X-Men 18

BLOOD

Parte 1

di Vale AlbaDiggi

 

“Si sta alzando il vento, accidenti.” pensò Logan, affacciandosi ad un balcone della scuola, ringraziando il cielo di essere in grado di sostenere temperature ben più basse. Quella notte non riusciva a dormire, la faccenda di Manowar lo aveva turbato, la sfida era arrivata a toccare un istinto più estremo di quello animale; in certi momenti della battaglia Logan si era sentito completamente cieco, perduto in un buio nella sua anima, e non poteva dimenticare quella tremenda sensazione.

L’esterno dell’istituto Xavier di notte era illuminato da lampioni al neon, così immerso in quella luce irreale il parco era sondato dai sensi ipersviluppati di Wolverine nel modo più completo e affascinante: il suo udito avvertiva ogni fruscio distintamente, traducendolo in una melodia oziosa e rilassante, l’odore delle graminacee misto a quello dell’umidità notturna e dei pini in inverno amplificava il senso di pace in cui si crogiolava la mente del X-Man. Improvvisamente quella percezione globale venne turbata da un mutamento, uno sconvolgersi dell’equilibrio.

“E quello chi diavolo è?” pensò l’artigliato canadese.

 

Tony arrancò, cercando di tenere il passo. Non poteva fermarsi, probabilmente ora sapevano dove era diretto, lo avevano certamente intuito, perciò c’era poco tempo. All’improvviso, dal silenzio, sbucò un uomo che rapidamente lo afferrò, gettandolo a terra.

- Ahhh! – gridò Tony.

- Chi sei? Che vi fai qui? -

- Io…io ti conosco! Sei un X-Man! -

- Potrei essere l’ultima cosa che vedrai se non rispondi… -

- M…mi chiamo Anthony Burke…sono un biochimico…ho bisogno del vostro aiuto… -

- Per cosa? – chiese Logan rialzandosi.

- Sta succedendo qualcosa di grosso…lavoravo per delle persone…non so neanche chi fossero, in realtà. Eravamo in tanti, chimici, genetisti…era un lavoro sporco. Loro…ci portavano dei campioni di sangue mutante e noi dovevamo lavorare su di essi… -

- Va bene, ok. Sei sicuro di non sapere chi sono? -

- Pezzi grossi della mala, certamente. Ma non erano di New York, venivano da… -

Una macchina nera sgommò a pochi metri di distanza.

- Oh mio Dio! Mi hanno trovato… - fece Tony, cercando di scappare.

- Aspetta! –

Un fumogeno rotolò a terra, poi esplose, annebbiando l’olfatto di Logan per qualche secondo.

Si udì un sibilo e un rumore più sordo. Un proiettile, sparato con il silenziatore dalla macchina. Tony si accasciò a terra ferito.

- NO! – gridò il canadese, prendendo il corpo fra le braccia.

- A…aiuto… - fece l’uomo, quando l’ebbe preso fra le braccia. La macchina sfrecciò via,

mentre Logan saltava il cancello e correva verso l’istituto.

 

A Genosha, quasi contemporaneamente, Henry McCoy fu svegliato dal dottor Xavier.

- Henry, svelto! Ho ricevuto un messaggio telepatico da Jean: alla scuola sono nei guai.. –

In un attimo, la Bestia si preparò.

- Emma verrà con te…io, purtroppo non posso. Hanno bisogno di me, qui. Ma sarò con voi telepaticamente, se ci saranno problemi… -

- Professore, non c’è alcun bisogno di giustificazioni. -

- Hank, so che hai rinunciato all’azione. Non voglio costringerti… -

- Per lei, questo e altro professore. -

 

- Presto, Logan…stendilo sul tavolo. – fece Jean, con accanto Tempesta.

- Come ti sei… -

- Ho captato i suoi pensieri confusi da quando lo hai incontrato. – spiegò - Hai visto chi è stato? – 

- Erano in macchina, non li ho visti. –

- Percepisco i loro pensieri. Possiamo raggiungerli, ma quest’uomo ha bisogno di assistenza. –

- Penso io a lui. – disse Ororo – Prendete quei bastardi. -

 

- Chi diavolo era quel tizio? – fece Rick tenendo gli occhi sulla strada e le mani sul volante.

- Credo fosse un X-Man. – rispose il suo compagno Kevin.

- Cavolo, al capo non piacerà. Speriamo non ci abbia visto, Kev. -

- Ehi, ma stai rallentando? -

- No! Certo che… -

La macchina aveva veramente decelerato e dopo poco si fermò, nonostante il motore fosse acceso.

- Ma che è successo? -

- Che ne so? Il motore va a vuoto… -

Rick cercò di scendere, ma le portiere erano sigillate.

- Che diamine… - fecero in coro i due assassini quando le portiere si aprirono e i tizi vennero buttati a terra da una forza invisibile.

- Chi…? -

Davanti a loro, Jean Grey e Wolverine li guardavano con disprezzo.

- Assassini! – ringhiò Logan.

- Non so di che stai parlando… - rispose Kev.

- Come avrete intuito, - fece Jean – siamo mutanti. Nella fattispecie, io sono una telepate. Una telepate arrabbiata, perciò vedi di non raccontare balle, perché è inutile e mi innervosisce. -

- Che volete da noi? -

- Alla scuola avranno già chiamato la polizia. Decideranno loro… -

Rick fece per afferrare qualcosa dal giubbotto, ma Jean sollevò una mano, bloccandogli il braccio e sollevando il tizio in alto.

- Uhm, sei solo contento di vedermi o hai una pistola nella giacca? –

- Per chi lavorate? -

- Da me non saprai niente, mostro! -

- Logan, lasciali perdere. Ho già saputo da loro ciò che… -

Kevin approfittando della distrazione, aveva estratto una pistola e aveva fatto fuoco due volte. Wolverine, aiutato dai suoi riflessi, si frappose fra Jean e i colpi, ma uno delle pallottole lo prese di striscio continuando la sua corsa verso la spalla Jean. La X-Man perse il controllo telecinetico mentre Rick rotolava a terra. Wolverine colpì Kev con un pugno all’adamantio, poi si girò per soccorrere Jean.

- Stai bene? -

- …no…L…Logan… -

- Ti devo portare…ma che…? -

Ciò che vide il canadese lo lasciò a bocca aperta: il proiettile uscì dalla spalla di Jean, guidato dalla telecinesi della mutante, che svenne poco dopo. Logan la prese fra le braccia e corse fra gli alberi, gettando un ultimo sguardo all’auto dei killer.

 

Mark osservò la cabina dell’ascensore, l’interno futuribile non faceva pensare minimamente alle attività illegali che si svolgevano in quella fabbrica.

“Quest’uomo è un maestro della dissimulazione…vive normalmente, ma al solo pensare a tutto quello che potrebbe avere…”

- …ti viene l’acquolina in bocca, vero Mark? – concluse il suo pensiero, il Signore del Crimine, appena si aprì la porta dell’ascensore. La sua maschera assomigliava realmente a quella del primo personaggio ad avere questo nome, ma era differente in alcune caratteristiche: i segni bianchi sulla maschera erano più sottili e posti all’altezza degli occhi ne nascondevano completamente l’aspetto; in corrispondenza della bocca aveva una sottile fenditura bianca, e sulle guance aveva due segni rossi e esili. Il volto stilizzato era imperturbabile, e incuteva una certa paura in coloro che si rivolgevano a questo nuovo boss, e a questo non sfuggì il giovane.

- Mi ha letto nella mente? – chiese Mark, stupito.

- Sono molti i poteri di cui anche i miei più stretti collaboratori sono all’oscuro, ma in questo caso mi è bastato il tuo sguardo per capire a cosa pensavi. Vieni, che ti mostro come trattiamo il tuo amico. –

Il Signore del Crimine lo condusse attraverso sale piene di macchinari futuristici, di cui l’altro ignorava il nome e la funzione, fino ad arrivare ad una piccola cella dove tenevano rinchiuso un uomo. Dall’oblò della porta in materiale isolante e vibranio, una precauzione contro eventuali sviluppi dei poteri del prigioniero, la figura accovacciata all’interno appariva distorta e inquietante. Il Signore del Crimine premette un pulsante, poi parlò.

- Come andiamo Alan? Come reagisce il soggetto? -

La risposta giunse da un altoparlante invisibile - Sembra che finalmente Franklin dia segni di cambiamento, signore. Vede, è in grado di generare e controllare un campo elettromagnetico di media intensità…solo che… -

- Cosa? -

- Entrambi conosciamo dei suoi problemi, signore, ma nell’ultimo periodo sembra che le sue capacità cognitive stiano calando. -

- Sta diventando più stupido? -

- Si, ma è riduttiva come interpretazione. Ha difficoltà con il linguaggio, sembra che abbia delle allucinazioni. -

- A parte questo, lui ha reagito positivamente al composto? -

- Si. -

- Bene. Basta così, Alan. -

- Ha detto… - cominciò Mark, ma fu interrotto.

- Il siero ha ancora degli effetti collaterali, ma non hai idea di quello che è in grado di fare. -

- Immagino che non abbia problemi perciò a passare sulla vita di Franklin! -

- Non mi interessa il suo quoziente intellettivo, Mark! -

- Potrebbe trattarsi di un danno permanente! -

- A dire la verità non credo che sopravvivrà all’evoluzione del suo stato. -

- Cosa può valere ciò che ha creato? Che effetto ha sulle persone…beh, su quelli non come Franklin? -

- Sarebbe meglio che facessi meno domande, amico mio. Ora abbiamo il nostro uomo e non abbiamo più bisogno di te. -

- Solo io so controllarlo. -

- A te non è mai importato nulla di quell’uomo! Stai rischiando tutto per aumentare il tuo guadagno, ed è molto rischioso… -

Mark rimase in silenzio, guardando attraverso l’oblò.

- Là, su quel tavolo, c’è una nuova dose. Passa a prenderlo stasera: lo porterai a casa e lo istruirai a dovere. Voglio altri campioni. -

Mark prese il flacone e si diresse verso la porta.

- Mark! – lo chiamò il Signore del Crimine.

- Si? -

- A proposito del Ragno Rosso, non hai niente da dirmi? -

Lo sapeva. Per tutta la conversazione l’uomo aveva sperato che la notizia non fosse stata ancora resa nota, ma era una speranza vana.

- È stato…è stato un incidente… -

- Già. Non si ripeterà. -

- Non si ripeterà… -

 

Franklin aveva ascoltato tutta la conversazione; il vibranio non poteva fermare le sue nuove capacità, e, se la sua mente fosse riuscita a ragionare, si sarebbe potuto liberare in pochissimo tempo. I farmaci però lo tenevano in uno stato costante di veglia-sonno e lo portavano a rivivere quei terribili ricordi; rivedeva la gente che fuggiva, coloro che non osavano guardarlo per la sua mostruosità e la sua incapacità a capire. Fin dalla nascita era stato così e nulla era cambiato, se non quando sua madre aveva cercato di ucciderlo. Rivedendo quello sguardo, Franklin generò alcune scintille, senza capirne il motivo. Aveva vissuto una vita, senza comprendere, rifiutato e umiliato, portato a odiare ciò che era. Poi era arrivato Mark e gli aveva donato quelle straordinarie capacità per compiere la sua missione. Nulla l’avrebbe fermato.

 

Henry McCoy estrasse la provetta che aveva trovato nella tasca di Tony dalla centrifuga, e osservò il contenuto. Alcuni filamenti roseii erano immersi in un liquido trasparente. Con una siringa, prelevò la sostanza e la versò sotto l’obiettivo di un microscopio elettronico, che proiettò un ingrandimento su una parete.

- Incredibile… - commentò lo scienziato, osservando l’immagine.

  

Il professor Xavier aveva sondato telepaticamente la mente di Jean, svenuta. Poi si mise in comunicazione con Wolverine.

- Logan… -

- Sta bene? -

- Ha una forte tempra morale, l’estrazione del proiettile è stata un’ottima idea. Guarirà, ma ci vorrà del tempo. -

- E l’altro? -

- Purtroppo non ce l’ha fatta, la ferita era troppo grave ed è morto quasi subito. Purtroppo ha anche sofferto molto. -

Wolverine rimase in silenzio. Non era riuscito a salvarlo, l’aveva persino aggredito.

- Non è colpa tua. - disse Xavier, leggendogli nella mente.

- Non mi addosso colpe che non sono mie, ma…quell’uomo è morto e forse potevo evitarlo. -

- Puoi fare giustizia. Concentrati, ricordi la targa della macchina? -

- Si, ricordo la targa, il modello, il rumore del motore e persino l’odore della tappezzeria, ma temo che non ci aiuteranno. -

- Il nostro amico ha cercato di avvertirci, a costo della sua vita, e ci ha dato anche delle informazioni. Dalla sua mente confusa ho estrapolato immagini di una città che di certo non è NY. -

- Diceva che quelli che lo avevano ingaggiato non erano di qui. -

- No. Erano di San Francisco, e tutti seguivano le direttive di un solo uomo. -

- San Francisco… -

- Credo che dovresti recarti là, assieme ad una squadra di dimensioni ridotte, per scoprire di che si tratta. -

- Non c’è problema. -

- Ci sarà Colosso. -

- Ci vorrà anche una telepate. -

- C’è Emma, per questo. E Hank vuole unirsi a voi, sembra. -

- Ok…da dove cominciamo? -

- I due killer che sono scappati devono essersi rifugiati a NY. Con la targa e le tue informazioni vedrò se posso far rintracciare la macchina, dopodiché cercate di farli parlare. Jean gli aveva tirato fuori qualcosa, leggendo nelle loro menti, ma non voglio sottoporla a nessuno sforzo, né voglio riaccennarle la faccenda, per il momento. -

 

Al K-Hotel le regole erano poche, ma rigide: criminali, ladri, prostitute, spacciatori potevano entrare senza timore, ma niente mutanti. Il proprietario era un fermo sostenitore della campagna anti-mutante clandestina e, anche se non aveva mai compreso appieno le motivazioni, era convinto che i mutanti facessero schifo e che fossero una razza da sterminare. In alcune serate, per pubblicizzare il suo bar, aveva fatto venire delle spogliarelliste amiche di suo cugino e le aveva fatte vestite come le donne degli X-Men, organizzando uno spettacolo illegale e poi in un festino nell’hotel riservato ai clienti meglio paganti. Quella notte, far presente la regola numero uno ai tre visitatori appena entrati rappresentava il problema più grande che avesse mai afflitto il barista, una specie di dilemma fra l’andare e il non andare all’ospedale.

- Mi ero promesso di non mettere mai piede in questo posto… - disse Logan, dando un’occhiata intorno.

- Ti capisco, ma dobbiamo farlo. Hanno ucciso quell’uomo e ferito Jean. Non possiamo fargliela passare liscia. – rispose Colosso.

- Ragazzi…non è poi così male. – fece Emma Frost – Avete idea di quali pensieri lascivi abbiano fatto questi signori nei miei confronti? -

Quello era il posto dove si erano rintanati i due tizi che erano scappati il giorno prima, secondo le fonti del professore. 

I tre si avvicinarono al bancone, senza fretta. Il barista cercò di tenersi alla larga dai loro sguardi il più a lungo possibile, Emma intanto aveva sondato la sua mente scoprendovi la paura di essere licenziato, la paura di essere linciato dai mutanti brutti e cattivi e la paura che qualcuno capisse che era un omosessuale latente.

- Ehi, trottolina! – lo chiamò infine la telepate – Ti sbrighi a servirci? -

- S…subito, signora. C…che desiderate? -

- Uhm, a parte vederti in quel bel tutù rosa che ti metti di nascosto a tutti, vorrei un Jack Daniel’s. -

- Doppio per me. – fece Logan.

- E per…per lei… -

- Smettila di fissare la sua pelle. –

- Lo fa imbestialire. Sembra calmo e tranquillo, poi all’improvviso… - scherzò Wolverine.

- Io… -

- Senti, i due nuovi che sono arrivati ieri…

- Non…so…io… -

- Perfetto, stanza 9. – terminò Emma, leggendogli nella mente.

 

- Ha chiamato Mark. – disse Rick, gettando un’altra busta di ghiaccio al compagno.

- Ah si? E che vuole? -

- Dobbiamo tornare a Frisco, il capo ha bisogno di manodopera. -

Kevin non rispose, continuò a tamponarsi il viso con il ghiaccio.

- Non ti è ancora passato? -

- Quel tappo ha le mani di ferro… -

La porta della stanza esplose in un milione di schegge di legno mentre Logan saltava addosso a Kev, sfoderando gli artigli.

- È adamantio, idiota! - 

- Ahhh! -

Rick sfoderò la sua pistola, ma Colosso la distrusse, stringendola; Emma poté sentire la paura crescere nel criminale, mentre fuggiva giù per le scale. Purtroppo arrivato al pianerottolo, venne placcato da un finestra dalla Bestia.

- Vi dico che non mi va di giocare all’eroe, rimango fuori e poi mi costringete ad entrare in scena così? Questa è una contraddizione bella e buona! -

Dopo qualche secondo, i due killer furono riuniti; mentre su di loro vigilavano Henry e Logan, Peter l’interrogò.

- La voglia di sguinzagliarvi addosso questi due è forte… - disse, ricevendo due occhiatacce dalla Bestia e da Wolverine -…ma sono certo che voi non la pensate così, perciò, vediamo di trovare un accordo. -

Mai in tutta la loro vita, Rick e Kevin si erano sentiti così disposti ad accordarsi.

 

Fine parte 1

 

Inizia una saga parallela ai fatti narrati su Ragno Rosso. Nel prossimo episodio gli X-Men a Frisco, Wolverine e Colosso compagni di stanza, Henry McCoy veramente...bestiale!

 

sempre di Vale "AlbaDiggi