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Redazione Comicus

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Self Area - Lucca 2009

  • Pubblicato in Focus


Lucca? Lucca. Lucca: Lucca! Lucca, Lucca, Lucca.

L'unica vera festa comandata del fumetto italiano. Il natale degli editori, la pasqua dei collezionisti, il pride dei cosplayer, il carnevale degli autori, il due giugno della repubblica delle lettere disegnate.
Quando devo spiegare cosa sia Lucca Comics a gente di altri settori o con altri interessi mi trovo in difficoltà: rispetto a un festival, una fiera, una biennale o un expo qualunque, Lucca Comics ha quel je ne sais quoi che la rende unica. Credo sia quel suo essere un po' sagra, un po' foro boario, un po' da festa della salama da sugo. Per quanto provino ad eliminarlo, quel retrogusto rimane ed è una cosa buona, sia chiaro. Da brava festa di paese raduna tutti, ma proprio tutti gli abitanti. A Lucca non manca nessuno:  lettori, fan, negozi, collezionisti, distributori, critici, addetti ai lavori di vario tipo, editori di ogni ordine e grado: come avere degli stati generali tutti gli anni. Per molto tempo, però, è stato assente il quarto stato della produzione fumettistica: le autoproduzioni.

Ok, ci fu Alter Vox, ma da allora, per otto anni (se ho fatto i conti giusti) fu il deserto. Per chi fotocopiava, spillava e produceva dal basso le uniche scelte erano o dissanguarsi per prendere uno stand in qualche padiglione (di quelli un po' sfigati, ovviamente) oppure plaid per terra e via. Si era roba di nicchia e si finiva nelle nicchie, non fa una piega, ma non era il massimo, capirete.
A cambiare le cose il nuovo corso della Lucca Comics in città. Perché non sfruttare il bel loggiato della piazza san Michele che è in centro, è già coperto e non devi neanche montare la struttura? Certo, era un po' fuori dai percorsi, con delle sbarre da Guantanamo a chiudere la loggia, con i funghi per riscaldarsi, però era un inzio. Nasce così la Self Area, coordinata da Jacopo Morretti con l'assistenza del Centro Fumetto Andrea Pazienza. Ci sono idee (il distributore di fumetti), voglia di fare (Comics battle e fotocopiatrice a disposizione) ma soprattutto spazi a prezzi decenti.
Sorprendentemente le buone intenzioni dei primi due anni non lastricano la strada per un ghetto ma portano a un'evoluzione. Quest'annno padiglione vero e proprio, in piazza Napoleone. Una certa aria da corpo estraneo, di posto a parte, rimarrà sempre, è inevitabile, ma caspita! finalmente un posto adeguato, dove il pubblico passa e in cui i lavori posso essere valorizzati.
Il punto però è: che cosa c'è dentro all'Area Self? Che fumetti ci sono? Qual è insomma lo stato dell'arte del fumetto autoprodotto oggi?

Il panorama è vario e vitale (più di trenta realtà), la qualità altalenante (ma questo è fisiologico). Mi turbano però due cose.

Le riviste:
Siamo nell'anno del signore 2009, quasi 2010. E quasi tutte le realtà presenti hanno portato riviste. Nel 2009. Riviste. Riviste così, con un po' di tutto dentro. Degli spillati con mille autori, mille stili, mille generi. Spesso senza. Non so, per me le riviste non hanno senso ora, nel 2009, non certo  riviste così. Esempio: in Book Maker potete leggere in sequenza: una storia stralunata e surreale di ritorno alla natura,  un sketch comico con protagonista un gorilla, la prima parte della storia di Gugliemo Tell, una tavola su pinguini teneroni, un angosciante horror aziendale (e mi fermo qui ma ce ne sono altre sei). In sedici pagine: cinque stili completamente diversi; colore che bianco e nero; storie di lunghezze diverse (4, 2, 4 ma continua, 1, 5 pagine). Chi dovrebbe leggere questa rivisita? Solo i cercatori d'oro che si setacciano i fiumi del fumetto in cerca di pagliuzze d'oro. Quattro gatti insomma. Lo scopo non dovrebbe raccontare storie e raggiungere un pubblico disposto a sentirle? E sì che di belle mani e di buone idee ce ne sarebbero anche (Hide e Arjuna Susini ad esempio) ma ai miei occhi rimangono tutti soffocati dai loro compagni di viaggio che non mi interessano per stile, temi o altro. E che non mi invogliano a seguire il progetto.
Segnalo qui due riviste: Burp! e Katlang!. Due riviste che mi piacciono per vari motivi (stima, qualità, affetto e il punto esclamativo nel nome) che purtroppo sono funestate dall'essere riviste (vedi sopra). Ma di queste ne riparleremo.

Comunicazione post-fiera:
Alle fiere uno ha modo di vendere, parlare, farsi conoscere. Però poi le fiere finiscono. Io, lettore, che vi voglio seguire, perché mi hanno parlato bene di voi, vi ho letto perché mi siete piaciuti, come faccio? Vado su internet, ovviamente, vi cerco su Google. E qui iniziano le note dolenti. Perché non è possibile che io arrivi sul vostro sito (quando riesco) e non trovi, non dico delle tavole, ma a volte neppure dei disegni. Va bene che chi prende autoproduzioni è motivato ma non è una buona idea portare al limite la pazienza. È veramente difficile trovare un sito decente, c'è chi si limita alla solo pagina su Facebook. Un minimo di sforzo, vi prego!
Il caso peggiore sono state un gruppo di ragazze, ospiti dello stand di Lucia "Whena" Biagi che non solo non mettono i loro contatti sulle loro produzioni, ma non si firmano neppure con il nome completo (Alice M, Silvia R...) rendendole completamente irrintracciabili. Ed è un peccato perché erano pure interessanti (l'idea di fare delle buste tematiche con dentro tre albetti a tema è semplice e efficace). Farò del mio meglio per scovarle.

Per finire rimanendo in argomento vi allego una lista quasi esaustiva di chi c'era.
Buona navigazione!
 
Anjce - http://www.anjce.it/ 
Aveilon - http://www.avelion.it/
BookMaker Comics  - http://associazionebookmaker.blogspot.com/
Burp! - http://delirigraficointestinali.blogspot.com/
Cani - http://arfarf.splinder.com/
Crazy camper - http://bainju.blogspot.com/
Ciurma - http://ciurmafanzine.blogspot.com/
Concrete - http://fumetticoncreti.blogspot.com/
Di Fuori - http://difuori.blogspot.com/
Diorei - http://diorei.splinder.com/
Ernest, - http://ernestvirgola.blogspot.com/
Fumetti disegnati male - http://www.geocities.com/fumettidisegnatimale/
Studio 2031 - http://studio2031.net/
Fumectory - http://www.myspace.com/fumectory
Gattai - http://www.facebook.com/pages/Fanzine-GATTAI/319870560240?v=wall
Icarus Production  - http://icaruscrane.blogspot.com/
Katlang - http://katlang.blogspot.com/
Lucho - http://luchoboogiegraphic.blogspot.com/
Lamette - http://www.lamette.it/ 
Tirana - http://fumettidighisa.blogspot.com/
La Compagnia del Fumetto - http://compagniadelfumetto.blogspot.com/
Malefico  - http://www.malefico.org
MontonePecorAgnello - http://www.montonepecoragnello.it/
Super Amici - http://www.superamici.com/
Sospensorio - http://www.flickr.com/photos/sospensorio/
Tales of Avalon - http://talesofavalon.blogspot.com/
Whenaworld  - http://www.whenaworld.com
Wild Bunch - http://scoppetta.blogspot.com/search/label/wild%20bunch
Wild Fangs - http://www.wildfangs.altervista.org/home.htm
ZIRIRU' - http://www.facebook.com/pages/Ziriru2/44509822998?v=info

 


Altre Chine,uno sguardo verso autoproduzioni, riviste underground, realtà indipendenti, piccola editoria e tutte le forme di Fumetto Altro. Per segnalazioni e commenti Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.




Luca Vanzella

Mix

  • Pubblicato in Focus


A pensarci bene le autoproduzioni sono frutto di stagione. Ma non come le fragole, che alla fin fine puoi trovare tutto l'anno, più come quegli ortaggi poco popolari, tipo i cardi o le erbette di campo, che devi per forza comprare al mercato perché mica tutti i supermercati li hanno. Ecco recuperare un'autoproduzione è una cosa del genere, devi aspettare la stagione giusta, quella dei mercati, meglio noti come fiere. Quindi la primavera. Si parte dalle primizie marzoline di BilBolBul per passare ai mercati generali di Napoli Comicon e terminare con la sagra del Crack!, tutta dedicata alle delicatessen indipendenti.
Attenzione, la metafora ortofrutticola non vuole certo essere una presa in giro, però calza bene e questa cosa fa pensare. L'autoproduzione e la piccola editoria in genere sembra aver ormai preso dei ritmi stagionali ferrei, assecondando il ciclo delle fiere come fosse il naturale ritmo del respiro dell'editoria. Ma il resto dell'editoria si muova anche durante il resto dell'anno.
Il punto nodale è ovviamente la distribuzione. Non sono molte (eufemismo) le fumetterie che ospitano prodotti indipendenti, almeno di quelli che non gli vengono consegnati a mano. E immagino che per chi i fumetti li fa questo sia un problema. Non mi addentrerò nel ginepraio del perché e per come la distribuzione in Italia sia, come dire, poco soddisfacente.
Meglio concentrarci per risolvere il problema.
Il classico conto vendita a librerie di fiducia è un buon inizio. Ma perché non anche altri negozi (design, abbigliamento) o anche bar e locali. Magari ci si possono abbinare degli eventi (concerti, DJset... chi non ha un amico Dj di questi tempi?). Ma soprattutto internet. Non capisco perché un sacco di realtà siano ancora così "gelose" delle loro storie e non mettano più materiale in rete. Feticismo della carta?
Immagino che, con un po' di fantasia e impegno, si possano trovare altre soluzioni.
Chessò: Negozi on-line (hanno mai funzionato in Italia?); creare un network di fiere dedicate più esteso sia geograficamente che temporalmente (uno sforzo decisamente titanico); trovare una sinergia con altre realtà (tipo una banda con cui andare in tour)... c'è da pensare, di certo è uno dei punti nevralgici delle piccole realtà.

La distribuzione sarà sicuramente uno degli argomenti di IndieTrotutta, una due giorni in due città (Bologna e Trento) per parlare di autoproduzione editoriale, musicale e in generale.  Tra gli eventi una tavola rotonda con un bel po' di infaticabili indipendenti (tra cui il sottoscritto) in cui si cerca il bandolo della matassa di argomenti come questo. (per info: http://indietrotutta2009.blogspot.com/).

Colgo l'occasione anche per segnalare anche che anche quest'anno ci saranno due appuntamenti storici per le realtà indipendenti: dal 18 al 21 giugno a Roma  c'è Crack! fumetti dirompenti presso il Forte Prenestino (http://crack.forteprenestino.net/) e il  9 e 10  luglio a Padova che Sherwood Comix, parte del festival di Radio Sherwood (http://www.sherwood.it/Sherwood-Festival-2009).
 
Per alcune cose che ho trovato sui banchetti di questa stagione di fiere, cose buone che spero di riuscire a trattare con più calma in futuro.
Puck! - a cura di Ivan Manuppelli
http://hurricaneivan.blogspot.com/


Dalle ceneri della rivista "the artist" nasce "Puck!" che, beh, è come "the artist" solo di più: più pagine (180!), più colori, più guest star. Non so come Ivan Manupelli, direttore della baracca, riesca a miscelare così tanti ingredienti riuscendo a tirare fuori un unico gusto che sa di underground vecchia scuola ma attuale, grottesco ma non goliardico, a tratti ripugnante ma mai respingente. Chapeau!
Da segnalare: Flaming Carrot di Bob Burden, Zograf, Palumbo, Rosenzweig, Ponticelli Ponchione e la posta del Dottor Pira.

Lavorare umanum est - Alex Tirana
http://fumettidighisa.blogspot.com/


Ok, quando andrete a vedere il suo blog e incapperete nelle tavole di "Lavorare umanum est" (1 e 2, senza "H") non potrà non venirvi in mente Paolo Bacillieri, così come il livore contro l'orrida contemporaneità non potrà non richiamare alla mente Bianciardi e Buckowski (debitamente omaggiati in una quarta di copertina). Però, per favore, non fermatevi qui. Per Alex Tirana modelli, miti e riferimenti sono puntelli su cui ancorare il segno e la narrazione per arrivare a una originale visione del personale. Personale come dire lavoratori e personale nel senso di autobiografico, visto che, una volta tanto, il memoir non è declinato nelle tinte pastello della nostalgia ma nei colori accesi della bile per il giorno lavorativo appena trascorso. Attendete ancora un poco (poco poco) e vi ritroverete un signor autore.

Viola e il Diavolo - Lorenzo Manià
http://violaeildiavolo.blogspot.com/


Secondo me (ma sono di parte) Manià è uno degli autori più sottovalutati d'Italia. Fatto sta che comunque il suo Viole e il Diavolo (interamente leggibile on-line!) è una storia divertente e per niente banale che mostra le ottime doti di narratore di Mister Manià: veloce, asciutto, compresso e in cerca di soluzioni originali in ogni tavola. Forse il soggetto non l'ha aiutato ad avere la meritata visibilità: il rapporto tra la punk rocker Viola e il signore degli inferi in persona è una spassosa occasione per gag e riflessioni sul fare "arte" da basso ma, si sa, il rock'n'roll è morto.
Ma anche se odiate i Ramones la lettura rimane consigliatissima.

Dino Campana - Simone Lucciola & Rocco Lombardi
http://lamettecomics.blogspot
 

Solo sedici pagine, mannaggia! Campana sembra il trailer di un lavoro più lungo e corposo e lascia un senso di incompiutezza. Questa biografia del poeta Dino Campana - irregolare inassimilabile del Novecento poetico - illumina a lampi la vita del poeta, in modo non cronologico e attraverso le parole del poeta stesso, lasciando alle note il compito di riordinare e ricucire. Una scelta narrativa audace, ma non sconsiderata, che permette a Lucciola e Lombardi di dare il loro meglio lasciando comunque in primo piano la vicenda, prima poetica e poi umana, di Campana. Con un bel po' di pagine in più (e un modo per integrare le note all'interno della narrazione) ci troveremmo di fronte a una signora graphic novel. Ora è "solo" un signor albetto.
 
Epoc: Euro Ori - a cura di Alexandra, Demented e Alan Parsec
http://www.epocerouroi.net/eiwyoeui/


Leggere questa rivista è stato un po' non capire una barzelletta, o ridere a un aneddoto triste. Non ho molto legato. Sarà che non amo molto il nonsense. Quando leggo una storia (diciamo così) con poni antropomorfi che parlano in portoghese (unico modo per tradurre il loro linguaggio, pare) non so se essere irritato, deliziato o indifferente. Ho optato per la terza opzione, ma i talenti ci sono (Vincet Filosa, Infidel, Tso per citare i più lampanti) e magari è un problema mio.
Provatela.

Ominiotondo - Lucho & Motosega
http://luchoboogiegraphic.blogspot.com/


Non c'è molto da dire se non che Lucho (alias Lucio Villani) è un gran disegnatore. Avevo già visto dei suoi lavori e ho approfittato per prendere l'albo dedicato a Ominotondo: un addetto alle pulizie che, con il amico robotico, sfida questa volta i Cristoidi (troppo lungo spiegare cosa siano, ma già il nome...). Comunque, sarò sincero, la storia non mi ha convinto del tutto (un po' confusa) ma, cazzarola, Lucho è veramente un ottimo disegnatore. Davvero bravo. Mi piace un sacco come imposta le tavole. Insomma dovete proprio dare un occhiata al sul blog.


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Luca Vanzella

Canicola

  • Pubblicato in Focus


La canicola è il periodo più caldo dell'anno, che va da fine luglio a fine agosto. L'estate, per i più, è legata all'idea fanciullesca delle vacanze, del mare, dello svago, ma in realtà è anche l'afa opprimente, il bagliore accecante del solleone che, impietoso e senza compromessi, surriscalda ogni superficie. La Canicola è il lato più estremo dell'estate, non per forza negativo (senza quel caldo opprimente non ci sarebbero i bagni e le granite e le cene all'aperto), ma non sempre piacevole. E questo per me è Canicola (la rivista e il gruppo): il lato urgente e inquieto, del fumetto, per questo necessari al fumetto.
Il mondo dei comics italiani è piccolo e tende sempre troppo spesso a implodere sotto il suo stesso peso, ben vengano quindi alternative che sfuggono all'attrazione gravitazionale dell'autoreferenzialità. Canicola prende posizione senza porsi come alternativa a niente. "I fumetti si possono fare anche così" ci dicono. Ma quel così non vuole elevarsi a norma, è solo "noi facciamo i fumetti così". Un punto di vista, una riflessione. Canicola ha dimostrato che si possono fare fumetti "alti" e "altri" semplicemente con una visione e la voglia di metterla su carta.

Il gruppo e la rivista Canicola nascono assieme nel 2005 e sono un tutt'uno. La rivista sembra infatti un monografico del signor Mario Canicola perché, per quanto gli stili divergano, la prospettiva appare la stessa. Tutte le diversità sono unite dalla stessa spinta: indagare il segno e con il segno, trasformare il tratto stesso in sostanza narrativa. Una scelta che sacrifica la storia (o almeno la trama) e talvolta rende proni a indulgere nell'illustrazione fine a se stessa, ma che ha anche regalato gioielli in cui il disegno e scrittura si bilanciano e dialogano.



Impossibile non citare a questo punto Brodo di Niente di Andrea Bruno, serializzato su Canicola (n° 1-4) e poi raccolto in volume, che è riuscito a far aprire gli occhi anche alla giuria dei primi Gran Guinigi di Lucca, premiando Bruno come miglior autore unico nel 2007. Ma non è la sola perla: Vita Immaginaria di Paolo Uccello di Giacomo Nanni (n°4), The Party di Alessandro Tota (n°5), 12/12/2012 di Giacomo Monti (n°5)… solo per dirne alcune. E senza contare ospiti d'onore quali Gipi (n°3) e Marco Corona (n°5), che alla rivista non hanno dato i fondi di cassetto, anzi. E oltre agli autori del gruppo, Canicola ha fatto un lodevole lavoro di "scouting" stanando autori internazionali molto interessanti come Chihoi e Marko Turunen, di cui Canicola ha pubblicato due volumi.
Ce n'è per tutti i gusti, o meglio, per molti gusti: non si tratta di fumetti che cercano le grandi platee. Sono certo che in tanti rimarranno interdetti se non infastiditi nel vedere, ad esempio, le tavole di Amanda Vähämäki, piene di cancellature, segni incerti di matita, sporcature. Ma sono altrettanto sicuro che molti riusciranno a vedere la ricerca, la sensibilità, e perché no la poesia, che c'è dietro.
Per fortuna c'è chi non fa fumetto per tutti e permette al linguaggio fumetto di andare un po' più in là (ovunque questo là sia).

Facciamo due parole con Edo Chieregato, coordinatore editoriale, con Liliana Cupido, di Canicola.

Non so quanto sia ufficiale, e in caso smentiscimi, ma da quel che ho capito Canicola cambia: il gruppo cessa di esistere ma la rivista continua. Si può dire che state passando dalla dimensione di collettivo a quella di etichetta?

Etichetta è una bella parola… e sono belle le etichette. Ne sono sempre andato pazzo, soprattutto di quelle adesive. Nella casa dove abitavo prima, avevo fatto una collezione di quelle della frutta, appiccicate lungo il telaio della porta del balcone. Ma l’etichetta della Ferrero Rocher per me rimane un classico. Bah… Canicola cambia, o meglio si evolve. C’è stata molta energia tra il gruppo prima di nascere ed è durata per molto tempo. Una cosa rara e difficile da gestire tra soggettività complesse. Ma da più di un anno siamo andati avanti un po’ per inerzia, mal gestendo il progetto nel suo complesso. Le singole personalità sono cresciute ma si è perso l’obiettivo comune. Penso sia normale. Adesso l’idea è quella di lavorare come area, cioè come gruppo molto allargato. Non so se “etichetta” sia la parola giusta, mi spaventa l’idea di “classificazione”, di marchiare qualcosa di abbastanza preciso. È più stimolante l’idea di “comportamento” che ci sta dietro a questa parola. L’area a cui pensiamo non ha stili o narrazioni definite, è qualcosa di altro, di non etichettabile si può dire?

Trovo lodevole la vostra voglia di confrontarvi con l'Europa, a partire dalla brillante idea di "sottotitolare" le storie con la traduzione a pié pagina (a proposito: a chi fare i complimenti?) e continuando con mostre un po' in tutta Europa, specialmente in festival poco conosciuti in Italia come ad esempio San Pietroburgo, Lucerna, Amburgo. E l'Europa dimostra di apprezzare, tanto che ad Angouleme 2007 avete vinto il premio per ma miglior BD Alternative. Siete però i soli in Italia a tentare davvero un dialogo con quanto avviene Oltralpe: secondo te come mai? È il vostro approccio ad essere più in linea con le tendenze europee o semplicemente siete i soli ad esservi scrollati di dosso il provincialismo italico?

L’idea forte di Canicola è stata sviluppare un progetto, autoprodurselo in libertà e mirare alto. Voglio dire, abbiamo fatto sul serio, non solo come autori. È stata anche una grande fortuna quella di poter mettere in campo tante competenze diverse. Canicola non ha inseguito niente, particolari tendenze, mode o altro, ognuno ha raccontato e disegnato come meglio poteva. Anche per la prima volta. Monti, Setola, Tota, Vähämäki, hanno praticamente iniziato con la rivista, in totale libertà ma con la sana tensione che le esperienze come questa possono dare. Il dialogo con le realtà internazionali è venuto naturale, ma lo abbiamo cercato. Non siamo stati ad aspettare.



Alcuni degli autori esteri pubblicati su Canicola sono anche stati ospitati da BilBolBul (Chihoi, Marijpol, Anders Nilsen,…), una sinergia dovuta alle contingenze immagino, ma credi che sia possibile creare circolo virtuoso tra rivista e festival? Credi che un rapporto tra una pubblicazione e un evento possa essere una via per lanciare o rinforzare realtà indipendenti come Canicola?

Bologna è una miniera in termini artistici, culturali e produttivi. Tutto quanto c’è in città può arricchire il festival e, in qualche modo, riceverne beneficio. Quello che mi stupisce è che, nonostante la ricchezza che tutti conosciamo, ci siano pochissime realtà indipendenti, anche di giovanissimi come ad Helsinki o Amburgo ad esempio. È pazzesco. La peculiarità più forte di BilBolBul, come per Canicola, penso sia la volontà di indagare gli autori e la loro ricchezza. Un evento culturale come il festival può sicuramente fare molto per l’editoria indipendente, ma ancor prima di rinforzare questo o quell’editore, dare visibilità a questo o quell’autore, associazione, collettivo, penso che possa creare una situazione di confronto, soprattutto per gli artisti più giovani, che hanno la possibilità di, come dici bene tu, scrollarsi il nostro provincialismo indefesso. Ma è bene non tirarsi troppo la zappa sui maroni. Le esperienze di Inguine, Canicola, Self Comics, Cani, e poi Ernest, Monipodio, hanno fatto molto bene in questi ultimi anni. È emersa anche da noi una alternativa espressiva possibile. Ora la luce più forte arriva dai Superamici e non è un caso che BilBolBul abbia affidato a loro l’immagine dell’edizione del 2009 e relativa mostra in piazza per il centenario del personaggio BilBolBul. Circolo virtuoso? Vampirismo?


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Luca Vanzella

Monipodio!

  • Pubblicato in Focus



Monipodio è, secondo il dizionario della Real Accademia Spagnola, "un incontro tra persone che si incontrano per cospirare a fini illeciti". Nome perfetto per un collettivo di fumettisti, converrete con me. Ma quell'aria di pirateria e Caraibi evocata dal nome non deve far pensare all'underground ruspante o all'arrembaggio politico. Quello che ha sempre caratterizzato il gruppo Monipodio! è stato un approccio molto "concettuale" all'autoproduzione. Nulla, almeno a prima vista, è stato lasciato al caso, a partire da un'immagine coordinata (è il caso di dirlo) studiata ed efficace. Gli autori (citiamo qui lo zoccolo duro: Armin Barducci, Hannes Pasqualini, Marco K Polenta, Matteo Cuccata, Mara Mauro) si sono cimentati soprattutto con gli aspetti più formali del linguaggio fumetto, prima lavorando sulla struttura della tavola e successivamente ragionando sulla forma della storia e del formato che li contiene. L'idea del collettivo altoatesino (eh sì, si fanno fumetti pure lì) è stata quella di trasformare la tradizionale rivista da semplice antologia a un unico "oggetto fumetto" in cui i racconti si legassero e intrecciassero tra loro in modo sempre più coeso. Purtroppo il continuo rilancio verso una maggiore complessità e la voglia di progetti sempre più ambiziosi sono risultati fatali per il gruppo che, a questa Lucca Comics & Games 2008, ha dichiarato ufficialmente lo scioglimento. Monipodio! è stata un'esperienza molto interessante nel panorama indipendente italiano, e chi volesse intraprendere la dura strada dell'autoproduzione dovrebbe confrontarsi con questo progetto, ahimè prematuramente scomparso.

Facciamo due chiacchiere con Armin Barducci, uno dei fondatori.

Non posso che partire dalla più classica delle domande: com'è nato Monipodio!?

Diciamo che non è nata a caso. Ai tempi avevamo un associazione (Nebula 7) di fumetto. Per metà appassionati/lettori, per metà disegnatori/operatori. Quest'ultima metà, nello specifico io e Hannes Pasqualini, voleva creare qualcosa sulla carta, anziché organizzare eventi. Mi ricordo che una sera andai a casa di Hannes e gli dissi: "Facciamo una di quelle riviste di fumetti sporche, brutte e cattive in stile anni '70!". Lui annuì ed era cosa fatta. Il numero zero di Monipodio! era molto lontano da quelli che abbiamo realizzato poi. Innanzitutto era una normale antologia tematica che raccoglieva gli autori che abitavano in Alto Adige. Con una certa gioia abbiamo scoperto che alla fine, in questa terra di nessuno, brancolavano nel buio un bel po' di persone che avevano il fumetto in testa, ma che non potevano condividere questa passione dato che non si conoscevano tra di loro e si sentivano un po' abbandonati dalla collocazione regionale. Il numero ZERO, come dicevo, era più simile ad una fanzine che ad una rivista. Formato A5, fotocopiato con copertina in serigrafia.

Dopo l'esperienza del numero ZERO, io e Hannes abbiamo creato una redazione assieme a Matteo Cuccato, Marco K Polenta e Mara Mauro. Abbiamo cercato di darci un'impronta concettuale che man mano, negli anni, si è affinata e concretizzata.

Monipodio! è nata per necessità... potevo scrivere soltanto questo, no?

Da quel che ho capito, con questa edizione di Lucca Comics&Games è stata posta la parola fine all'esperienza Monipodio!. Si tratta della fine della realtà come antologia ed etichetta di fumetti o proprio della fine del gruppo? Porterete avanti progetti nati sotto il nome Monipodio!, come ad esempio le comic battle?

La fine di quest'esperienza è stata, secondo me, una naturale conseguenza dell'unione di diversi fattori individuali che si sono accavallati in ognuna delle anime che compongono la redazione. Negli anni, Monipodio! è cresciuto parecchio e si stava cercando di proporre qualcosa che non fosse una semplice antologia (inoltre Monipodio! non è mai stata una rivista). Il progetto del 5° numero era veramente ambizioso e coinvolgeva troppe persone. Nel frattempo non riuscivamo più a coordinarci tra di noi, figuriamoci coordinare gli autori esterni. Poi c'è da considerare che abbiamo una cosa chiamata "lavoro normale" e "vicende personali" che non ti permettono di avere il tempo necessario per creare qualcosa. Dato che Monipodio! era sempre in costante evoluzione (concettualmente), non eravamo disposti a semplificare il progetto e fare un passo indietro. Così, tra una cosa e l'altra, sono passati due anni senza una nuova pubblicazione cartacea. Quindi, per onestà diciamo che il viaggio finisce qui.

Le iniziative collaterali come la Comic Battle, sono entità che funzionano separatamente da Monipodio!. Sono nate all'interno del progetto, ma possono tranquillamente sopravvivere indipendentemente.

Quali sono, se si possono dire, i fattori hanno portato alla chiusura? Semplice stanchezza o sono intervenute considerazioni più generali sul ruolo dell'autoproduzione?

Come dicevo, il problema era quello di essere ambiziosi e di non avere più tempo a disposizione. In questi anni sono successe parecchie cose. Monipodio! è stato anche per alcuni di noi una piattaforma per lanciarsi nell'editoria ufficiale (ahi, ahi, ahi). In questi due anni di nulla (non nullafacenza, ma un nulla organizzativo) si sono sottolineate le varie divergenze di vedute sul progetto in sé. Ognuno della redazione usava Monipodio! per scopi diversi. Questa diversità di vedute e di approcci ha cominciato a pesare molto sulla serenità del gruppo. C'è chi l'ha percepita di più, chi meno. Ad un certo punto non si è più in grado di affrontare l'ennesimo compromesso. Quindi, in amicizia, basta così. Il progetto finisce qua.

Beh... potevamo continuare anche a fare nulla senza sfaldare il gruppo.

Poi, magari tra 10 anni, quando avremo bisogno di soldi, organizzeremo una bella reunion di Monipodio!. Eh eh eh...

Vorrei un po' elencare i vostri meriti: tra questi c'è di sicuro quello di aver fatto apparire Bolzano nelle mappe del fumetto italiano. So che siete molto attivi - organizzate corsi, incontri e altro - e mi chiedevo come avesse reagito il territorio: del resto prima di voi non c'era praticamente nulla...

La scena locale mi interessa molto. Ho come un'ossessione di dover conoscere per forza TUTTI gli operatori del settore dell'Alto Adige. Una cosa che non riuscirò mai a fare, dato che ciclicamente ogni 6 mesi spunta fuori qualcuno di nuovo che fa fumetti e che da una vita vive a Bolzano. Non è del tutto vero che a Bolzano non ci sia stato nulla, è vero che negli ultimi 10 anni l'attività più conosciuta al di fuori della regione è la nostra. C'è da dire che esistono parecchie cellule dormienti, quegli autori che operano in silenzio e che poi scopri abitare dietro casa tua. Un esempio: poco fuori Bolzano abita Andrea Cagol, colorista del terzo volume di Skydoll. Un mostro.

Altro merito è stato senza dubbio quello di ragionare in modo inedito e interessante sul formato rivista. Dopo i primi numeri "classicamente" antologici vi siete orientati verso forme più inedite: il numero 4, da tema il viaggio, mostra il tentativo, a mio giudizio riuscito, di amalgamare i contributi in un'unica struttura narrativa. Se non ricordo male avevate anche espresso il desiderio di realizzare "romanzi grafici collettivi". Pensate quindi che il formato rivista debba spingersi nella direzione di un "monografico fatto da tanti autori"? Quali direzioni avrebbe potuto prendere la rivista Monipodio!?

Noi abbiamo peccato e per questo ci siamo persi. Non so se la nostra formula di intendere il fumetto sia inedita, forse no, forse sì. Il problema è che in Italia qualsiasi cosa che non sia canonica è inedita. Abbiamo una lunga tradizione di fumetto classico e seriale. Basta dare un'occhiata al di fuori dei nostri confini per vedere cose meravigliose, inedite, forme più avanzate che rompono con un nonnulla gli schemi tradizionali del fumetto.

Il "romanzo grafico collettivo"... non starai mica parlando di graphic novel?! Sì? Allora la smetto subito... eh eh eh, scherzo. Il termine mi piace, anche se non è corretto. Preferirei chiamarlo "Racconto Grafico Collettivo". Ciò che facevamo erano racconti. Brevi o lunghi e collettivi. Quello che poteva succedere con Monipodio! era, a livello organizzativo, troppo complicato. Ma fattibile. Si trattava di creare una grande storia-manifesto dell'indipendenza/autoproduzione legata al fumetto e alla musica. Utilizzando la piattaforma della rete abbiamo contattato autori esterni (ed interni) e li abbiamo fatti mettere in contatto con realtà musicali di tutto il mondo. Dovevano fare un reportage sul loro approccio di fare musica. Il tutto veniva incorniciato con una sorta di DIY music awards cartaceo. Il tutto con CD allegato. Volevamo anche organizzare concerti e portare i vari gruppi musicali stranieri in Italia. Sarebbe stato fantastico.

Avevamo per le mani un ragazzo americano che faceva musica elettronica sui Transformers, un gruppo hip hop palestinese, un musicista minimalista giapponese, un compositore di musica 8bit di Bologna... e molti altri ancora.

Peccato.

Sicuramente la vostra presenza ha contribuito, assieme ad altre, a dare maggior attenzione all'autoproduzione (basti notare che ora ogni manifestazione ha il suo angolo dedicato agli "indipendenti"). Come vedete il futuro delle piccole produzioni italiane? Sono destinate a crescere ancora in visibilità?

Io credo che il nostro contributo (assieme agli altri vecchi volponi dell'autoproduzione) l'abbiamo dato. In questi 5 anni di attività sembra quasi che ci sia stata la necessità di molte persone di autoprodursi. È un fatto curioso. Che ora a Lucca e a Napoli ci siano gli spazi per queste realtà è un'occasione da sfruttare finché dura. Questo è il messaggio alle nuove realtà che stanno nascendo. Fatelo! Auto-producetevi!

Per quanto mi riguarda, il mio cuore rimane qui, tra la micro e autoproduzione. Al freddo, all'aperto.

Ho in mente un nuovo progetto, ma è troppo presto per parlarne. Magari la prossima Lucca.


Altre Chine, uno sguardo verso autoproduzioni, riviste underground, realtà indipendenti, piccola editoria e tutte le forme di Fumetto Altro. Per segnalazioni e commenti Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.


Luca Vanzella
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