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Igor Della Libera

Igor Della Libera

Classici DC: Superman e Wonder Woman. Omaggio a Gene Colan

La strenna dedicata dalla Planeta a Gene Colan, recentemente scomparso, suona come un giusto e meritato oscar alla sua carriera fumettistica.
Se il suo materiale Marvel, grazie alla Corno prima e ad alcune ristampe poi, è molto conosciuto nel nostro paese, non si può dire lo stesso della sua parentesi in Dc Comics. Anche il decano, soprannome datogli da Stan Lee, è stato vittima della pubblicazione a macchia di leopardo delle testate appartenenti alla Distinta Concorrenza, in particolare del periodo precrisis.
La Planeta De Agostini ha intrapreso con successo la via del recupero storico anche se spesso senza seguire ordini cronologici o interrompendo sul nascere serie classiche come quella di Batman. Proprio su quelle pagine sarebbe dovuto finire il lungo periodo di Colan con scontri memorabili come quello con i vampiri.
Strano che per l'oscar cartaceo la Planeta non abbia puntato su queste storie preferendogli nelle oltre 400 pagine del volume la mini di Superman sulla Zona Fantasma e un ciclo di Wonder Woman.

Partiamo da queste ultime scritte da Roy Thomas (sostituito poi da Dan Mishkin), che racchiudono il contributo di Colan al mito dell'amazzone femminista.
Il gruppo di storie va dal numero 288 al 305 della prima serie (quasi del tutto inedita in Italia) escluso il numero 300 per ragioni incomprensibili. In quel periodo il 1982/83, Wonder Woman viveva atmosfere analoghe a quelle del telefilm che si era concluso nel 1979. Quindi spazio a Diana assistente di Steve Trevor e del generale Darnell, indefessa e un po' timidina segretaria del Pentagono che quando serviva ruotava la sua corda d'oro per diventare Wonder Woman.
Le storie sono leggibili senza aver bisogno di conoscere troppi retroscena a parte quello che riguarda Trevor ferito negli albi precedenti a quelli del volume. I racconti si possono dividere per temi. Il primo riguarda la bellezza e il controllo mentale. Thomas esordisce sulla serie creando nuovi personaggi come lo “psiconano” Dottor Pshyco e Silver Swan: la bruttina stagionata che grazie ad Ares acquista bellezza e poteri bellici. Il primo in particolare entrerà stabilmente nella rogue gallery dell'amazzone assumendo una personalità sempre più disturbata, sadica, inquietante e rabbiosa verso quel mondo femminile che l’ha sempre emarginato per il suo aspetto.
Storia godibile e Colan è già a suo agio sia con donne bellissime sia nel delineare l'aspetto tozzo e malvagio del dottor Pshyco: l'uomo che odiava le donne.
La bravura con le figure femminili esplode nel trittico successivo, dove la scuola Marvel, incarnata da Thomas, si fa sentire. Infatti arriva sulla terra un’enorme entità che deve giudicare il nostro mondo. Questo Giudice galattico mette alla prova non una ma ben quattro terre parallele. I suoi araldi non sono surfisti argentati ma cavalieri dell'apocalisse. Le uniche che possono dimostrare che la terra va salvata sono le super eroine Dc Comics.
Ci sono, in pratica, tutte quelle dell'epoca capitanate da Wonder Woman: si va da Super Girl a Madame Xanadù, da Zatanna a Phantom Lady di quella terra X, dove la svastica è ancora sul sole, da Power Girl con le sue compagne della Justice Society (che prima dalle crisi stava su un mondo parallelo al nostro) per chiudere con le giovani titane: Starfire, Raven e Wonder Girl.
Colan dà grazia e spessore a tutte e siamo anni luce lontani dall'effetto pin up. Non può mancare tra le trame l'incursione nel mitologico. C'è il ritorno di Bellerofonte che conferisce poteri a un terrorista greco trasformandolo in Egeo. C'è soprattutto il ritorno dell'originale Wonder Woman, in ossa senza carne, pronta a reclamare il suo titolo. S’intravede in queste storie l'ombra di minacce future (Circe) ma il volume purtroppo termina qui senza dare neanche nelle note troppe spiegazioni sul dopo.

Un tema di ben altro tipo (fantascientifico) è quello che troviamo, invece, nella mini d'apertura sulla zona fantasma.
Alla regia di questa storia in quattro parti del 1982, che, di fatto, fece esordire il concetto stesso di miniserie, c'era Steve Gerber.
In quest'opera l'universo di Superman è rivoltato come un calzino senza snaturarlo.
Protagonisti assoluti sono i cosiddetti “zoners” i prigionieri della Zona Fantasma, una prigione limbo, dove i Kriptoniani spedivano i criminali.
Tinte fosche e grande dramma percorrono tutte le pagine della miniserie, soprattutto quando i criminali evadono dal loro incubo fatto di nulla e Superman, al contrario, finisce dietro le sbarre della prigione di spettri. Gerber ci spiega che la zona influisce sulla mente e funziona come un trip da LSD e Colan ci regala un'interpretazione perfetta di questo viaggio allucinante. Gli spiriti dei prigionieri sono davvero inquieti e desiderosi di vendetta e le visioni che tormentano Superman assumono caratteri quasi surrealisti con figure che hanno pianeti come teste, il tutto avvolto nei fumi disturbanti del limbo. A tratti ricorda il suo lavoro sui mondi altri e magici del Doctor Strange, ma ogni tassello dell'incubo è legato nelle immagini al mondo di Superman dimostrando che se c'è l'artista giusto non deve per forza essere solare e patinato.
Questa mini risultò, al tempo (ma anche ora visto l'immobilismo del personaggio), come un’interruzione di segnale, un disturbo momentaneo durante la solita programmazione.

Il cartonato Planeta merita senz'altro l'acquisto o magari qualche stratagemma per farselo regalare ed evitare il solito prezzo esorbitante.
Quaranta euro sono tanti ma, rispetto ad altre edizioni di questo tipo, il numero di refusi è davvero sotto il livello di guardia. Per una volta la lettura non è interrotta da segni d’interpunzione spagnoli o traduzioni rabberciate e sgrammaticate.
Le note, dolenti, potevano essere più strutturate e offrire qualche spaccato sul mondo Dc dell'epoca per contestualizzare meglio le storie.
In conclusione, alla luce della morte del maestro, l'opera è indicata sia a chi voglia ricordarlo per le sue opere sia a chi, avendone sentito il nome, abbia il desiderio di scoprire perché era considerato uno degli artisti più originali della sua epoca e non solo.
Sconsigliato a chi ritiene ingenuo e poco interessante un prodotto solo perché non è colorato al computer o non fa parte di grandi saghe pop corn.

Nuova mini per Cloak e Dagger

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cloakdaggerCi sono personaggi che, senza un'apparente ragione, sono richiesti dal pubblico. Spesso sono eroi minori come Cloak e Dagger.
I due super fratelli, uno in grado di muoversi in una dimensione oscura prigioniera della sua cappa, l'altra all'opposto dotata di pugnali di luce, hanno sempre avuto una storia editoriale travagliata. La loro testata più longeva è durata 19 numeri; recentemente sono stati oggetto di uno one-shot che doveva essere la scintilla per una nuova serie, ma che si è spenta subito.

Alla convention “Kapow” è esplosa la notizia di una nuova mini ad opera di Nick Spencer, autore fresco di alcune Eisner nomination, e Emma Rios (Osborn). I fan della coppia possono tirare un sospiro di sollievo anche se di breve durata: questa nuova avventura editoriale targata Cloak and Dagger sarà solo una mini di tre numeri. Nessun elemento della trama è stato reso noto, salvo il suo collegamento alla saga "Spider Island".

Red Hood sotto i riflettori

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red_hoodSono passati sei anni da quando Red Hood si è affacciato per la prima volta sulla scena fumettistica. Al tempo non si sapeva ancora che sotto il cappuccio rosso metallico si nascondeva un arrabbiato e risorto Jason Todd. Grazie a Judd Winick il secondo Robin ha ripreso a vivere, dopo che nei lontani anni '80 la spranga del Joker e i voti dei lettori ne avevano stroncato sul nascere la carriera. In questi sei anni il personaggio ha fatto molta strada, passando dalla parte dei buoni e arrivando ad essere il protagonista di un cartone animato che portava il suo nome. Dopo la miniserie che ne ha raccontato le origini torna sotto i riflettori grazie al suo creatore e ad una mini di tre (le danze si aprono a maggio) dentro la serie Batman e Robin. Jason Todd evade di prigione dov’era finito dopo una storia di Grant Morrison e nelle “strade si tingono di rosso” affianca Batman (Dick Grayson) e Robin (Damian Wayne) nella loro battaglia contro il cattivo di turno.

Come in precedenti occasioni a farne la pecora nera della famiglia dei pipistrelli non è tanto lo scopo, sconfiggere il male, ma i mezzi con cui intende perseguire questo fine. Red Hood non disdegna di lasciare la parte di Cappuccetto Rosso e diventare lupo nel sottobosco criminale e soprattutto se c’è da usare la cura Punitore non si fa troppi problemi a far saltare le teste. Lui, conferma Winick, pensa di essere più efficace di Batman. Un altro tema sviluppato in questa saga è il complesso di inferiorità che il personaggio nutre nei confronti del primo Robin. Todd è sicuro che, se Dick Grayson fosse stato ucciso dal Joker, Batman lo avrebbe vendicato o che magari avrebbe fatto di tutto per non farlo finire nelle grinfie del pagliaccio omicida. Dick Grayson è cosciente di questo e si allea con Red Hood solo perché la necessità contingente lo impone. Winick può fare con questo personaggio, cioè sfumare le sue azioni nel grigio degli anti eroi, quello che non ha potuto fare, o ha provato con scarsi risultati, con Green Arrow. Winick in questa storia svilupperà questo lato e la ricerca spasmodica di Red Hood di diventare un Batman migliore degli altri.

Chi è la Lanterna Bianca?

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Lanterna_BiancaAttenzione! La seguente notizia potrebbe contenere spoiler!

Anche il giorno più luminoso sta per svolgere al termine. La saga che ha visto risorgere Aquaman, Hawkman, Martian Manhunter (per citare solo i più celebri eroi) per poi farli apparentemente morire di nuovo, con il numero 23 prende una svolta scontata da un verso e inaspettata da un altro. Era evidente che la trama ruotasse intorno alla Terra, alla natura divisa tra forze benigne (la foresta magica apparsa nella Star City di Green Arrow) e maligne con queste ultime che volevano saldare il conto con un'umanità che ha ferito il nostro pianeta, lo era meno che le radici di questa storia affondassero addirittura dentro un vecchio ciclo dello Swamp Thing di Alan Moore, che parlava di poteri elementali e di un parlamento degli alberi. L'idea di Moore era stata portata avanti negli anni '80 da Ostrander sulla serie di Firestorm, che guarda caso è anche uno degli eroi che ha avuto il suo quarto d'ora di gloria bianca in Brightest Day. In quei numeri si parlava di nuovo di equilibri cosmici e di un parlamento del fuoco di cui Firestorm era l'incarnazione terrestre.

Con Brightest Day si chiude a distanza di anni il cerchio parlamentare con gli araldi dell'acqua, della terra e dell'aria. Rimane dunque ancora una domanda senza risposta. Chi è la Lanterna Bianca? Per non spoilerare troppo  si dà solo un indizio. Lo scrittore Geoff Johns, architetto principe di Brightest Day, è bravo a far risorgere le vecchie glorie e anche in questo caso opera il suo voodoo narrativo riportando in vita e nell'universo DC, dopo che questo personaggio è stato a lungo in Vertigo, una vecchia conoscenza paludosa. Per chi vive di spoiler questa è l'identità misteriosa della Lanterna Bianca.

Di più non si può dire, a parte il fatto incontestabile che in questa specie di Lost fumettistico le risposte non hanno fatto altro che generare nuove domande e che, giunto a fine ciclo il quindicinale, sarà seguito dalla mini Brightest Day Aftermath: The Search.

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