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Batman: Terra Uno - Edizione Deluxe, recensione: gli inizi del Cavaliere Oscuro

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Agli inizi degli anni 2000 le due major del fumetto statunitense, Marvel e DC, vennero attraversate da un’ importante ondata di rinnovamento, declinato però dai due editori in modo diverso.
Mentre in Marvel iniziava la nuova era Bill Jemas/Joe Quesada, contraddistinta da una violenta rottura col passato caratterizzata dall’arrivo di sceneggiatori da altri medium e dalla ricerca di “maggior realismo” (per quanto possibile parlando di eroi immaginari), la DC batteva territori supereroistici più classici, rimpolpando però il suo roster di autori con star del calibro di Jim Lee, Jeph Loeb, Geoff Johns ed altri che, pur rimanendo ancorati alla tradizione, fornivano una visione più moderna e al passo dei tempi delle classiche icone dell’editore. Eccezione fatta per Identity Crisis, drammatica storia scritta dal romanziere Brad Meltzer, la produzione DC dei primi anni 2000 non si spinge sui territori “realisti “ battuti invece con insistenza dalla Marvel con la sua linea “Ultimate”. Certo, si potrebbe obiettare che c’è poco da parlare di realismo in un fumetto di cui i protagonisti sono sempre e comunque divinità scandinave e leggende viventi della II Guerra Mondiale che camminano tra la gente comune, salvo poi precisare che il maggior realismo veniva fornito da un cinismo nel ritrarre questi eroi impensabile allora nelle serie tradizionali, e da considerazioni di carattere politico e geo-politico inedite per i comics americani mainstream.

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In realtà in quegli anni una versione realista di un personaggio DC venne effettivamente realizzata, ma non nei fumetti. In Batman Begins del 2005 Christopher Nolan fornì una visione del Cavaliere Oscuro spogliata da tutti gli elementi più fantasiosi del personaggio, mostrando gli anni di training di Bruce Wayne e la sua trasformazione in Batman in un mondo dove non esistono superpoteri e dove un uomo ben allenato e con ingenti capitali a disposizione può trasformarsi in una sorta di James Bond incappucciato. Il film di Nolan, di cui sarebbero apparsi ben due sequel negli anni successivi, fu un grandissimo successo di pubblico e di critica e impose un’idea di Batman a cui neanche i fumetti riuscirono a sottrarsi. Batman Begins rappresentò, in pratica, quell’ “Ultimate Batman” che nei comics ancora non c’era… fino alla creazione della linea Earth One.
Earth One era (o meglio è, essendo ancora in corso) un’iniziativa editoriale con cui la DC, attraverso una serie di graphic novel realizzate da alcuni tra i migliori creativi a sua disposizione, intendeva raccontare nuovamente le origini e i primi anni di attività delle sue icone più celebri, inserendole in un contesto attuale e  adattandole al gusto moderno. La linea debutta nel 2009 con Superman: Earth One, ma l’uscita più attesa è ovviamente quella dedicata al Cavaliere Oscuro, che arriva nel 2012. Così, in concomitanza con l’arrivo nei cinema di The Dark Knight Rises, terzo e ultimo episodio della trilogia nolaniana, Batman: Earth One arriva finalmente sugli scaffali delle fumetterie.

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La versione di Batman raccontata da Nolan al cinema è in quel momento fortemente in auge nella cultura pop e non può fare a meno di influenzare anche gli altri media. Anche in Batman: Terra Uno di Geoff Johns e Gary Frank, nonostante non manchino i richiami a situazioni ed elementi familiari provenienti dalla tradizione dei comics di Batman, la chiave di lettura è decisamente realista dove per realista si intende, visto che si parla pur sempre di un vigilante travestito da Pipistrello, il tentativo di rendere plausibili gli elementi più improbabili della mitologia del Cavaliere Oscuro. Così Alfred non è il maggiordomo di Villa Wayne, ma un militare della marina britannica in congedo che ha conosciuto Thomas Wayne in Medio Oriente, dove entrambi hanno servito durante la Guerra del Golfo stringendo una forte amicizia. Thomas, medico celebrato ora impegnato in una dura campagna elettorale per l’elezione a sindaco, chiama Alfred a Gotham City perché ha motivo di temere per la propria incolumità personale e per quella della sua famiglia, visto che il suo sfidante è Oswald Cobblepot, sindaco uscente che gestisce anche le attività criminali della città. L’intuizione di Thomas si rivelerà giusta, perché poco dopo l’arrivo di Alfred in città verrà assassinato insieme alla moglie Martha da un balordo che voleva rapinarli, lasciando il figlio Bruce orfano. Alfred si troverà costretto ad occuparsi del ragazzo e seppur riluttante per paura dei pericoli in cui potrebbe incorrere, metterà a disposizione la sua esperienza militare per l’addestramento di Bruce, una volta cresciuto e determinato a intraprendere la sua missione. Ma tutte le caratterizzazioni dei tre graphic novel sono all’insegna di un marcato e riuscito realismo: riuscitissime quelle del Pinguino (chiamato in questo modo unicamente per la sua eleganza nel vestire); di Harvey Bullock, poliziotto “divo del cinema” come il personaggio di Kevin Spacey in L.A. Confidential che scioccato dalla violenza di Gotham, cadrà nella spirale dell’alcool avvicinandosi alla versione classica del personaggio; di Killer Croc, reietto che vive nelle fogne il cui look è giustificato da una grave malattia della pelle e così via. Il personaggio di Jessica Dent, invece, ricorda molto la Rachel Dawes dei film di Nolan, e il modo in cui Johns gioca con questo personaggio vi sorprenderà, operando una sintesi tra il personaggio cinematografico e il mito di Two-Face. Da notare come Batman: Terra Uno, che si ispira molto alla trilogia nolaniana, sarà a sua volta la principale fonte di ispirazione per il successivo The Batman di Matt Reeves, che ne riprende alcune idee e una linea di dialogo chiave.

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I disegni sono appannaggio di una superstar assoluta del fumetto come Gary Frank, che non ha certo bisogno di presentazioni. Johns e Frank sono ormai da molti anni un duo affiatato che ha prodotto alcuni classici moderni della DC Comics come, oltre alla trilogia di Terra Uno, un ottimo ciclo di Action Comics, Shazam e la miniserie evento Doomsday Clock. Chi scrive ha casualmente riletto recentemente alcune storie di The Incredible Hulk disegnate da Frank negli anni ’90 su testi di Peter David, molto influenzate dallo stile muscolare dell’epoca (influenza comunque filtrata dalla naturale eleganza dello stile dell’autore). Confrontare quelle vecchie storie con Batman: Terra Uno significa constatare la crescita di un grande artista, passato dallo status di promessa a quella di maestro. Pagine che uniscono al dinamismo e alla spettacolarità, che hanno sempre caratterizzato l’opera dell’autore, una cura del dettaglio di altissimo livello: un raffinato uso del tratteggio nel delineare look, espressioni e personalità specifiche della vasta galleria di character presenti nei tre graphic novel. Piacevolissimo lo storytelling, che passa con naturalezza da scene di dialogo ad altre di azione concitata. Questo avviene tramite un raffinato montaggio delle vignette utilizzato in ciascuna tavola, abbandonando la tradizionale griglia fissa, fino ad arrivare all’esplosione dell’azione in strepitose splash-page di stampo cinematografico.

Batman: Terra Uno - Edizione Deluxe,  volume con il quale Panini Comics raccoglie i tre graphic novel che compongono la saga, è un tomo davvero imperdibile, tanto per i bat-nerd più affiatati quanto per nuovi ed eventuali lettori che vogliano avvicinarsi a questo immortale personaggio.

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Zio Paperone e il decino dell'infinito, recensione: il multiverso Marvel invade il mondo Disney

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La notizia che la Marvel avrebbe pubblicato un fumetto Disney con protagonista Zio Paperone ha suscitato fin da subito un grande interesse fra gli appassionati, nonché grande stupore. Riflettendoci, considerando che la Disney ha acquistato la Marvel nel 2009, a meravigliarci è in realtà il fatto che un'iniziativa del genere sia arrivata solo ora. Fortunatamente, vista l'enorme tradizione a fumetti Disney, soprattutto italiana, le due realtà editoriali sono rimaste distinte e separate: ci piangerebbe il cuore pensare di dire addio alle storie che vengono prodotte per Topolino ogni settimana.

Tuttavia se a queste si dovesse aggiungere un nuovo filone di storie Disney targate Marvel, in particolare se scritte da autori di punta del calibro di Jason Aaron, l'entusiasmo non mancherebbe di certo. Ed è proprio questo uno dei motivi di maggiore interesse per Zio Paperone e il decino dell'infinito.
Jason Aaron è uno dei principali sceneggiatori americani, creatore di serie cult come Scalped (e molte altre) e autore di cicli per personaggi storici come Thor e gli Avengers. E nello sceneggiare la sua prima storia Disney l'autore attinge a una delle tematiche più care al fumetto superoistico: il multiverso.

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In una realtà alternativa a quella classica da noi seguita, l'incontro fra Paperone e i suoi nipoti narrata nella storia Il Natale di Paperino sul Monte Orso del 1947 di Carl Barks non è mai avvenuto. In quella storia, lo "zione" vive da eremita circondato solo dalle sue enorme ricchezze accumulate nel corso degli anni, sarà l'incontro con Paperino e Qui, Quo, Qua a smuovere in lui qualcosa che lo porterà ad essere il personaggio che oggi ben conosciamo. Senza quell'incontro, ci racconta Aaron, Paperone non solo diventerà sempre più arido e avido ma, addirittura, grazie a uno specchio magico sottratto alla strega Amelia, viaggerà per le varie dimensioni del multiverso per beffare tutti le sue controparti diventando il "Paperone Supremo". Questo finché non arriverà nella "nostra" realtà e dovrà affrontare molti dei Paperoni, Paperini e Archimedi incontrati in una mega-battaglia finale.

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Lo spunto sviluppato da Aaron risulta di base molto interessante e l'autore ben coglie le caratteristiche dei personaggi e il loro punto di forza: la loro unione. Ci sono però alcuni punti da considerare che non riescono a elevare la storia oltre quei livelli che ci saremmo aspettati. L'avventura fila bene, risulta assolutamente godibile e centrata ma c'è un difetto che più di tutti risulta evidente: la velocità in cui si svolge il tutto.
Tutta la trama si sviluppa infatti in 30 pagine e gli eventi risultano troppo rapidi, privando lo sviluppo della narrazione di una cadenza più adatta. Sembra quasi di leggere un riassunto con gli eventi salienti della storia o un suo trailer. Un peccato, perché avendo a disposizione più tavole (o, magari, più albi) di sicuro questo effetto si sarebbe evitato. I personaggi, soprattutto quelli nuovi come il Paperone Supremo, non vengono minimamente approfonditi, così come le varie realtà del multiverso. Dispiace anche non poter leggere nulla delle varie versioni alternative di Paperone e del mondo in cui vive l'antagonista, tutti ottimi spunti che appaiono però solo sullo sfondo.

C'è un ulteriore punto da esaminare. Come detto, la storia è assolutamente interessante e godibile, ma la tradizione Disney, soprattutto quella italiana, ci ha abituati a un livello tale di complessità, di ricchezza e di scrittura fine, da rendere Zio Paperone e il decino dell'infinito quasi un divertissement e poco più. Per chi ha avuto la sensazione di leggere una storia veloce e poco approfondita, basta che segua Topolino per trovare regolarmente pane per i suoi denti. Ribadiamo, il numero di tavole ha sicuramente influito, motivo per cui giudichiamo comunque il lavoro di Aaron, che si è cimentato con qualcosa di totalmente diverso dal solito, in maniera positiva. Il rammarico è che la modalità scelta abbia poco valorizzato il suo lavoro.

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Riguardo il versante artistico, la Marvel ha scelto di affidarsi a un team tutto italiano. Saggiamente oseremmo dire viste le tante polemiche che hanno generato le infinite variant realizzate da tanti artisti storici della Casa delle Idee e del fumetto made in USA (gente come John Romita Jr. o Frank Miler, giusto per citarne un paio) che si sono cimentati nell'impresa con risultati non sempre all'altezza della situazione (giudizio, invece, ultra-positivo per Alex Ross la cui copertina è stata utilizzata anche da Topolino). Per l'occasione, si è quindi scelto di puntare su un dream team composto da Paolo Mottura, Francesco D'Ippolito, Alessandro Pastrovicchio, Vitale Mangiatordi e Giada Perissinotto (citiamo anche Lorenzo Pastrovicchio per la copertina interna, regular della versione americana). Ogni artista ha realizzato un capitoletto della saga e, seppur con stili e caratteristiche proprie che hanno arricchito visivamente l'avventura, hanno portato ad ottenere un risultato omogeneo e soprattutto spettacolare,  grazie anche ai colori di Francesca Vivaldi (Arancia Studio), con tavole molte dinamiche che si rifanno a una costruzione da comic book americano, che differisce da altre storie del Topo presente sul numero, ma che sul settimanale non risultano poi tanto inedite. Tavole che non risentono del formato di Topolino, ridotto rispetto al classico comic book, ma tanto siamo sicuri che Panini Comics riproporrà la storia anche in altri formati in futuro.

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Su Topolino 3579 "Zio Paperone e il decino dell'infinito", la storia Disney Marvel di Jason Aaron

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Riceviamo e pubblichiamo:

ZIO PAPERONE E IL DECINO DELL’INFINITO

Su Topolino 3579 l’attesissimo crossovernato dalla collaborazione tra Disney e Marvel, scritto dallo sceneggiatore statunitense Jason Aaron e disegnato da un team di grandi artisti italiani

A impreziosire il numero la spettacolare cover rovesciatafirmata dal famoso copertinista Alex Ross

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Su Topolino arriva la storia del secolo! Un’avventura assolutamente speciale e fuori dall'ordinario, frutto dell'eccezionale collaborazione tra Disney e Marvel, scritta e sceneggiata da uno tra i più talentuosi autori statunitensi, Jason Aaron, e disegnata da ben cinque artisti italiani, Paolo Mottura, Francesco D'Ippolito, Alessandro Pastrovicchio, Vitale Mangiatordi e Giada Perissinotto: Zio Paperone e il decino dell'infinito (Uncle Scrooge and the Infinity Dime). L'annuncio di questo crossover tra case editrici ha destato scalpore nel mondo del fumetto e le prenotazioni dell'albo americano (uscito con ben 12 copertine variant) hanno stracciato ogni record. Grazie a Panini Comics, questa storia unica nel suo genere sbarca sulle pagine di Topolino 3579 – in edicola, fumetteria e su Panini.it a partire da mercoledì 26 giugno – in anteprima assoluta per l'Italia.

Se c'è una cosa che accomuna i personaggi Disney e gli eroi Marvel è l’amore per l'avventura. Ed è proprio dall'avventura che parte Jason Aaron – acclamato scrittore di personaggi come Wolverine, Thor e gli Avengers, da sempre appassionato di fumetto Disney – per iniziare il suo lavoro di avvicinamento all'universo dei Paperi in Zio Paperone e il decino dell'infinito: lo Zione, Paperino e il resto della Banda sono nelle mani di uno tra i più visionari e immaginifici autori della “Casa delle Idee”. Il risultato è una storia-evento contaminata, dove trovano spazio alcune tipiche tematiche supereroistiche come multiverso, universi paralleli e missioni cosmiche, ma anche un Paperone di grande impatto, un nemico insospettabile e un finale rocambolesco e denso di colpi di scena. «Mi sono innamorato dei fumetti di Zio Paperone leggendo i classici di Don Rosa e Carl Barks e volevo fare qualcosa che mostrasse il dinamismo e la ricca tradizione del personaggio, pur avendo un tocco Marvel. Se ho fatto bene il mio lavoro, questa dovrebbe essere una storia che può far divertire chiunque, indipendentemente dal fatto che abbia letto un fumetto di Paperone o meno», commenta Aaron.

In Zio Paperone e il decino dell'infinito i lettori potranno poi ritrovare i tratti inconfondibili di un quintetto di italianissimi disegnatori che hanno dato vita alla vivace sceneggiatura del fumettista statunitense, mentre la coloratissima cover che apre la storia è di Lorenzo Pastrovicchio. Proposta in calce al numero e con senso di lettura rovesciato rispetto a quello tradizionale, ci sarà anche la spettacolare cover firmata dal leggendario Alex Ross, che racconta: «Ho dipinto tutto a mano con colori ad acquerello gouache, cercando di ottenere un effetto più opaco, come il lavoro di Barks. Ho aggiunto più aerografo per modellare e sfumare la figura e il cielo, cercando di ottenere una finitura più pulita».

Un numero davvero imperdibile e destinato a diventare “storico”, dunque, che aspetta tutti gli amanti dell’avventura e delle grandi storie in edicola, fumetteria e su Panini.it, a partire da mercoledì 26 giugno.

Il settimanale TOPOLINO

Topolino, edito da Panini Comics, è il magazine più letto dai ragazzi tra i 5 e i 13 anni e propone ogni settimana 6 storie a fumetti inedite con una costante attenzione alla qualità per soddisfare un pubblico incredibilmente trasversale (dai 5 ai 99 anni...). Alle grandi avventure, ben radicate nella tradizione, si affiancano storie legate all’attualità (dallo sport, alla musica, a cinema e televisione), lo studio continuo di nuovi personaggi e l’arricchimento di quelli più amati... Insomma Topolino è in continuo fermento, sempre all’avanguardia e aggiornato, pur restando fedele a sé stesso, grazie alla collaborazione di sceneggiatori e disegnatori di alto livello, i grandi autori italiani, veri e propri maestri che abbinano il loro personalissimo e inconfondibile tratto a una rigorosa interpretazione dello stile disneyano. Ciò vale per i disegnatori, ma anche per gli sceneggiatori, che da sempre sulle pagine di Topolino esplorano in chiave umoristica tutti i generi narrativi, dall’horror alla commedia, dal giallo alla fantascienza. 

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Batman/Grendel, recensione: Quando il Pipistrello incontrò il Diavolo

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Come abbiamo già raccontato nella recensione del primo omnibus dedicato a Grendel, il personaggio cult creato da Matt Wagner, all’inizio degli anni ’80 il mondo del fumetto a stelle e strisce viene attraversato dalla rivoluzione del direct market. Un nuovo modo di fruire i comics che consente il lancio di nuove proposte editoriali e di nuovi autori. È un momento di grandissimo e irripetibile fermento creativo: Frank Miller sta rinnovando il fumetto statunitense col suo primo e fondamentale ciclo di Daredevil mentre un giovane inglese di nome Alan Moore ha inaugurato in terra d’Albione con Miracleman un nuovo modo di scrivere i fumetti di supereroi che verrà definito “decostruzionista”. È in questo clima positivo che Matt Wagner lancia il suo Grendel, personaggio indie che trova un suo pubblico fedele nonostante il fallimento del suo primo editore, Comico, sulla falsariga di quanto Dave Sim aveva fatto con Cerebus.

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Il successo di questi nuovi personaggi e la reputazione sempre più consolidata dei loro autori non può fare a meno di attirare l’attenzione dei grandi editori: la Dark Horse Comics si offre di rilevare la pubblicazione di Grendel, mentre la DC propone a Wagner di realizzare un incontro tra la sua creatura e il personaggio bandiera della major, Batman.
A più di 25 anni dalla prima pubblicazione italiana dell’incontro / scontro tra i due personaggi, curata dalla ora defunta Phoenix, Panini Comics riporta in libreria il crossover tra Batman e Grendel in un bel volume cartonato che contiene, oltre alla prima miniserie del 1993, anche il sequel del 1996 sempre realizzato da Matt Wagner. Seppur realizzate dallo stesso autore, si tratta di due opere estremamente diverse da loro, quasi antitetiche, separate da una differenza stilistica che ben riflette i profondi cambiamenti che attraversano il mondo del fumetto americano tra l’uscita della prima e tra quella della seconda.

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La prima miniserie si sviluppa in due albi di formato “prestige”, L’enigma del diavolo e La Maschera del diavolo. Pur uscendo nel 1993, la storia risente molto di una certa letterarietà e di una costruzione delle tavole tipiche di qualche anno prima quando, a cavallo del passaggio tra gli ’80 e i ’90, l’influenza del lavoro di Frank Miller sui giovani artisti americani raggiunge il suo apice. La realizzazione della storia risale infatti a quel periodo ma il fallimento della Comico, che si sarebbe dovuta occupare della pubblicazione, costringe Wagner a tenere l’opera già terminata nel cassetto finché la stessa DC Comics si offrì di pubblicarla.
La trama è incentrata su un complesso piano ordito da Hunter Rose, che decide di lasciare la sua “comfort zone” newyorkese e di recarsi a Gotham City per sfidare l’unico uomo che, secondo lui, può dargli filo da torcere: Batman. Nella storia i due personaggi condividono lo stesso universo, e si tratta di una sintesi narrativa particolarmente azzeccata perché, in fondo, Grendel non è altro che un riflesso distorto dello stesso Batman. Un uomo segnato da un evento traumatico che ha deciso di affinare i suoi talenti non per combattere il male, ma per votarsi ad esso.
Il piano di Rose gira intorno ad un’audace rapina al Museo di Gotham di un prezioso reperto archeologico, che viene costruito per tutto lo svolgimento della storia. Una sapiente costruzione narrativa che rende necessario l’utilizzo di un vasto numero di comprimari che finiscono per sottrarre la scena ai due protagonisti. In particolare, due personaggi femminili coinvolti da Rose come pedine del suo complesso piano, Rachel King e Hillary Perrington, diventano a tutti gli effetti le vere protagoniste della vicenda, alternandosi come voci narranti a Batman che a Grendel. Il pensiero corre alla marcata dimensione letteraria che caratterizzava la Vertigo delle origini, ai primi albi in terra americana di Neil Gaiman & Co. che la presenza di didascalie ricche di testo trasformava in vere e proprie novelle illustrate . Ma come si diceva poc’anzi, l’influenza maggiore è quella di Frank Miller, dei suoi monologhi e delle sue atmosfere noir. L’opera milleriana che Wagner tiene in maggiore considerazione è sicuramente Batman: Year One, anche per l’evidente richiamo stilistico a David Mazzucchelli, co-autore di quel capolavoro di cui Wagner mutua il tratto essenziale ed elegante, chiaramente ispirato ad Alex Toth. Dal punto della composizione delle tavole, Wagner gioca con la loro sistemazione delle vignette come nella serie principale di Grendel, incastonando le didascalie tra vignette ora più grandi, ora più piccole, prive di quel gusto raffinato ispirato all’art déco che contraddistingueva la serie madre ma che comunque sopravvive nella rappresentazione di Gotham, tipica di un noir urbano d’altri tempi.

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L’autorialità della primi mini segna il passo nel sequel del 1996, che occupa il secondo slot del volume. Stavolta Batman affronta il cyborg Grendel-Prime, il Grendel del futuro, arrivato nella Gotham del presente attirato dalla presenza delle ossa del defunto Hunter Rose nella città del Cavaliere Oscuro. Spetterà a quest’ultimo affrontare l’erede del Diavolo ed evitare che il suo piano per ritornare nella sua epoca metta a repentaglio la vita dei cittadini di Gotham City.
Tra questa storia (sempre suddivisa in due albi one-shot, Le ossa del Diavolo e La danza del Diavolo) e l’avventura precedente, uscita solo tre anni prima, passano tutti i grandi cambiamenti avvenuti nell’editoria a fumetti statunitense dopo il debutto della Image Comics. Il successo degli eroi “dopati” della "Big I" influenza l’intero settore, generando una moda e un gusto per uno stile muscolare ed esagerato, che segnerà quegli anni e che ritroviamo anche in questo secondo incontro tra Batman e Grendel. Qui lo stile di Wagner assorbe le influenze artistiche del momento e, mettendo da parte la raffinata composizione delle tavole che caratterizzava il primo incontro tra i due personaggi, l’artista si scatena con spettacolari splash-page contraddistinte da muscolarità e colori digitali lividi che sembrano uscite da un albo Image del periodo.

Due lavori completamente agli antipodi, uno più autoriale e uno decisamente più commerciale, dal cui confronto emergono interessanti considerazioni su un periodo significativo della storia del fumetto americano che rende questo volume meritevole di considerazione.

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