Intervista a cura di Gennaro Costanzo e Sarah Passacantilli.
In occasione della View Conference di Torino, abbiamo intervistato Byron Howard, uno dei due registi dietro il successo planetario di Zootropolis, uno dei migliori film di animazione del 2016, una commedia poliziesca con un record assoluto di incassi. Il regista ci ha parlato della sua prima esperienza lavorativa alla Disney, della chiave del successo dei film di animazione moderni e del messaggio profondo di Zootropolis.
Zootropolis (Zootopia) è la tua terza regia per un classico Disney. Cos'ha di diverso, secondo te, questo film rispetto ai tuoi precedenti lavori?
Sono film molto diversi tra di loro. Ad esempio considero Rapunzel come un classico Disney rivisitato in chiave moderna; ciò che ci ha resi molto entusiasti per Zootropolis è che si tratta di un film socialmente impegnato. Già nelle prime fasi di discussione del progetto sapevamo di avere la libertà di parlare del modo in cui al giorno d’oggi gli esseri umani interagiscono fra di loro, ed è stato emozionante per noi avere la possibilità di raccontare tutto questo all’interno di un film di animazione. Inoltre il fatto che i personaggi del film siano animali, che sono creature sociali come gli esseri umani, ci ha permesso di creare un prodotto con cui il pubblico, in qualsiasi parte del mondo, possa relazionarsi per quanto riguarda i propri problemi. È stato molto gratificante per noi portare il film in tutto il mondo - in Europa, in Asia, in Sud America - e vedere come il pubblico, non importa di che razza, di che sesso, di che estrazione sociale, trovasse degli elementi con cui identificarsi nel film. Questo è molto importante soprattutto dal punto di vista emotivo, perché è molto difficile creare dei film che possano piacere proprio a tutti; dal canto nostro abbiamo sempre cercato di inviare dei messaggi importanti dal punto di vista umano, ricreare delle situazioni che le persone possano facilmente comprendere e con cui possano rapportarsi. È per questo che abbiamo messo delle scene un po’ minacciose, dei momenti di bullismo in Zootropolis: molte persone hanno avuto esperienze di bullismo nel crescere, e il punto è che queste situazioni non spariscono da un giorno all'altro. Si potrebbe persino fare un paragone tra il film e l'attuale politica americana, per cui abbiamo cercato di dare consapevolezza alle famiglie e alle persone in generale.
Hai lavorato alla regia di Rapunzel (Tangled), classico che ha segnato una nuova era Disney. Secondo te qual è l'ingrediente che ha fatto amare così tanto questo film? Mentre ci lavoravate, avete percezione del successo che avevate fra le mani?
Quando abbiamo iniziato a lavorare su Rapunzel alla Disney erano molto preoccupati perché era un po’ che non facevamo un film del genere. Una delle cose che io e Nathan Greno (il co-regista del film) volevamo realizzare con Rapunzel era prendere un contesto tipico di un classico Disney e rimodernarlo per il pubblico odierno. Crescendo abbiamo amato i classici Disney: ho adorato Cenerentola, La bella addormentata nel bosco, e così via. Credo che anche il pubblico di oggi voglia in qualche modo identificarsi nei personaggi di un film, così abbiamo deciso di realizzarne uno che fosse esattamente identico ad esempio a Cenerentola ma con i personaggi più moderni; di conseguenza credo che la chiave del successo consista nel trovare il modo di rendere questi film contemporanei. Il pubblico cresce e abbiamo il dovere di fare film che siano sempre migliori, storie sempre migliori, sceneggiature sempre migliori, personaggi dalle mille sfaccettature perché il pubblico lo merita.
Hai iniziato a lavorare alla Disney facendo l'animatore su Pocahontas. Cosa ricordi di quella esperienza?
Pocahontas è stato il mio primo film; quando inizi a lavorare nell’animazione tradizionale di solito ti danno un compito che si definisce di Clean-Up o da Inbetweener, che consiste letteralmente nel “pulire” i disegni fatti dall’animatore e scelti dal regista, che inizialmente sono molto grezzi, e questo ti dà la responsabilità del look finale dei personaggi ad esempio in un film. Bisogna lavorare su centinaia di disegni, è un compito molto noioso, ma impari anche tantissimo sull’arte e sulla composizione. Questa esperienza mi ha fatto realizzare molto presto di voler essere un animatore, cioè la persona che fa questi disegni. Quello che amo della Disney è che si lavora in un ambiente incentrato sulla relazione mentore-studente, infatti ho avuto mentori fantastici nel corso degli anni: tutto quello che ho imparato, incluso il lavoro di regista, lo devo a queste persone che hanno abilità fantastiche e che mi insegnano ogni volta qualcosa di nuovo. Venticinque anni dopo conservo lo stesso entusiasmo riguardo il mio futuro, so che continuerò ad imparare e migliorerò sempre di più nel mio lavoro.
Ospite alla View Conference 2016 di Torino, Rob Bredow, Chief Technology Officer di Lucasfilm e co-creatore di ILMxLAB, ci ha parlato del suo lavoro come supervisore VFX sul film ancora senza titolo dedicato ad Han Solo, e delle sue idee visionarie sul futuro della tecnologia, ponendo l'accento sui modi in cui in futuro cambierà lo storytelling valorizzandolo tramite esperienze immersive.
Intervista a cura di Gennaro Costanzo e Sarah Passacantilli.
Salve, e benvenuto su Comicus. Hai contribuito alla creazione piuttosto recente dell'ILMxLAB, un'unità di ricerca per lo sviluppo di nuove tecnologie, e stai lavorando come Supervisore agli Effetti Speciali su un nuovo film, ancora senza titolo, incentrato sulla figura di Han Solo. Puoi illustrarci nel dettaglio il tuo ruolo e la sua importanza?
Mi sento fortunato a far parte di questo gruppo in un momento in cui ci sono tante cose in ballo. Siamo impegnatissimi a realizzare parecchi progetti profondamente diversi fra loro. Al momento impiego le mie giornate lavorando qui nella nostra sede a Londra come Supervisore agli Effetti Speciali sul film incentrato su Han Solo, poi, con i senior manager dell'ILMxLAB, mi tengo aggiornato su tutte le novità nel campo della tecnologia. Cerco infatti di pormi degli obiettivi sempre più ambiziosi per quanto riguarda l'entertainment e lo sviluppo di nuovi strumenti tecnologici, cosa che integro poi con il lavoro per Lucasfilm.
Come abbiamo già accennato, stai lavorando al tanto atteso film su Han Solo. A che punto siete e cosa vi aspettate da questo film?
In realtà attualmente ci troviamo nelle primissime fasi del film. Abbiamo già annunciato i nomi dei registi, ovvero Christopher Miller e Phil Lord, insieme ad un paio di membri del cast, ma ci troviamo ancora nella fase di pre-produzione. Sfortunatamente non posso dire altro per il momento.
Può parlarci dei registi Christopher Miller e Phil Lord? Com'è lavorare con loro?
Adoro Chris e Phil, sono bravissimi nel loro lavoro. Abbiamo già realizzato un film insieme, Piovono Polpette; ricordo che ci siamo divertiti tantissimo allora. Naturalmente quando è sorta l'occasione di lavorare nuovamente con loro l'ho presa al volo; ho accettato immediatamente di far parte del team.
Quali progressi tecnologici sono stati fatti negli ultimi dieci anni nel suo campo? E invece, cosa prevede per i prossimi dieci?
Dieci anni fa nel campo degli effetti speciali c'erano ancora molte domande aperte riguardo ciò che si sarebbe potuto o dovuto realizzare; ricordo diverse incertezze di questo tipo. Quando ho lavorato ai primi personaggi in CG mi sembrava di affrontare sfide enormi, ma oggi tutte queste cose rappresentano la norma: sappiamo come rendere estremamente realistica la pelliccia di alcuni personaggi così come i vari tipi di vegetazione, ad esempio. Oggi la vera sfida è mettere insieme tutte queste cose e creare un sistema continuo su cui sia semplice lavorare per tutti i membri di un team. In questo modo i registi possono veder realizzate le loro idee più facilmente e rapidamente sullo schermo, grazie a degli strumenti creativi ed integrati che permettano di lavorare appunto in maniera continua dal momento della creazione di un concept fino al momento in cui il film esce nei cinema.
Tra dieci anni invece credo che faremo davvero di tutto in CG. Ci sono cose che rappresentano ancora una sfida, che sono talmente costose che non potremmo mai realizzare in CG oggigiorno; alcuni processi richiederebbero tanto tempo -parliamo di giorni interi- per essere portati a termine. Credo che invece in futuro sarà possibile avere dei feedback istantanei dal regista e da tutti i creativi coinvolti nella realizzazione di un film, e questo rappresenta un grande passo avanti nel campo degli effetti speciali. Al momento dobbiamo aspettare ore per far sì che il computer riesca a processare degli elementi, costringendoci talvolta a postporre un feedback al giorno dopo; da questo punto di vista sono convinto che molte cose cambieranno nei prossimi dieci anni.
Quali sono i suoi prossimi progetti?
Come ho annunciato di recente, sto lavorando insieme al mio team della ILMxLAB ad un tipo di entertainment immersivo, in tutti i sensi: parlo di realtà virtuale (VR, Virtual Reality), realtà aumentata (AR, Augmented Reality), location-based entertainment. Queste nuove tecnologie ci regalano nuove forme di storytelling, che hanno ragione di esistere solo in funzione di esse. Danno inoltre la possibilità ai registi di entrare letteralmente nel mondo che intendono creare. Al di là di questo, stiamo cercando di migliorare alcuni tools, apportare delle innovazioni nel campo dell'illuminazione, e creare nuovi strumenti per la realtà virtuale.
In occasione dell'uscita del film Snoopy & Friends - Il film dei Peanuts, abbiamo intervistato alla View Conference 2015 di Torino Scott Carroll, Animation Supervisor dei Blue Sky Studios, già famosissimi per la serie de L'era glaciale e per film live-action come Star Wars: Episode III - La Vendetta del Sith.
Domande a cura di Giorgio Parma e Sarah Passacantilli
Adattare un fumetto di culto come Peanuts di Charles Shulz di sicuro ha presentato sfide notevoli, soprattutto dal punto di vista della fedeltà. Come mai si è optato per la CG e non per una semplice animazione in 2D? Secondo lei, in generale, in cosa risulta migliore l'animazione in CG rispetto a quella più classica?
La famiglia Schulz ci ha contattati tempo fa - siamo principalmente uno studio di animazione 3D, e non saprei dire se hanno da sempre avuto l'idea di creare un film sui Peanuts in 3D, non perché ci sia qualcosa di male nell'animazione tradizionale, che comunque adoro. Credo cercassero soltanto di dare ai Peanuts un look più fresco ed originale per le nuove generazioni. Ad ogni modo, amo tantissimo l'animazione in 2D. Però, per qualche motivo, credo che al momento quella in 3D sia la "novità", anche se ormai è un mezzo usato da diversi anni e non è più cosa davvero nuova. Personalmente, credo che il problema principale sia avere una buona storia, che è la cosa più importante, e che poi la si possa raccontare in ogni modo: in stop-motion, in 2D, in 3D e così via, e funzionerà sempre. Comunque penso che la ragione per cui la maggior parte dei film di animazione siano in 3D oggi è che questo mezzo sembra essere associato con un maggior profitto, ma dubito che sia il caso dei Peanuts dal momento che si parte già con una storia vincente.
Conoscevi già in maniera approfondita le strisce dei Peanuts prima di adattarle sul grande schermo? Hai riscoperto aspetti dell'opera che prima non avevi captato?
Sì, avevo già letto le strisce di Schulz ma ho approfondito guardando lo show televisivo, poi ne sono diventato un fan ancora più accanito facendo tutte le dovute ricerche per il film. Ciò che mi piace molto è questa scoperta continua: ad esempio la famiglia Schulz ci ha mostrato del materiale di Charles durante la lavorazione del film, e questo ci ha permesso di scavare ancora di più nelle diverse personalità dei personaggi, per cui per dirne una, è stato fantastico poter "conoscere meglio" Charlie Brown.
Quali sono le principali differenze tra lavorare nel settore dell'animazione per film live-action, come lei ha fatto su Van Helsing e su Star Wars: Episodio III – La vendetta dei Sith, e invece lavorare su un film totalmente animato?
La differenza principale con i film live-action è che questi vengono prima girati e poi bisogna lavorare con il team di effetti speciali; invece, per quel che riguarda i film animati, questi sono generati al 100% da noi dello studio di animazione. Dal punto di vista degli animatori, abbiamo maggiore libertà nel secondo caso perché non siamo costretti a lavorare su scene già filmate, quindi abbiamo la libertà di fare tutti i cambiamenti che sentiamo siano giusti per la storia e per i personaggi.
Qual è il suo personaggio preferito di Peanuts?
Come Animation Supervisor di tutto il film ho supervisionato tutti i personaggi, ma direi che il mio personaggio preferito è Charlie Brown, innanzitutto per ciò che rappresenta: mi ci identifico, mi piace il modo in cui viene sempre buttato giù e puntualmente si rialza, e mi piace il modo in cui tratta tutti gli altri personaggi come amici. È semplicemente una brava persona.
Può parlarci brevemente del suo nuovo progetto, la realizzazione di Ferdinand? Quale sarà l'approccio adottato?
Non posso ancora dire nulla su Ferdinand, perché credo che molto presto uscirà qualche informazione a riguardo, per cui al momento non ho libertà di parlarne.
In occasion of the release of Peanuts - The movie in Italy, we have interviewed at the View Conference 2015 in Turin Scott Carroll, Animation Supervisor for the Blue Sky Studios, already well known for the Ice Age series and for live-action movies like Star Wars: Episode III - Revenge of the Sith.
Adapting Charles Schulz's iconic comic book Peanuts has surely presented major challenges, especially when it comes to stay faithful to its story and style. Why did you opt for a CG animation instead of a 2D animation? Generally speaking, why is CG animation better than the traditional one in your opinion?
The Schulz family came to us - we are primarily a 3D animation studio, so I don't know if they always had this vision about Peanuts as a 3D movie, not because there's anything wrong with 2D, which I certainly love. I think they were just looking to give Peanuts a new look for the new audience for 2015. However, I really love traditional animation. For whatever reason, I think 3D animation right now is "what's new", although it's been around for few years now and it isn't really that new anymore. Personally anyway I think that as long as you have a good story, which is the most important thing, you can tell it any way you like, in stop motion, or traditional animation, and so on, and it will work. I think the reason why most things are 3D these days is that for whatever reason it seems to be associated with being more profitable, but I don't think that's here the case, given such a good story.
Did you already know the Peanuts strips in depth before you adapted them for the big screen? Have you found, while working on the movie, some aspects of Schulz's work that you had not noticed before?
Yes, I had already read them in the paper but I became much more intimately familiar with them once on the show, so I became an even bigger fan while doing all the research for this film. I would say what's really a cool thing is this discovery: all of the Schulz family has talked about this and showed us some material from Charles Schulz - it was really interesting to dive in more deeply in all the different personalities of all the other characters, so it was exciting just getting to know Charlie Brown for example. That's what I enjoyed about it.
Can you tell us the differences between working for live-action movies, as you did for Van Helsing and for Star Wars: Episode III - Revenge of the Sith, and a fully animated movie?
One of the big differences with the live action film is that you shoot the live action first and then you have to work with the live action crew that creates the visual effects; instead, on animated movies, it is 100% generated by you, the animation studios. From the animators' perspective, there's more freedom there, because we are not tied down to previously shot live action, so you have the kind of freedom to do whatever you feel is right for the story and for the characters.
What's your favourite character on the movie?
I was the Animation Supervisor for the whole film, so I supervised all the characters, but I'd say my favorite character was Charlie Brown, mainly because of just who he is as a character: I can relate with him, I really like how he gets knocked down time after time, and he keeps getting back up, and really how he treats everybody as a friend. He's just a good human being.
Can you briefly tell us about your new project, Ferdinand? Which will be the approach you are going to use?
I can't really say anything about Ferdinand yet, because I think something will come out in the near future, so unfortunately I don't have the liberty to say much right now.
La seconda giornata della XVI edizione della View Conference di Torino è stata inaugurata dalla presentazione dell'ultimo, maestoso lavoro di Mark Osborne, che insieme al suo team ha creato un adattamento unico di un'icona nella letteratura francese, Il Piccolo Principe, nelle sale italiane dal 1° gennaio 2016. Già due volte candidato Oscar per la co-regia di Kung-Fu Panda nel 2008 e per quella del cortometraggio More del 1999, Osborne ci ha guidati, previa introduzione di Maria Elena Gutierrez, la direttrice dell'evento, nell'emozionantissimo universo di Antoine de Saint-Exupéry, dove il sogno ad occhi aperti e l'immaginario dell'autore si sposano con una storia moderna ed emblematica della sua visione del libro.
La sua prima copia gli è stata regalata da quella che oggi è sua moglie, quando, un paio di decadi fa, stava ancora cercando la sua strada come artista. Il libro, afferma Osborne, gli ha dato un input molto importante per entrare in contatto con il suo io più fanciullesco e autentico.
La delicatezza malinconica del trailer, resa ancora più intensa grazie alle musiche di Hans Zimmer e Richard Harvey, traspira anche attraverso le diverse tecniche di animazione utilizzate per il film, la CGI e la stop motion (perché, "con media diversi, si possono esprimere stati d'animo diversi"). Così Osborne ha commentato il suo lavoro: "'Mamma perché piangi?' Questa è la domanda che i bambini generalmente pongono al genitore che si emoziona dopo aver raccontato loro una fiaba. È la stessa situazione che mi piacerebbe si ricreasse con Il Piccolo Principe, un film per tutti, non solo per bambini. Gli adulti ritroveranno il proprio io, ed il via per una conversazione intima e transgenerazionale con i propri figli."
Alla fine del suo discorso, abbiamo avuto l'opportunità di intervistarlo.
Come è cominciato tutto - come ti sei trovato a lavorare su un film basato sul libro francese più tradotto al mondo?
Sono stato contattato dai produttori del film, Dimitri Rassam e Anton Soumache; si tratta di due produttori francesi che avevano questa particolare ambizione di creare un film molto importante basato sul libro de Il Piccolo Principe. Allora non sapevo che avevano già parlato con molti registi, e molti altri del settore che volevano trovare un modo "giusto" per dare alla luce questo film. Appena ne ho sentito parlare, ho detto di no, ma poi più ci ho pensato e più ho capito che in realtà erano molto determinati nel realizzare la loro idea, ed è stato allora che ho razionalizzato il modo in cui immaginavo potessimo creare un'esperienza cinematografica che lasciasse qualcosa in più rispetto al libro, che trasmettesse la sua energia e il modo in cui può cambiarti la vita. Dopo aver formulato diverse idee, le ho presentate ai produttori, che ne sono rimasti entusiasti perché era la prima volta che parlavano con qualcuno che osasse andare oltre i confini creati ed immaginati per il libro. È stata l'unica strada per me autentica per proteggere il libro e celebrarne la magia.
Ammiriamo molto il modo in cui hai reinventato la trama, mettendo qualcosa in più nel film rispetto alla semplice storia presente nel libro che, essendo così famoso e amato in tutto il mondo, poteva essere una grandissima tentazione. Per noi è incredibilmente originale. Come mai hai pensato a questa side story?
È stata più che altro una necessità; la side story, o "la storia più grande", come mi piace chiamarla, è nata dagli stessi elementi presenti nel libro, ed è stato un qualcosa che si è sviluppato col tempo in maniera naturale con l'aiuto dei miei scrittori, gli storyboard artists e gli altri visual artists che hanno lavorato sul film. È stato un processo autoevolutosi nel cercare di trovare la giusta cornice che potesse supportare il libro e proteggerlo. Volevo anche correre intenzionalmente dei rischi, perché credo che il libro sia un'opera d'arte unica e ho pensato che per rendergli giustizia dovevamo adottare questo tipo di approccio come a suo tempo fece l'autore. Quindi ci sono cose pensate per questo film "allargato" necessarie per ottenere un'esperienza cinematografica, e ciò è stato ispirato da molte diverse interpretazioni del libro e da emozioni abbastanza intime che ho condiviso con il mio team.
Siamo molto impressionati dal fatto che i film su cui lavori hanno sempre un cast stellare di attori che prestano le loro voci ai personaggi, come Dustin Hoffman, Lucy Liu e Angelina Jolie per Kung Fu Panda ad esempio, e Marion Cotillard, Jeff Bridges, Benicio del Toro e persino tuo figlio, Riley Osborne, nel ruolo del Piccolo Principe. Come scegli gli attori per il tipo di gestualità e flemma che immagini per i tuoi personaggi animati?
Non c'è un modo univoco per fare ciò; a volte le idee per il casting provengono da persone diverse. Infatti può essere l'idea di un produttore, come è successo per Dustin Hoffman nei panni di Shifu, che è stata un'idea di Jeffrey Katzenberg. Allora ci stavamo sforzando di trovare una voce per il Maestro Shifu e lui suggerì subito Dustin Hoffman, che è un attore geniale. È stata un'opportunità emozionante e straordinaria poter lavorare con lui per creare qualcosa. Ciò che adoro è che ha davvero voluto darci qualcosa di nuovo, e non qualcosa che già esistesse o che avesse già fatto. In quel caso sono stato estremamente fortunato perché creare un personaggio animato dal nulla è qualcosa di davvero importante. Anche Jack Black per Po è in parte Jack Black, ma è maggiormente un personaggio del tutto nuovo, perché è riuscito a creare qualcosa che è unico e singolare. Lo stesso è accaduto con Jeff Bridges. Ho chiesto a Jeff di aiutarci a creare questo personaggio. Personalmente, ho avuto difficoltà all'inizio a capire come doveva suonare la sua voce. Uno dei miei sceneggiatori, Irena Brignull, a un certo punto ha detto "Per quel personaggio, immagino sempre Jeff Bridges". Da quel momento non sono riuscito a togliermelo dalla testa ed è diventata un'ossessione cercare di raggiungere Jeff e assicurarci che potesse essere sulla nostra stessa linea d'onda. Da quando è entrato nel team, ha fatto un lavoro incredibile nell'inventare un personaggio del tutto nuovo. Ho sempre avuto fortuna con tutti gli attori con cui ho lavorato su questo progetto. Rachel McAdams ha fatto un lavoro fenomenale nel dare un cuore al personaggio della madre, a darle umanità. C'è una fragilità meravigliosa nella sua voce, e ha creato qualcosa di unico - possiamo ridere di lei e relazionarci a lei nello stesso tempo.
The second day of the XVI edition of Turin's View Conference has been opened by Mark Osborne's latest, majestic work. Together with his team, he has created a unique adaptation of an icon in French literature, The Little Prince, to be released in Italy next January. Twice already an Oscar candidate for Kung Fu Panda's co-direction in 2008 and for the short movie More in 1999, Osborne has guided us, after an introduction by the director of the event Maria Elena Gutierrez, through the very emotional universe created by Antoine de Saint-Exupéry, where the imaginary of the author and a constant daydreaming feeling meet an incredible modern story, an emblem of Osborne's vision of the book.
The first copy of The Little Prince was gifted to him by his wife (it was her childhood copy) when, a couple of decades ago, he was still looking for his direction as an artist. The book, says Osborne, gave him an important input to get in touch with his most authentic and child self.
The delicate melancholy of the trailer was made even more intense thanks to the music by Hans Zimmer and Richard Harvey; it also breathes through the different animation tecniques used for the movie, the CGI and the stop motion (because, "with different medias, you can express different states of mind"). This is how Osborne commented on the trailer: " 'Mom, why are you crying?' This is the question that children usually ask a parent when they get emotional after reading them a fairy tale. It is the same situation I wanted to recreate with The Little Prince, a movie for everyone and not just for children. Adults will find again their true self, for an intimate and transgenerational conversation with their kids."
At the end of his speech, we had the chance to interview him.
How did it all start - how did you end up working on a movie based on the most translated French-language book of all time?
I was approached by the producers, Dimitri Rassam and Anton Soumache; they were two French producers that had an ambition to make a big movie out of the book. I didn't know this at the time, but they had already talked to many different directors and many different people that were trying to find a way to make a movie. So, when I first heard about it, I said no, but then the more I thought about it, the more I realised that they were very serious about doing this, and that's when I created my idea of how I felt we could make a cinematic experience that was not just the book, but more about the power of the book and how it can affect your life. Once I came up with that, I pitched that back to the producers and they were very excited because they felt it was the first time they had spoken to anybody who dared to go outside the bounds of what the book created. To me that was the only way to really protect the book and celebrate its magic.
We appreciated how you dealt with the plot - you put something more in the movie rather than the plain story of the book, which, being so famous and loved, would have been a huge temptation. We found this really original. Why did you think of a side story and how did you come up with it?
It was really just a necessity, the side story or the larger story as I call it that surrounds the book is really born out of the elements of the book, and it was really just something that developed over time, with the help of my writers, the storyboard artists, the other visual artists that worked on the film, and it was really quite an evolved process of trying to find just the right frame that would support the book and protect the book. I wanted to take risks as well, I think the book is a fairly unique work of art and I thought that to really pay tribute to it we had also endevour to take risks like the book took. So there are things that we do in the larger film that make it a cinematic experience, and it was really just inspired by many different interpretations of the book and personal feelings of the book that I shared with my core team.
We are very impressed by the fact that the movies you work on always have a stellar cast of featured voices, like Dustin Hoffman, Lucy Liu and Angelina Jolie for Kung Fu Panda for instance, and Marion Cotillard, Jeff Bridges, Benicio Del Toro and also your son, Riley Osborne, in the role of The Little Prince himself. How do you pick actors for the kind of gestuality and phlegm you imagine for your animated characters?
It's different, there is no one way to do it; sometimes casting ideas come from different places, sometimes it's an idea from a producer - Dustin Hoffman, as Shifu, was actually an idea from Jeffrey Katzenberg. We were struggling to find a voice for Master Shifu and he suggested Dustin Hoffman, who is a genius, brilliant actor and so it was a really exciting, extraordinary opportunity to work with him to create something. He really wanted to create something for us and not just give us something that already existed or that he had already done. In that case I've been extremely lucky because the process of creating a character in animation is so important. Even Jack Black for Po is partially Jack Black, but it's a brand new character. He came up with something that is very unique and very singular. The same with Jeff Bridges. I asked Jeff to help us create this character and have an idea for who this character is, and honestly I had a really hard time figuring out what he should sound like. It was one of my writers, Irena Brignull, who said: "I always picture Jeff Bridges". And once she said that, I couldn't get it out of my head and it became quite an obsession to try to get to Jeff and make sure he could understand what we were doing. Once Jeff entered the process, he did an incredible job in inventing a character and I think he's really special. I've had a lot of incredible luck with all the actors I've worked with on this project. Rachel McAdams did a really phenomenal job of bringing heart to this mother character, a real humanity to her. There's a really beautiful fragility to her voice and she brought that, she created something really unique, we can laugh at her but we can relate to her at the same time.