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Speciale Estate 2007: Fumetti Italiani/Bande Dessinée


Fumetti Italiani:
Bonny-Ed: Io odio Halloween!
Dylan Dog Color Fest 1
Dragonero
Leo Pulp 3
P-HPC

Bande Dessinée:
Angela
Morgana


Fumetti Italiani

BONNY-ED: Io odio Halloween! (reload)
(Inked Proud Action, www.inked.it, brossurato, 72 pagine in b/n, € 6,00) testi e disegni di Ed!

Le strisce umoristiche.
Per essere funzionali hanno bisogno di alcuni elementi fondamentali: dei personaggi immediati e riconoscibili, delle battute che facciano ridere e una morale di fondo per rimanere impresse.

Ed! riesce nell'intento di creare una coppia di personaggi che già dalla caratterizzazione visiva rendono perfettamente: un ragazzo con la testa a teschio e uno con la testa di zucca. Li pone in una situazione presente e quotidiana in cui stanno vivendo il classico periodo adolescenziale, tra scuola, bulli e amori assoluti, e infarcisce il tutto di un umorismo pungente e dissacrante con punte demenziali e surreali in un buon mix finale.

Soprattutto ha la capacità di farci parteggiare per questo “freak” che rappresenta l'emblema del solito alternativo un po' sfigato in cerca di uno slancio, ma che sotto sotto è un sognatore malinconico che si rende perfettamente conto della situazione in cui si trova, cercando di uscirne e di conquistare l'amore inarrivabile.

Se invece tutta questa digressione non vi ha convinto, beh… potete sempre recuperarlo per farvi una risata dopo l'altra!

Andrea Gadaldi

Dylan Dog Color Fest 1
(Sergio Bonelli Editore, brossurato, 132 pagine a colori, € 4,80) testi Giovanni Gualdoni, Roberto Recchioni, Tito Faraci e Giovanni Di Gregorio, disegni di Bruno Brindisi, Massimo Carnevale, Davide Gianfelice e Giampiero Casertano, colori Studio Tenderini e Massimo Carnevale

Dylan Dog Color Fest 1Dylan Dog Color Fest 1 è arrivato puntuale, proprio quando c’era da aspettarselo, proprio quando i tempi si sono fatti maturi. Negli anni le tecniche di colorazione si sono vistosamente affinate, e la Bonelli, tra una politica delle miniserie sempre più avviata e l’introduzione dei romanzi a fumetti, sembra sempre più propensa a nuove sperimentazioni editoriali. Il risultato, come evidenziato nell'analisi sotto esposta, è una proposta particolarmente riuscita, anche grazie alla potenza narrativa di storie brevi che non sembrano quasi mai soffocare e ad una cover d’eccezione a opera di Gabriele Dell’Otto.


Alice in Wonderland - testi di Giovanni Gualdoni e disegni di Bruno Brindisi

Dylan in Wonderland vede protagonista il piccolo Dylan legato da una profonda amicizia con Alice, una bambina vivace ma afflitta da una grave malattia. La purezza di questa amicizia è tale che un distacco, soprattutto se permanente e traumatico, porta Dylan a rifugiarsi in un mondo fantastico, dove la realtà prende le sembianze di un Uomo Nero.

Wonderland è un posto meraviglioso quanto terribile perché si nutre dei nostri stati d’animo, delle nostre grandezze e delle nostre fobie, una raffigurazione per immagini di ciò che è astratto. Alice in questo mondo diventa l’altra parte di Dylan, la parte che incita alla gioia, alla fantasia, la parte sicura di sé, quella che non possiamo essere o che non siamo e che ci prende per mano per condurci lontano dagli orrori della vita. Ma, come ogni fantasia, anche Wonderland è costretta a fare i conti con la realtà prima o poi e, come un castello di sabbia si dissolve al vento, ecco che questo mondo fantastico svanisce e, aperti gli occhi, siamo costretti a rapportarci con la realtà.

Giovanni Gualdoni e Bruno Brindisi hanno l’ingrato compito di aprire questa nuova e attesissima testata Bonelli e lo fanno con una storia tenera, basata sull’idea, abbastanza abusata, dell’interazione dei sogni con la realtà, tuttavia sviluppata con disinvoltura dallo sceneggiatore abilmente supportato dalle matite di Brindisi (non certo aiutato da una colorazione che renda giustizia alle sue tavole), come sempre una garanzia per l’indagatore dell’incubo.

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Fuori Tempo Massimo - testi di Roberto Recchioni e disegni di Massimo Carnevale

Non ci sono più i maniaci di una volta. E' questo che sembra volerci dire Roberto Recchioni nella sua "prima volta" con Dylan Dog. In realtà una scappatella tra i due c'era già stata, su John Doe 28, quando un cacciatore di mostri di nome Dustin Dark si lasciava andare ad una maldestra decostruzione della figura del mostro.

Ed è proprio su tale figura, e sulla sua apparente perdita di significato, che è costruito questo piccolo gioiello della mitologia dylaniana. La mano dello sceneggiatore romano, molto ben visibile, ci regala un susseguirsi di citazioni da B-movie e da musica rock/metal anni '80, a metà tra l'horror ed il grottesco, che è anche un grande divertissement sulla continuity recchioniana.
L’amore per il personaggio, e per il lavoro di Tiziano Sclavi, sono chiari dal modo in cui ogni tic della serie viene utilizzato come un balocco agognato da lungo tempo.

Massimo Carnevale fa esplodere di luci ed ombre un mondo dove i mostri fanno paura per davvero, in trentadue pagine di puro godimento visivo che da sole valgono l'intera spesa dell'albo.

La storia più riuscita, rivoluzionaria ed al tempo stesso classica dell’albo. Dio solo sa come Recchioni sia riuscito a farla passare per buona ma ci auguriamo che sia solo la prima di molte.

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L'Accalappiasogni - testi di Tito Faraci e disegni di Davide Gianfelice

Quello tra sogno e realtà è un confine piuttosto labile. Lo sa bene Tito Faraci, che ne L’Accalappiasogni s’impadronisce di questo assioma per raccontare una storia aderente a quello che pare essere il filo conduttore del volume, vale a dire una certa nostalgia per i tempi andati.

Alla penna di uno dei più eclettici sceneggiatori italiani si affiancano le matite di Davide Gianfelice, sicuramente le meno generose a livello di dettagli, ma senza dubbio le più idonee a illustrare una vicenda che a tratti necessita di uno stile incline al cartoonesco.

In linea con gli altri sceneggiatori, Faraci sembra infatti voler ricreare la spensieratezza di un periodo in cui tutto era più facile, in cui la potenza immaginifica sovrastava il cinico raziocinio dell’età adulta. E’ anche per questo che le didascalie tentano di trasformare Dylan Dog in una sorta di fiabesco cavaliere che difende a spada tratta i sogni di chi ancora può permettersene il lusso. Ed è così che quel labile confine si assottiglia ancora di più, quando gli "amici immaginari" escono dai meandri della fantasia per trovare concretezza nella realtà.

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Il vampiro dei colori - testi di Giovanni Di Gregorio e disegni di Giampiero Casertano

Avvicinarsi ad una storia autoconclusiva di 32 pagine di Dylan Dog, per chi come me non è un fan agguerrito del genere, può destare qualche perplessità, soprattutto quando la storia in questione si intitola il Vampiro Dei Colori.
Le prime pagine poi confermano la perplessità iniziale descrivendo l’indagine di Dylan circa un vampiro che, invece di succhiare sangue, succhia i colori alla gente. Certo, la trovata è funzionale al formato dell’albo, però non può che lasciare interdetti.
E quando alla porta di Dylan si presenta una bella ragazza (guarda un po’!) anch’essa, passatemi il termine, colorvampirizzata, la perplessità si fa scontento.

Peccato non aver dato fiducia a Giovanni Di Gregorio. L’indagine di Dylan infatti continua ed il finale a sorpresa getta una luce nuova su tutta la vicenda. Certo, è un finale, passatemi anche questo termine, molto Dylandoghiano, però fornisce un senso ed un minimo spessore alla storia.

Lo stesso giudizio vale per i disegni di Giampiero Casertano: non ad un livello super come probabilmente ci si aspetterebbe ma comunque godibili.

In definitiva non un capolavoro ma una storia che si fa leggere con piacere.

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Sotto un titolo da brividi (nel vero senso della parola) si nasconde quindi una testata interessante sia per le proposte che per la pregevole confezione. Le quattro storie, tutte almeno al di sopra della media, ci dimostrano che Dylan Dog ha ancora molto da dare al fumetto italiano se messo in mano agli autori giusti. Un albo coraggioso e sperimentale molto più di quanto non sia il mensile, forse troppo fossilizzato sull'autoreferenzialità, dove sia l'horror splatter che quello più romantico trovano spazio amalgamandosi grazie alla scelta del colore. Un buon banco di prova per tante nuove voci nell'immaginario di Dylan Dog, sperando che questa ventata di freschezza arrivi anche sulla serie regolare.

La Redazione di ComicUs.it

Dragonero (Sergio Bonelli Editore, brossurato, 296 pagine in b/n, € 8,00) testi di Luca Enoch e Stefano Vietti, disegni di Giuseppe Matteoni

DragoneroLa nuova scommessa della Bonelli si chiama “Romanzi a fumetti”: esce annualmente, nel periodo estivo, e presenta storie complete, slegate dai classici personaggi della casa editrice.

Nel primo numero entriamo nel mondo fantasy di Dragonero:
“Al di là delle terre dell’Impero, l’Antico Divieto, il sigillo che incatena i terribili Abomini nel loro mondo oscuro, sta per cedere..
Toccherà al classico gruppo di eroi combattere tale minaccia: il protagonista Ian, guerriero appartenente alla famiglia degli ‘uccisori di draghi’; il suo amico orco Gmor; il vecchio mago Alben; la monaca guerriera Ecuba; la tecnocrate Myrva e l’elfa dei boschi Sera”.

Gli autori, Luca Enoch e Stefano Vietti ai testi e Giuseppe Matteoni ai disegni, hanno impiegato più di tre anni per portare a compimento questo progetto, ed il lavoro fatto per costruire il mondo immaginario di Dragonero è estremamente accurato.
Nulla è stato lasciato al caso: le varie ambientazioni, pur essendo parecchio diverse tra loro, si amalgamano perfettamente rendendone credibile l’esistenza, e i personaggi hanno un notevole spessore, arricchito anche dai numerosi flashback che ne aumentano il background.
Dopo poche pagine dall’inizio non si può fare a meno di immergersi completamente in questa fantastica ambientazione che sembrerà subito familiare, proprio perché, nella fase di creazione, si è pescato a piene mani da quello che è la letteratura popolare fantasy.

Ogni capitolo è introdotto da una bella ed articolata mappa, che funge anche da pausa narrativa, tra un evento e l’altro della trama.
Proprio nella storia, risiede, però, la principale pecca del volume.
Alcuni personaggi, specie Ecuba, non sono utilizzati adeguatamente e la trama non riserva mai grandi sorprese, ricalcando invece strutture già viste in mille altre saghe fantastiche.
Manca la voglia di “osare” di più, lasciando da parte i soliti sentieri percorsi già innumerevoli volte da altri, per inoltrarsi in nuove strade e nuove storie.

Non si può, però, parlare di ennesima occasione mancata.

Ci troviamo di fronte ad un volume Bonelli, sicuramente pensato per essere il più popolare possibile; già l’aver puntato sul fantasy per il “varo” di un nuovo formato editoriale, è una decisione che comporta un certo rischio, specie considerando che, questo genere, non ha mai avuto fortuna nel mercato editoriale fumettistico nostrano.

Il mondo creato dai tre autori ha solide fondamenta, e le basi per future e nuove avventure ci sono: peccato non si siano sviluppate in maniera migliore già da ora!

Se siete a caccia di assolute novità, quindi, rimarrete delusi; se però non ne avete mai abbastanza di draghi, guerrieri, maghi et similia, e siete disposti a sorvolare sull’originalità della trama a favore di un paio d’ore di sano intrattenimento… allora comprate Dragonero ed entrate nel mondo di “Ian figlio di Aràn, della casata degli Uccisori di Draghi”.

Cris Tridello

Leo Pulp n. 3 - Il caso della magnolia rossa
Leo Pulp n. 3 - Il caso della magnolia rossa (Sergio Bonelli Editore, brossurato, 94 pagine a colori, € 4,50) testi di Claudio Nizzi, disegni di Massimo Bonfatti e Cesare Buffagni

Leo Pulp n. 3 - Il caso della magnolia rossaFa un caldo boia nella città degli angeli. Quel caldo umido che fiacca lo spirito dell'uomo comune ma non quello del vero duro, col viso contratto in una smorfia enigmatica e la berta sempre pronta a far sentire il suo canto. La radio gracchia il ritrovamento, sulla spiaggia di Malibu, del cadavere di una ragazza segato a metà. La poverina aveva un fiore tatuato sulla spalla, c'è già chi la chiama Magnolia Rossa.

È dal famoso delitto della Dalia Nera, caso tutt'ora irrisolto che ha fatto tremare molte gambe nella Hollywood degli anni '50, che prende forma la terza avventura dell'ultimo vero duro dei fumetti, superstite di un'America in bianco e nero portato in Technicolor dai modenesi Claudio Nizzi e Massimo Bonfatti.

A due anni dall'ultima indagine ritroviamo il capitano Dick, pardon, Nick Tracy, le frittate con pancetta della generosa Norma, la Los Angeles fumosa di Humphrey Bogart e naturalmente lui, Leo Pulp, l'investigatore dallo sguardo di ghiaccio. Sua la voce narrante che ci guida con ironia tra pallottole e donne belle quanto pericolose. Claudio Nizzi conduce con maestria il racconto nei cliché del romanzo hard boiled, trascinando il lettore fino all'ultima pagina di un giallo classico ma mai avaro di colpi di scena e giocando sulle contraddizioni del protagonista tutto d'un pezzo, per strappare una risata anche nelle scene più concitate. L'introspezione di Leo è una maschera, la maschera del duro, che rischia spesso di sbriciolarsi per uno scivolone, un commento di troppo o una pallottola troppo vicina.

Le tavole di Massimo Bonfatti sono tutte da scoprire. Figure a metà tra il realistico ed il caricaturale emergono da vignette ricche di particolari che richiederanno più d'una lettura per esser apprezzate fino in fondo. Il mondo di Leo Pulp vive, al di fuori delle scene principali, di tante piccole storie che lo rendono tridimensionale e, passatemi il termine, magnussiano. Ed è proprio l'opera di Magnus, che gli autori conservano senz'altro sul comodino, che si respira tra le pagine di questo piccolo gioiello noir.

Peccato che, a quanto pare, questa sarà l'ultima avventura di Leo Pulp, almeno per Sergio Bonelli Editore. Non è una novità che nell'attuale mercato italiano le serie umoristiche fatichino a trovare il loro pubblico, e non c'è troppo da stupirsene visto che la televisione insegna una comicità fatta di tizi che si suonano le chiappe. Voglio però sperare che, prima o poi, qualcuno riscoprirà la breve ma folgorante opera di Nizzi e Bonfatti. Questo stesso mese, intanto, il mensile di Repubblica XL proporrà una storia di quattro pagine in attesa di tempi migliori, che speriamo non tardino a venire.

Davide "Curioso" Morando

P-HPC Post-Human Processing Center (Leopoldo Bloom Editore, brossurato, 128 pagine a colori, € 19,00) testi e disegni di Ausonia

P-HPC Post-Human Processing CenterLe letture in grado di lasciare il segno si contano sulle dita di una mano, e ancora meno sono gli autori capaci di arrivare a tanto. Nonostante ciò, quando la voglia di sperimentare incontra il coraggio editoriale nascono titoli che hanno davvero qualcosa di nuovo da dire. E da dimostrare. P-HPC Post-Human Processing Center nasce proprio da questi presupposti, e il risultato è un libro che sfugge a ogni tentativo di definizione, un’opera che solca il terreno su cui passa, facendo dell’innovazione il suo silenzioso cavallo di battaglia.

Dopo Pinocchio – Storia di un bambino, Ausonia torna con un progetto iniziato nel ‘99 ma pubblicato solo di recente. Un fumetto che non è un fumetto. O meglio, un fumetto che ha superato quei preconcetti che ne impedivano la crescita. Un post-fumetto che parla di post-umanità, giunto in anticipo rispetto alla tabella di marcia del medium stesso.

Gli elementi di novità non vanno cercati tanto nell’idea di fondo, quanto nell’uso che l’autore toscano fa del fumetto in quanto linguaggio, rivelando orizzonti pressoché inediti verso cui potersi avventurare. P-HPC parte infatti da un incipit abbastanza classico, ideale per amalgamare aspetti come l’amore, il disagio giovanile, l’alienazione provocata dal lavoro in fabbrica e quel tema tanto caro alla tradizione cyberpunk quale l’ibridazione tecnorganica compiuta da un’umanità che rinuncia a se stessa con una nuova concezione del corpo. In un futuro prossimo venturo, il Post-Human Processing Center recluta ragazzi e ragazze al fine di trasformarli in autentiche macchine, impiegate come forza lavoro al servizio della nazione. Sarah si sente vuota, priva di stimoli, così decide di offrirsi volontaria e di sottoporsi al processo di “cosificazione”. Uto, il suo ragazzo, ne segue le tracce fino a cadere nella stessa irreversibile scelta.

L’ultima fatica di Ausonia si sviluppa sulla commistione di parole, foto e disegni, elementi elaborati e intersecati senza mai cadere in fastidiose sovrapposizioni. L’effetto è un progressivo senso di soffocamento, uno stato confusionale che pervade il protagonista quanto il lettore. Il meccanismo di identificazione è in questo caso pericoloso e potente. L’immersività di un’opera come P-HPC costringe chi legge a passare rapidamente dal ruolo di spettatore a quello di attore. Dalle pagine trasudano tutte le sensazioni annesse al cambiamento in atto, si arriva quasi a condividere con Uto la confusione dei ricordi, la vista sempre più annebbiata, la percezione di sé sempre più falsata, il contatto con la realtà sempre più distante.

Un altro punto di forza è la struttura del racconto. Dapprima Ausonia viviseziona le singole fasi della trasmutazione di Sarah, per poi passare a quella di Uto per un’analisi ancora più articolata. La sceneggiatura gode di una forte coerenza interna, sorretta da rimandi che si rincorrono sul filo dei ricordi. La memoria dei due ragazzi sembra essere la reale protagonista della vicenda: è proprio sulla base di essa che l’autore ricostruisce gli eventi senza rispettarne pedissequamente la cronologia, amalgamando passato e presente in un unicum straordinariamente omogeneo. E proprio i ricordi figurano tra le prime cose che vengono sottratte ai futuri post-umani, quasi come se Ausonia volesse suggerirci che questi conservino il cuore della nostra umanità.

Ma al di là del significato intrinseco dell’opera, P-HPC ha tutti i crismi per essere definito un possibile passo in avanti sulla scala evolutiva del fumetto. È il risultato di un lavoro che va ben oltre il mero esercizio di stile, un esperimento narrativo più che riuscito, perché capace di rivelarsi una vera e propria esperienza per il lettore, durante la quale il coinvolgimento intellettuale è forte, ma quello emozionale lo è ancora di più.


Bande Dessinée


Angela (Francophone-Edizioni BD, 64 pagine, bianco e nero, € 8,00) testi e disegni di Pacquer&Vatine

AngelaLa BD ci porta in terra transalpina, presentandoci un personaggio che, al di là del nome, di angelico ha davvero ben poco. O almeno così sembrerebbe.
Non storcete il naso: non siamo in presenza dell’ennesima bad girl desiderosa di farsi valere nel mezzo di un polveroso saloon, attorniata da uomini duri di frontiera… lasciate che ci pensi Tarantino a reinventare o riscaldare certi stereotipi.

Angela racconta le peripezie di una ragazza in un far-west concepito e rappresentato dagli autori in modo molto cinematografico.
L’entrata in scena di un personaggio (Jason) proveniente dal passato della madre di Angela scatena una serie di tragici eventi cambiando per sempre la vita della protagonista. Assisteremo alla morte del padre, all’abbandono della sua città natale e del nonno sceriffo. E infine alla riunione con lo stesso Jason.

La vicenda è drammatica e toccante: dietro quegli occhioni dolci si nasconde una ragazzina che ha sofferto molto e che fa fatica a vestire i panni della “dura”. Per carità: quando c’è da assaltare un treno carico di dollari o da uccidere chi le ha fatto un torto non si tira indietro. Alla fine del volume, però, Angela diventerà un personaggio realmente a tutto tondo, prendendo una decisione importante che la nobiliterà. E con una determinazione tale da far impallidire qualsiasi cowboy!
Angela è una storia western a pieno titolo, con tutti gli ingredienti di questo genere tipicamente maschile, ma con un quid in più: un tocco di grinta, di sofferenza e determinazione tutta al femminile che rendono la storia più originale.

I disegni di Vatine sono a dir poco stupendi: un bianco e nero diverso da quello a cui i western di Bonelli&Co. ci hanno abituato nel corso degli anni. Il tratto è molto dinamico, a volte quasi accennato, e comunque sempre attento al dettaglio, come un’instancabile cinepresa impegnata in un continuo alternarsi di campi lunghi e primi piani.

In chiusura del volume, infine, un interessante excursus sulle eroine del fumetto western negli ultimi decenni fino al recentissimo (e italianissimo) Garret.

Che dire… ci piace? Mais oui, mes amis! Vive la France et la band dessinée! Ci piace!

Matteo Mezzanotte


Morgana Vol. 4 (Vittorio Pavesio Edizioni, cartonato, 58 pagine a colori, € 15,99) testi di Mario Alberti e Luca Enoch, disegni di Mario Alberti

Continua l’epopea, magistralmente creata da Mario Alberti e Luca Enoch, incentrata sulle vicende della guerriera Morgana.

Questo quarto volume ci inoltra nella seconda trilogia, già da tempo attesa, e ci fa scoprire cosa accade ai nostri personaggi in seguito alle sconvolgenti circostanze della scorsa puntata. Il capitolo inizia con il recupero della nave Arianna, ormai in avaria nello spazio, da parte degli Spazzini, sorta di sciacalli addetti al recupero di relitti spaziali. La narrazione rallenta concedendoci però nuove rivelazioni.

Poca azione e più patos in questo capitolo più incentrato sul destino riservato al personaggio di Voortt che su Morgana stessa, anche se ormai si capisce decisamente che i destini dei due sono intrecciati e lo saranno fino alla fine. Sempre più corpo prende il personaggio del Rosso che ad ogni capitolo contribuisce con maggior impegno a dipanare le sorti della storia. Rivelazione del caso sono le visioni incentrate su Dario, il vecchio imperatore che era riuscito nel compito di ricostruire il solido e che da questa puntata sembra indissolubilmente legato sia a Morgana che a Voortt.

Il livello grafico del capitolo non smentisce assolutamente la bravura già dimostrata da Alberti nei precedenti capitoli.

Ottima idea l’utile riepilogo storico creato in seconda di copertina che sicuramente aiuta il lettore a ricapitolare la cronologia storica dell’universo narrativo.

Vittorio Candido



Gennaro Costanzo
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