Zio Paperone e il decino dell'infinito, recensione: il multiverso Marvel invade il mondo Disney
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La notizia che la Marvel avrebbe pubblicato un fumetto Disney con protagonista Zio Paperone ha suscitato fin da subito un grande interesse fra gli appassionati, nonché grande stupore. Riflettendoci, considerando che la Disney ha acquistato la Marvel nel 2009, a meravigliarci è in realtà il fatto che un'iniziativa del genere sia arrivata solo ora. Fortunatamente, vista l'enorme tradizione a fumetti Disney, soprattutto italiana, le due realtà editoriali sono rimaste distinte e separate: ci piangerebbe il cuore pensare di dire addio alle storie che vengono prodotte per Topolino ogni settimana.
Tuttavia se a queste si dovesse aggiungere un nuovo filone di storie Disney targate Marvel, in particolare se scritte da autori di punta del calibro di Jason Aaron, l'entusiasmo non mancherebbe di certo. Ed è proprio questo uno dei motivi di maggiore interesse per Zio Paperone e il decino dell'infinito.
Jason Aaron è uno dei principali sceneggiatori americani, creatore di serie cult come Scalped (e molte altre) e autore di cicli per personaggi storici come Thor e gli Avengers. E nello sceneggiare la sua prima storia Disney l'autore attinge a una delle tematiche più care al fumetto superoistico: il multiverso.
In una realtà alternativa a quella classica da noi seguita, l'incontro fra Paperone e i suoi nipoti narrata nella storia Il Natale di Paperino sul Monte Orso del 1947 di Carl Barks non è mai avvenuto. In quella storia, lo "zione" vive da eremita circondato solo dalle sue enorme ricchezze accumulate nel corso degli anni, sarà l'incontro con Paperino e Qui, Quo, Qua a smuovere in lui qualcosa che lo porterà ad essere il personaggio che oggi ben conosciamo. Senza quell'incontro, ci racconta Aaron, Paperone non solo diventerà sempre più arido e avido ma, addirittura, grazie a uno specchio magico sottratto alla strega Amelia, viaggerà per le varie dimensioni del multiverso per beffare tutti le sue controparti diventando il "Paperone Supremo". Questo finché non arriverà nella "nostra" realtà e dovrà affrontare molti dei Paperoni, Paperini e Archimedi incontrati in una mega-battaglia finale.
Lo spunto sviluppato da Aaron risulta di base molto interessante e l'autore ben coglie le caratteristiche dei personaggi e il loro punto di forza: la loro unione. Ci sono però alcuni punti da considerare che non riescono a elevare la storia oltre quei livelli che ci saremmo aspettati. L'avventura fila bene, risulta assolutamente godibile e centrata ma c'è un difetto che più di tutti risulta evidente: la velocità in cui si svolge il tutto.
Tutta la trama si sviluppa infatti in 30 pagine e gli eventi risultano troppo rapidi, privando lo sviluppo della narrazione di una cadenza più adatta. Sembra quasi di leggere un riassunto con gli eventi salienti della storia o un suo trailer. Un peccato, perché avendo a disposizione più tavole (o, magari, più albi) di sicuro questo effetto si sarebbe evitato. I personaggi, soprattutto quelli nuovi come il Paperone Supremo, non vengono minimamente approfonditi, così come le varie realtà del multiverso. Dispiace anche non poter leggere nulla delle varie versioni alternative di Paperone e del mondo in cui vive l'antagonista, tutti ottimi spunti che appaiono però solo sullo sfondo.
C'è un ulteriore punto da esaminare. Come detto, la storia è assolutamente interessante e godibile, ma la tradizione Disney, soprattutto quella italiana, ci ha abituati a un livello tale di complessità, di ricchezza e di scrittura fine, da rendere Zio Paperone e il decino dell'infinito quasi un divertissement e poco più. Per chi ha avuto la sensazione di leggere una storia veloce e poco approfondita, basta che segua Topolino per trovare regolarmente pane per i suoi denti. Ribadiamo, il numero di tavole ha sicuramente influito, motivo per cui giudichiamo comunque il lavoro di Aaron, che si è cimentato con qualcosa di totalmente diverso dal solito, in maniera positiva. Il rammarico è che la modalità scelta abbia poco valorizzato il suo lavoro.
Riguardo il versante artistico, la Marvel ha scelto di affidarsi a un team tutto italiano. Saggiamente oseremmo dire viste le tante polemiche che hanno generato le infinite variant realizzate da tanti artisti storici della Casa delle Idee e del fumetto made in USA (gente come John Romita Jr. o Frank Miler, giusto per citarne un paio) che si sono cimentati nell'impresa con risultati non sempre all'altezza della situazione (giudizio, invece, ultra-positivo per Alex Ross la cui copertina è stata utilizzata anche da Topolino). Per l'occasione, si è quindi scelto di puntare su un dream team composto da Paolo Mottura, Francesco D'Ippolito, Alessandro Pastrovicchio, Vitale Mangiatordi e Giada Perissinotto (citiamo anche Lorenzo Pastrovicchio per la copertina interna, regular della versione americana). Ogni artista ha realizzato un capitoletto della saga e, seppur con stili e caratteristiche proprie che hanno arricchito visivamente l'avventura, hanno portato ad ottenere un risultato omogeneo e soprattutto spettacolare, grazie anche ai colori di Francesca Vivaldi (Arancia Studio), con tavole molte dinamiche che si rifanno a una costruzione da comic book americano, che differisce da altre storie del Topo presente sul numero, ma che sul settimanale non risultano poi tanto inedite. Tavole che non risentono del formato di Topolino, ridotto rispetto al classico comic book, ma tanto siamo sicuri che Panini Comics riproporrà la storia anche in altri formati in futuro.