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Maurizio Rosenzweig: L'amore colpevole

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Sei generalmente considerato un'icona del fumetto indie e dell'autoproduzione, sebbene ti sia avvicinato più volte all'editoria popolare o dei grandi numeri. Quanto è importante per te l'autonomia autoriale e quella dei personaggi di tua creazione?

Fermo restando che mi trovo bene anche a collaborare con uno sceneggiatore, lavorare da solo è più difficile, anche se più coinvolgente. Scrivere è più complicato che disegnare, e la cosa richiede un bel lavoro di ricerca e autocoscienza. Lo spazio che le idee dilatano attorno ai miei personaggi diventa un terreno consacrato, ma instabile, sul quale può crescere qualunque cosa e accadere di tutto, e questa “libertà” spaventa, dato che, comunque, sia scrivere che disegnare è una questione di scelta.
Come fare la scelta giusta, se i parametri di valutazione delle possibilità sono comunque frutti del proprio albero?!?
In quest’ordine di idee, tutto quello che riesco a scrivere e a disegnare assume aspetti di esclusività e preziosità infinita, e più riesco a muovermi indipendentemente, più importante diventa questo spazio e più fondamentali le creazioni al suo interno.
Il rapporto con storie e personaggi “propri” si alimenta  costantemente di questa morbosa dedizione legata in modo subdolo anche alla personale idea di realizzazione.
Un amore ossessivo, ma duraturo, proprio perché impossibile da appagare totalmente.
Finita una storia, bisogna scriverne un’altra per continuare a riconoscersi.
Cacchio… ’sta cosa me la rileggo dopo con calma e vedo di capirci qualcosa.
 
Oltre che da autore unico ti sei cimentato soprattutto in passato con sceneggiatori di diversa estrazione autoriale (Federico Memola, Marcello Toninelli, Daniele Brolli, Diego Cajelli, Andrea G. Pinketts e più recentemente Lorenzo Bartoli e Roberto Recchioni). Quanto hai attinto dalla loro impronta stilistica? Cosa ti interessa maggiormente tra la narrazione stilisticamente ineccepibile e quella più coinvolgente, di pancia?

Lavorare con Brolli è significato imparare un mestiere; rimane la prima esperienza più solida e fondante, assieme a quella con [Giuseppe] Palumbo, dal quale ho fatto anche una indimenticabile “ bottega”; Memola e Toninelli sono stati i primi ad avere fiducia nella editoriabilità dei miei lavori, e con Cajelli e Pinketts è stato più uno scambio fra colleghi, anche se Diego è un grande insegnante e tutte le volte che abbiamo condiviso un’esperienza didattica, alla fine mi ritrovavo accomodato fra gli allievi ad imparare, scoprire e prendere appunti... Con Recchioni e Bartoli ho imparato a fare i fumetti, quelli che solo all’apparenza sono semplici, ma che in realtà nascondono mille insidie narrative.
Lavorare con questi talenti ha voluto dire frequentare una scuola per privilegiati, ma non penso di avere subito grandi influenze; ho purtroppo grossi vincoli Rosenzweigcentrici che alla stretta mi tocca definire STILE PERSONALE, che ha subito più suggestioni provenienti da gente come Fellini, o da certe commedie italiane (penso a Io, io, io e gli altri, di Blasetti, con Walter Chiari)… o alcuni film horror di Raimi, le epiche di Stallone o dall’insieme caotico di tutto quello che vedo e leggo che si confonde nella dimensione fuligginosa del ricordo. Avendo una pessima memoria, tutte queste cose sedimentano senza logica. Prima o poi trovano una loro strada verso la carta, ma con forme assolutamente imprevedibili, per me.
Certo è che anche il confronto con [Marco] Schiavone è stata una bella lezione di scrittura, svilente e umiliante ma anche necessaria. Per L'amore colpevole ho avuto anche un editor che ha supervisionato la definitiva ristesura dei testi: Andrea Ferrari. L’idea di avere un editor tutto per me è stato davvero esaltante, e un tassello importante nella continua scoperta dei vari aspetti del lavoro di scrittore che mi mancava. 
Naturalmente mi coinvolge molto di più un’estemporaneità, nel racconto.
Mi piace quando le suggestioni diventano storie, quando i fatti iniziano ad inanellarsi fino a diventare un racconto, come nella vita reale, dove si costruisce la storia stratificando le giornate.
Certa narrazione “orologistica” mi affascina, ma al contempo mi annoia. Vorrei sapere fare entrambe, comunque.
Penso che certe storie richiedano “struttura” e altre istinto.
Bisogna solo cercare di riconoscerle. Ed essere pronti.

Il tuo personaggio-feticcio è Davide Golia, che ha avuto una vita editoriale abbastanza movimentata. Il primo volume (Mostri si nasce) lo ha pubblicato la PuntoZero di Andrea Plazzi, successivamente si è giunti sotto l'ala del Grifo, con Demonio amore mio e Charisma. Un character costruito sulle tue esperienze personali quanto è difficile da gestire?

In realtà è stato semplice. L’ho vissuta come trovarmi lì a raccontare delle storie a degli amici, divertendomi e cercando di coinvolgere. È chiaro che metterci la faccia fa un po’ paura: magari chi ti conosce da’ pure la tua voce a quello che legge e lì si fa davvero complicato prendere delle distanze diplomatiche; tolti questi timori, la genesi delle storie è stata relativamente semplice e naturale.
Non si può scrivere prescindendo da sé stessi e prima si accetta questa verità e meglio si arriva alla fine della tortura. Naturalmente poi l’autobiografismo si mistifica con la fiction narrativa, e con i sapori del genere, con lo stile di scrittura e con i pasticci vari del cervello, e magari questo aiuta a non affondare nella palude di verità che ci si sente in dovere di raccontare.
Comunque adesso Davide si è liberato dalla mia ingombrante presenza; ha sgomitato abbastanza da diventare indipendente. Sono curioso di vedere cosa mi chiederà di raccontare ora, e lì mi sa che sarà davvero difficile.
Non sono tranquillo per un cacchio.

Crediamo che L'amore colpevole in un certo senso chiuda il cerchio con il personaggio Davide Golia, o quanto meno con le sue vicende primigenie. Cosa si prospetta per Maurizio Rosenzweig con o senza Davide Golia? Quali sono i progetti già in cantiere e futuri?

Sì… è vero. Chiude un ciclo della sua vita, quello più legato a me.
Ora ho scritto un’altra storia dove lui sarà nell’arena con altri personaggi; sarà una storia più corale, e devo solo iniziare a disegnarla. Intanto porto avanti una storiella iniziata questa estate per gioco e sto cercando di capire cosa diventerà: è una storia che scrivo navigando a vista. Ogni sera faccio una pagina e vedo che succede la sera dopo, a seconda di quello i personaggi mi suggeriscono. Il protagonista è un ragazzino risorto misteriosamente che si chiama Zigo Stella e deve scoprire un po’ di cose sulla sua situazione e sulle strane figure che lo insidiano.
Vediamo….
Poi ho altri progetti, ma sono così embrionali che non ha senso parlarne…
Vi terrò aggiornati.

I tuoi esordi risalgono ai tempi dello Shok Studio con Alberto Ponticelli, ormai lanciatissimo nel comicdom internazionale. Ti piacerebbe ricalcarne i passi lavorando su storie e personaggi tanto lontani quanto caratterizzati o preferisci un controllo più diretto sui lavori che produci?

Alberto è il mio guru, la mia luce spirituale, il mio Sensei e la sua carriera è motivo di esempio e orgoglio, ma temo di avere sviluppato una morbosa affezione per le cose che sento di dovere raccontare. Non amo i supereroi, anche se sono cresciuto con le storie dell’Uomo Ragno degli anni ’70 (amore in condivisione con tutto il mondo occidentale) e con l’idea che il migliore sia ancora Superman; no… mi piace quello che sto facendo perché mi ci riconosco, e forse il mio ego strabordante mi impedirebbe di vivere serenamente una struttura così attillata e autoreferenziale come certa produzione americana.
Farei un’eccezione se mi commissionassero una storia di Shazam, dandomi carta bianca; nessuno riesce a catturare il suo vero spirito, sono anni che escono solo stupidate. Speravo in Jeff Smith, ma ha fatto una roba pessima e anche disegnata da vomito.
Per Shazam lo farei immediatamente.
Comunque Alberto con Blatta ha dimostrato di essere anche un grande Autore; quella storia è splendida, e di recente anche una delle cose che ho letto che più mi ha emozionato.
Bravo Alberto. Quel ragazzo è perfetto. È pure bello.
Chiunque lo invidi, ne ha tutti i motivi!

Ramarro, Shanna Shokk, John Doe, Laida Odius, Giada, Milano Criminale... Cosa salvi e cosa dimenticheresti di queste esperienze?

Cacchio… salvo tutto.
Forse mi spiace un po’ per Ramarro: è stato un delitto di lesa maestà, come dicono i fighi. Ero tanto felice di lavorarci, quanto goffo. Ero agli inizi, e i primi due numeri di quella miniserie erano davvero ingenui. Mi sono un po’ organizzato sul terzo, ma è sempre stato territorio di Palumbo, e lì esiste solo lui.
E poi tante cose che potevo fare ma che non ho fatto perché la testa non era pronta.
Salvo tutto. E con amore. Ho rispetto, per il mio passato. Lo difendo, e gli parlo spesso: penso abbia tante cose da dirmi….o ripetermi. Carognate incluse.

Tra le tue ispirazioni dichiarate oltre ai rocker Kiss e i cult artist Richard Corben e Robert Crumb vi è il mondo fantascientifico letterario e cinematografico descritto su L'amore colpevole. A noi piace accostarti anche ad Andrea Pazienza per la narrazione di una quotidianità che i benpensanti definirebbero insana. Ti piace il mondo di Pazienza e i suoi trascorsi fumettistici?

Ho scoperto Pazienza tardi. E ti confesso che amo più i suoi disegni che le cose che ha scritto. Anche se mi rendo conto della bellezza di storie come Pompeo… o quella del tizio sulla sedia a rotelle che tira giù l’impiccato dall’albero… o le storie tipo quella dove muore Petrilli (vedi che non mi ricordo neanche i titoli?)... quello che racconta non tocca le mie corde. Mi piacciono, i suoi lavori, ma non mi emozionano.
Quel modo di raccontare l’ho sempre avuto; per quanto riguarda il tono del racconto, viene da uno squilibrio naturale dei contenuti che mi nasce da una doppia personalità congenita che mi lascia pensare una cosa e l’istante dopo il suo esatto contrario: Stevenson ci ha scritto un libro, su gente così.
In quanto al senso della composizione, mi viene dai libri di Sendak che mi portava mio padre da piccolo, o dai libri d’illustrazione per ragazzi in genere, dove il testo e le immagini se la giocano nei modi più diversi.
Pazienza rimane in assoluto uno dei geni irraggiungibili e inimitabili della letteratura mondiale!
Poco importa.
Preferisco ancora Mr. Natural.
E Den.
E Calvino.
E Gene Simmons.

Grazie, ragazzi. Spero di avere risposto in modo soddisfacente e non troppo pedante.
Grazie ancora.

Rosenzweig
E non capisco perché Word mi segnali come errore il mio cognome. Ma guarda te…



Giovanni La Mantia
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