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L'Arte di Vittorio Giardino

di Francesco Farru

Si chiama Mastro de Paya – Max Fridman, ed è la pipa dell’anno secondo una delle più importanti associazioni di fumatori italiane. Prodotta in titatura limitata, è la prima pipa in assoluto ad essere ricalcata su quella di un noto personaggio dei fumetti. Sono cose che succedono se ti chiami Vittorio Giardino, non c’è da stupirsi più di tanto. Se ti chiami Vittorio Giardino è anche normale che un tuo albo risalga l’impetuosa corrente della globalizzazione commerciale e venga dato alle stampe in Cina, ennesimo paese -e quindicesima lingua- in cui i tuoi lavori vengono pubblicati.
Chi conosce Giardino non può stupirsi di queste cose, come non può stupirsi degli innumerevoli premi (dallo Yellow Kid al St.Michel, dall’Alfred di Angoulême all’Harvey Award) collezionati dal maestro bolognese in poco più di vent’anni di carriera. Sono solo ovvi e dovuti riconoscimenti della grandezza di un autore che rappresenta davvero un pezzo di storia del fumetto, italiano e non solo.
Lo stupore, casomai, e di quei pochi che ancora non lo conoscono, ma che non possono che restare immediatamente ammaliati davanti alla perfezione e all’eleganza dei suoi disegni, o leggendo le articolate e originali trame dei suoi racconti. Ripercorriamo la carriera e le principali opere di questo straordinario romanziere a fumetti partendo da quando, una venticinquina d’anni fa, un tranquillo ingegnere elettronico si divertiva a disegnare fumetti la domenica e nei ritagli di tempo.
E decise che non gli bastava più.
Siamo nella seconda metà degli anni ’70, e un giovane Vittorio Giardino bussa alla porta degli studi di registrazione di una piccola emittente privata bolognese: Radio Città. Qui, un ancor più giovane Luigi Bernardi dirige “Segnali di Fumo”, trasmissione incentrata sul mondo del fumetto. Come ricorda lo stesso Bernardi in un suo vecchio articolo:“Entrò, Giardino, dicendo semplicemente che lui già faceva fumetti (e voleva farne ancora, e sempre di più) e siccome noi ne parlavamo con (bontà sua) competenza, ecco che era venuto a mostrarceli. Erano, se la memoria non mi inganna, strisce vagamente umoristiche con protagonista un gruppo di formiche: orribili, o poco meno. Però si sentiva che c’era passione e volontà dietro. Così anche lui, Vittorio Giardino, entrò a far parte del ‘piano’. Il piano, molto più terra terra di quello immaginato da Umberto Eco nel suo secondo romanzo, consisteva in questo: farcela”.
Inutile dire che i due ce l’hanno fatta. Di più: l’incontro si sarebbe presto rivelato uno dei più fortunati ed importanti snodi della storia del fumetto italiano. Solo pochi anni più tardi, infatti, entrambi si ritroveranno a rivestire un ruolo da assoluti protagonisti nella scena fumettistica nostrana. “Sono andato a questa radio –ricorda Giardino- e ho conosciuto gente che faceva o che voleva fare fumetti, non c’è stata difficoltà nell’entrare subito in argomento e ho visto le prime tavole originali fatte da altri, che erano più professionali delle mie, nel lettering e nella squadratura del foglio persino… rapidamente imparai guardando loro a evitare gli errori più grossolani”.
Non solo: Giardino esce dall’incontro rafforzato nella sua volontà di voler investire direttamente su se stesso come autore. Ed è un investimento forte, azzardato, quasi una scommessa. Giardino, infatti, non risponde certo all’identikit del classico, imberbe aspirante fumettista. Ha quasi trent’anni, un comodo impiego da ingegnere, una famiglia con una moglie e due figlie, eppure scommette, e dopo vari tentennamenti prende la decisione meditata da tempo: abbandonare il suo precedente lavoro e concentrarsi unicamente sul fumetto. Come ricorda nella nostra intervista, una scelta del genere “era esattamente alla stregua di un suicidio… è stata una decisione presa in un momento e in una situazione in cui era particolarmente pazzesco. Però devo anche dire che grazie alla fortuna, non certo per mio merito, mi è andata bene”.
Il merito, invece, è completamente suo: in breve tempo, infatti, brucia velocemente tutte le tappe. Nel 1978 arrivano le prime, attese pubblicazioni: storie brevi, di tre, massimo cinque pagine, pubblicate sul supplemento a fumetti della rivista Città Futura diretto da Bernardi. Qui (e poi nel volume antologico Indagine nell’altroquando della neonata L’Isola Trovata), accanto a racconti di autori del calibro di Moebius e Tardi, per la prima volta compaiono le tavole di Vittorio Giardino. Un accostamento importante, e a cui dovrà ben presto abituarsi.
Quello di queste prime -e purtroppo ormai introvabili- storie è un Giardino molto diverso dal maestro della ligne claire che conosciamo oggi. Come ricorda lui stesso: “Erano storie con una grafica nettamente diversa perché agli inizi si copiano i propri autori preferiti e io tentavo di rifare la grafica di Battaglia, quindi discretamente diversa da quello che è il mio stile”. Già allora, però, iniziava ad emergere prepotentemente il talento del Giardino narratore. Un talento che sarebbe presto esploso con…


SAM PEZZO

Per Raymond Chandler “sulla strada dei criminali deve camminare un uomo che non è un criminale, che non è un tarato, che non è un vigliacco… un uomo completo, un uomo comune eppure un uomo come se ne incontrano pochi. Deve essere, per usare un’espressione un poco abusata, un uomo d’onore, per istinto, per necessità… deve esserlo senza pensarci e, certamente, senza parlarne troppo”. Tutto questo è Sam Pezzo, il primo personaggio di successo firmato Vittorio Giardino, discendente diretto –per ammissione del suo stesso autore- del Philip Marlowe di Chandler, del Sam Spade di Dashiell Hammett e di tanti altri personaggi della narrativa hard boiled.
Sam Pezzo apre a Giardino le porte della storica rivista mondadoriana Il Mago, diretta da Beppe Zancan. Dopo aver subito alcuni rifiuti proponendo perlopiù storie lunghe, su invito dello stesso Zancan Giardino cambia registro: “ho capito che dovevo fare storie brevi, adatte a una rivista e che era meglio se inventavo un personaggio o un filo conduttore per le storie… mi misi d’impegno e inventai Sam Pezzo”. Il nuovo personaggio conquista subito Zancan e i lettori, diventando in breve tempo uno dei serial cult del fumetto d’autore degli anni ’80. E’un detective da scuola dei duri Sam Pezzo, un detective decisamente sui generis, che vive le sue indagini non in una delle tante, classiche metropoli statunitensi, ma nella nostra Bologna, città natale di Giardino. Una Bologna surreale, “amerikana” come non mai, nella quale l’autore si diverte a giocare con i clichè del genere, e dove affina ancor’di più la sua padronanza del medium fumetto. Nel bianco e nero di Sam Pezzo, Giardino alterna sprazzi di quella che sarà poi la sua classica linea chiara con neri pieni che ricordano Munoz; aumenta progressivamente la sua meticolosità nella ricostruzione degli ambienti e, soprattutto, mette in mostra uno stile di narrazione che -dalla scelta delle inquadrature fino al perfetto sincronismo tra didascalie, dialoghi, pensieri e immagini- diventerà ben presto una delle sue più peculiari e felici cifre stilistiche.
Dopo poco meno di due anni di vita editoriale di Sam Pezzo, però, arriva improvvisamente la doccia gelata: Mondadori decide di chiudere Il Mago. “In quel momento fui tentato di tornare indietro, di mollare, dopo quei due anni dovevo ricominciare da capo! Invece con una somma incoscienza, decisi di rischiare tutto, di fare una storia lunga che volevo realizzare da tempo…”


MAX FRIDMAN

Due anni e novanta pagine di lavoro più tardi, vede così la luce Rapsodia Ungherese, un'unica, lunga storia a colori che proietta Vittorio Giardino nell’olimpo dei più grandi autori italiani di sempre. Serializzata sulle pagine di Orient Express (gloriosa rivista targata Nuova Frontiera che rappresenta ancora oggi uno dei più mirabili esempi di magazine fumettistico mai dato alle stampe), Rapsodia Ungherese travalica ben presto i nostri confini, imponendosi soprattutto in Francia, dove ha venduto centinaia di migliaia di copie e dove da oltre vent’anni continua ad essere ristampata a getto continuo.
Con Rapsodia Ungherese nasce Max Fridman, sicuramente il più fortunato dei personaggi di Giardino. Ricalcato sui lineamenti del suo stesso creatore, Fridman è un personaggio moderno, intrigante, dalla personalità articolata, protagonista di spy stories che richiamano i migliori romanzi di Graham Greene e John Le Carrè. Con Fridman Giardino abbandona l’hard boiled e l’anacronistica Bologna di Sam Pezzo per tuffarsi a capofitto nella storia contemporanea.
E’ la grande storia del Novecento quella che sfiora e attraversa Max Fridman; non un protagonista, ma senz’altro un osservatore privilegiato. Accanto a lui passano l’ascesa del Nazismo, l’Anchluss, la conferenza di Monaco, la cessione dei Sudeti e la guerra civile spagnola; eventi fondamentali nella storia del “secolo breve”, ma troppo spesso relegati in secondo piano. Come ricorda nella nostra intervista: “Anche prima di fare fumetti ero interessato a cercare di far luce proprio negli angoli bui della storia. Non tanto in quegli avvenimenti dimenticati, ma in quegli aspetti dimenticati di quegli avvenimenti che tutti conoscono. Spesso le realtà sono più complicate di quello che può sembrare a prima vista”. Tre sono le storie con protagonista Max Fridman: la già citata Rapsodia Ungherese, La Porta d’Oriente (serializzata nel 1985 sul Corto Maltese della Milano Libri) e la triologia di No Pasarán, edita direttamente in volume dalla Lizard e di cui attendiamo il capitolo conclusivo).
I ferrei legami con la storia presenti in ognuna di queste avventure, la solidità e la complessità dell’intreccio narrativo e il gusto per l’intrigo internazionale, contribuiscono a dare a queste opere (e ad altre successive come Jonas Fink) il respiro del grande romanzo. Se Sam Pezzo con le sue storie brevi e la sua serialità (pur se circoscritta, beninteso, nell’ambito del fumetto d’autore degli anni ’80), può essere visto, se vogliamo, come un appassionante serial televisivo, da Rapsodia Ungherese in poi Giardino inizia ad imprimere alle sue opere un profilo da grande kolossal cinematografico. In cabina di regia c’è un autore ormai assoluto padrone della propria arte, che delizia il pubblico con storie ricche di suspence e atmosfera, sorrette da sceneggiature solide e articolate, da ritmi narrativi calibratissimi e da un segno sempre più vicino alla perfezione. E’un tratto che incanta quello di Giardino: elegante, preciso, quasi fotografico nella descrizione di ambienti e architetture (un vero tuffo al cuore la Istambul descritta ne La Porta d’Oriente per chi ha visitato la capitale del Bosforo), ma allo stesso tempo anche impareggiabile nel tratteggiare espressioni ed emozioni dei personaggi.

LITTLE EGO & JONAS FINK

Il mondo di Vittorio Giardino non si esaurisce certo con Sam Pezzo e Max Fridman. Negli ultimi vent’anni l’autore bolognese ci ha regalato anche tante storie brevi e svariate illustrazioni ad esempio, piccole perle pubblicate sulle pagine di riviste quali Orient Express, Comic Art, Corto Maltese, ma anche su pubblicazioni extrafumettistiche come L’Espresso, Il Messaggero e La Repubblica. Accanto a questi brevi racconti autoconlusivi ("storie di ordinaria bugia" come li ha definiti Vincenzo Mollica) Giardino è riuscito a ritagliare lo spazio per un nuovo –e per certi aspetti sorprendente- personaggio: Little Ego. Nato come sexy divertissemant sulle pagine di Glamour International Magazine, Little Ego (le cui avventure proseguiranno su Comic Art per tutti gli anni ’80) è un’avvenente eroina protagonista di vicende sensuali ed oniriche. Un erotismo giocoso, pudico, tramite il quale Giardino offre il suo personale tributo di ammirazione all’arte di Winsor McCay e al suo Little Nemo, di cui la bella Ego è -a cominciare dal nome fino alle tante citazioni disseminate copiosamente nelle sue tavole- ad un tempo parodia e tributo.
Come già accennato in apertura, Little Ego è riuscita a guadagnarsi una pubblicazione persino in Cina. Latita da anni, invece –unica tra le opere principali di Giardino-, dagli scaffali delle librerie italiane. In attesa che la Lizard si decida a colmare questa sua vistosa e colpevole lacuna, agli appassionati non resta che rivolgersi al mercato dell’usato, ricercando i singoli numeri delle riviste in cui è apparsa oppure, più agilmente, i volumi che ne raccolgono le storie: uno edito dalla Comic Art e un altro, più prestigioso e ricco di contenuti extra, pubblicato dalla Glamour.
Non sussistono alcune difficoltà di reperibilità, al contrario, per quel che riguarda le opere più recenti di Giardino. Gli anni ’90 ci hanno regalato i suoi due lavori sicuramente più ambiziosi: No Pasarán –lunga avventura spagnola di Max Fridman- e Jonas Fink, nuova trilogia (anch’essa in attesa di conclusione) che ripercorre la vita di un ragazzo ebreo nella Praga del secondo dopoguerra.
Con Jonas Fink, chiusa la gioiosa parentesi dell’erotismo naif di Little Ego, Giardino ritorna al grande romanzo storico, tornando ad indagare –come e più che in Max Fridman- tra quelle pieghe, quelle “zone d’ombra” che la storia –e la storia politica in particolare- è sempre in grado di riservare. Un moderno romanzo di formazione a fumetti ambientato in una Praga che “non è più quella dei tempi di Kafka, ma la Praga grigia degli anni di Stalin”, oppressa dal giogo poliziesco sovietico e da vecchi e nuovi mali, come uno strisciante antisemitismo di ritorno che andava ad abbattersi proprio contro i pochi superstiti della Shoah. Quello che Giardino delinea nelle pagine di Jonas Fink è un affresco storico imponente, affascinante e istruttiva ricostruzione della vita al di là della cortina di ferro. L’attesa del terzo e conclusivo volume – che sarà ambientato, nelle intenzioni dell’autore, negli anni del soffocamento della Primavera di Praga- così come quella per l’ultimo tomo di No Pasaran, è quanto di più estenuante un appassionato possa sopportare. Un’attesa che però sarà resa più dolce dall’uscita –prevista per il prossimo ottobre- di una nuova creazione del maestro bolognese: la commedia Eva Mirando, ennesima dimostrazione del formidabile talento di un autore che tutto il mondo ci invidia.



Francesco Farru



Bibliografia:

Riepiloghiamo per tutti i lettori l’elenco delle opere di Giardino (limitandoci per praticità soltanto alle ultime edizioni, tutte disponibili presso l’editore), e di alcuni importanti saggi, artbook e cataloghi dedicati all’autore (non tutti, purtroppo, di facile reperibilità).

SAM PEZZO

Primo Volume 1978-79 - Tascabilizard #31 (Lizard)
Secondo Volume 1979-80 - Tascabilizard #32 (Lizard)
Terzo Volume 1980-83 - Tascabilizard #33 (Lizard)


MAX FRIDMAN

Rapsodia Ungherese (Lizard)
La Porta d’Oriente (Lizard)
No Pasarán #1 (Lizard)
No Pasarán #2 (Lizard)


JONAS FINK

L’Infanzia (Lizard)
L’Adolescenza (Lizard)


Le STORIE BREVI

Viaggi Inquieti (Lizard)
Viaggi di Sogno (Lizard)


SAGGI & ARTBOOK

Vittorio Pavesio - Vittorio Giardino. Tra romanzo e regia (Vittorio Pavesio Productions)
Gianni Brunoro - Il mio Giardino – (Edizioni Strip)
V.Mollica/A.Vianovi - Vittorio Giardino Glamour Book (Glamour International)
AA.VV. - Vittorio Giardino: Un italiano a Parigi (Cartoon Club)
Tavole fuori testo (Lizard)
Calma, lusso e voluttà (Lizard)
Cad Girl (Grifo)
Giardino: Icone parlanti (ArtEfumetto)
Vittorio Giardino: Storie & Immagini (Comune di Genova)
Vittorio Giardino for Falconara (Comune e Confcommercio)
Collezione grandi firme: Vittorio Giardino (L’Arca Perduta)



Riferimenti e testi citati:

www.vittoriogiardino.com

Vittorio Giardino Universe

Vittorio Giardino Chronology

Luigi Bernardi – Un Pezzo di bravura - Comic Art #50, dicembre 1988 (Comic Art)

Tino Adamo e Alberto Cassani (a cura di)– Intervista a Vittorio Giardino – Ink #17, dicembre 2000 (Lapis Lapsus Edizioni)

Laura Scarpa (a cura di)– 200 tavole per iniziare – Scuola di Fumetto #4, ottobre 2002 (Coniglio Editore)



Francesco Farru
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