PROLOGO: Da qualche parte in Colombia

 

All’apparenza, si trattava dell’ennesima fattoria. Niente di speciale: un esteso campo fresco di aratura, appena seminato, su cui dozzine di persone lavoravano alacremente.

L’edificio della fattoria era una struttura a due piani, nuovo, color ocra, che ancora odorava della recente riverniciatura. Un palazzo di lusso, con un ampio giardino terrazzato, due viali di accesso pavimentati a marmo italiano e un lungo portico lungo il viale principale. Il piano superiore era quello adibito all’abitazione. Quello inferiore era un trionfo di attrezzature rigorosamente ben tenute.

Attrezzature che coprivano tanto la produzione chimica quanto la difesa. Armi moderne, roba dell’ultima generazione, erano ordinatamente disposte accanto a tutto quello che serviva per la produzione della migliore cocaina.

La ‘fattoria’ era il cuore di uno dei più potenti signori della droga di quella regione. I suoi soldati erano mercenari scelti fra i corpi d’elite di mezzo mondo; gli uomini disponevano di jeep, elicotteri, una pista per essi ed un aereo privato. Potevano scatenare una piccola guerra…e, occasionalmente, facevano proprio questo.

L’instabilità politica ed economica della regione era il miglior modo per assicurare il solo futuro possibile alla gente che lavorava nei campi. La guerriglia continua, opportunamente stuzzicata, finanziata da quegli stessi governi che si dichiaravano ostili alla droga, ma che facevano affari formidabili con il narcotraffico, spezzava sul nascere le speranze di riscatto di tante famiglie, che finivano con l’impegnare i propri figli nel mercato dell’oro bianco.

L’amministrazione Reagan, anni fa, tentò di dare un’immagine di lotta alla droga con operazioni militari mirate a distruggere i campi con il fuoco. Naturalmente, nessuno seppe che si trattava di una ‘punizione’ nei confronti di quei piccoli signori della droga che cercarono di fare i furbi con i loro finanziatori principali.

Jango, almeno ormai tale era il suo nome per chiunque lo conoscesse, era invece un fedele fornitore. Un uomo tozzo, abbronzato, con una faccia tonda e gli occhi crudeli, con due sottili baffetti e un pizzo quasi invisibile. Una carriera scritta col sangue dei suoi stessi parenti, una strada seminata a cadaveri. Jango sapeva cosa voleva e sapeva come ottenerlo; aveva solo 32 anni, ma dentro era molto più vecchio e più saggio, dentro. Non avrebbe mai avuto figli, questo lo aveva giurato: niente serpi in seno. Quando sarebbe giunto il momento, avrebbe scelto il suo erede personalmente fra i figli più ambiziosi dei suoi contadini…

Oggi, Jango era un uomo soddisfatto. Sedeva a cavallo, sul suo stallone preferito, fucile ad alta precisione a tracolla, e controllava il lavoro dei contadini. Guardare il frutto del suo lavoro lo faceva sentire fiero come un padre. Presto quella terra nuda sarebbe stata colorata da innumerevoli fiori. I suoi profitti sarebbero stati alti, quell’anno*

 

 

MARVELIT presenta

MARAUDERS

Episodio 1 - Natural Killers

 

 

I suoi pensieri morirono sul colpo, come lui stesso, quando la sua testa esplose, seminando ossa, tessuti, sangue e cervello come un orrido sole di carne. Il manto bianco del cavallo fu chiazzato a macchia di leopardo. La bestia non reagì fino a quando non sentì l’odore del sangue.

A quel punto, dopo avere prorotto in un nitrito, si impennò, e si mise a correre all’impazzata, seminando sangue arterioso dal collo mozzo del suo padrone.

I contadini neppure capirono subito cosa fosse successo. Poi iniziarono ad urlare. In un attimo, il loro padrone, la loro sola speranza, era morto e non seppero neppure perché…

Preceduto da un sibilo intenso, una specie di tornado scese sul campo! La gente iniziò a fuggire disordinatamente, ma ben poco altro poterono fare, prima di venire investiti da una pioggia di neri shuriken. Uomini, donne, ragazzi e bambini furono colpiti chi alla gola, chi ai reni, chi alle gambe. Le lame rotanti a forma di stella, lanciate ad alta velocità, dove non affondavano, tranciavano la carne come carta.

 

I pochi che riuscirono ad uscire vivi dal carnaio, pregando ed implorando, scoprirono che qualcun altro aveva risposto alle loro preghiere. Lo scoprirono quando furono investiti da raggi di energia dal cielo! Le loro carni furono carbonizzate quasi all’istante; ebbero il tempo di capire che stavano morendo, alcuni addirittura di sollevare occhi quasi ciechi verso un nuovo sole nel cielo.

 

Missili incandescenti piovvero ad arco dalla vicina foresta, diretti verso la villa. Sfondarono con precisione [attraverso (via)] le finestre. Un attimo dopo, esplosero.

Uomini e donne in fiamme fuggirono dalla casa, rudemente spinti da parte dai soldati, a loro volta intenti a gridare inutilmente ordini agli operai intenti alla fuga…

Poi, uno dei soldati si fermò di colpo: sulla sua gola apparve un cammeo con un volto stilizzato piegato in un sorriso maligno, avvolto da una fascia di velluto nero. Un attimo dopo, quel soldato fece fuoco sui suoi compagni e sugli operai, che non ebbero il tempo di reagire. Poterono solo cadere, mentre quelli che volevano fuggire da quella uscita ci ripensarono.

Dall’altra parte della villa, giunsero altri rumori di spari. Il soldato impazzito annuì…prima di venire colpito due volte al cuore!

L’uomo che aveva abbattuto il folle uscì allo scoperto -ormai era inutile restare lì a farsi massacrare! Tanto valeva tentare la fuga…quando sul suo collo apparve il cammeo. E il massacro riprese.

 

Elicotteri si levarono in volo…almeno, ci provarono. Un carro armato volò addosso al primo degli elicotteri, distruggendolo non appena ebbe lasciato il suolo. L’esplosione raggiunse il vicino, secondo elicottero, che fu ribaltato mentre si levava in volo. La sua esplosione andò a nutrire il primo fiore di fuoco.

Una jeep tentò la fuga…ma anche quella fu colpita da un’altra, lanciata in aria a grande velocità. Le urla degli occupanti dei veicoli si confusero con il fragore dell’esplosione.

 

Fu a quel punto che un’onda sismica attraversò il campo, spaccandolo in miriadi di crepe, per arrivare a colpire in pieno la casa. Quanti superstiti ancora ci potessero essere, là dentro, morirono quando la struttura crollò su sé stessa come un castello di carte, scomparendo in una nuvola di polvere.

Poi fu solo il silenzio, rotto dal rumore delle fiamme…

Alla fine, delle macerie si mossero. E ne emerse un uomo, intatto, con la pelle lucida come metallo. Era grande, almeno due metri, robusto, e i suoi vestiti erano ridotti a stracci impolverati e bruciati. Se aveva dei peli addosso, erano ben nascosti dal polimero ultraduro che era la sua pelle.

«Voi… » chiese in Spagnolo. « Chi siete? Come osate?» Avrebbe dovuto essere furioso, pronto a caricare a testa bassa come un toro, degno del suo nome di Furente.

Ma non sapeva neppure cosa fare. Questi gringos erano giunti come furie, con la velocità del lampo e la distruttività di un esercito. Un attacco di sorpresa perfetto, senza un perché.

«Noi osiamo, perché tu hai tradito la tua razza,» disse uno degli assassini davanti a lui, parlando in Coreano. Ovviamente, Furente non capì. Francamente, non importava. Importava solo che il Coreano lo toccò –appena una stretta della mano, della durata di pochi secondi.

Bastarono: la pelle di Furente tornò di colpo alla normalità. Contemporaneamente, il suo potere impazzito si manifestò sui suoi organi. I suoi polmoni, il cuore ed il cervello, i reni…divennero tutti strutture ultradure; sebbene avessero mantenuto un’elasticità pari a quella originale, il danno fu comunque catastrofico. Il cervello perse ogni capacità di gestire i contatti neuronali, avendo acquisito anche un completo isolamento dalla corrente bioelettrica. Lobotomia totale istantanea. Quand’anche l’effetto fosse finito, cioè dopo quattro minuti, il danno cerebrale sarebbe stato totale. La perdita completa del sistema nervoso centrale avrebbe fatto collassare anche le funzioni simpatiche.

In breve, Furente morì.

In quel momento, giunse un elicottero, l’ultimo della flotta di Jango. Il pilota, l’unico militare sopravvissuto in una carlinga inondata del sangue degli altri, fece un cenno d’intesa con il pollice. Al suo collo, brillava una specie di cammeo chiuso in una fascia nera.

Un tocco di classe, fuggire con un mezzo del nemico. Gli assassini salirono a bordo senza neppure aspettare che l’elicottero atterrasse. Il velivolo  volò via a tutta velocità, lasciandosi dietro una zona di guerra.

L’operazione era stata un successo. Sopravvissuti: zero. Distruzione: totale. Tempo: sette minuti e ventotto secondi.

Lo schermo si spense

“E tutto quanto per assicurarsi il decesso di un solo mutante,” disse la voce fuori campo. “Niente testimoni, un gran fracasso, e neanche un indizio per le autorità governative.” Un gran sorriso pieno di zanne illuminò l’oscurità. “Gli shuriken si sono dissolti, e senza un solo proiettile in giro, prima o poi i giornali diffonderanno anche la voce che si trattava di una guerra di mutanti. Magnifico.”

Voltò la poltrona verso i suoi ospiti. Si trattava di un uomo robusto, dalle spalle larghe, i capelli biondi ed il volto di un predatore. Non aveva un solo pelo fuori posto, la giacca era così immacolata che sembrava appena uscita dalla sartoria -e forse era proprio così: lui era un uomo abituato a trattarsi molto bene. Ma non era il tipo di persona da cadere nella trappola delle mollezze. Aveva vissuto una vita dura e sarebbe rimasto un combattente fino al suo ultimo giorno di vita.

“Signori,” disse, incrociando le mani. “Credo che la nostra sarà una società molto fruttifera.”

L’uomo si chiamava Graydon Creed, ed era uno dei più feroci anti-mutanti che avessero mai calcato le strade della politica. I suoi interlocutori, nonché agenti sul campo, erano invece una squadra dei più pericolosi mutanti conosciuti:

Erano i Marauders.

“Se lei ha chiesto i migliori, avrà i migliori,” disse Scalphunter con assoluta sicurezza, mentre si puliva distrattamente un’unghia con una lama affilata.

Creed annuì.

“E ci serviranno i migliori, per fare in modo che entrambi raggiungiamo i nostri scopi,” disse una voce elettronicamente alterata attraverso l’interfono sulla scrivania. “Lei, Creed, avrà la sua vittoria contro un pericoloso elemento di instabilità quali sono i mutanti. Noi, lo Stato, attraverso la sua vittoria riusciremo a guidare la specie umana verso gli obiettivi da noi desiderati.”

Creed sorrise all’interfono. “Sono felice che abbiate deciso di adottare la mia tattica: il possedere un proprio gruppo di super-esseri è la chiave vincente.”

“Ne sappiamo qualcosa: fra i Campioni dello Zilnawa e la Justice Incorporated, abbiamo subito di recente più danni che in tutta la nostra esistenza. Questo deve finire, Sig. Creed.”

L’uomo mostrò un indice ammonitore. “Che non vi salti in testa di usare la mia squadra per attaccare direttamente quelle che avete appena citato. O gli X-Men, o qualunque altra formazione di super-esseri.”

Dall’interfono venne una lunga pausa.

“Osservazione ed esperienza, signori: due cose che credo vi manchino, o non vi sareste comportati come dilettanti nelle vostre precedenti imprese.

“Ricordate: per quanto potenti siano i super-esseri, il loro punto debole è di non esserlo abbastanza. E, soprattutto, non sono abbastanza numerosi. Una volta che le acque intorno a loro siano abbastanza agitate, saranno persi.

“Intendo usare i Marauders per distrarre i nostri amici. Per quante poche vittorie dovessero ottenere, non riusciranno più a costituire un impiccio per voi: ci penseranno il pubblico ed i media a tenerli impegnati in prima linea. Fidatevi, conosco bene i miei polli o non mi sarei dato alla politica.”

Creed si alzò in piedi. Con deliberata lentezza, le mani incrociate dietro la schiena, camminò lungo la fila di sedie che ospitava i Marauders. “Modelli più efficienti e più potenti di quelli finora usati da Sinistro; mio padre avrebbe adorato lavorare con loro. Non vi chiederò come avete fatto, signori… Siamo almeno sicuri della loro fedeltà?”

“Nel modo più assoluto, Sig. Creed. Sono geneticamente programmati per obbedire allo Stato ed alle sue direttive. Sta a lei ricordarsi di rispettarle nel modo più efficiente, o la uccideranno per tradimento.”

Creed annuì. Gli rodeva non poco il dovere essere un subordinato, ma non poteva neppure fare altrimenti: lui non era un maledetto super, e per tutti era morto e sepolto. Il suo movimento, gli Amici dell’Umanità, almeno, continuava ad esistere, e poteva essere soddisfatto dei loro progressi.

Non poteva tornare indietro, ma di sicuro avrebbe saputo mandare le sue idee avanti! In un modo o nell’altro, i mutanti sarebbero diventati gli schiavi di chi era loro superiore! E i Marauders sarebbero stati le sue Sentinelle!

 

Colombia

 

Era, semplicemente, una questione di possibili priorità.

I suoi datori di lavoro non agivano a compartimenti, nossignori. Le loro orecchie erano grandi, e raccoglievano ogni notizia che di solito non arrivava subito (se non mai) ai canali ufficiali.

Il loro scopo non era agire da angeli custodi: se anche avessero saputo di una guerra imminente, non l’avrebbero sventata sul nascere. No, il loro scopo era assicurarsi lo sfruttamento migliore del mercato per le loro tecnologie…ed assicurarsi che non ci sarebbero state minacce dirette da una situazione che, all’inizio, non li coinvolgeva.

Per questo, i Servizi Segreti dello Zilnawa avevano gente come lui, sul libro paga: Abraham Judas, l’Agente A (come ‘Asso’, grazie!), era la loro punta di diamante per questo tipo di missioni…

“Gesù, che casino,” disse l’uomo al suo fianco. Si terse la fronte con un fazzoletto. “Umidità maledetta…ma dove diavolo hanno messo l’esercito per fare questo casino? Non ci sono tracce di carri armati, ne’ i radar hanno rilevato tracce degli aerei o degli eli che potrebbero avere usato in alternativa. Niente fori di proiettili a terra o crateri di missili…”

Abraham scosse la testa. Indossava un’uniforme azzurra identica a quella del suo ‘collega’ dello SHIELD, ed era fresco come una rosa. Muoversi in camuffa, in casi come questo, era della massima importanza: e con il supporto della Talon Corporation, una delle aziende più tecnologicamente avanzate, era uno scherzo procurarsi una nuova identità in men che non si dica.

“Hanno usato dei super-esseri, infatti,” disse Abraham -pardon, Sam Burton. Sam indicò le due jeep carbonizzate a ‘panino’., e il carro armato accanto al relitto dell’elicottero sventrato. “E si sono premuniti di farlo sapere.”

L’agente si grattò la nuca. “Mercenari al soldo di qualche organizzazione rivale? Ci manca solo una guerra fra bande a base di superscazzottate. E se c’entrasse la Quest?” si riferiva alla nuova azienda specializzata in armamenti ad alta tecnologia.[i]

“A questo punto, ogni scommessa è aperta.” I due agenti ripresero a controllare le rovine della villa, riempiendo di immagini le loro fotocamere digitali. Jango era uno che lo SHIELD stava tenendo d’occhio da parecchio, nell’ambito del programma ONU di lotta al narcotraffico.

John Monnet, il ‘collega’ di Sam, era uno dei due infiltrati inseriti a fatica nell’organizzazione del trafficante. Ci sarebbe voluto ancora del tempo per risalire a tutti i legami di Jango con i suoi soci americani, ed ora era tutto andato in fumo! Per giunta, ogni straccio di prova era andato insieme con le vite di tutti i possibili testimoni e con la casa stessa. Anche le guardie di pattuglia nella foresta erano state fatte fuori.

John era stato fortunato: avrebbe dovuto trovarsi nella fattoria, oggi, se non fosse stato per un guasto al motore della sua jeep. Aveva potuto solo vedere le colonne di fumo levarsi di colpo, e quando lo SHIELD aveva risposto alla sua chiamata, era già troppo tardi.

Sam si chiese come mai, fra tutti i cadaveri lasciati dagli assassini, solo uno fosse ancora tutto intero…

 

Kansas

 

Dovrebbe essere abbastanza semplice: c’è questa organizzazione, Cielo Luminoso. Si tratta di una variante sulle tante organizzazioni terzomondiste, dedite alla solidarietà. Un’iniziativa in sé lodevole...se non fosse che questa gente si occupa specificamente dei mutanti del terzo mondo. Sono convinti che i mutanti possano sopperire alle manchevolezze dei governi che tanto promettono e poco fanno per la povertà e la fame.

“Lo Stato vuole che Cielo Luminoso cessi di esistere perché mina gli interessi delle nazioni industrializzate. E per quanto mi riguarda, è della massima importanza impedire che l’umanità possa dipendere dai mutanti. Li voglio morti, signori: prima di tutto, liberatevi di Cielo Luminoso. Scovate i loro amici genemostri e uccideteli…e per una volta tanto, usate discrezione. La stampa non deve arrivare a voi quali esecutori. Domande? No, ma del resto lo immaginavo. Ora andate!

Il gruppo apparve all’interno di un vecchio granaio. Mentre lo spostamento d’aria si placava, lasciandosi dietro turbini di paglia, erba e rifiuti assortiti, Tower disse, “’Discrezione’, dice quello! Io dico di radere al suolo tutto il loro fottuto paesino di vaccari e darcela a gambe!”

“Esattamente il contrario di quello che si definisce ‘discrezione’, bisonte,” ribatté Arclight. “Qual è il piano?” chiese poi ad Hunter.

Il mezzo indiano, senza smettere un attimo di controllare anche le ombre, un fucile stretto fra le mani, disse, “Riptide, Harpoon ed io ci dirigeremo in città in esplorazione. Arclight, tu resterai al comando in nostra assenza.” E senza aggiungere parola, i tre mutanti uscirono di corsa dal granaio.

Tower si mise seduto per terra. “Magnifico! E noi restiamo qui a fare i bravi cagnolini! Ma come fate a dargli retta? O anche quello è nella programmazione?”

Scrambler prese un fazzoletto dal taschino e lo usò per spolverare uno sgabello malconcio. Dopo essersi seduto, il Coreano disse, in un Inglese impeccabile, “Quello no, bisonte occidentale: Scalphunter si è guadagnato il suo ruolo. E nessuno sano di mente lo sfiderebbe per il trono.”

“In tutto questo, ancora non ho capito come vi siete messi insieme: vi conoscevate già, quando Sinistro vi ha reclutati, o…”

Fu Arclight a rispondere. “Ci conoscevamo già...in un certo senso. Siamo i soli sopravvissuti di un campo di prigionia.

“Il Governo degli Stati Uniti, durante l’apice della fobia antimutante, incaricò alcuni ricercatori di raccogliere quanti più mutanti possibile per studiarci.

“Nel nostro campo eravamo, all’inizio, in cinquanta. Fummo sottoposti ad ogni possibile ‘test’, che andava dalla sopravvivenza alle condizioni più estreme alla vivisezione. Chi resisteva più a lungo era l’ultimo a finire sul lettino.”

“E se al mondo degli umani la nostra sorte non interessava affatto,” disse Prisma, “ai cosiddetti ‘eroi’ importavamo ancora meno. Quei buoni samaritani degli X-Men erano troppo impegnati a fare a botte per salvarsi la buccia, piuttosto che indagare davvero sul destino dei loro ‘fratelli’.”

“E Magneto non è certo uno migliore,” concluse Blockbuster. “Lui e la sua grande nazione mutante, hah! Dovrebbero tutti leccargli gli stivali e giocare ai sudditi fedeli, altro che ideali di supremazia. La verità è che tutti vogliono giocare a fare il Re. E se quelli come noi sono destinati ad obbedire a qualcuno, tanto vale scegliercelo.” In mano, stringeva un pezzo di legno. Serrò la mano e lo stritolò. “Qualunque ordine ci diano, basta che riguardi ammazzare qualcuno!”

“Non è che ci sia rimasto molto da fare, in fondo,” disse Arclight. “Le nostre famiglie ci hanno rifiutato, non abbiamo una patria in cui tornare, e non abbiamo certo voglia di metterci a scorrazzare per il mondo a salvare vite. Quello lo fanno i perdenti.”

Tower fece spallucce. “A me basterebbe essere lasciato in pace. Non mi dispiace essere vivo di nuovo[ii], ma proprio non ci tengo a continuare un lavoro rischioso per la salute. Non se posso fare altrimenti.”

“Nahh, ci farai l’abitudine,” rispose Malice, attraverso un corpo femminile…cioè, un corpo meccanico, vestito di un guscio alto e atletico, le cui sembianze potevano essere modificate a piacimento. In questo momento, Malice assomigliava al modello che la precedette, cioè Delphine Courtney: un omaggio al robot indebitamente usato da un affiliato dello Stato, Jerome Jaxxon, per la sua guerra privata contro Alpha Flight.

Era stata un’idea ed una misura di precauzione di Creed, darle un corpo stabile e forte in cui tornare sempre. Solo per questo, gli avrebbe giurato eterna fedeltà, condizionamento o no. Lei non aveva mai realizzato quanto fosse dipendente dal saltare da un corpo all’altro, solo perché non ne aveva più uno suo da quando i suoi poteri si erano manifestati, trasformandola in un fantasma vivente.

Tower preferì non rispondere. Credeva di avere lavorato con degli schizzati, quando era con l’Alleanza del Male, ma questi gli facevano paura! Era vero che a lui piaceva da matti distruggere le cose, spezzare gli altri -un’interminabile vendetta per le angherie che aveva dovuto subire fino a quando, lui che era stato un patetico mingherlino vittima anche dei suoi stessi genitori, era di colpo diventato forte abbastanza da buttare giù le case.

Questi qui, però, non erano mai usciti dall’inferno: se lo portavano dentro, e ne godevano!

 



[i] Che, per chi non lo sapesse, ha fatto passare dei brutti quarti d’ora all’UOMO RAGNO sulla sua omonima serie!

[ii] Dopo essere stato ucciso per la prima volta dall’Xcutore