dei trent'anni Manuel e Mia, i protagonisti della storia, vivono insieme ad altre persone in un tipico appartamento sovraffollato di Bologna. Mentre Manuel scrive un romanzo a puntate sull'amor cortese, Mia si sente soffocata dal lavoro e dalla loro relazione. Inizia così a soppesare gli anni passati, gli obbiettivi mancati e a scontrarsi con la loro differente concezione del loro futuro di coppia. Sente di dover cambiare qualcosa ma non sa da dove cominciare.
Il titolo è appunto un riferimento all'amor cortese, una concezione filosofica e letteraria basata sul costante conflitto fra il desiderio e la tensione spirituale degli amanti, la Mezura era il termine usato per indicare la giusta distanza tra la sofferenza e l'esaltazione. La ricerca costante di un equilibrio.

Questo tuo nuovo volume è già stato definito da più parti il tuo libro migliore. Spiegaci come è nato e come si inserisce all'interno della tua produzione. Da quanto tempo ci lavori? Cosa ha dato origine alla storia?

Nelle storie che ho scritto fino ad oggi c'è sempre stata una parte in cui i protagonisti parlavano della propria vita affettiva, ma è sempre stato un elemento di accompagnamento della storia principale.
Quando ho iniziato a pensare a questo libro, circa un anno e mezzo fa, ero partita da un'idea abbastanza semplice, ovvero che la relazione fra i personaggi stavolta dovesse essere al centro della vicenda.

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Recentemente hai dichiarato, riguardo a quest'opera: "Quello che so per certo è che è stata per me in assoluto la storia più difficile da scrivere e non so ancora cosa ne sia venuto fuori". Cosa intendi quando parli di difficoltà nello scrivere questa storia? Cosa rappresenta per te La giusta mezura?

Quando inizio a scrivere una storia, lunga o breve, inizio sempre dal finale. Penso a quello che nel mio piccolo voglio esprimere e lavoro a ritroso per costruire un percorso che porti a quel concetto.
Stavolta non sapevo esattamente dove volevo arrivare. Non avevo concetti.
Volevo parlare d'amore, ma non di innamoramento. Volevo raccontare di due persone che stanno insieme da diversi anni e che si trovano ad affrontare la vita di coppia senza l'enfasi iniziale dell'innamoramento, scontrandosi con la crescita, con la reciprocità dei difetti, con la quotidianità e con le aspettative di chi li circonda. Volevo che la storia parlasse di qualcosa di cui si sente parlare solo quando le storie finiscono: dell'infelicità, che spesso ci accompagna anche negli amori più grandi e che ci sembra un difetto da non ammettere.
Volevo scrivere di un sacco di cose ma, te lo dico ridendoci su, ancora non so di preciso cosa sono riuscita a fare.

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In una vecchia intervista ci hai parlato del tuo "tratto rude" e poco adatto alla rappresentazione di figure femminili, che hai dovuto ammorbidire con considerevole labor lime. Come ti sei trovata ad affrontare questo scoglio per la realizzazione di un libro intero in cui una dei due protagonisti è una donna?

Per quanto la storia parli di entrambi i personaggi, la protagonista della vicenda è senz'altro Mia. Questo per me graficamente è stato un bello scoglio visto che mediamente disegno degli orsoni pelosi. Per rendere godibile visivamente un personaggio femminile si tende ad abbellirlo, lavorando sulle caratteristiche più o meno stereotipate che si hanno dell'immagine femminile. Io volevo che Mia fosse caruccia, ma non bellissima. Quindi per me disegnarla è stata una faticaccia ma alla fine rispecchia abbastanza l'idea che avevo di lei.

Come nasce una tavola di Flavia Biondi? Hai lavorato in digitale o in tradizionale per questo volume?

Una tavola mia nasce in modo contorto e poco funzionale a dire il vero. Ho sempre lavorato con tecniche tradizionali e sto passando nell'ultimo anno al digitale, ma non riesco a rinunciare ad inchiostrare con i pennelli-pennelli. Le brush-pen a dire il vero.
Quindi faccio “le matite” in digitale, le stampo e le inchiostro. Poi scansiono e faccio le mezzetinte. Probabilmente se facessi tutto in digitale ottimizzerei di più le tempistiche.

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Infine, la scelta della bicromia come ha avuto origine?

Mi sono innamorata della bicromia de E La chiamano estate di Jillian e Mariko Tamaki, volevo provare a fare un qualcosa di simile.

Di seguito trovate una foto dell'edizione Bao Publishing del volume ultimato.

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Ringraziamo l'autrice per la disponibilità e vi consigliamo di acquistare il volume in anteprima allo stand Bao a Lucca Comics. Qui trovate il link all'anteprima.

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