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Andrea Fiamma

Andrea Fiamma

The Wind Rises, il trailer

  • Pubblicato in Toon

È stato distribuito il nuovo trailer di Kaze tachinu (The Wind Rises, in italiano Si alza il vento), l'ultima fatica di Hayao Miyazaki. Il film, entrato nella rosa dei 19 candidati all'Oscar grazie alla distribuzione limitata nelle città di Los Angeles e New York, uscirà negli Stati Uniti a febbraio. In Italia la distribuzione, prevista per il 2014, sarà curata dalla Lucky Red.

Tratto dal fumetto dello stesso Miyazaki, Kaze tachinu racconta la storia di Jirō Horikoshi, l'ingegnere aeronautico che disegnò il caccia Mitsubishi A6M, utilizzato nell'attacco di Pearl Harbor.

Matita partigiana: Roberto Baldazzini e la resistenza

Intervista a cura di Andrea Fiamma.

Nato a Vignola, disegna da autodidatta e sviluppa uno stile dal tratto pop che rimanda, in una sorta di chiusura del cerchio, ai lavori di Roy Lichtenstein. Autore di opere come Casa Howhard, Beba, Chiara Rosenberg e Stella Norris, nonché fotografo e pubblicitario, Roberto Baldazzini debutta sulla rivista Oriental Express, grazie alla chiamata di Luigi Bernardi, per poi consacrarsi come uno dei maestri del fumetto europeo.

Impegnato negli anni Ottanta sulla rivista autoprodotta Pinguino Studios (insieme, tra gli altri, a Igort e Giorgio Carpinteri), Baldazzini è autore eterogeneo, in grado di passare dai fumetti erotici alla fotografia, fino alla pubblicità - imponente, per mezzi e qualità del lavoro, la sua campagna per la Tim degli anni novanta.

Presentato alla scorsa Lucca, L'inverno di Diego è il primo capitolo di una quadrilogia sulla resistenza italiana che attinge da testimonianze di prima mano e memorie famigliari. È la storia di Diego, giovane che sceglie la via partigiana contro il volere del padre, gerarca fascista, e delle conseguenze che questa scelta comporteranno.

L'autore ha gentilmente accettato di parlarci della complessa genesi dell'opera. E dei suoi fumetti preferiti.

Per leggere la recensione, clicca qui.

Roberto, benvenuto su Comicus.
Hai rivelato in più occasioni la genesi del fumetto, ma a livello di ispirazione c'è qualche opera, specie nel prolifico filone della letteratura di genere italiana, che ha influito sul fumetto?

invdiegoNo, sono stati i racconti orali di conoscenti con le loro storie personali a influire sulla mia immaginazione, solo in un secondo tempo mi sono messo a ricercare testi sull'argomento. Poi mi sono documentato su alcuni saggi per raccogliere informazioni più precise. Infatti dai racconti orali venivano fuori particolari legati all'umanità della gente comune e alle difficoltà della vita quotidiana di allora, io sono andato in questa direzione per mettere insieme le testimonianze. La coincidenza ha voluto che da diversi anni ho amici che curano documentari sulla resistenza (Sergio Mariotti) e creano diorami viventi (Alessandro Gherardini con il suo gruppo) ricostruendo episodi del periodo della guerra realmente accaduti nell'Appennino. Ho partecipato io stesso alle riprese e a volte ho interpretato ruoli vestito da partigiano...

Sei principalmente noto come fumettista e illustratore (nonostante i tuoi lavori spazino anche in altri campi, come la fotografia e la pubblicità), perché hai deciso di scrivere L'inverno di Diego di tuo pugno?
Soprattutto perchè sto cercando le mie origini. Sono partito d'istinto come se fosse una missione necessaria per la mia crescita spirituale. Volevo mettere nero su bianco la relazione padre/figlio e volevo essere io per primo a confrontarmi con il dolore che può scaturire da un conflitto del genere. Solo quando mi sono sentito di affrontare certe emozioni sono riuscito anche a scrivere e a disegnare la storia e ho lasciato che il tempo facesse maturare le idee, lentamente, senza fretta e urgenze. Poi, ho iniziato il confronto con gli altri e gli amici: autori, sceneggiatori ed editori.

Hai affermato che Alfredo Cavazzuti, Comandante Partigiano del Battaglione Mobile della Brigata Italia, ti ha svelato dettagli sulla vita quotidiana dei partigiani. Potresti portare degli esempi in merito?
Avrei voluto portare avanti un dialogo ancora e ancora su questi argomenti con Alfredo, un uomo lucido, ma purtroppo ci ha lasciato qualche anno fa, comunque ha potuto vedere tutte le tavole a matita che avevo disegnato. Appena c'era un nodo da sciogliere gli telefonavo e trovavo sempre la sua disponibilità a chiarirmi le idee. Alfredo mi ha raccontato una serie di episodi molto drammatici che gli erano successi, ma quando ho trovato il plot narrativo sul quale lavorare mi sono concentrato su quello, mettendo da parte il resto, vagliando prima di tutto ciò che poteva servirmi per rendere credibili i miei personaggi. Allora, gli elementi che riguardavano le piccole cose quotidiane, come mangiare, cosa bere, come riposare, come comunicare, il fattore luce, come riscaldarsi, le armi dove prenderle, come trasportarle, la paura, la rabbia, il dolore, la distanza dai propri cari, i piccoli gruppi di sbandati, la fuga, il buio, le attese... tutti elementi che sono stati utili per rappresentare quei momenti che io non ho vissuto, ma è come se lo avessi fatto attraverso le parole del vecchio partigiano.

Hai dichiarato di voler creare un laboratorio che raccolga, in un progetto comune, altri lavori a fumetti su quel periodo. Potresti fornici dei dettagli a riguardo? Ci sono già altre opere pronte?
Questa idea mi è nata strada facendo, quando ho capito che veramente ci sarebbe un mondo da raccontare che appartiene alla mia terra, a questi luoghi, al passato di molte persone attraverso la vita vissuta di parenti e amici. Storie dolorose, ma che hanno rafforzato e creato dei valori tra la gente che le ha vissute e trasmesse poi, spesso solo verbalmente, come un ricordo indimenticabile ai propri figli e nipoti. Per il momento riguardo al laboratorio ho solo il progetto che ho discusso con alcuni amici autori, quindi  è ancora presto per dire che cosa si potrà concretizzare. Sono orgoglioso della pubblicazione di questo volume e spero che potrà essere il “testimone” giusto per promuovere questo mio progetto e coinvolgere così autori ed editori.

Nei ringraziamenti citi molti sceneggiatori, tra cui Luigi Bernardi; ti sono stati utili per districarsi nella stesura della sceneggiatura? Che tipo di consigli ti hanno dato?
Anche se firmata da me come autore, sento di poter dire che questa è un'opera corale, Alfredo Cavazzuti in testa, ma tutti coloro che ho ringraziato mi hanno dato spunti e suggerimenti... e mi rendo conto di avere dimenticato tanti altri amici. Mi sono rivolto a Luigi Bernardi, naturalmente, spesso di fronte a certi cambi epocali, come questo, le sue impressioni erano importanti... purtroppo la dolorosa perdita di Luigi è coincisa con la pubblicazione di questo libro... posso dire però che è stato orgoglioso di vedermi di nuovo alle prese con una storia profonda ed emozionante, lui che mi ha tenuto a battesimo sulle pagine di Orient Express nel lontano 1982.

Hai affermato di avere in cantiere le altre 3 stagioni della resistenza. Il resto del progetto è ancora in fase di elaborazione o hai delle idee chiare sulla direzione delle storie?
Idee abbastanza chiare, ma vedrò dai confronti se la mia direzione è giusta, con alcuni amici e scrittori, tra i quali Claudio Silingardi (il direttore dell'Istituto storico di Modena), che ha scritto per il mio libro una stupenda postfazione. Vorrei raccontare ancora tre episodi che attraversano tutta il periodo della resistenza. La prossima storia, ambientata in estate, nella fattoria dove ha vissuto mio padre e la sua famiglia, descrive la “resistenza civile”: tedeschi, partigiani e sfollati che risiedono contemporaneamente in questa casa di campagna. Diventa così un crocevia di paure, angosce e risate dopotutto, ma anche morte e tragedia.
Invece nella terza storia mi piacerebbe raccontare la Repubblica di Montefiorino, quando i partigiani hanno definito meglio un'organizzazione militare e politica, qui dovrò studiare e approfondire l'argomento. L'ultima storia invece, ambientata in primavera del '45, narrerà della tragedia accorsa ad alcuni parenti di mia madre, nel borgo cittadino di Vignola bombardato ripetutamente dagli alleati, dove risiedevano tutti quanti e dove la speranza della fine della guerra era talmente forte che si mescolava alla paura che non finisse più! Il tutto sempre sotto gli occhi vigili di Diego/Alfredo, il mio personaggio che alla fine tornerà a confrontarsi con il padre repubblichino.

In libreria è uscito di recente il tomo 1001 fumetti da leggere prima di morire. Ce ne sono 3 che consiglierebbe ai lettori di Comicus?
Certo: il primo è Il principe Valiant di Harold Foster; il secondo I gioielli della Castafiore, le avventure di Tintin di Hergé: terzo a pari merito, Il garage ermetico di Moebius e Satanik, Il dono di Natale, di Magnus & Bunker.

L’inverno di Diego. Le quattro stagioni della Resistenza

Per leggere l'intervista, clicca qui.

È L’inverno di Diego, la nuova fatica di Roberto Baldazzini, a inaugurare l’etichetta di  Coconino-Fandango The Box. E lo fa con un’opera che si discosta dalla produzione dell’autore modenese, imbarcandosi di un racconto tutto italiano in quattro parti - da cui il sottotitolo “Le quattro stagioni della resistenza” - sull’esperienza partigiana. All’alba dell’8 settembre 1943, il diciottenne Diego è messo di fronte alla scelta di entrare nelle fila della Repubblica Sociale Italiana o far parte della resistenza. L'incontro con un un gruppo di ribelli (Graziano, il Pecora e Luisa, di cui si innamorerà) e l'incertezza di quell'inverno tempreranno il giovane e lo costringeranno a scontrarsi con il padre, gerarca fascista.

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Originariamente intitolata Il mio nome è Alfredo, l’opera si avvale della consulenza di Alfredo Cavazzuti, la cui storia è stata utile a Baldazzini per comprendere a fondo il periodo storico, ma lo schietto realismo della vicenda è danneggiato da uno svolgimento frenetico e da scelte narrative facili (Luisa trova Diego girovagare nei boschi e nel giro di una pagina abbassa ogni forma di cautela nei suoi confronti; l’evoluzione del protagonista verte troppo sul senso di colpa, smontando il fattore emotivo del finale - non risulta credibile la reazione di sgomento di Diego nel guardare due suoi compagni impiccati, dato l’esiguo spazio dedicato alle relazioni intessute con loro); non aiuta nemmeno il fatto che, sull’argomento, la letturatura italiana abbia prodotto alcuni dei suoi più alti risultati e che, a causa di ciò, molte delle scene perdano di mordente e originalità, senza contare che i temi della ribellione, della fuga, della perdita e conseguente ricerca di identità, il conflitto tra padre e figlio sono seminati ma non sembrano dare frutti (e l'interessante postfazione di Claudio Silingardi li mette in luce con maggior chiarezza). Le intenzioni, il progetto, sono encomiabili, persino ambiziose nel farsi una sorta di Piccoli maestri in quel gusto accennato da romanzo di formazione ed è innegabile che alcuni momenti funzionino (penso all’ironico finale in cui la preghiera balilla viene intonata durante l'uccisione dei soldati nazifascisti), tuttavia Baldazzini, più che con i dialoghi - non granché naturalistici come ci si aspetterebbe dalla situazione - è suo agio quando la narrazione si spoglia delle parole e si fa immagine pura, riuscendo a esprimere concetti che risulterebbero goffi o retorici.

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Il conflitto che dopo l’8 settembre ha generato nuovi schieramenti è esemplificato nella contrapposizione che percorre sotterranea tutta l’opera: il graphic novel comincia con un resoconto storico, che puzza di macchina da scrivere e vite di uomini, e finisce con un diario scritto a penna, tra le foto e i ricordi di un ragazzo.
Già da subito vengono poste le basi per quella che sarà, nel corso del volume, una continua dialettica tra il microcosmo personale di un individuo e il flusso inarrestabile della Storia, che è lì fuori, tra le nevi modenesi, tra il fitto intreccio di rami e tronchi, e a noi non è dato vederlo. Nel prologo, infatti, si alternano momenti di Storia italiana, corredati da una narrazione didascalica, invasiva, che copre le vignette, e la storia personale di Diego, muta, fatta solo di immagini: così facendo la privazione sonora della lettura aggiunge un ennesimo elemento dualistico. Il discorso è portato avanti anche nell’uso degli spazi: ogni volta che appare la minaccia nazifascista lo spazio si chiude, financo gli ambienti aperti si fanno angustiosi, claustrofobici, grazie ai suggestivi intrichi di betulle, in opposizione alle distese di neve a perdita d’occhio in cui marcia il gruppo di protagonisti.
Grazie a questi espedienti, la distinzione tra buoni e cattivi dovrebbe apparire ben definita, ma l’uso dei grigi sembra disinnescare la bipartizione, quasi a comunicare l’iniziale spaesamento del giovane Diego e, in seguito, lo scontro con il padre, antagonista, nemico, ma cionondimeno genitore.

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Baldazzini è artista della concretezza, e tutto diventa sensazione tattile, forza materica, fino ai minimi dettagli, le nuvole, piatte e omogenee, quasi palpabili, dei respiri, gli schizzi d’acqua che si solidificano e paiono tentacoli, lo sparo di una pistola che diventa un fuoco d’artificio, a suggerire una rigidità prodotta dalla guerra. Funzionano bene alcune idee registiche (termine non casuale, vista la decisione di togliere il tetto dagli edifici per rendere visibile la scena, quasi fosse un set cinematografico) e quelli che potrebbero essere presi per rimandi neoclassici delle tavole: se, nella classica dicotomia scolastica, il romanticismo mostrava la foga dell’evento nel suo pieno compiersi, il neoclassicismo scolpiva o dipingeva i momenti precedenti o successivi al fatto; allo stesso modo, gli abusi de L’inverno di Diego - per quanto efferati - vengono suggeriti dagli eventi temporalmente circostanti e, anche nei rari casi in cui il gesto è mostrato, la violenza è decentrata rispetto al fuoco della vignetta (la notte d’amore tra i due giovani, mostrata con lievi tocchi e conclusa con un ingrandimento delle loro mani, la marchiatura di Luisa da parte dei nazifascisti, la furia di Diego sui suoi aguzzini).
A questo si accompagna il sapiente uso delle dimensioni delle vignette, spazio che si espande e contrae nel tempo di un respiro e risulta leggibile con estrema facilità dall’occhio. Da sole costituiscono inquadrature fotografiche, piccoli quadri lichtensteiniani per pose ed estetica, e insieme diventano racconto fluido di una storia che altrimenti non lascerebbe segno nella memoria del lettore.

 
 

Five Years Later, svelato il nuovo evento DC

  • Pubblicato in News

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Sin dal lancio dell'operazione The New 52, il mese di settembre è stato oggetto di eventi e pubblicazioni speciali da parte della DC. Prima il "Zero Month", poi il recente "Villains Month" (in cui ogni testata degli eroi DC era stata rimpiazzata dal corrispettivo antagonista). L'evento del prossimo settembre sembra ora essere stato confermato da Dan Didio in persona.

Infatti, nell'ultimo video promozionale "All Access" si intravede, sulla scrivania dell'editor Didio, un cartellone con i loghi di prova di "Five Years Later".

Bleeding Cool riporta che il progetto dovrebbe essere il seguente: nel settembre 2014 ogni albo targato New 52 salterà in avanti di cinque anni e racconterà i destini dei personaggi DC (tra cui la versione Beyond di Batman). Terminato l'evento, verranno create nuove serie settimanali, scritte da Dan Jurgens, Brian Azzarello, Keith Giffen e Jeff Lemire, che proseguiranno le storie di questo futuro prossimo.

Potete vedere il video incriminato nella gallery in basso.

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