Un estraneo in paradiso: intervista a Terry Moore
- Scritto da Cris Tridello
- Pubblicato in Interviste
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Terry Moore oggi è una star del fumetto mondiale, ma quando iniziò a pubblicare il suo capolavoro Strangers in Paradise (SiP per i fan) era un semplice esordiente. Negli anni ha conquistato la fiducia dei lettori e, dopo SiP, ha saputo dimostrare la sua abilità di narratore nelle due opere successive, Echo e Rachel Rising (quest’ultimo tutt’ora in corso di pubblicazione).
Il 2013 ha segnato il ventennale sia della sua prima opera che dell’inizio carriera; è stato uno degli ospiti illustri alla scorsa Lucca, che gli ha dedicato una bella mostra celebrativa. Una volta tornato a casa, l’abbiamo contattato per una lunga intervista che vi proponiamo qui di seguito in Italiano e in inglese.
Oltre all’intervista potete trovare l’analisi di Strangers in Paradise, riveduta e corretta, che pubblicammo in Comicus Magazine #1 nel 2007 e le recensioni di Echo e del primo capitolo di Rachel Rising.
Buona lettura!
Intervista a cura di Cris Tridello.
Traduzione dall'inglese Andrea Fiamma.
Intervista in Italiano / English interview
Analisi Strangers in Paradise.
Recensione di Rachel Rising 1.
Ciao Terry e bentornato su Comicus
Partiamo proprio da SiP. Quest'anno ricorre il ventesimo anniversario dall'inizio della serie; serie che riletta oggi non è invecchiata di un giorno. Con Bao la ripubblichi in versione riveduta e corretta. In cosa consistono le correzioni e perché SiP ne aveva bisogno?
Secondo il mio contratto, il precedente editore non ha concluso la pubblicazione della serie.
Ho visto un sacco di volumi non autorizzati che facevano schifo, ma non ne posseggo delle copie e non so quanto in là si sono spinti, illegalmente. La Bao sta portando la serie in Italia in una versione dall’alta risoluzione, di altissima qualità e tradotta accuratamente. Chi può resistere a una cosa del genere?
SiP ha segnato anche il tuo ingresso nel mondo del fumetto statunitense e, quindi, della tua carriera di autore. Come ricordi il Terry Moore del 1993 e quanto quell'uomo è cambiato e maturato sia dal punto di vista umano che professionale in questi venti anni?
Una parte di me è ferma ai 17 anni. Quella parte si è buttata nel mondo dei fumetti e mi tiene ancorato lì. La parte adulta della mia persona era preoccupata di farsi una carriera che potesse mantenere la mia famiglia, quindi ho lavorato duro. Dopo tutti questi anni sono più lento ma sono migliorato e l'adolescente che c'è in me adora ancora disegnare fumetti. A livello professionale, sono stato preoccupato dell'industria a cui mi appoggio. Pubblicare oggi è niente in confronto a com'era 20 anni fa. Non so dove l'editoria stia andando, ma so che sono pronto a seguirla.
Tra tutte le storyline di SiP, qual è quella che ancora oggi ti piace maggiormente e quale quella che, invece, cambieresti radicalmente? C'è qualcosa in SiP che avresti voluto raccontare ma che, per qualche motivo, non sei riuscito a narrare?
Ci sono così tante storie di SiP che mi piacciono ma devo dire che i numeri dell'ultima annata sono stati entusiasmanti perché ho sbrogliato tutte le matasse narrative e ho riportato i personaggi insieme. Fare una serie a fumetti è come scrivere e pubblicare un romanzo un capitolo alla volta. È entusiasmante ma potresti trovarti nel mezzo della storia e desiderare di cambiare qualcosa che è già stato pubblicato.
Una cosa del genere mi è capitata con il cognome di David, Qin. A serie ormai inoltrata mi sono accorto che volevo che il personaggio asiatico fosse Giapponese, non Cinese. Ho dovuto inventarmi un motivo per cambiare le cose. Alla fine si è rivelata una buona cosa perché mi sono inventato la storia di David sul suo passato nella Yakuza, con l'uccisione del ragazzo cinese e la scelta, piena di rimpianti, da parte di David di adoperare il cognome come modo per onorarlo e farlo vivere attraverso se stesso.
Se avessi scritto un romanzo tradizionale non avrei potuto farlo, sarei semplicemente tornato indietro e modificato i capitoli precedenti. A volte gli incidenti si trasformano in piacevoli sorprese.
Si sa che il finale di SiP è stato da te cambiato dopo l'11 settembre. Ad anni di distanza dalla fine della serie, ci puoi dire come sarebbe dovuta finire?
L'idea era di uccidere una delle ragazze. Sarebbe stata una cosa strappalacrime per come me l'ero immaginata. Poi ci siamo addolorati per gli eventi dell'11 settembre e ho avvertito la necessità di storie che diffondessero speranza, non dolore. Lessi di un sopravvissuto di Hiroshima che aveva dedicato le sue opere d'arte fatte dopo la guerra a scene di natura che avrebbero dovuto ispirare la gente ad amare la vita e apprezzare il miracolo. Non mi ricordo il suo nome, ma la sua scelta mi toccò, ispirandomi a fare lo stesso.
Anche Rachel Rising parla di personaggi che sperano per un domani migliore.
SiP avrà un seguito in forma di romanzo. Fermo restando che al momento tale progetto è in stand-by per i tuoi numerosi impegni, ci puoi accennare alla trama di tale romanzo?
Assolutamente no! È una possibilità concreta tanto quanto quella di mostrarti le mie mutande. (ride)
D'accordo, ho capito! (ride) Passiamo oltre: sia in SiP che in Echo e Rachel Rising (ma anche in Spider-Man Loves Mary Jane e Runaways) uno dei temi più sfruttati e a cui dai importanza è quello dell'amicizia. Più che i legami familiari, sono quelli di amicizia che spesso risolvono o guidano le azioni dei tuoi personaggi. Quanto conta l'amicizia per te? In campo lavorativo quanto contano le amicizie che ti sei fatto (pensiamo ad esempio a quella con Jeff Smith) sia a livello personale che professionale?
Penso sia una scelta di vita naturale. Per la maggior parte delle persone, la vita è fatta dal lavoro, dalla famiglia, dagli amici. Nel mio caso, ho scritto di amicizie molto unite perché i miei personaggi di solito sono giovani e per loro gli amici sono importanti - parlo della fascia di età dell'adolescenza e dei vent'anni. E poi, da chi altro ti faresti dare tutti quei terribili consigli?
Francine, Hatchoo, David ma anche Rachel e Julie sono personaggi forti e ottimamente caratterizzati. Nelle tue storie nascono prima i personaggi o l'ambientazione in cui le inserisci?
In realtà mi appaiono allo stesso tempo. Immagino una persona in una situazione. Quindi insieme. La persona è interessante per via della situazione e la situazione è interessante per via della persona che c'è. Non penso mai a una persona senza pensare se appartiene o meno a quell'ambiente, perché è da lì che vengono le storie. Prima di scrivere fumetti ero solito inventare personaggi tutto il tempo e non mi veniva mai in mente un buon ambiente dove collocarli. È come se dovessero per forza nascere insieme.
Sei stato uno degli autori che maggiormente ha dato spazio a personaggi omosessuali, in tempi in cui anche solo accennare al tema era considerato un azzardo. La cosa, poi, a suo tempo ti ha causato problemi. Per te, oggi, le cose sono cambiate o parlare di omosessualità è ancora considerato un tabù?
Da quello che vedo e sento, è più facile adesso che vent'anni fa. Ma credo che etichettare qualcuno come gay o non gay sia un problema. Dovremmo essere visti tutti come esseri umani, alla pari, punto, questo è quanto in termini di ordine sociale e diritti legali. Poi gli individui sono liberi di essere quello che sono, nel pubblico e nel privato. Perché non possiamo fare così? Il mondo sarebbe un posto più felice e le nostre vite sarebbero molto più ricche. Tutti i sistemi costruiti su un "noi e loro" sono un problema. Non mi importa delle preferenze sessuali degli altri - tutto quello che voglio per loro è che siano al sicuro, felice e liberi di vivere le loro scelte di vita. Ammiro molto le persone che si alzano ogni giorno e combattono per questo.
Parliamo di storytelling: fin dagli esordi è un tuo punto di forza e, col tempo, è anche migliorato. Quanto del tuo background precedente ti ha aiutato in tal senso e quanto hai dovuto imparare strada facendo?
Penso per forza che tutta la mia esperienza di vita sia un carburante per il lavoro creativo che faccio. Attingo da qualsiasi cosa abbia visto, fatto o percepito. Come potresti scrivere altrimenti? Sapendo questo, mi rendo conto che il lavoro che ho fatto quando ero giovane non è stato altrettanto onesto e ben pensato. Impariamo copiando i nostri maestri, quindi i primi lavori avranno sempre quell'influenza molto pressante. Ma ho letto abbastanza biografie da sapere che i creativi sono particolarmente ispirati a vent'anni, quindi non si può sprecare quel decennio di lavoro. Molte persone hanno realizzato le loro opere più originali nella fascia d'età dei vent'anni, passando il resto delle loro vite a perfezionarlo e produrlo. Mozart, Einstein, i Beatles... è una cosa fisiologica. Io in quel periodo ho tenuto dei diari, ci scrivevo tutto. Poi a trent'anni ho riguardato quegli appunti quando avevo bisogno di riconciliarmi con quei pensieri e quell'entusiasmo per le idee. Raccomando a tutti di leggere di altre persone creative, di qualsiasi campo, perché la natura umana coinvolta nel progresso verso una voce o un pensiero originale è ben documentata e fonte d'ispirazione. Io ho imparato da romanzieri, filosofi, musicisti, architetti, compositori, designer di automobili. Veniamo tutti dallo stesso pianeta.
In SiP hai sperimentato varie maniere di raccontare: oltre al fumetto hai usato la prosa, la poesia e anche la musica pubblicando in rete delle tracce acustiche da te composte. Con Echo e Rachel Rising sembra tu abbia accantonato questo approccio. È stata una scelta stilistica e funzionale?
Sì. Per Echo ho utilizzato un approccio più disciplinato e analitico. Ho strutturato le pagine con rapporti Pi greco, scritto una storia in tre atti e mi sono impegnato per realizzare 30 numeri. L'ho fatto per offrire qualcosa di fresco e nuovo dopo l'eccesso di SiP. Con Rachel Rising uso ancora il rapporto Pi greco per i layout - perché a da Vinci sembrava che fosse il cardine per la seduzione dell'osservatore - ma ho optato per uno stile più arruffato e ruvido per cercare di comunicare una sensazione di tensione ed energia.
Disegnavo le storie d'amore di SiP con il pennello, la scienza di Echo con pennarelli dalla linea uniforme, e Rachel Rising con la penna a sfera per creare linee sporche, ruvide. La mia speranza è che le immagini aiutino a trasmettere un costante sensazione subliminale, anche se il lettore non sa perché. I fotografi hanno la lente, io ho la linea.
Ti autopubblichi praticamente da inizio carriera ma, in questi venti anni, hai avuto maniera di farti pubblicare da altre etichette (vedi il periodo Image, che corrispose anche con il ciclo più sanguinoso di SiP) e di lavorare per le major in titoli non tuoi. Cosa ricordi di quelle esperienze? Quali sono i pregi e difetti delle diverse maniere di lavorare?
Quando iniziai ad auto-pubblicarmi avevo 17 distributori. Sono tutti andati in fallimento, finché sono rimasti i due più grandi e poi uno solo. Quell'estate impazzimmo tutti. Quelli che si auto-pubblicavano migravano verso la sicurezza degli editori più grandi e io andai alla Homage. Dopo un anno mi ero riorganizzato ed ero pronto a farcela per conto mio di nuovo. Oggi come industria ti chiedi come pubblicherai domani, ma quando arriva quel giorno una soluzione la trovi in qualche modo. Ho imparato a non avere paura della pubblicazione. Le persone vorranno sempre delle storie. Stiamo solo cambiando il modo di farle arrivare al lettore. È questa la natura del business al momento.
Mi sono divertito a lavorare per altre compagnie sui loro personaggi. È stata una possibilità per ampliare gli orizzonti e pensare ai mondi di alti creatori. Ci sono dei limiti alla tua libertà, ovviamente, ma quelle sono le regole se vuoi giocare con Spider-Man e gli altri ragazzi più grandi.
Il loro campo da gioco, le loro regole.
La trama di SiP è stata sviluppata strada facendo, Echo l'hai pensata fin dall'inizio come volume unico, Rachel Rising continua tutt'ora ma, da come è strutturata, va verso una fine inevitabile. Hai già in mente la fine? Verso che numero arriverà? Pensi, in futuro, di creare altre serie che ti impegneranno per decine di anni?
Non so quando finirò con Rachel. Ho una conclusione per l'arco narrativo attuale, ma ho così tante storie messe in moto da scrivere dopo quello. Potrei andare avanti per anni se lo volessi. Mi piacerebbe scrivere un'altra storia epica anche solo per il fatto che ci devi viverci insieme per molto tempo. Diventa la tua vita, quindi se hai una bella storia in un mondo affascinante il tuo lavoro diventa quello di andare lì ogni giorno e scriverne la storia. È una bella sensazione. E quando hai finito, hai tutti quei volumi nelle mani e hai qualcosa da mostrare per tutti quegli anni di lavoro. Alcuni fumetti durano di più degli edifici, quindi non è una perdita di tempo. Ma non penso che Rachel sarà la mia prossima storia epica. Ho un'altra cosa in mente.
Riesci a spaziare dal romanzo di formazione (se così possiamo chiamare SiP), alla fantascienza, fino all'horror. Fermo restando che le tue opere non possono essere catalogate così semplicemente, come affronti diversi tipi di ambientazione che richiedono approcci differenti e modi di raccontare differenti? Quanto lavoro di documentazione e studio c'è alle spalle delle tue opere?
Sorprendentemente le mie ricerche si avvalgono di poca documentazione. È tutto nella mia testa, grazie alla curiosità di una vita. Sono interessato a molte cose, amo leggere, quindi dopo un paio di decenni tutta questa informazione si sedimenta in testa e alla fine rispunta fuori. Se non scrivessi storie probabilmente sarei una di quelle anime noiose che sciorinano curiosità storiche e scientifiche alle feste.
Generalmente il lettore immagina il lavoro di un fumettista come un lavoro solitario e autonomo. Pensiamo, invece, che ogni titolo sia frutto del lavoro di un team e che l'autore sia la persona che raccoglie tutte le informazioni e riesce a metterli su carta. Sei d'accordo? Quante e quali persone sono stati essenziali nel tuo lavoro?
Beh, purtroppo io sono il tizio solitario che lavora in una stanza per gran parte del tempo, ma ho una moglie che gestisce gli affari per me, un paio di tipografi che creano i volumi dai miei file, un distributore che si occupa di consegnarli in tutto il paese, i negozianti che li vendono, gli amici che mi aiutano allo stand nelle convention, gli editori stranieri che traducono e, ultimo ma non ultimo, i fan che mi sostengono con i loro incoraggiamenti e mi permettono di creare per vivere. Quindi potrò sembrare solo, ma ho un gruppo di supporto molto grande.
Oltre alle opere narrative hai pubblicato manuali su come disegnare (la serie "how to draw..." raccolta poi in volume). Ti piace insegnare? Quali sono i consigli che solitamente dai alle nuove leve?
Sono più che felice di condividere ciò che ho imparato. Dopo 20 anni impari delle cose che dovresti passare agli altri. Il motivo per cui scrivo quei libri è semplice: ho notato che tutti i manuali "how-to-draw" dicono la stessa cosa e che quelli che ti insegnano a fare fumetti sono datati, per i tempi in continuo mutamento di oggi. Ho letto quei libri prima di iniziare a lavorare, ma quando inizi a lavorare e hai una scadenza è incredibile quanti piccoli problemi ti si presentano e non c'è nessun libro che ti dice come fare. Ho dovuto imparare molte cose per conto mio. Per esempio, sapevo disegnare un corpo umano, ma perché i miei disegni sembravano senza vita? Come disegni lo spirito umano che dia vita al corpo? Se sei intenzionato a disegnare delle storie devi saperlo. Quindi dovresti leggere il mio libro dopo aver letto gli altri. Scegli un libro qualsiasi e impara le basi. Poi il mio ti insegnerà a dare vita al disegno e a come realizzare un fumetto nel 2014.
Che ricordi hai di Paradise Too? Pensi mai di riprovare a fare strisce? Quali sono state (o sono tutt'ora) i tuoi autori di riferimento per le strisce (e in generale)?
AMO disegnare strisce. Solo che non sono riuscito a trovare un pubblico adatto alle mie strisce. Non so se le cose cambieranno. Ma mi piace chiunque sappia disegnare e abbia qualcosa da dire. Se sono divertenti, poi, li adoro. Charles Schulz, Robert Crumb, Bill Watterson, Berkeley Breathed sono come il rock classico per me... Cibo che mi dà conforto. E scopro artisti ogni anno che mi affascinano e deliziano, come Chris Sanders.
A Lucca ti è stata dedicata una bellissima mostra con tutte le tavole dell'ultimo numero di SiP e altro materiale e, se non sbaglio, con quest'anno sei stato in Italia tre volte. Che rapporto hai con il pubblico Italiano? Il cambio di casa editrice ha influito sul numero di lettori presenti al tuo stand per chiederti uno sketch o una firma?
Sono stato molto fortunato a visitare l'Italia e a pubblicare i miei libri qui. I fan italiani sono i migliori del mondo, così entusiasti e rispettosi. Quando vengo in Italia per firmare i libri ti massacrano perché tutti vogliono un disegno, ma ti nutri di quell'energia e le ore volano. È una vera gioia andare a Lucca e incontrare i fan che mi leggono. Un vero onore! E non c'è dubbio che la Bao non solo sia il miglior editore che abbia mai avuto, ma un editore fantastico di per sé. Il mio pubblico è più grande perché la loro copertura sul mercato è più grande. Hanno fatto scoprire i miei fumetti a nuovi lettori. Hanno messo i miei libri nei negozi più importanti e nessuno lo aveva mai fatto per me. Sono i migliori. L'Italia è l'unico posto dove sono stato in cui la gente mi ferma per strada e mi chiede di fare un foto con loro; e non è perché sono coooooosì bello (ride), ma perché leggono i miei fumetti. Grazie Bao!
E grazie anche a te, Terry.
Hi Terry and welcome back to Comicus
Let's start from SiP. This year marks the 20th anniversary of the series, which still feels very relevant and fresh. Bao is republishing SiP in a new, revised edition. What has changed? Did you feel that SiP needed to be changed?
According to my contract, the previous publisher didn’t finish the series. I’ve seen a lot of crappy looking unauthorized books, but I don’t have copies and I don’t know how far they got, illegally. So BAO is bringing the series to Italy in hi-res, gorgeous quality and spot-on translation. Who could resist that?
SiP marked your debut in the US comic books world and, by so, you career as an author. What kind of memories do you have of yourself back in 1993 and how much did that man change from a personal and professional point of view over the years?
Part of me is eternally 17 years old. That part of me jumped into comics and keeps me there. The grown man part of me was worried about making a career that would feed my family, so I worked very hard. All these years later, I am slower but better, and the teenager in me still loves drawing comics. Professionally, I’ve been worried about the industry I rely on. Publishing today is nothing like it was 20 years ago. I don’t know where publishing is going, but I know I’m along for the ride.
Which of SiP storylines do you like the most and which one would you like to modify? Is there something in SiP that you hadn't the chance to write?
There were so many story arcs in SiP that I really enjoyed, but I have to say the final year of issues was very exciting as I wrapped all the loose ends and brought the characters together. Making a comic series is like writing & publishing a novel one chapter at a time. It’s exciting but you may find yourself in the middle and wish you could change something already published.
One thing I got caught on was David’s last name, Qin. I was well into the series before I realized I wanted my asian guy to be Japanese but he was stuck with a Chinese name. I had to write a reason for that. It turned out to be a good thing because I came up with David’s Story about his Yakuza past , killing a Chinese boy, then, filled with regret, adopting his name to honour him and live for him. If I was writing a traditional novel I wouldn’t have done that, I’d have just gone back and edited the earlier chapters. Sometimes the accidents make for nice surprises.
SiP's ending was changed after 9/11. Can you tell us what was the original ending of the story?
I was planning on losing one of the girls. It was a real tearjerker, in my mind. Then we were all so heartbroken over 9-11 and I felt like I should make stories that spread hope, not grief. I read about a Hiroshima survivor who dedicated his post-war art to scenes of nature that would inspire people to love life and appreciate the miracle. I don’t recall his name, but his choice affected me, inspired me to follow suit. Even Rachel Rising is driven by main characters who hope for a better tomorrow.
SiP is going to get a sequel in the form of a novel. We know that the project is in a limbo, because of your busy schedule; can you tell us something about the plot of the novel?
Absolutely not! I would just as soon show you my underwear. (laugh)
(laugh) Ok, understand. Let's skip it! One of the major theme in your works is friendship (SiP, Echo, Rachel Rising, Spider-Man Loves Mary Jane and Runaways), which must be a very relevant feeling for you, both on the personal and professional side (you and Jeff Smith are close friends). So, using friendship is a unconsciously choice or is it done in order to avoid blood ties (like the Disney characters, where we see uncles/nephews rather than father/children)?
I just think it’s a natural way of life. For most people, their life is all about work, family, friends. In my case, I’ve write about close friendships because my characters tend to be young and friends are so important to them—in their teens and twenties. Besides, where else are you going to get all that terribly wrong advice?
Francine, Katchoo, David but also Rachel and Julie are all strong and rounded characters, well very written. In your stories, what comes first, the characters or the setting?
Actually, they appear at the same time to me. I imagine a person in a situation. That’s both. The person is interesting because of the situation, the situation is interesting because the person is there. I never think of a person without thinking of where do and don’t belong, because that’s where the stories come from. Before I wrote comics, I used to invent characters all the time and I never came up with good setting for them later. It’s almost as if they have to be born together.
You gave a lot of space to homosexual characters, in a time when it was a real taboo (and for that you did get in trouble). Do you feel that things have changed or homosexuality is still regarded as a challenging topic?
From what I see and hear, it is easier now than 20 years ago. But I think that even labeling gay or not gay is trouble. We should be seen as equal human beings, period, that’s the end of it in terms of social order and legal rights. Then the individuals are free to be who they are, publicly and privately. Why can’t we just do that? The world would be so much happier and our lives would be so much richer. Anything that uses an “us and them” system is trouble. I don’t care about someone’s sexual preference—all I want is for them to be safe, happy and free to live their life of choice. I so admire people who get up every day and strive for that.
Talking about storytelling: since your early years, storytelling was a strong point of yours. How much of your background helped to shape this ability and what did you learn along the way?
I have to think my entire life experience fuels my creative work. I draw from everything I’ve ever seen, done or felt. How could you write otherwise? Knowing this, I can see now that the work I did when I was young was not as honest and thought out. We learn by first copying our teachers, so the early work will have those strong-handed influences. But I had read enough biographies to know that creative are particularly inspired in their 20’s, so you can’t discount that decade of work. Many people did their most original work in their 20’s, then spent the rest of their lives polishing and producing it. Mozart, Einstein, The Beatles... it’s just physics. So I kept notebooks and wrote it all down. Then in my 30’s I went back to those notes when I needed to rekindle my original thoughts and enthusiasm for ideas. I recommend reading about other creative people in any field, because the human nature involved in progress towards an original voice or thought is well-documented and inspiring. I’ve learned from novelists, philosophers, musicians, architects, classic composers, car designers. We’re all from the same planet.
In SiP you used different ways to tell the story: prose, poetry, even music written by yourself and then posted on the internet. With Echo and Rachel Rising you moved on from this approach. Was it a precise stylistic choice?
For Echo I took a more disciplined and analytical approach. I laid the pages out to Phi ratios, wrote a tight 3-act story and committed to 30 issues. I did this to offer something fresh and new after the excess of SiP. With Rachel Rising, I’m still using the Phi ratios for page layouts—because it seemed to Da Vinci to be the cornerstone of viewer seduction—but I’ve switched to an art style that is more jagged and scratchy in an effort to communicate a feeling of tension and energy. I drew the romance of SiP with a brush, the science of Echo with even-line markers, and Rachel Rising with pen points that render uneven, scratchy lines. My hope is the visuals help render a constant subliminal feeling, even if the reader doesn’t know why. Photographers have the lense, I have the line.
You self-published you works since you started in the business, but you have also work with major editors (e.g. the Image period, in which SiP became very violent) and on established characters. What do you recall from those experiences? Can you tell us pros and cons of these different ways of working?
When I began self-publishing, I had 17 distributors. They all went out of business until only the big two were left, and then there was one. That summer we were all freaking out. Self-publishers were migrating to the safety of larger publishers and I went to Homage. After a year I had reorganized and was ready to do it on my own again. Today we as an industry are still wondering how to publish tomorrow, but when the day comes we do somehow. I’ve learned not to be afraid of publishing. People will always want stories. We’re just changing how we deliver them. That’s just the nature of the business now.
I enjoyed working with other companies on their characters. It was a chance to stretch out and think about the worlds of other creators. There are limits to your freedom of course, but those are the rules if you want to play with Spider-Man and the other big kids. Their yard, their rules.
SiP's plot was developed during the years, while Echo's story was decided as a one-shot. Rachel Rising is an ongoing series but it's moving toward the inevitable ending. Have you already thought about it? How many issues will we get to read? Do you think that you will create others ten-years-long series in the future?
I don’t know the exact cut off for Rachel. I have a conclusion for the current story arc, but I have so much more story setup to write after that. I could go on for years if I so chose. I would like to make another epic if for no other reason but because you get to live with it for so long. It becomes your life, so if it’s a wonderful story in a fascinating world, your job is to go there every day and mine the story. It’s a great feeling. And when it’s done, you have those books in your hand and you have something to show for those years of work. Some books last longer than buildings, so it’s not a waste of time. It’s a good way to live. But I don’t think Rachel is my next epic. I have something else in mind.
You can write bildungsroman (if SiP can be called so), sci-fi stuff, horror stuff. Does your way of working change according to the material? How much documentation work is there behind your works?
Surprisingly little documentation goes into my research. It’s mostly in my head from a lifetime of curiosity. I’m interested in many things, I love to read, so after a few decades this information builds up in your head and just spills back out. If I wasn’t writing stories, I’d probably be one of those boring souls who dishes out historical and scientific trivia at dinner parties.
Generally, the readers' idea of a comic book artist is a lonely guy working by himself, while your work is the result of many people that help you shaping your project in a effective way. How many people are involved in your works? Who are they? And how much do you depend from them? In what way do they help you bringing to life your ideas?
Well, I’m afraid I am the lone guy working in a room for most of the time, but I have a wife who handles the business for me, a couple of printers who make the books from my files, a distributor who handles the massive trucking and delivery of books all over the country, retailers who sell on the front line, friends who help me at the booth at conventions, foreign publishers who translate my books for their own countries, and last but not least, fans who support me with their encouragement and allow me to create for a living. So, I may look alone, but I have a massive support group.
You have also produce a series of "how to draw..." books. Do you like teaching? What kind of advices do you give to students?
I am more than happy to share what I’ve learned. After 20 years, you know things that should be passed along to others. Why I wrote my book is simple: I noticed that all the how-to-draw books said the same thing and all the how-to-make-comics books were out of date in this fast changing time. I had read all the books before I started, but when you start working on a deadline, it’s amazing how little problems show up and there is no book telling you what to do. I had to figure out so many things on my own. For instance, I knew how to draw a human body, but why did my drawings look lifeless? How do you draw the human spirit that brings a body to life? If you’re going to draw stories, you really need to know that. So you should read my book after you’re read the others. Go pick any how to draw book and learn your basics. Then my book will tell you how to bring it to life and how to make a comic book in 2014.
What memories do you have of Paradise Too? Do you ever think about returning to comic strips? In that field, what authors inspired you? And what authors inspire you in general?
I LOVE drawing comic strips. I just couldn’t find an audience with them though. I don’t know if that will change. But I like anybody who can draw and has something to say. If they’re funny, then I adore them. Charles Schulz, Robert Crumb, Bill Watterson, Berkeley Breathed are like classic rock to me... comfort food. And I discover artists every year who amaze and delight me, like Chris Sanders.
During the Lucca Comic-Con there was a beautiful exhibition with the original art from Sip's final issue and other material and, I think, with this year you've been to Italy three times. What is your relationship with the Italian fans? Has changing publishing house affected the number of readers and fans that ask for a sketch?
I’ve been so fortunate to visit Italy and publish my books there. The Italian fans are the best in the world, so enthusiastic and respectful. When I go to signings in Italy, they work you to death because everybody wants a sketch, but you feed off the energy of the people and you don’t even feel the hours tick by. It’s a real joy to go to Lucca and meet fans who read my books. What an honor! And there is no doubt that BAO is not just the best publisher I’ve had, but a fantastic publisher period. My audience is bigger because their reach is bigger. They have introduced my books to new readers. They have put my books in the all-important news stands, and nobody did that for me before. They are the best there is. Italy is the only place I’ve been where people come up to me on the street and ask to take my picture, and it’s not because I’m soooo good looking (laugh) but because they’ve read my books. Thank you, BAO!
And thanks a lot to you, Terry.