40 anni di Lupo Alberto: intervista a Francesco Artibani
- Scritto da Andrea Fiamma
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Francesco Artibani ha lasciato il segno sull'animazione e il fumetto di fina anni novanta e duemila. Animatore e sceneggiatore, Artibani è stato autore su serie come PKNA, W.I.T.C.H., Winx e Tommy & Oscar, nonché creatore di Monster Allergy e Kylion. E, ovviamente, Lupo Alberto, di cui ha curato sia le storie su carta che l'adattamento televisivo. Abbiamo parlato di questo e di molto altro con l'interessato.
Prima di iniziare a lavorarci, qual è stato il tuo primo contatto con Lupo Alberto?
Da bambino! Ho un primissimo ricordo molto vago di un cartonato più o meno quadrato con una gag che mi faceva molto ridere (Enrico non riesce a vedere la tv e poi si scopre che, fuori dalla sua tana, c’è Mosè che si gratta la schiena con l’antenna della talpa). Anni dopo ho ritrovato il lupo e i suoi personaggi nei pocket di Eureka e da lì non ci siamo più lasciati.
Professionalmente, invece, come e quando hai iniziato a lavorare sul personaggio di Silver?
Nei primissimi anni Novanta lavoravo come assistente animatore nello studio VLR di Vito Lo Russo dove, tra le altre cose, si stavano realizzando dei test di animazione per Lupo Alberto in previsione di una possibile serie che sarebbe venuta solo qualche anno dopo. In quel momento si stavano mettendo in cantiere molte iniziative editoriali per il personaggio e Silver cercava nuovi collaboratori dovendo far fronte a una produzione che andava necessariamente incrementata. Bruno Cannucciari, immenso disegnatore del Lupo (oltre che di mille altre cose) venne in studio per tenere una sorta di corso di formazione accelerato. Scrissi e disegnai delle pagine di prova; i disegni non convinsero Silver ma la storia gli piacque e mi chiese di provare di scriverne altre... E da lì è cominciata la mia collaborazione con Lupo Alberto, una delle gioie più grandi che questo lavoro mi ha dato.
Sei stato uno dei principali sceneggiatori della serie tv del Lupo. Le notizie che circondano quel progetto si perdono in un'era pre-internet. Come è nata l'idea di fare diventare il personaggio un cartone animato?
La produzione delle due serie di Lupo Alberto venne seguita da The Animation Band, società milanese guidata da Giuseppe Laganà. Silver mi chiese di partecipare come autore, adattando per il piccolo schermo delle storie nate per i fumetti e scrivendone di nuove. Lo sbarco di Lupo Alberto in tv era l’approdo naturale per il personaggio, il coronamento di una carriera tutta in crescendo e la Rai sostenne l’iniziativa con entusiasmo. Il mio ricordo è quello di un’esperienza bella e importante; lo sforzo della casa di produzione è stato significativo e alla fine siamo riusciti a portare a casa 52 episodi di buon livello.
“Il tesoro dei McKenzie” è il frutto della collaborazione tra te, Tito Faraci e il disegnatore ospite Giorgio Cavazzano. Come è nata questa storia-evento? E, dovendo lavorare con un altro sceneggiatore, come sono stati suddivisi i compiti?
L’idea è nata da un incontro tra Silver e Giorgio Cavazzano nel corso di “Acquaviva nei fumetti”, una bella manifestazione organizzata da Michele Rossi nel piccolo comune di Acquaviva Picena, nelle Marche. Da un incontro conviviale è spuntata fuori così l’intenzione di fare qualcosa di speciale e con Tito ci siamo messi subito al lavoro. La scrittura del Tesoro dei McKenzie è stata una specie di impresa mistica, perché ci siamo chiusi per alcuni giorni nella casa al lago di Tito scrivendo in maniera intensiva, alternandoci alla tastiera e discutendo ogni singola battuta, ogni sequenza e ogni gag. Non c’è stata una suddivisione dei compiti ma è stata un’esperienza “totale”, una sorta di sceneggiatura scritta in simbiosi. Ci siamo divertiti molto (e un po’ forse si vede).
Tra le avventure del Lupo scritte da te compare "100 anni dopo", un divertente speciale di Gulp! con i grandi protagonisti del fumetto che si ritrovano a festeggiare nella fattoria dei McKenzie. Come è nata la storia?
La proposta è arrivata da Silver per realizzare il catalogo della mostra di cui ricordo il debutto a Ferrara. È stata una storia spericolata in cui i personaggi più celebri del fumetto mondiale facevano una lunga passerella nel mondo di Lupo Alberto. La considero una specie di personale dichiarazione d’amore per il Fumetto.
In quella storia hai sceneggiato quasi tutte le icone del fumetto mondiale. Tranne, ironicamente, la banda Disney, assente perché Mosè non riesce a risolvere le "quisquilie burocratiche" a sei zeri. Come siete riusciti a inserire tutti quei personaggi, non avete avuto problemi di diritti?
Siamo stati semplicemente incoscienti ed è andata bene (ma conoscendo la suscettibilità dei legali della Disney abbiamo preferito non osare fino in fondo).
Nel 2004 cessi la tua collaborazione con la Disney per "divergenze creative" causate da decisioni editoriali non condivise. Cosa, in particolare, non ti convinceva della gestione dell'epoca? E cosa ti ha convinto a tornare?
Non c’era particolare sintonia con la direzione di Topolino dell’epoca e dopo un lungo periodo di collaborazione soddisfacente ho preferito dedicarmi ad altro, tra fumetti e animazione come autore con Red Whale, lo studio editoriale che dirigo con mia moglie Katja Centomo. È stata Valentina De Poli nel 2010 a chiedermi di tornare; è una grande amica che conosco dall’inizio della mia avventura disneyana (che risale al 1992) ed è una persona di cui ho una stima enorme – per cui risponderle non è stato difficile!
La Disney è da un po' parte della famiglia Panini. Qual è stata la tua reazione iniziale non appena hai sentito dell'acquisizione? Pensi che potrebbe avvenire lo stesso per la McK, considerato anche lo stato di salute non ottima del Lupo e le recenti collaborazioni per le edizioni integrali di Cattivik e Lupo Alberto?
La notizia di un possibile passaggio della licenza di Topolino e di tutti gli altri periodici girava da tempo e il nome di Panini era la garanzia principale in un’operazione che qualche domanda la poneva sicuramente. Il nuovo editore ha agito nel modo migliore assicurando la continuità con la gestione precedente ma allo stesso tempo portando novità importanti nell’offerta. L’entusiasmo tra redazione è autori è notevole e non si avvertiva da tempo una voglia di fare così forte. Questo passaggio ha sicuramente portato degli effetti benefici per quello che riguarda il morale, il desiderio di mettersi in gioco e portare avanti nuove proposte per il settimanale.
Uno dei progetti che ha fatto più parlare di sé negli ultimi tempi è stato l'Orfani targato Bonelli, calderone di riferimenti letterari, cinematografici e videoludici. Era un concept simile a Kylion; cosa secondo te non ha funzionato in quel progetto in termine di ricezione con il pubblico?
Kylion è stata una delle ragioni per cui ho interrotto la mia collaborazione con la Disney nel 2004. Il progetto è stato rivisto e rimaneggiato seguendo le indicazioni di più persone estranee alla realizzazione della serie e il risultato è stato molto confuso, un prodotto che aveva perso per strada molti dei suoi elementi originari. Comunque nessun rimpianto, è andata così.
Nasci come animatore e il lavoro nei cartoni animati ha segnato buona parte della tua carriera. Come vedi l'animazione in Italia? Recentemente L’arte della felicità ha tentato di proporre un modello diverso, ma gli ultimi sforzi, sia con l’animazione al computer sia con quella tradizionale non hanno brillato per inventiva.
In Italia il settore dell’animazione ha ancora un ampio margine di crescita e miglioramento per riuscire ad essere competitivo con le altre realtà europee ed extraeuropee. La situazione generale è complessa ed anomala, con un solo soggetto forte (la Rai) nel ruolo di produttore di riferimento, pochi spazi nella tv generalista e poca promozione per i prodotti nazionali (ad eccezione di poche fortunate realtà). Si può fare di più e si può fare meglio e io credo molto nel prodotto commerciale di buon livello capace di fare ascolti e produrre profitto con le vendite e lo sfruttamento delle licenze, così come accade all’estero.