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Daphne Byrne: La prescelta, recensione: gli incubi vittoriani firmati Marks e Jones

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Tra tutte le decisioni prese a seguito della ristrutturazione aziendale che ha coinvolto negli ultimi anni la DC Comics, sicuramente quella più controversa e dolorosa per i lettori è stata la chiusura dell’etichetta Vertigo. Diretta per quasi trent’anni da Karen Berger, la Vertigo ha avuto il merito di rinnovare profondamente il fumetto americano, pubblicando i lavori di esponenti della British Invasion come Neil Gaiman, Jamie Delano, Garth Ennis e Peter Milligan e facendo uscire il fumetto di qualità dai confini angusti della dimensione “indie” per proporlo ad un pubblico più ampio. Il testimone dell’indimenticabile linea editoriale è stato raccolto dall’etichetta Black Label, che propone al suo interno tanto nuove iterazioni delle collane storiche Vertigo come Hellblazer quanto proposte di tipo supereroistico dal taglio più autoriale rispetto alle testate regolari del DC Universe. Un mix interessante a cui mancava un ingrediente importante, il fumetto horror, che in DC vanta una tradizione significativa fin dai tempi di classici anni ’70 come House of Secrets e House of Mistery. A colmare la lacuna è arrivata la creazione di una sotto-etichetta della Black Label, la Hill House, coordinata da Joe Hill, figlio del leggendario Stephen King e creatore della serie di successo Locke & Key, ispiratrice dell’omonimo serial Netflix.

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La linea diretta dal figlio d’arte ha già dato alle stampe una serie di prodotti varia ed interessante, che va dallo slasher di Basketful of Heads all’horror gotico di Daphne Byrne, miniserie di sei numeri scritta dalla drammaturga ed autrice televisiva Laura Marks e disegnata da un rinomato illustratore di incubi come Kelley Jones. La Marks ha al suo attivo episodi di serie tv come The Exorcist e Ray Donovan oltre che premiate pieces teatrali, mentre Jones è un’istituzione del fumetto horror, erede del maestro Bernie Wrightson, celebre per le sua versione di personaggi DC classici come Deadman e Batman, di cui ha sottolineato gli aspetti più gotici. Non si poteva scegliere team creativo migliore per raccontare questa vicenda che affonda le sue radici nella tradizione delle novelle horror di epoca vittoriana.

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Ci troviamo nella New York di fine ‘800 e Daphne Byrne è un’adolescente introversa, segnata dal trauma della scomparsa del padre, a cui era molto legata. La ragazza ha un animo solitario e inquieto, ed è bersaglio delle prese in giro delle compagne di classe, da cui è costantemente derisa. Anche la situazione economica della famiglia non è delle migliori: il padre le ha lasciate piene di debiti e la madre non vede altra soluzione che quella di risposarsi. Le due donne vivono un rapporto conflittuale: la Sig.ra Byrne si rivolge ad una medium per tentare di contattare il marito defunto (il misticismo era molto in voga in quel periodo storico) ma Daphne è contraria e, senza successo, cerca di far capire alla madre che si sta facendo raggirare da una ciarlatana. In seguito ad una seduta spiritica a cui partecipa su insistenza della madre, Daphne comincia a sperimentare visioni orrorifiche ed angoscianti, oltre ad accorgersi della presenza di un ragazzo misterioso che sembra seguirla ovunque, e di cui avverte i pensieri nella sua mente. Da questo in momento in poi, la situazione di Daphne si complica ulteriormente, e realtà e sogno si intrecciano. Quello che i suoi occhi vedono esiste realmente? La vecchia medium ha risvegliato qualcosa di oscuro sopito dentro di lei? O si tratta di allucinazioni dovute al difficile periodo che sta attraversando, tra i cambiamenti – anche fisici – dovuti alla crescita e il dolore mai superato per la perdita del padre?

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Daphne Byrne è un raffinato racconto horror di formazione, pregevole sotto il profilo tanto della scrittura quanto del disegno. Laura Marks delinea un’eroina dall’interessante profilo psicologico, e la mette al centro di un metaforico percorso di crescita che la vede sbocciare come donna, tanto intellettualmente quanto fisicamente. Il senso di colpa dovuto ai primi richiami della sessualità che si manifesta sotto forma di incubi sono un classico di una certa letteratura di stampo vittoriano, come Il Giro di vite di Henry James, dove l’orrore è più suggerito che mostrato grazie ad un sapiente uso della suspense. Anche se in questo caso l’orrore mostrato non manca, grazie allo stile dark di Kelley Jones. Il veterano dell’horror a fumetti trova nello script della Marks del pane molto gradito per i suoi denti, che gli consente di sbizzarrirsi in quello che gli riesce meglio: atmosfere gotiche esaltate da campiture di nero e tratteggio, apparizioni sinistre, corpi deformati e mostruosi, location lugubri come cimiteri e vecchie cantine che sono solo una parte del ricco campionario di un maestro del genere soprannaturale ancora al top della forma. Le tavole di Jones sono il valore aggiunto dell’opera, e conferiscono prestigio alla già validissima sceneggiatura della Marks.

Daphne Byrne viene presentato da Panini Comics in un elegante cartonato, corredato da extra interessanti come le interviste agli autori e i bozzetti di Kelley Jones, che rende ancora più piacevole la lettura di un’opera in cui le suggestioni vittoriane di Henry James sembrano incontrare quelle di classici horror moderni come Rosemary’s Baby.

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The Sheriff of Babylon, recensione: la consacrazione di Tom King e Mitch Gerads

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Prima di diventare lo sceneggiatore di titoli di successo come Batman, Mister Miracle e The Vision, Tom King è stato un agente della CIA. Sull’onda del lutto nazionale e della reazione emotiva seguita alla tragedia dell’undici settembre, King si arruolò nell’agenzia di intelligence per poter offrire il suo contributo. Terminò il suo addestramento proprio mentre gli Stati Uniti stavano per entrare in guerra contro l’Iraq. Partì per Baghdad, dove rimase per pochi mesi prima di fare ritorno a casa. Successivamente, continuò ad operare come agente dell’antiterrorismo sia in patria che in giro per il mondo, fino alla nascita di suo figlio. Come ha lui stesso raccontato, questo evento lo spinse a riconsiderare le sue priorità, realizzando ben presto che non poteva essere contemporaneamente un agente e un buon padre. Ripiegò così sulla scrittura, una sua vecchia passione, con i risultati che ben conosciamo.

L’esperienza alla CIA era stata, però, una tappa fondamentale del suo percorso professionale ed umano così quando la Vertigo, defunta ma indimenticata etichetta dedicata ad un pubblico maturo della DC Comics, gli chiese di scrivere una serie, King pensò subito ai mesi trascorsi a Baghdad. Non potendo adattare quanto vissuto personalmente per ovvi motivi di opportunità, lo scrittore optò per un thriller poliziesco, un genere che ben si presta a descrivere la complessità di un luogo fotografato in un momento storico dominato dall’ambiguità e in cui nulla è come sembra. Nacque così The Sheriff of Babylon, frutto della collaborazione tra King e il disegnatore Mitch Gerads, che Panini Comics ripropone ai lettori italiani dopo la prima edizione pubblicata anni fa dal precedente licenziatario.
“Murder mistery” che mutua i canoni di classici generi americani come il noir o il western ma calandoli in un contesto bellico, The Sheriff of Babylon racconta due mesi nella vita di tre personaggi lontanissimi tra loro come formazione ed esperienze, ma le cui esistenze si intrecceranno in modo indissolubile con uno stile narrativo che ricorda molto quello usato da Alejandro González Iñárritu in pellicole come Babel e 21 Grammi, miscelato ad atmosfere che sembrano uscite da Zero Dark Thirty di Kathryn Bigelow.

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Christopher Henry è un poliziotto americano, arruolatosi nell’esercito per addestrare i cadetti della nuova polizia della Baghdad liberata. Quando era in servizio in America, ha avuto l’occasione di arrestare uno dei terroristi dell’11 settembre facendoselo scappare. Ora è in Iraq per fare ammenda, addestrando il nuovo corpo di polizia. Sofia è una giovane donna irachena che vive in America da quando era bambina, salvo rientrare in Iraq dopo la caduta di Saddam Hussein. Il nonno è stato tra i fondatori del partito Baath, lo stesso del dittatore, ed è stato fatto ammazzare da Saddam quando quest’ultimo ha cominciato a percepirlo come una minaccia al suo potere. Sofia (o Saffiya, il suo nome iracheno che ricomincia ad usare una volta rientrata in patria) è una donna che porta cicatrici tanto nell’anima quanto nel fisico, che non scalfiscono però la sua forza e la sua determinazione. Essendosi costruita sapientemente rapporti tanto con l’intelligence statunitense quanto con esponenti politici locali, si candida ad un ruolo importante nel futuro del suo paese. Nassir, invece, è un ex poliziotto del servizio personale di Saddam. In questo ruolo ha commesso azioni di cui non va fiero. Ha perso le sue tre figlie durante l’attacco americano a Baghdad. Vive con la moglie Fatima e non si aspetta più nulla dal futuro. Un giorno, uno dei cadetti addestrati da Chris viene ritrovato morto ai confini della zona verde, il settore della città controllato dagli americani. È la miccia che innescherà una trama fitta di mistero, in cui nulla è come sembra, che finirà ben presto per coinvolgere anche Nassir e Saffiya.

The Sheriff of Babylon contiene, tanto dal punto di vista stilistico quanto dei contenuti, tutti i tratti caratteristici di un tipico lavoro di Tom King. Per quanto la trama possa apparire quanto di più distante dalle storie di supereroi per le quali lo scrittore è diventato celebre, in realtà ci sono tutti i topoi tipici delle opere di King. Prima di tutto, la difficoltosa analisi di una realtà troppo ambigua e complessa per poterla decifrare con strumenti canonici. La Baghdad mostrataci da King è un limbo inintelligibile, un pantano in cui è impossibile comprendere le reali motivazioni dei personaggi che la popolano. Militari, agenti segreti, politici, terroristi, sembrano pedine di uno schema che non sembrano comprendere appieno, e noi con loro. D’altronde, come potremmo? Dalle pagine emerge tutta la complessità della storia di un paese diviso tra un passato recente relativamente stabile, seppur sotto il giogo di un dittatore, e l’improvvisa libertà ritrovata grazie all’intervento bellico a stelle e strisce. Una situazione politica e sociale del tutto nuova, che stenta però a stabilizzarsi, lasciando il passo ad un caos causato da rese di conti spesso sanguinarie tra partiti e gruppi di potere ancora vivi e vegeti, sebbene appartenenti a un’epoca che non può tornare. Il sentimento dominante è quello di uno spaesamento collettivo, percettivo e sensoriale, che se nelle opere a tema supereroistico firmate dall’autore rappresentavano una metafora dell’esistente, qui diventa caratteristica precipua dell’esistente stesso. Sullo sfondo, la malinconia per un passato mitico, per un’età dell’oro persa ormai nella nebbia della storia che ha visto l’Iraq come la culla della civiltà. Nostalgia evocata a più riprese dalle due straordinarie figure femminili, Saffiya e Fatima, e ben rappresentata dalla sequenza onirica che apre il quarto capitolo, con la narrazione della favola della principessa Saffiya, omonima della protagonista. Di nuovo torna, nel lavoro di King, l’evocazione di un passato glorioso e mitologico a cui fa da contraltare un presente incerto, se non fatto di rovine come in questo caso. Un tratto tipico delle opere dello scrittore che ha caratterizzato i momenti più lirici di opere come The Vision, Mister Miracle e Strange Adventures, ma che qui ovviamente assume una gravitas differente.

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Sheriff of Babylon è un campionario dell’arte in cui King eccelle, ovvero la gestione dei tempi narrativi e dell’approfondimento psicologico grazie a dialoghi efficaci e misurati sulla sinergia con l’artista che lo accompagna. In questa occasione venne inaugurata una collaborazione che avrebbe segnato opere future dello scrittore, come le sopra menzionate Mister Miracle e Strange Adventures, quella col disegnatore Mitch Gerads. All’epoca Gerads veniva da un’ottima sequenza sul Punisher della Marvel, dove aveva dimostrato di sentirsi a suo agio con le atmosfere di genere militaresco, ma non aveva dato ancora sfogo alla sua raffinata abilità di storyteller. L’occasione propizia si presentò proprio con Sheriff of Babylon, dove scattò un feeling artistico immediato con King. Il fumetto è un'arte visiva, e il modo in cui un testo viene tradotto in immagini è decisivo per la riuscita dell’opera. In questo caso, non è esagerato dire che Sheriff of Babylon non sarebbe potuto esistere senza l’arte di Mitch Gerads. La celebre affermazione di Andrè Bazin sulla capacità del montaggio cinematografico di produrre significato trova piena conferma nelle tavole sapientemente organizzate dell’artista. Il formato preferito è quello della griglia a nove vignette, reso celebre da Watchmen, soprattutto nelle scene di dialogo. La scelta compositiva è quella di un’inquadratura fissa, con piccole varianti di postura da una vignetta all’altra che suggeriscono il movimento, evitando un’eccessiva immobilità. I dialoghi di King hanno così tempo di fare breccia nel lettore, e le immagini ne sottolineano il valore introspettivo e psicologico, concedendogli il giusto tempo di fruizione.

Gerads varia la composizione delle sue tavole pagina dopo pagina, a seconda delle richieste che vengono dallo script: alle nove vignette si sostituiscono così quattro o cinque strisce orizzontali in formato panoramico con elementi che si spostano da destra a sinistra a dare la sensazione del movimento, come nella scena dell’attentato a Saffiya. Le scelte compositive non sono rigide e convivono nella stessa pagina, laddove il “montaggio” lo richieda. Possiamo godere così di una raffinata selezione di elementi del découpage classico, tra montaggi alternati, campi e controcampi, arricchiti di elementi tipicamente fumettistici come onomatopee e le splash page. Quest’ultime però non sono usate gratuitamente ma vengono centellinate, e il loro utilizzo sottolinea momenti solenni ampiamente preparati nelle pagine precedenti.

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Significativa da parte di Gerads è anche la scelta del colore, vero e proprio “commento” visivo alla vicenda. Domina il giallo ocra, colore della terra, che rende bene un setting opprimente tanto a livello climatico quanto a quello psicologico, salvo lasciare il campo a tonalità di verde e azzurro nelle scene notturne, veri momenti di calma prima della tempesta, che assumono una dimensione quasi onirica.

The Sheriff of Babylon viene proposto da Panini Comics in una confezione di altissima qualità, un cartonato di grandi dimensioni che esalta lo straordinario lavoro di Tom King e Mitch Gerads, un lavoro che sfrutta appieno la ricca grammatica loro concessa del medium fumetto.

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Arriva in contemporanea mondiale Batman: L'impostore

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Esordirà in tutto il mondo in contemporanea, martedì 12 ottobre 2021, la miniserie in tre parti Batman: L'Impostore ad opera di Mattson Tomlin e Andrea Sorrentino. L'opera verrà poi raccolta in volume da DC e Panini a febbraio 2022. Trovate di seguito tutti i dettagli.

"Il prossimo ottobre i fan di Batman scopriranno una versione innovativa degli inizi della guerra al crimine del guardiano di Gotham in Batman: L’Impostore, una miniserie in tre parti pubblicata da DC Comics. La serie sarà presentata in tutto il mondo martedì 12 ottobre e sarà successivamente raccolta in un volume cartonato, disponibile a partire da febbraio 2022.

Contemporaneamente alla versione in lingua inglese, la serie sarà lanciata anche nei seguenti paesi: Spagna, Germania, Brasile, Messico, Italia, Francia, Russia, Repubblica Ceca, Polonia, Giappone, Corea del Sud, Turchia e Argentina.

Lo sceneggiatore e regista Mattson Tomlin (Project Power, Little Fish), in collaborazione con Andrea Sorrentino, maestro dell’horror e del thriller vincitore del premio Eisner (Joker: Il sorriso che uccide, Batman: Il killer che sorride, Green Arrow), mostrerà una Gotham violenta e disperata, dove ogni pugno fa davvero male e ogni azione porta a conseguenze che vanno molto al di là dell’immaginazione di Batman.

Sono un fan di Batman da sempre e poter raccontare la mia visione di Gotham è un sogno che si avvera,” ha affermato lo scrittore Mattson Tomlin. “La domanda «cosa accadrebbe se Batman esistesse davvero?’»ha un potenziale enorme e, analizzare le sue conseguenze narrative più estreme, permette di raggiungere orizzonti che di recente non sono stati esplorati nelle storie a fumetti. «Batman: L’Impostore» presenta Bruce Wayne e le persone vicine a lui esaltando i loro difetti più tragici e, allo stesso tempo, rendendo tutti i personaggi molto credibili. Gli ostacoli che Batman dovrà affrontare sono figli di una realtà che rispecchia da vicino la nostra.

La missione di Bruce Wayne/Batman è cominciata solo un anno prima, ma lui ha già capito di poter fare la differenza. Purtroppo, però, Batman si è anche fatto dei nemici molto influenti. Chi tradizionalmente detiene il potere a Gotham è infastidito dalle sue interferenze negli affari della città, e sembra che uno di loro abbia un piano per eliminarlo. C’è un secondo Batman che sta pattugliando i tetti e i vicoli di Gotham... e non si fa scrupoli a uccidere i criminali, dal vivo o davanti alle telecamere. Quando il Dipartimento di Polizia di Gotham unirà i suoi mezzi a quelli dei più ricchi e dei più influenti della città per lanciare la sua offensiva, Batman dovrà scovare questo impostore e ristabilire la sua reputazione. Ma come puoi dimostrare la tua innocenza, quando tu per primo indossi una maschera?

Ammiro le sue opere da anni e lavorare con Andrea Sorrentino è un privilegio assoluto” ha aggiunto Tomlin. “La sua incredibile capacità di rappresentare la realtà e il suo genio narrativo hanno spinto questa storia verso nuove vette, e i colori spettacolari di Jordie Bellaire hanno reso speciale questo mio primo lavoro per la DC.

Avevo già disegnato Batman nelle vesti di co-protagonista in un paio di occasioni, ma questa è la prima volta in cui ho la possibilità di lavorare su una storia dedicata interamente a lui ed è incredibile” ha aggiunto Andrea Sorrentino. “Sono un suo grandissimo fan sin da ragazzo e dalla visione del Batman di Tim Burton del 1989: avere la possibilità di lavorare con Mattson e Jordie per questa nuova interpretazione del Cavaliere Oscuro è come ricevere un regalo di Natale in anticipo!

Per le ultime notizie su Batman: L’Impostore e sui più grandi supereroi del pianeta, visitate il sito www.dccomics.com, e seguite gli account social @DCComics, @DCBatman e @thedcnation, oltre ai canali social Panini DC Italia su Facebook (@PaniniDCit) e su Instagram (@panini_dcit)."
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DC Black Label: in arrivo le miniserie di Catwoman e The Human Target

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DC Comics ha annunciato due nuovi progetti Black Label in arrivo entro fine anno: Catwoman: Lonely City e The Human Target.

Scritta e disegnata da Cliff Chiang, Catwoman: Lonely City è ambientata 10 anni dopo che Batman, Joker, Nightwing e il commissario Gordon sono stati uccisi in un massacro. Gotham City si è lasciata alle spalle eroi e criminali ed è una città più sicura, ma tutto ha un prezzo. Sotto il sindaco Harvey Dent e il suo esercito di Batcops, la libertà è difficile da trovare. Dopo aver trascorso un decennio in prigione a causa del suo ruolo nel massacro, una Selina "cambiata" torna a Gotham. Lì, visiterà nuovamente la Batcaverna e tenterà di scoprire l'identità del misterioso "Orfeo".

L'ex sceneggiatore di Batman Tom King, invece, collaborerà con il disegnatore Greg Smallwood su The Human Target.
Christopher Chance è un mercenario freelance che fa da esca per proteggere potenziali bersagli allo scopo di consegnare alla giustizia i loro aspiranti assassini. Nella nuova serie, Chance dovrà proteggere Lex Luthor ma quando scoprirà di avere meno di due settimane di vita, è costretto a risolvere il proprio omicidio. E in qualche modo, la Justice League International è coinvolta. Il primo numero uscirà il 2 novembre.

Di seguito le cover dei numeri 1 delle due miniserie.

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HUMAN TARGET CVR 01 LoRes

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