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Gabriele dell'Otto e l'Alleanza Marvel

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Ciao Gabriele, ben tornato su Comicus.
A settembre dunque uscirà per tutte le console il videogame "Marvel: la Grande Alleanza II". Ci racconti com'è andata questa nuova collaborazione con l'Activision e per chi non lo sapesse, qual è stato il tuo ruolo specifico?


Il mio ruolo specifico è stato quello di realizzare insieme al team italiano di Activision un packaging esclusivo per il nostro paese, legato appunto al nuovo Marvel: la Grande Alleanza II, sperando naturalmente di bissare il successo ottenuto dalla prima collaborazione e dalla prima versione del gioco.
Ancora una volta la molla è stata l’esigenza e la sfida di unire due mondi, quello dei comics e quello dei videogame e la cura dei dettagli è stata così maniacale che sono sicuro farà la felicità dei collezionisti di entrambi, anzi potrà sedurre i lettori di soli fumetti, conquistandoli ai videogiochi.

Il primo Marvel: la Grande Alleanza è stato molto apprezzato dai fan. Questo titolo, oltre a nuovi personaggi e funzioni, proporrà la versione videoludica di Civil War. Hai avuto modo di vederlo in anteprima, di scoprire qualche dettaglio particolare, insomma, cosa puoi dirci?

Si, inizialmente si è partito dall’idea di unire i poteri di 2 o più supereroi, la cosiddetta “fusion” appunto, l’innovazione principale di questa versione che uscirà a settembre. Era questa la base per partire a creare un artwork che avesse come spirito l’unione, il team-up all’americana.  Questo però non si è dimostrato facile da rendere artisticamente, soprattutto nel riuscire a far intuire le potenzialità del gioco, dell’unione. Così anche grazie a spunti arrivati dalla Marvel americana si è pensato alle due fazioni e ad un canovaccio basato su Civil War, inserendo l’elemento dello specchio rotto per mantenere la coerenza col pack americano. La chicca sono degli artwork creati ad hoc, delle sorprese “unpublished” di “dietro le quinte”, ancora top secret, così come alcuni personaggi di cui non si può ancora svelare l’identità. Ci sarà anche un supereroe con le mie fattezze, un Dell’Otto che lancia matite dalle mani… Scherzo!

Qual è il tuo rapporto con i videogame? Hai giocato al precedente titolo?

No, sono un appassionato di videogiochi, mi piacere davvero guardare chi gioca ma purtroppo io sono una frana.

Quali differenze ci sono state nel lavorare a un videogioco piuttosto che a un fumetto? E’ stato un approccio completamente diverso?

Non completamente, ma un poco diverso si.  Ci sono come dire delle "esigenze di copione" che portano a realizzare artwork liberi da un punto di vista artistico ma più indirizzati da un punto di vista tecnico. L’immagine deve essere la più pulita possibile, proprio perché ormai i videogame attuali offrono una grafica 3-D, iper dettagliata, nulla quindi a livello pittorico può essere lasciato al caso anche perché qui non abbiamo una arco narrativo che si dispiega ma un'unica istantanea, che deve essere la più precisa e ricca in assoluto.  Tutto ciò che c’è ci deve essere.

Passiamo ora al mondo dei fumetti duro e puro. Ti sei legato alla Marvel con un contratto esclusivo a partire da quest’anno e sappiamo che sei al lavoro su di una miniserie in tre numeri, X-Force: Sex and Violence, puoi rivelarci qualche dettaglio, qualche indiscrezione?

Non so se posso sbilanciarmi troppo. La sceneggiatura come sapete sarà nelle mani di Craig Kyle e Christopher Yost e diciamo che ho già terminato il primo numero di una serie che sarà molto “sexy” e molto “violent”. Ci sono delle scene molto crude che comunque ho cercato di mitigare anche con l’autoironia, stile "Commando" anni ’80. Dal 2001, dopo l’11 Settmbre, personalmente faccio fatica ad avere a che fare con il sangue, questo è la mia prima opera dove ritorno per così dire a realizzare scene davvero “splatter.”


C’è un personaggio Marvel che non hai avuto ancora occasione di rappresentare e su cui ti  piacerebbe lavorare?

Sicuramente Warpath, che avrò comunque il piacere di disegnare proprio in Sex and Violence.

Possiamo dire che il genere in cui ti senti più a tuo agio ed ami è quello supereroistico in particolare o nutri amori diversi, che non sei riuscito ancora a corrispondere?

Fuori dall’ambito fumettistico mi interesserebbe il character design per il cinema o per i videogames, ma nel mondo del fumetto sono felice dove sono, amo disegnare i supereroi ed è quello che voglio continuare a fare. E poi ho già fatto una copertina per il Dylan Dog Color Fest.

Quando ti approcci ad un personaggio hai come punto fisso una rappresentazione classica, magari di un grande artista che ne ha definito lo standard insieme alla Marvel naturalmente, o sei subito orientato ad una tua personalizzazione, sempre Marvel permettendo naturalmente?

Assolutamente si. La versione classica è un must, ma con un mix di innovazione e personalizzazione. La Marvel lascia comunque molta libertà in merito. A me per esempio piace molto giocare con i costumi dei personaggi.

Puoi dirci, se ci sono stati per te, chi consideri maestri e mentori? E attualmente, invece, con quale autore ti piacerebbe collaborare?

Il mio mentore in senso più stretto è stato il mio ex docente/primo datore di lavoro Giovanni Mazzoleni, sconosciuto ai più: è un illustratore tra i più bravi che io conosca e a cui devo moltissimo.
Se parliamo invece di autori di riferimento ce ne sono moltissimi anche al di fuori del campo fumettistico, Caravaggio e Rockwell su tutti!  

Sei ormai una vera e propria istituzione nel campo delle cover, prima in Italia e ora anche negli States. Come cambia il tuo approccio dal lavorare su una cover al costruire una tavola e poi un'intera storia a fumetti? Ti senti più illustratore, o disegnatore sequenziale, se questa differenza ti pare ammissibile?
 
Purtroppo e dico purtroppo perché adoro i fumetti, ancora non sono un bravissimo narratore sequenziale anche se nel nuovo lavoro che sto affrontando per la Marvel noto dei miglioramenti dall'ormai lontano Guerra Segreta. Affrontare una cover significa cercare con un immagine singola di raccontare o interpretare "un singolo" momento che sia rappresentativo di ciò che accade nel fumetto e che sia il più possibile accattivante e spettacolare per colpire l'attenzione di chi si troverà a comprare quel volume in mezzo ad altre decine sulla rastrelliera di una fumetteria!
Raccontare per sequenza è più facile per alcuni versi ma sicuramente più complesso a livello grafico di composizione della pagina (almeno per il sottoscritto).

Qual è, secondo te, la differenza principale tra fumetto americano e quello italiano, tra mercato americano ed italiano? E’ più facile, più meritocratico o semplicemente più ricco il mercato americano per un disegnatore italiano?
 
Le differenze più lampanti sono sicuramente relative ai "numeri" che naturalmente in America sono centuplicati rispetto al mercato Italiano essendoci più popolazione e quindi più richiesta. Inoltre in Italia la cultura dell'arte di cui il nostro territorio è pregno, ci porta inevitabilmente a dei confronti in cui il campo artistico/fumettistico ne uscirà sempre perdente.
Il mercato americano per un disegnatore italiano è sicuramente stimolante dal punto di vista creativo e rassicurante per la mole di lavoro (semi-continuativo).

Un consiglio lucido e spassionato per un giovane talento italiano che voglia iniziare una carriera nel mondo dei fumetti?
 
Se dovessi darlo "spassionato" sarebbe un consiglio che non varrebbe molto, invece voglio dare un consiglio "appassionato", provate, provate,provate, disegnate, disegnate, disegnate, ma soprattutto viaggiate!

Ultima domanda: attualmente, in ambito fumettistico, quale sono le letture che hanno suscitato il tuo interesse?

Mi aveva affascinato e divertito Nextwave di Warrre Ellis e Stuart Immonen.



Francesco Borgoglio
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