MARVELIT presenta:

 

ANNUAL 2003

(part 1)

 

E’ cominciato questa estate. Tobia, lo scrittore di GIXM, ha iniziato a chiedere in giro se qualche altro autore se la sentiva di scrivere una storia breve dei suoi x men da inserire in un mega-annual/contenitore in cui presentare diversi punti di vista di diversi autori sugli stessi personaggi. All’inizio il numero doveva contare qualcosa come 7 storie brevi, dedicate a 8 x men (perché la prima, come potete vedere qui sotto, conta due protagonisti), 3 delle quali scritte dallo stesso Tobia, ma i suoi ritardi e silenzi hanno portato me e gli altri autori coinvolti a prendere in mano le redini della serie e a continuarla per la nostra strada, sempre tenendo conto di quel che avrebbe voluto fare. Per questo qui (e in una sede a parte per quanto riguarda Rogue) sono raccolte le storie non scritte da Tobia, ovvero quella di Vick Sebashaw dedicata a Tempesta e Cable, quella mia su Gambit, quella di Carlo Monni di Havok e quella di Frank Webley su Rogue. Tobia avrebbe dovuto realizzare quelle di Psylocke, Nightcrawler e Alfiere, e confidiamo che un giorno quelle storie possano vedere la luce su MIT. Per il momento, eccovi le nostre.

Sergio Gambitt

PS: e niente paura, da questo momento, con il beneplacito di Carlo, ho preso in mano GIXM e a breve cominceranno ad uscire le nuove storie. BUON DIVERTIMENTO!

  

 

TEMPESTA & CABLE

 di Vick Sebastian Shaw

  

    

New York. Aeroporto JFK.

 

Il volo proveniente da Sidney è appena atterrato[1]. Ororo e Nathan passano velocemente la dogana per poi dirigersi all’uscita verso la fermata dei taxi.

«Nate, come mai passiamo da qui prima di recarci in Svizzera?»

«Ci sono alcuni dettagli che devo discutere con il mio vecchio amico Blaquesmith. Non chiedermi come, ma sono più che certo che lui sia a conoscenza di particolari che non mi sono ancora molto chiari, riguardo al nostro misterioso avversario.»

Un taxi si ferma davanti ai due mutanti. Cable apre galantemente la portiera facendo accomodare la sua compagna di viaggio, sistema i bagagli nel cofano per poi raggiungerla nell’abitacolo. Una volta dentro dirige telepaticamente il tassista verso la sua base di Hell’s Kitchen.

 

Hell’s Kitchen. Poco dopo. 

 

Mentre Devil svolazza da un tetto all’altro, assicurandosi che la gente del quartiere possa dormire sogni tranquilli, i nostri eroi sono arrivati a destinazione. Una volta scesi dall’auto Summers paga la corsa e lascia, all’autista pakistano col turbante in testa, una bella mancia subito prima di cancellare il ricordo di questa corsa dalla sua mente.

«Copri sempre le tue tracce, vedo.»

«Sai com’è Ororo, certe vecchie abitudini sono dure a morire. Seguimi, da questa parte.»

Entrano in una vecchia acciaieria abbandonata e si dirigono verso quel che resta della fornace. Cable apre telecineticamente una grossa porta blindata, tarata per riconoscere solo i suoi schemi psichici, e fa strada all’interno del nascondiglio.

Il posto è in evidente stato d’abbandono. Qualcuno se n’era andato in tutta fretta da lì. I computer sono stati demoliti e tutto il posto sembra deserto. Allarmato il padrone di casa urla a gran voce: «Blaquesmith! Irene! Dove siete!»

«Irene? Ma non era il tuo mentore che dovevamo venire a trovare? Chi è questa Irene?»

«È una giornalista che ho salvato dalla distruzione del suo giornale mesi fa.» Risponde l’uomo mentre cerca d localizzare i suoi amici telepaticamente. «Era impegnata in alcune indagini sulle attività delle industrie Shaw e del Club Infernale…[2]» Il viso di Nathan Christopher s’illumina improvvisamente: «Nell’armeria! Eccomi Irene, resisti!!!» Tempesta segue Cable verso la porta dell’armeria e lo osserva mentre la sfonda entrandoci con una spallata. In terra, legata ed imbavagliata,la giornalista Irene Merryweather mostra evidenti segni di denutrizione. È stanchissima non ce la fa più: sono tre giorni che sta lì legata come un salame senza mangiare né bere. Dopo averle prestato soccorso ed aver fatto le presentazioni di rito l’Askani Son’s chiede: «Irene che diavolo è successo qui?»

«Siamo stati attaccati da alcuni cyborg. Il tuo amico nanerottolo ha cercato di fermarli e di difendermi, ma non so quanto possa essergli costato. Quei mostri hanno preso lui e imprigionato me. Mi hanno anche detto di riferirti che Khyber ha intenzione di pareggiare i conti con te.»

«Ancora quel nome Nathan… Lo stesso del racconto di Jubilee [3]… Cosa può mai volere da te?»

«Mentre lo portavano via, Blaquesmith cercava di dirmi qualcosa… Parlava di Aliya e di quando eri malato, hai idea di cosa volesse dire?»

Cable annuisce a capo chino con un triste sguardo negli occhi e poi: «Adesso porteremo Irene al sicuro e poi ci recheremo di volata in Svizzera.»

Qualche ora dopo Ororo Munroe e Nathan Summers sono nuovamente in volo. Destinazione chalet di Cable sulle Alpi Svizzere.

 

Alpi Svizzere.

 

Un fuoristrada si avvicina a quel che resta di uno dei tipici chalet di montagna che popolano queste vette. All’interno della vettura ci sono due persone molto speciali, due mutanti, due homo superior, come qualcuno di loro ama definirsi. Cable frena davanti alle macerie di quello che fino a pochi mesi fa era uno dei suoi rifugi. Ricorda di quando, appena arrivato in questa strana epoca che gli ha dato i natali, ha iniziato delle avventure con un gruppo di mercenari per finanziare le sue ricerche sull’oscuro signore: Apocalisse. Questo era uno dei luoghi in cui spariva tra una missione e l’altra. A quei tempi era molto legato a Domino, donna con cui ha sempre avuto un rapporto altalenante. La sua mente era ancora tormentata dal ricordo della morte della sua amata Jenskot e del loro figlio Tyler. Ororo scende dalla vettura. Nell’aria si diffonde un’agrodolce fragranza di sandalo. Davanti ai piedi la donna si ritrova dei resti metallici e chiede incuriosita: «Nathan guarda qui, ci sono dei frammenti metallici qui. La tecnologia di questi rottami mi è quasi del tutto ignota, anche se per certi versi mi ricorda le tue protesi. Vieni a vedere.» L’alto soldato col volto serio s’avvicina alla compagna di viaggio, e si china per osservare anche lui quei pezzi di metallo. Subito nota una sigla in lingua askani. Era uno dei suoi droni che proteggevano l’alloggio. Armeggia un po’ con i pezzi di metallo finché, scavando un po’ sotto la neve, non recupera un sorta di microchip. Subito dopo si rialza e si sposta in quel che resta della sua abitazione. Tempesta lo guarda stranita. Le sembra che stia cercando qualcosa sotto i detriti.

«Cosa stai cercando adesso?» domanda la dea africana.

«Sto solo recandomi verso l’ingresso dell’impianto sotterraneo. Dovrebbe essere da queste parti ma con tutto questo caos riesco ad orientarmi poco… E pensare che ci ho vissuto per diverso tempo in questo posto e adesso faccio fatica anche solo a trovare il bagno.» Risponde ironicamente Summers.

«Ororo potresti sollevarci, entrambi, in aria per favore?» La donna annuisce ed esegue. Cable con un potente colpo telecinetico spiana le macerie. Adesso la botola d'accesso è ben visibile e le si avvicina per aprirla.

«Grazie dell’aiuto.»

«Figurati Nate, fra amici questo ed altro. Sei un X-MAN, uno di famiglia. Sono venuta con te proprio per non farti dimenticare che puoi sempre contare su di noi per qualsiasi cosa. E poi Jean e Scott mi farebbero una gran bella strigliata se dovesse accaderti qualcosa.» Dice la mutante avvicinandosi anche lei alla botola.

Sul portello sono ben visibili tracce di scasso. Appena Cable si avvicina per sollevarlo, questo cade all’interno del cunicolo sottostante producendo un tonfo assordante. Adesso s’introducono nella botola. Dayspring estrae, da una delle tasche del pesante giaccone che indossa, una torcia elettrica per illuminare il condotto sotterraneo. Diverse rampe di scale scendono profondamente nel cuore della montagna, come se il rifugio dell’X-MAN fosse stato scavato nella roccia tanto tempo fa. Sulle pareti del tunnel sotterraneo risultano ben evidenti i segni della colluttazione avvenuta. Dall’alto pendono telecamere di sorveglianza, laser e varie altre armi del sistema di difesa tutti in frantumi. La ragazza dalla pelle scura sta usando il proprio self control per non far notare al compagno che sta soffrendo in questo spazio ristretto e così lontano dalla superficie. I suoi poteri agiscono sul tempo atmosferico, e adesso li sta usando impercettibilmente per attutire lo sbalzo di pressione. Superano diversi ampi stanzoni. In alcuni di essi rinvengono altri resti dei droni da guardia dell’uomo del futuro dai quali recuperano la memoria. Giungono infine davanti ad una grande porta blindata anch’essa divelta e scassinata. «Qui dietro si trova il computer principale?»

«Sì Ororo, lo useremo per confrontare i dati registrati nella memoria dei miei droni e capire meglio cos’è accaduto qui.»

Dopo aver ripristinato l’energia, Cable comincia ad inserire, uno ad uno, i chip della memoria immagazzinando e confrontando nel cervellone elettronico i dati in essi contenuti per ricavarne un dettagliato resoconto dell’accaduto.

Gli eventi registrati sono ben chiari.

Pierce è riuscito a penetrare le difese dello chalet e a prendere il controllo del sistema di difesa, che ha poi usato contro lo skrull con le sembianze di Wolverine e Jubelee[4]. In seguito, i due lo hanno messo alle strette, e quando stavano per sconfiggerlo è stato tratto in salvo da un uomo che il cyborg ha chiamato Khyber.

Nel sentir quel nome la mente di Nathan Christopher sprofonda in quello che per noi potrebbe essere un futuro remoto, ma che per lui è solo un passato lontano.

Si ricorda che, tempo fa, il suo amico e mentore Blaquesmith gli raccontava di quando l’infezione del tecnovirus lo aveva costretto a letto e lo teneva lontano dai campi di battaglia. L’esercito canahanita avanzava senza che nessuno riuscisse a mettergli un qualche freno. Mentre lui lo accudiva la sua amata Jenskot era stata mandata da un infiltrato nell’esercito nemico, un grande scienziato, colui che elaborava le parti robotiche dei cyborg di Stryfe: Khyber. Quest’uomo era in realtà un fedele adepto del culto della Sorellanza Askani. Durante gli anni aveva sperimentato le crudeltà di Apocalisse prima e del suo erede poi. La corsa alla sopravvivenza, in un mondo dove gli umani come lui erano destinati alla morte, lo portò alla sofferta decisione di sostituire parti del suo corpo con degli impianti tecnorganici e delle protesi bioniche molto sofisticate. Una volta tornata all’accampamento con quest’uomo, la sua compagna fu fatta attendere fuori mentre, con un misto d’arcani riti e maestria tecnologica, il nuovo venuto curava Cable sostituendo le parti biologiche ormai consunte dal virus con delle superbe protesi. Tramite un software a trasmissione celebrale, istruì il prescelto nell’utilizzo delle sue nuove protesi in modo che, in futuro, avrebbe potuto utilizzarle come se le avesse sempre avute. Di quei momenti Summers non ha memoria, li ricorda solo grazie ai racconti del suo strano amico ed istruttore. Anni dopo si era rivolto a lui per il dislocamento temporale della stazione orbitante di Graymalkin e per diverse delle armi speciali del suo arsenale. Rivedere quel volto dopo tanto tempo lo lascia a dir poco sbigottito. Come mai un suo vecchio alleato si è messo in combutta con Pierce?!

«Nathan, tutto bene? Conosci già quest’uomo?»

«Credo proprio di sì. E se è chi penso che sia allora dobbiamo far presto ed uscire di qui.»

I due non fanno in tempo a girarsi che vengono investiti da una nuvola di gas soporifero.

 

Due giorni dopo. In un antico monastero su un’isoletta dell’Egeo.

 

I due mutanti si svegliano legati mani e piedi alle pareti di una catacomba. I ceppi che li bloccano hanno serrature futuribili e Cable ha anche degli inibitori neurali sulle tempie che gli impediscono di formulare un pensiero coerente. Tempesta è la prima a svegliarsi. Chi li ha imprigionati evidentemente non conosce la sua fama di abile ladra e scassinatrice. Concentrandosi pian piano riesce a sfilare dal bracciale sinistro un grimaldello e comincia a liberarsi lentamente. Appena aperti tutti i ceppi, libera l’amico ancora stordito dal congegno inibente. Tempesta ha sempre guardato a Cable come ad un fiero soldato degno di rispetto. Da qualche tempo poi s’è scoperto che è anche il figlio della sua migliore amica (o più precisamente del suo clone), quindi adesso è ancora più importante per lei: non solo come membro del gruppo, ma anche come membro della sua “famiglia”. Gli passa teneramente la mano tra i capelli e comincia a notare segni di ripresa.

«… Ouch! Che mal di testa…»

«Certo che tra il gas che hanno usato per catturarci e l’inibitore che avevi in testa, devi avere una bella emicrania adesso, vero?» Dice Tempesta cercando di sdrammatizzare un po’ la situazione.

La cella che li rinchiude è molto vecchia, sembra risalire al periodo delle crociate. Per i due prigionieri uscire è fin troppo facile. All’esterno si dipana una fitta rete di cunicoli.

«Stiamo in guardia, non sappiamo dove siamo e cosa può aspettarci dietro l’angolo…» Il mutante non fa in tempo a finire la frase che due figure compaiono, improvvisamente, da dietro un angolo.

Le mani di Ororo Munroe iniziano a risplendere formando, intorno ai pugni chiusi, tante minuscole scariche elettriche. Anche l’occhio sinistro di Nathan Christopher comincia a brillare. Egli sta cercando di determinare le intenzioni delle persone che stanno loro venendo incontro. Sono ancora lontani e non riescono a vederli bene anche se a Cable sembra di averli già visti prima d’ora. La cosa più strana, però, è che non riesce a cogliere in loro alcun segno d’attività cerebrale… Sono alcuni degli adepti di quella setta di simpatizzanti della Sorellanza Askani incontrati tempo fa, ma... Sono tutti morti!!!

«Ororo, sono morti; sembra siano sorretti da un qualche esoscheletro bionico. Fai attenzione!»

«Vediamo se qualche saetta riesce a mandarli in cortocircuito.» Sentenzia con audacia la donna, ma i suoi colpi rallentano appena i nemici. Purtroppo i suoi colpi non hanno alcun effetto su di loro così scatena un’incredibile folata di vento gelido che crea una lastra di ghiaccio sul pavimento. I due nemici scivolano rovinosamente a terra permettendo al soldato del futuro di separare telecineticamente i cadaveri dagli esoscheletri. Non appena attua la separazione un congegno esplosivo scatta facendo crollare tutto il tunnel ed il vecchio monastero su di loro. Istintivamente, Tempesta, appena sente che tutto le sta crollando addosso, si scatena evocando un fulmine potentissimo che le apre una via di fuga attraverso le macerie, fino alla superficie. Cable approfitta della via di fuga e, dopo essersi stretto alla compagna, crea una bolla telecinetica che li porta in salvo.

Una volta all’aperto i due osservano il vecchio luogo di culto accartocciarsi su se stesso in preda a furiose esplosioni successive. Poco distante da lì un altro corpo pende da una croce. Dayspring lo riconosce subito è Blaquesmith agonizzante ed in fin di vita. La coppia di X-MEN corre in suo soccorso e lo tirano giù. Ha mani e piedi forati parecchio sangue è sgorgato dalle ferite. Ororo capisce subito che ormai non c’è più nulla da fare e che l’anziano cronoviaggiatore sta per morire.

«Nathan ormai non c’è più niente che puoi fare per lui. Devi lasciarlo andare. Sta per ricongiungersi con la madre terra.»

Summers in lacrime abbraccia forte il suo mentore. Quel contatto scatena un piccolo residuo d’energia psionica nel corpo dell’ometto che li catapulta nel piano astrale.

«Dayspring sto per lasciare questo mondo. Il mio tempo qui è finito, ma prima di andarmene devo metterti in guardia. Khyber è molto pericoloso, come tu stesso avrai avuto modo di constatare. Vuole vendetta. Vuole la tua testa.»

«Perché tanto accanimento nei miei confronti? Perché ce l’ha con me?»

«Ancora non hai ricordato? Khyber è il padre di Jenskot!» Detto questo il viaggio nel piano astrale termina. Il mutante si ritrova, piangente, col corpo ormai senza vita dell’amico tra le braccia. Un altro fantasma del suo tempo lo perseguita e, adesso, è diventato un pericolo anche per i suoi cari. Prima l’attacco a Jubiilee e quello che pensavano fosse Logan, poi Irene ferita, dopo ancora la morte del suo mentore. Tempesta gli si avvicina per cercare di consolarlo, ma nota un qualcosa di strano che fuoriesce da una delle tasche della tuta del nanetto.

«Nathan, guarda qui: sembra un piccolo oloproiettore.» Non appena Cable prende in mano l’oggetto questo s’aziona rivelando un videomessaggio del suo nuovo avversario. All’interno d’un fascio di luce appare il mezzobusto del fantomatico Khyber: #Salve Dayspring! È da molto che non abbiamo occasione d’incrociare lo sguardo. Finalmente pagherai per quel che hai fatto a mia figlia e a mio nipote! Pagherai per il tuo fallimento contro Apocalisse e tutto per mano mia! Preparati a soffrire come mai in vita tua; ucciderò te e chiunque t’abbia anche solo parlato. Eliminerò ogni traccia di te da questo mondo! AHAHAHAHAHAHAH!!!#

Quella risata inquietante chiude il messaggio. Summers è visibilmente scosso. Ororo lo abbraccia cercando di confortarlo. I due si guardano intensamente negli occhi. In altre circostanze la dea africana non avrebbe esitato a baciarlo. Si sente attratta da lui, dal suo alone di mistero e lo sente caratterialmente affine a se stessa. Entrambi sono dei leader nati che si sono distinti più volte sul campo di battaglia. Il suo è amore o solo profondo rispetto? Questa domanda le gira per la testa da tempo ed ancora non è riuscita a darsi una risposta. Dal canto suo, il cronoviaggiatore ha sempre avuto un debole per lei, anche se non ha mai fatto nulla per darlo a vedere. Quella volta che credeva d’averla trovata morta nella cattedrale della luce dei Morlock, sotto la Grande Mela, il suo cuore s’era spezzato. Quando poi l’ha ritrovata sana e salva, quello stesso cuore ha esultato di gioia e felicità. Qualcosa in questa donna gli ricorda la sua adorata Aliya e forse per questo si sente attratto da lei.

Dopo aver sepolto il suo amico, Cable invoca mentalmente Gateway che li riporta entrambi a Westchester, nella Scuola Xavier.

 

Qualche ora dopo. Stato di New York. Contea di Westchester. Villa Xavier.

 

Cambiatosi velocemente l’uomo prende in prestito una motocicletta. Mentre esce dall’autorimessa gli si fa incontro il professor Xavier: «Nathan, ragazzo mio, dove stai andando?»

«A far visita ad un’amica malata Charles. In più dovrò darle una brutta notizia, la stessa che presumo t’abbia riferito Ororo e la stessa che al mio ritorno dovrò dare anche a Jean e Scott.»L’espressione sul suo volto la dice lunga sul dolore che l’affligge. «Adesso, se non ti dispiace, devo proprio andare.» Xavier fa appena in tempo a scansarsi che Cable parte a razzo dall’autorimessa.

Dalla finestra del suo attico Ororo Munroe, la mutante che controlla il tempo atmosferico, ha assistito a tutta la scena. Fa per alzarsi in volo sorretta, da un leggero venticello, ma accade un imprevisto: invece della lieve brezza che ha richiamato si scatena nella stanza un vero e proprio tornado che la sbatte violentemente al muro. Attirata dal tonfo la dottoressa Cecilia Reyes entra nella stanza e vede l’amica appoggiata al muro che fatica a rialzarsi.

«Tutto bene, sorella?» Le chiede.

«Uhmm… Sì, grazie dottor Reyes. È stato solo un piccolo inconveniente coi miei poteri.»

«Piccolo inconveniente? Ororo la tua stanza è a pezzi! Forse è meglio che ti lasci visitare. Vieni con me in ambulatorio.»

Dopo le analisi di rito ed i vari esami, la dottoressa s’avvicina alla paziente e le dice: «Dalle analisi non risulta niente di particolarmente strano, il che può voler dire che il disturbo che hai avvertito prima è causato dal tuo stato “particolare”.»

«Cioè? Di cosa sta parlando?» Chiede la donna preoccupata.

«Congratulazioni Ororo, gli strumenti diagnostici Shi’ar dicono che sei rimasta incinta!»

 

 

 

Note dell’autore

Che dire dopo questa storia se non: EVVIVA!!! Essì, io ho sempre sognato di poter scrivere di Tempesta (di cui sono un grande appassionato) e di Cable. Ho potuto sfruttare l’occasione, offertami da Tobia, per scrivere di questi personaggi e me ne sono servito per introdurre un nuovo villain che, sono convinto, rivedremo molto presto. Ritornano brevemente Irene Merryweather e Blaquesmith che ci lascia definitivamente. Rivelazioni sul passato remoto di Cable e sul futuro prossimo di Tempesta (adesso avete capito perché non conviene avere rapporti sessuali senza prendere le dovute precauzioni? J  ). Spero che questa avventura sia di vostro gradimento e vi invito a farmi pervenire i vostri commenti al mio indirizzo e-mail: kristoff_von_doom@yahoo.it .

 

Xiauzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz!!!!!

 

Vick Sebastian Shaw


GAMBIT

 

Il sapore amaro della verità

di Sergio Gambitt

 

 

Vessel mi attacca da destra. Hemingway arriva come un treno da sinistra. Alle mie spalle Iron Maiden sta affilando i suoi artigli mentre Fornace è sospeso in aria sopra di me e si prepara a scagliare un inferno di fiamme contro quello che resterà di me dopo l’attacco dei suoi compagni di squadra.

Mai una vera sfida per un povero cajun...

Estraendo dalla schiena la mia asta ed estendendola con un unico gesto, mi calo immediatamente in una spaccata mentre la porto sopra la mia testa in posizione orizzontale. Il ‘crik’ lieve proveniente dai loro inguini colpiti dalle estremità del bastone mi ripaga della fatica. Ancorandomi ai due mutanti che a giudicare dai loro occhi strabuzzati per un po’ dovranno osservare una rigida castità, faccio una capriola sopra l’asta per andare a colpire con i tacchi degli anfibi la testa di Iron Maiden. Perdo un mezzo secondo circa attorno al pensiero di come può ridurti una notte di intimità in compagnia di una donna dall’aspetto ferino e completamente ricoperta di metallo, e capisco come mai abbia scelto il suo nome di battaglia. Il calore crescente alle mie spalle mi ricorda che non è tempo né luogo di pensare alle ragazze, non a quelle frigide quantomeno, e aggrappandomi alle spalle di una Iron Maiden ormai fuori combattimento salto in avanti giusto in tempo per evitare l’impetuosa fiammata di Fornace. Mentre sono ancora in volo faccio una piroetta su me stesso e premo il pulsante della mia asta in modo tale che torni ad una lunghezza di circa 50 cm. In questo modo, è più facile caricarla con la mia energia cinetica. Cercare il bersaglio e lanciarla durante una piroetta non presenta alcuna difficoltà per uno che è stato abituato a saltare da un palazzo all’altro sin dall’età di sei anni. L’asta caricata cineticamente si conficca nella cassa toracica di Fornace e lo pianta al muro. L’esplosione successiva lascia lo scheletro di cui è composto il suo corpo privo di sensi. Quando mi giro vedo i giganteschi Vessel ed Hemingway fermamente intenzionati a farmi pagare lo scherzetto di prima. Nelle mie mani ci sono un tre e un due. Di picche, certaneiment. In realtà mi basterebbe guardarli storto e le loro facce si aprirebbero come il portone di un collegio femminile dopo che una delle ragazze mi ha avvistato nel parco, ma non voglio scoprire subito tutte le mie carte. Piuttosto, carico queste due di energia cinetica e le lancio verso i loro volti.

Scoprire le carte... ah ah, sono un comico nato. Vessel ed Hemingway letteralmente non stanno più nella pelle grazie a me.

...

Oddio, l’ho rifatto.

CLAP, CLAP, CLAP.

“Complimenti, Gambit, sei riuscito a sconfiggere i miei uomini e non sei nemmeno un po’ sudato. Uno spettacolo veramente interessante.”

Ad aver parlato è qualcuno che sta avanzando verso di me. Vedo prima l’armatura argentea, poi un volto animalesco di un blu scuro comparire tra cavi e circuiti vari. Riconoscendolo, faccio un piccolo inchino e dico:

“Sempre lieto di compiacere il mio pubblico, mon ami bête. E non hai ancora visto il meglio!”

“Oh, oh, e cosa sarebbe?”

“Niente di che... Giusto un piccolo trucchetto con le carte.” e caricando l’intero mazzo ne piego le carte in modo tale da lanciarle contro l’essere che mi si sta avvicinando. Una serie di esplosioni multiple lo investono in pieno, facendolo deflagrare. Il pavimento si riempie di circuiti bruciacchiati. Come pensavo, quello non era un uomo né un mutante, ma un automa. Per essere precisi, il simulacro di nome Wynter dietro al quale si nasconde il brutto muso della...

“Bestia Nera! Sono sinceramente spiacente di aver distrutto il tuo giocattolino, prometto di ripagarlo interamente non appena mi arriva la tredicesima da X Man.”

Su uno schermo gigante è comparso il volto del bastardo che per un bel periodo è andato in giro con gli X Men spacciandosi per Hank McCoy1.

“Ed io che speravo che la tua permanenza con gli X Men ti avesse fatto crescere! Dimmi, buffone, cosa ti porta da queste parti?”

La sua domanda mi riporta alla mente immagini e ricordi non troppo lontani. E’ inevitabile, è proprio ora di un bel...

 

 

Flashback.

Cinque giorni prima.

 

“Marrow è cosa?!”

“...stata infettata dalla Covata e uccisa da Wolverine per evitare che contagiasse altri, Remy2. Pensavo ne fossi al corrente.”

Non capirò mai Ororo. Nonostante so per certo che deve aver sofferto molto per questo fatto la freddezza professionale con cui mi riferisce la notizia mi lascia decisamente di stucco. Certo... anche sapere che l’unica mutante che sei riuscito a portare in salvo dal massacro dei Morlock di cui sei responsabile è morta uccisa da un tuo compagno di squadra gioca la sua parte.

“Io... Io... Devo almeno salutarla per l’ultima volta. Dov’è stata seppellita?”

“Non è stata seppellita, Remy, non ne abbiamo mai trovato il cadavere.”

Tre giorni dopo sono alla ricerca di un’illusione all’interno delle fogne sotto l’Istituto Xavier, diretto verso i luoghi un tempo abitati dai Morlock. A metà cammino, un segnale mi dice che sto andando nella direzione giusta. Su una parete del tunnel infatti è stata incisa la scritta: “La luce non muore mai, nemmeno nei mostri”3. Per terra, nella pozzanghera fangosa, frammenti ossei. Continuo per qualche decina di minuti, fino ad arrivare in una larga stanza. Due spuntoni arrugginiti emergono dalla parte alta di una parete, sotto di essi i resti di quelle che un tempo erano piume candide. Al centro c’è un letto fatto alla menopeggio con foglie, lenzuola e un cuscino, mentre tutt’attorno ad esso candele spente ormai da parecchio tempo e libri di medicina4. Vicino al letto, per terra, alcune siringhe usate ed una capsula metallica incredibilmente familiare. La raccolgo e me la passo tra le dita: conosco una sola persona che usa capsule del genere. E il pelo blu scuro che trovo su di essa chiarisce tutto. Devo immediatamente andare a...

 

 

St. Louis.

 

“Sei stato furbo a nasconderti qui, Bête, nell’ultimo posto in cui ti sarebbero venuti a cercare. Ma c’ero anche io quando Sinistro rapì noi due ed Alfiere e ci portò qui, ed anche se in quella occasione distruggemmo il posto questo non significa che non erano rimasti un mucchio di congegni ed informazioni da poter riutilizzare per i tuoi scopi malati, non?”

“Come sei diventato perspicace... Visto così non sembri nemmeno il tagliaborse che sei.”

“L’arma principale di un ladro sono le informazioni.”

“Ah già, e non solo di un ladro come presto ti accorgerai.”

Qualcosa nel suo tono di voce non mi piace, sembra si stia prendendo gioco di me.

“Sei venuto per Marrow, eh? Bene... Marrow avrai!”

Qualcuno entra nella stanza. E’ una donna dai capelli neri e con una benda sull’occhio di una faccia piena di cicatrici e tagli. Veste un’armatura nera e argentea da cui fuoriescono numerosi tubi che poi spariscono nella sua carne. Il suo sguardo è spento.

“Ricordi la dura Callisto?” mi informa la Bestia Nera “Il capo dei Morlock che tu hai condannato all’estinzione? Che effetto ti fa vederla completamente sotto il mio controllo?”

Non rispondo. Mi limito semplicemente ad osservare la donna muoversi automaticamente verso una parete e premere un pulsante. Con uno scatto metallico la parete si apre, rivelando la prigioniera al suo interno.

“Marrow!” mi lascio scappare nel vederla. E’ come la prima volta che la vidi negli X Men. Sporgenze ossee le crescono incontrollate in tutto il corpo e i suoi occhi si stanno ancora abituando alla luce della sala dopo tutto il tempo passato in prigionia, ma non vi sembra essere nessuna traccia della propria esperienza come membro della Covata.

“Stavo compiendo degli studi sulla Covata,” continua intanto la Bestia Nera dallo schermo “e mi serviva un elemento infettato da una regina per poterne studiare gli effetti e una possibile cura. Ora che l’ho trovata di lei non so più che farmene. E’ tutta tua, ladro.”

“Gambit!” esclama lei non appena mi vede, ed immediatamente mi corre incontro gettandomi le braccia al collo. La stringo a me come un padre che ritrova la figlia dispersa dopo tanto tempo.

“Certo...” riprende la Bestia “...non riesco ad immaginare come lei ti considererà dopo che avrà saputo della tua partecipazione al massacro dei Morlock...”

“Cosa...?!” esclama Marrow.

Oh... no. Dio ti prego tutto ma questo no.

“Proprio così piccola, ho sezionato a fondo la mente della tua cara Callisto, come la tua del resto, e guarda un po’ cosa ho trovato nei suoi ricordi?”

Sullo schermo partono delle immagini confuse. C’è una furia della natura vestita di giallo che fa a pezzi tutti i poveretti che gli capitano sotto le mani, c’è una donna per metà bionica che fracassa ossa come fossero stecchini, e lì nell’angolo, oddio fa che non sia vero, mi rivedo vestito di un sudicio impermeabile marrone e del mio costume nero e rosa.

“Ma... ma...” sta balbettando Marrow.

“Andiamo piccola, l’hai sempre saputo.” incalza la Bestia “Rammenti quell’uomo che ti afferrò di peso e ti portò via dal campo di battaglia? Guarda meglio Gambit... e dimmi se non ti ricorda qualcuno.”

Marrow si gira lentamente verso di me. Quando apre la bocca e comincia ad indietreggiare, capisco che mi ha riconosciuto.

“Dimmi che non è vero...” quasi implora la sua voce. Non rispondo, non posso. Calo la mia testa e chiudo gli occhi, per non vedere il suo sguardo accusatorio. E’ la conferma di cui necessitava.

“BASTARDO!” grida mentre gli occhi le cominciano a riempirsi di lacrime. Dai propri fianchi estrae due lunghe ed affilate ossa e si scaglia contro di me. La Bestia Nera osserva compiaciuto dallo schermo gigante.

“Ascolta, cherie,” dico cominciando ad evitare i suoi fendenti “non sapevo cosa stavano andando a fare i Marauders! Io... io avevo solo il compito di scortarli lì e... ufff!” una sua gomitata mi colpisce sugli stinchi. Tento di assorbire il colpo come posso e mi allontano in fretta “Io non...”

“STA ZITTO!” urla Marrow “LO SAPEVI! L’HAI SEMPRE SAPUTO E NON MI HAI MAI DETTO NIENTE!! MI HAI PRESA IN GIRO FIN DALL’INIZIO!!! ED IO... ED IO CHE PENSAVO...”

Cherie, io...” tento di calmarla.

“NON CHIAMARMI CHERIE! SEI UGUALE A TUTTI GLI UOMINI CHE HO INCONTRATO!! MI HAI TRADITA COME TUTTI GLI ALTRI!! SEI FECCIA!!!”

“Ma sono stato io a salvarti! Quando mi sono accorto di cosa stavano facendo io...” no, non è così che deve andare... guardando il dolore e la rabbia nei suoi occhi capisco che ha ragione, e so qual è l’unico modo perché tutto ciò finisca. Mi inginocchio a qualche metro da lei, ed abbasso la testa verso il pavimento. La mia voce esce bassa e lugubre, come se fossi appena tornato dal funerale del mio migliore amico “E’ vero, non c’è giustificazione per quello che ho fatto. L’unica cosa che posso dire è che per tutta la mia vita ho dovuto convivere con questo dolore, che ho fatto tutto per espiare, ma vedendoti adesso capisco che non pagherò mai abbastanza per quello che ho fatto. Non finché rimango vivo. Uccidimi, se devi, forse il tuo dolore scomparirà come il mio non ha mai fatto. Ti chiedo solo di non rinunciare alla vita che hai intrapreso. Torna dagli X Men e lasciati tutta questa storia alle spalle. Sei troppo giovane per lasciare che il dolore governi la tua vita.” la sento avvicinarsi, sento il sibilo sottile di un suo osso alzarsi sopra la mia testa china. Non la guardo negli occhi, non voglio. Spero solo sia indolore.

Un movimento veloce, un tonfo e quindi una forte pressione sul collo, ma niente dolore. Alzo lo sguardo. Marrow è lì, piangendo come una bambina su di me, il coltello osseo a qualche metro da lei. Faccio l’unica cosa che mi sembra giusta in questo momento. La abbraccio e lei si stringe al mio petto, come una figlia con il padre.

“Shhh... piccola. E’ tutto a posto... andrà tutto bene. Conosco il dolore e la rabbia che hai dentro, ma imparerai a conviverci un giorno.” come ho fatto io, vorrei dire, ma non ci riesco. Non sarei sicuro di essere completamente sincero.

“Che scenetta commovente! Quasi quasi mi dispiace interromperla!”

Dimenticavo, la Bestia Nera.

Mi alzo e faccio per prendere un mazzo di carte.

“Ah, ah, cajun, fossi in te non lo farei. O dimentichi che Callisto è ancora sotto il mio controllo?” e premendo un pulsante sulla sua consolle Callisto strabuzza gli occhi sotto l’effetto di diverse fitte di dolore. Il mio sguardo potrebbe incenerire il suo faccione che sorride dal megaschermo in questo momento. Letteralmente. Ma c’è una vita in gioco, e ne ho sacrificate già troppe nella mia vita.

“Mi arrendo.” dico. La Bestia fa un sorriso di trionfo, poi:

“Vessel, Hemingway, intrappolateli!” uno dei due mutanti viene da me, mentre l’altro afferra Marrow. Guanti di contenimento ad isolamento tattile circondano le mie mani.

“Sarà davvero interessante,” gongola la Bestia Nera “scoprire fino a dove possono spingersi i tuoi poteri di caricare di energia cinetica gli oggetti che tocchi. E per quanto riguarda l’adorabile Callisto... Bhe, ora che siete in mio potere direi  che ha servito benissimo al suo scopo, non credete?” e spingendo un altro pulsante il corpo bionico della donna crolla a terra cominciando a contorcersi sotto l’effetto di spasmi all’addome.

“Sapete...” spiega la Bestia “sto sperimentando un nuovo virus da usare sugli esseri umani, ma ancora non ne ho provato gli effetti su una mutante5. A prima vista comunque non direi che la reazione sia molto stabile, ma questo è solo un parere personale...”

“Mostro!” urla Marrow tentando senza successo di liberarsi dalla presa ferrea del suo ex compagno Hemingway “Perché?!”

“Perché non mi serve più, perché ormai conosco i suoi tracciati genetici a memoria, perché i suoi capelli non si intonano con l’armatura che le ho dato, perché posso, per semplice sadismo. Scegline una.”

Marrow adesso è pervasa da una furia se possibile maggiore a quella di prima, ma nelle mani di Hemingway non può fare altro che guardare Callisto morire di una morte lenta ed atroce. Io, invece, ho ancora un asso nella manica.

“Grazie.” dico io. Piano. Con calma.

“Oh bella,” risponde la Bestia Nera “e per cosa mi staresti ringraziando?”

“Per avermi dato una scusa.” e un momento dopo attivo il mio potere alla massima potenza. La Bestia pensava che bastasse legarmi le mani per rendermi impotente. Non sapeva degli ultimi sviluppi, e dell’accrescimento del mio potere in una maniera tale che mi basta anche solo guardare qualcosa per farlo esplodere. Ed in questo momento, non voglio nemmeno guardare cosa sto facendo esplodere. Distruggere tutto, incondizionatamente, mi va più che bene.

 

Una grossa esplosione si alza fino ad una decina di metri sopra il cielo della periferia di S. Louis. Dalle macerie, solo un uomo e due ragazze escono.

 

 

Tre giorni dopo.

Scozia, isola Muir.

 

Ho appena lasciato Marrow e Callisto alle cure della dottoressa Moira McTaggart. La prima dovrà passare qualche giorno in prognosi riservata a causa di ferite riportate in seguito all’esplosione. L’ultima volta che l’ho sentita, stava urlando contro la dottoressa di toglierle quegli elettrodi di dosso se non voleva una sua costola su per il culo. La seconda invece si è ripresa abbastanza bene dalla cattività, e si è già beccata la prima sgridata da parte di Moira per aver usato come bersaglio per i suoi coltelli la foto di Kitty Pride.

...

Si adoreranno.

Mentre il pungente vento scozzese mi scompiglia i capelli cerco di evitare in tutti i modi di pensare a quanto successo. Ogni storia ha una morale, dicono. Se è vero, ho paura di scoprire quale sia la morale di questa. No, meglio non pensarci. Farò solo quello che sono sempre stato più bravo a fare: andare avanti.

 

 

FIN

 

Note dell’autore: quando Tobia mi ha detto che l’annual dei suoi X Men sarebbe stato un contenitore per varie ministorie singole focalizzate su ognuno dei suoi personaggi, mi è subito venuto in mente che non potevo stare in MarvelIT senza scrivere almeno una storia del personaggio da cui prendo il nickname. All’inizio non avevo nemmeno una trama. Volevo scrivere di Gambit e l’avrei fatto. Quando mi sono ricordato di una vecchia trama che avevo ideato per Lethal Honey, coinvolgente Tempesta, Callisto, Marrow e la Bestia Nera (e che non avrei mai potuto realizzare il MIT, già lo sapevo) ho pensato che si adattava bene, se non anche meglio, al cajun, anche perché mi dava modo non solo di recuperare Marrow, che è secondo me un personaggio interessantissimo, ma anche di risolvere il rapporto tra i due, venutosi a creare fin da quando lui la salvò dai Marauders nel tunnel dei Morlock, evento del quale, fino ad ora, Marrow non ricordava niente.

Un personaggio decisamente affascinante e dal carattere molto complesso, Gambit è sia il Robin Hood del 2000 sia un uomo profondamente segnato dagli errori della gioventù, del cui peso non si libererà mai nonostante faccia di tutto per evitare di mostrare questo lato di sé. In queste poche pagine, ho cercato di rendere sia il primo che il secondo Gambit, e di far capire meglio le sfaccettature della sua personalità. Che dite: ho centrato il bersaglio?

Per commenti, suggerimenti o insulti l’indirizzo è: gambittolo@hotmail.com

 

 


HAVOK

  

IL SEME DELLA DISTRUZIONE

 di Carlo Monni

 

 

Cry havoc and let’s slip the dogs of war

 

William Shakespeare

Julius Caesar Act II Scene I

 

 

1.

 

 

            Mi chiamo Alexander Summers e sono un mutante. Sembra una dichiarazione d’apertura alla riunione dei “Mutanti Anonimi” vero? Beh è quello che sono dopotutto, perché negarlo?

            Lasciate che vi parli di me, forse mi capirete meglio

 

            Non avevo ancora compiuto 17 anni quando scoprii di essere una batteria ambulante di energia cosmica. Immaginatevi la cosa: un giorno siete solo uno studente, abbastanza bravo da eccellere negli studi e nelle discipline sportive da bruciare le tappe e da diplomarsi con anni di anticipo; il giorno dopo scoprite di essere un mutante capace di radere al suolo le montagne, la vostra vita non ne sarebbe sconvolta? La mia lo fu. Non volevo il potere, non volevo vivere la mia vita come un buffone in costume che combatte altri buffoni in costume, volevo vivere una vita normale, ma il destino me l’ha negato. Come diceva quel tipo di “Blade Runner: “Ho visto cose che voi umani nemmeno immaginate…”. È così, ma l’unica cosa che non so è: dove e quando, in mezzo a tutte le mirabolanti vicende che ho vissuto, si è perduto Alex Summers ed al suo posto è rimasto solo il mutante di nome Havok

 

 

2.

 

 

            Sydney. Nuova Galles del Sud, Australia. La città più vicina, si fa molto per dire, all’attuale sede del gruppo di X Men a cui appartengo. Avevo bisogno di scaricarmi un po’, di allontanarmi da tutto quanto e fingere per un po’ di essere una persona come tutti gli altri. Ho i miei motivi per essere depresso: la donna che amo mi ha scaricato.[i] Dice che ho sempre anteposto i miei bisogni ai suoi e che non ho mai veramente considerato quelli che erano i suoi desideri, le sue necessità. Ho pensato a quello che mi ha detto ed ho dovuto ammettere che ha ragione. E allora qual è il mio bilancio? Ho fallito come leader di una squadra di supereroi, ho fallito nelle relazioni interpersonali, cosa mi rimane adesso? Il più vecchio rimedio alla depressione del mondo, credo, un bel po’ di bicchieri di alcool. Dallo specchio sopra il bancone vedo una bionda da schianto che mi fissa con aria di disapprovazione. Tanto peggio non devo compiacerla. Il mio guaio è che tutti mi confrontano col mio caro fratello maggiore, Scott, e si aspettano che io sia all’altezza della sua leggenda, ma io non sono lui e non lo sarò mai. E poi che ne sanno loro? Ai loro occhi Scott Summers è il perfetto esempio di leader, ma, in fondo è un idolo dai piedi d’argilla, ha commesso anche lui i suoi errori no? Immagino, comunque, che questo non giustifichi i miei, vero?

-Se vuoi il mio parere, amico, non ti servirà bere sino a stordirti per risolvere i tuoi problemi.-

            È stata la ragazza a parlare. Si, proprio lei: bionda, occhi azzurri come il mare, un fisico che farebbe impallidire Pamela Anderson. Ok, l’ho già detto, è un vero schianto, ma chi le da il diritto di impicciarsi degli affari miei?

-Che ti fa pensare che abbia dei problemi?- le ribatto.

-Non li abbiamo tutti?- replica lei –O credi, forse, di essere speciale?-

            Mio malgrado, sorrido e rispondo:

-Forse lo sono, speciale, intendo. Comunque tu chi sei? Una buona samaritana di professione? O, forse, la tua è una nuova tecnica di abbordaggio?-

            Lei ride, sembra davvero divertita:

-Ti sembro il tipo che ha bisogno di rimorchiare uomini nei bar?- mi chiede.

La guardo. In effetti, direi proprio di no, anzi. Lei prosegue:

-Se fossi in te non mi dannerei con l’alcool. I problemi non li risolvi fuggendo dalla realtà.-

            Vorrei dirle che ha ragione, che sto facendo la cosa sbagliata, ma, come provo ad alzare la testa verso di lei, mi sembra che tutto mi giri intorno ed istintivamente, so che, se proverò ad alzarmi, le gambe non saranno capaci di sorreggermi. Che gran bella figura per un eroe che aspira alla Serie A. Alex sei un idiota.

 

 

3.

 

 

            Al risveglio, la testa mi fa un male cane. Ecco cosa accade a scollarsi troppi drink, quando non ci si è abituati. Ma perché non posso avere anch’io un fattore di guarigione come Logan? Salto dal letto e mi tuffo in bagno, dove mi sembra di vomitare anche l’anima. Ma dove sono? All’inizio non ci avevo pensato, ma è chiaro che non sono più nel bar ed è mattino presto. Sono svenuto come uno scemo e mi hanno portato… dove?

-Ben svegliato, amico, credevo volessi dormire sino a domani.- mi dice una voce femminile. La ragazza del bar, mi ha portato nel suo appartamento? Sembra leggermi nel pensiero, perché mi risponde:

-Non potevo lasciarti sul pavimento del bar e, come hai detto, sono una buona samaritana di professione, così ti ho portato qui.-

-È il tuo appartamento?- le chiedo.

-In realtà è di una mia amica, ma lei è fuori in questo momento, fa la hostess ed io ho il permesso di usarlo quando mi capita di venire a Sydney.- risponde la ragazza. Ammicca verso di me e dice: -Fossi in te, mi farei una doccia e mi raderei, trovi tutto quel che ti serve in bagno, poi vieni qua a fare colazione.

 

            Circa un quarto d’ora dopo, sono abbastanza presentabile e sono di fronte ad una robusta colazione, la ragazza si è data da fare sembra.

-Ti prendi sempre così cura degli sconosciuti?- le chiedo.

-In un certo senso si, ma saresti meno sconosciuto se sapessi come ti chiami, no?-

-Alex.- rispondo –E tu?-

-Io no.- risponde ridendo –Scherzi a parte, puoi chiamarmi Heather, se ti va.-

            Davvero uno strano tipo, ma mi piace, lo ammetto. Meglio frenare l’entusiasmo, i miei trascorsi con le donne non sono dei più incoraggianti: Lorna, Madeline Pryor, Scarlett MacKenzie, perfino Leila O’Toole non sono tra i migliori esempi che mi vengono in mente al momento. E se fosse un’altra trappola dei mie nemici? Sinistro, la Bestia Nera o chiunque altro? Lo so, sembro paranoico, ma nel mio tipo di lavoro, è meglio che ingenuo. Ho delle domande da fare a Heather, ma non ne avrò il tempo.

            Arriva senza preavviso: un’esplosione al piano di sotto, che fa saltare il pavimento. Non so come, ce la caviamo senza danni, ma, non abbiamo il tempo di gioirne, perché vediamo alzarsi le fiamme. Il palazzo si è incendiato.

-Dobbiamo filarcela.- dico.

-C’è parecchia gente, qui.- ribatte lei –Dobbiamo accertarci che stiano bene.-

            È proprio una buona samaritana, ma, del resto, anch’io lo sono ed io posso, probabilmente, fare qualcosa.

            In seguito, si scoprirà che tutto è dovuto ad una banale fuga di gas e che gli inquilini dell’appartamento esploso sono morti, ma ora non c’interessa. Corriamo per i pianerottoli, aiutando la gente ad uscire, ma, alla fine, accade quello che era prevedibile. Le scale sono un muro di fuoco.

-Siamo spacciati!- urla qualcuno.

            Avrebbe sicuramente ragione, ma io non mi do per vinto. Una scarica concentrata di plasma solare basta per aprire un varco, sotto lo sguardo di coloro che sono con me

-Tu… sei una specie di supereroe?- mi chiede Heather.

            Sorrido

-Una specie. C’è chi mi chiama mutante, però.-

-Per me, sei la benedizione del cielo.-

            Il resto spetta ai vigili del fuoco, che approntano, a tempo di record, scale e scivoli, che ci permettono di uscirne incolumi. Nella confusione, ne approfitto per dileguarmi, prima che possano fermarmi.

Mi chiedo se i notiziari parleranno di me e che diranno? Non temo di essere stato riconosciuto: in quelle circostanze, nessuno avrà pensato a guardarmi bene in faccia e quanto a Heather, beh lei conosce il mio nome e basta, ma, chissà perché, sento che posso fidarmi di lei e che manterrà il segreto su quel poco che sa di me e poi... non credo che ci incontreremo mai più, siamo stati solo due navi che si incontrano nella nebbia e nient’altro.

Quanto a me, non ho combattuto supercriminali, né indossato costumi attillati, ma, se non fossi stato lì, con il mio potere, molta gente sarebbe forse morta e, per merito mio non lo è. Questo è un pensiero confortante e dovrò rifletterci.

Il mio nome è Alexander Summers, sono un mutante e combatto le ingiustizie col nome di Havok, come la parola che significa: distruzione e rovina. Fino ad oggi, pensavo fosse un’adeguata metafora della mia vita, ma, forse, sbagliavo. Non è troppo tardi per scoprirlo..

 

 

FINE

 

ROGUE

   

 

“Bene, sono saliti tutti a bordo. Possiamo partire!” L’hostess sta per chiudere il portellone principale dell’aereo quando, d'un tratto, vede correre verso di loro una ragazza vestita con una di quelle tute aderenti che si vedono addosso solo ai supereroi. Tra i suoi lunghi capelli castani si riescono a notare delle ciocche bianche che le coprono leggermente gli occhi.

“Aspettate! Aspettatemi ci sono anche io!” grida correndo la ragazza. Arrivata davanti al portellone l’hostess con un rapido gesto glielo chiude in faccia: “Spiacente signorina ma siamo al completo!”

“Non è possibile! Ci deve essere un errore… Io DEVO entrare! Non vede? Là dentro ci sono tutti i miei amici… c’è Logan, c’è Ororo, Remy, Cody…”

“Le ho detto che qua non c’è posto per lei! Se lo metta bene in testa!”

“No… no mi faccia entrare, la prego…” dice ormai singhiozzando in ginocchio sul freddo pavimento della pista. Con gli occhi gonfi di lacrime vede l’aereo decollare e tutti i suoi amici guardarla dai finestrini con aria delusa. Sulla fiancata dell’aereo c’è una scritta che alla ragazza stranamente ricorda qualcosa, anche se non sa cosa:

 

DENTRO I MIEI VUOTI

  di Frank Webley

 

“Signorina? Signorina mi sente?”

“Cosa? Scusi ero distratta, quanto ha detto che costa?”

“Sono 15 dollari e 90”

“ Tenga, arrivederci.” Esci velocemente dal negozio con una mano sulla fronte, tra le ciocche bianche che ti cadono davanti agli occhi. Le mille voci che ti ballano nella testa oggi ti fanno più male del solito. Se normalmente sussurrano, oggi gridano con violenza. Mentre esci ti accorgi che il commesso ti sta rincorrendo per non sai quale motivo. Non hai né tempo né voglia di stare a sentire cosa voglia.

“Signorina, Signorina aspetti! Ha dimenticato lo scontri… no?!” Chissà il suo stupore quando, uscito dal negozio pochi secondi dopo di te, si accorge che sei semplicemente sparita. Chissà se immagina anche lontanamente che tu sei una di quei mutanti che tanto vengono odiati e che ti stai librando nell’aria ad una velocità che potrebbe far invidia ad un jet. 

Voli a più non posso verso un passato che ti è meno chiaro di qualunque cosa tu abbia in testa. Hai tante vite dentro di te... ma non riesci a trovare la tua. Più di una volta hai trovato ironico ciò ma oggi non hai voglia di scherzare. Manca poco e sarai arrivata a casa, l’unica vera casa che tu abbia avuto prima di suonare alla porta dell’Istituto Xavier: la Contea di Caldecott. Nonostante i ricordi belli che hai di quel periodo in cui tu, Raven e Irene [1] vivevate felici, torni malvolentieri da queste parti. Quella felicità nacque dopo qualcosa di tragico, qualcosa che da quel momento in poi avrebbe reso la tua vita un’imitazione mal riuscita. Bastò un bacio, un semplice bacio per distruggere la tua e la vita di Cody. È proprio per lui che sei qui. Oggi è l’anniversario della sua morte [2] e anche se continui a ripeterti che non è stata colpa tua, ti senti in dovere di salutarlo e di chiedergli ancora scusa. Soprattutto in questo momento della tua vita in cui hai scoperto che i tuoi poteri possono essere controllati e che si attivano perché il tuo subconscio ha paura che tu venga toccata. Avresti voluto avere questa consapevolezza molto tempo prima, avresti potuto salvarlo forse… o forse no.

 

Atterri in un bosco non molto distante dal cimitero in cui è seppellito Cody, tiri fuori dalla tasca il ciondolo che hai comprato e lo guardi compiaciuta: “Gli sarebbe sicuramente piaciuto” pensi mentre ti avvii verso il viale principale. Da lontano scorgi una donna inginocchiata davanti alla lapide di Cody intenta a lucidarla. Finito il suo lavoro l’accarezza come se stesse accarezzando il viso dell’uomo amato: “Mi spiace Cody… se solo ti avessi fermato… saresti qui con me… è colpa mia…” e comincia a singhiozzare.

 

“Mi scusi signora sono una…conoscente del signor Cody Heathcliff, non ho potuto fare a meno di sentire le sue parole…”

“Conoscente? Che cosa sta dicendo signorina? Mio figlio è andato in coma quando aveva ancora 15 anni e non si è più svegliato… come fa a conoscerlo?”

“ Io…I-Io…”

“Aspetti un secondo! Quelle ciocche bianche… tu sei quella dannata Rogue[3] che mi ha portato via il mio Cody! Sei quella dannata ragazzina mutante…”

“Signora, la prego non è colpa mia! Io…” ti ritrai istintivamente appena la vecchia inizia ad agitarsi verso di te. “Ha ragione in parte” pensi. Inizia ad agitarsi di più, ti grida addosso sempre più forte. Si alza in piedi appoggiata sul bastone ma il terreno e scivoloso e ti cade addosso, sfiorandoti il viso… e il mondo si ferma per un istante… 

   

Impalcature spartitraffico, fari alonati blu monossido Due solitudini si attraggono: tu chi sei? Come due intrusi che sorvolano le tangenziali dell’intimità Fiutando diffidenze e affinità. Resta qui! Da quanto siamo qua non chiederlo,Dalle finestre luci scorrono, Lenzuola stropicciate ...che ora è? Stai con me! Se c’è un motivo trovalo con me Senza ingranaggi senza chiedere perché. Dentro i miei vuoti puoi nasconderti, Le tue paure addormentale con me Se c’è un motivo. Due solitudini si avvolgono Due corpi estranei s’intrecciano Duemila esitazioni sbocciano Stai con me. Se c’è un motivo trovalo con me Senza ingranaggi senza chiedere perché Dentro i miei vuoti puoi nasconderti, Se c’è un motivo trovalo con me. Senza ingranaggi senza chiedere perché Dentro i miei vuoti puoi nasconderti. Le tue paure addormentale con me Le tue paure addormentale con me Le tue paure addormentale con me Le tue paure addormentale con me Le tue paure addormentale con me Se c’è un motivo.

 

 

Il dolore che senti è incredibilmente forte! Hai assorbito molta gente nel corso della tua vita, la stragrande maggioranza formata da superesseri con un potenziale molto maggiore di questa vecchia… ma non hai mai sentito un dolore così grande… è un dolore non tuo… è molto simile al tuo senso di colpa ma non è il tuo. Nella mente si formano delle immagini sbiadite. Gli occhi della signora sono i tuoi ora e ciò che osservi è stupefacente: ti vedi con Cody giocare sull’altalena che vi eravate costruiti su di un albero. Eri allegra e felice come rare volte saresti stata in seguito. Ad un certo punto però ciò che vedi con gli occhi della madre di Cody cozza in maniera plateale con quello che ricordi te. Non ricordavi le scene drammatiche che vedi adesso…

“Dai piccola! Vedrai che ci divertiremo! Non ti fidi di me?” dice il ragazzetto accarezzando la camicia della giovane.

“Cody… non mi sembra una buona idea… che ne dici di andare…”

“Non ho voglia di andare da nessuna parte piccola! Ho voglia di stare con te! Levati questa camicetta su!”

“NO! LASCIAMI CODY!” grida la ragazzina discostandosi dalla presa del giovane. Vorresti intervenire per salvare te stessa ma ricordi che stai assistendo ai ricordi di qualcun altro. Qualcun altro che (lo senti chiaramente) non ha voluto intervenire per una logica malata: per troppo amore di un figlio rifiutato da i suoi coetanei troppe volte e che stava avendo la sua rivincita con quella ragazzina.

“CODY FINISCILA!” la ragazza tira uno schiaffo al ragazzo che, con sguardo feroce, contraccambia. La prende con violenza, la sbatte a terra e tenta di strapparle la camicetta. Lei si dimena e lui la blocca per le braccia e avvicina le sue labbra a quella della ragazza. È da qui che i tuoi ricordi corrispondono con quelli della vecchia. Dopo il bacio il ragazzo svenne e tu, frastornata per i suoi pensieri che ballavano nella tua mente, fuggisti. Solo allora la signora Heathcliff decide di intervenire. Abbraccia il figlio inanime, gli bacia la fronte innumerevoli volte, come se potesse servire a farlo rinvenire.

“È colpa mia… è tutta colpa mia… se solo… se solo ti avessi bloccato prima. Pensavo fosse una semplice cotta la tua. Invece hai iniziato a seguirla, ad andare sotto la finestra di casa sua a spiarla. Dicevi che non facevi nulla di male, e forse ne eri davvero convinto. Non so perché ti abbia lasciato fare… forse perché eri sempre stato solo… forse perché ho preferito rispettare le tue voglie… Dio solo sa quanto mi pento…” e ricomincia a singhiozzare.

 

 

Impalcature spartitraffico, fari alonati blu monossido Due solitudini si attraggono: tu chi sei? Come due intrusi che sorvolano le tangenziali dell’intimità Fiutando diffidenze e affinità. Resta qui! Da quanto siamo qua non chiederlo,Dalle finestre luci scorrono, Lenzuola stropicciate ...che ora è? Stai con me! Se c’è un motivo trovalo con me Senza ingranaggi senza chiedere perché. Dentro i miei vuoti puoi nasconderti, Le tue paure addormentale con me Se c’è un motivo. Due solitudini si avvolgono Due corpi estranei s’intrecciano Duemila esitazioni sbocciano Stai con me. Se c’è un motivo trovalo con me Senza ingranaggi senza chiedere perché Dentro i miei vuoti puoi nasconderti, Se c’è un motivo trovalo con me. Senza ingranaggi senza chiedere perché Dentro i miei vuoti puoi nasconderti. Le tue paure addormentale con me Le tue paure addormentale con me Le tue paure addormentale con me Le tue paure addormentale con me Le tue paure addormentale con me Se c’è un motivo.

 

  

Ritorni alla realtà un secondo dopo. La donna è un po’ tramortita ma il tocco è durato poco: tra poco tornerà come prima nel suo mondo di dolore… un mondo che ora ti è più chiaro. Per anni ti sei data colpe che non avevi… i tuoi ricordi erano falsati dalle convinzioni di Cody: lui era convinto di far qualcosa di bene e ne rimase convinto pure nella tua testa, alterando i tuoi ricordi. I tuoi poteri si attivarono la prima volta in quella occasione proprio perché venisti violata. Dovresti sentirti sollevata, hai scoperto molte cose sul tuo conto oggi, il sapere la verità su come si attivarono la prima volta i tuoi poteri potrebbe aiutarti a bloccarli e forse riuscire a riavvicinarti a Remy[4]… non riesci però ad essere felice. Nonostante possa essere incredibile per una come te, ti senti vuota, senza né gioia né odio. Lasci il ciondolo tra le mani della signora, ormai quasi del tutto rinsavita, corri verso il bosco e lì decolli, rifugiandoti dentro i tuoi vuoti.

 

Note: ed eccoci qui signori e signore per chiarire alcuni punti di questo mini racconto di Rogue che mi sono dilettato a scrivere. Sicuramente molti di voi avranno notato il “simpatico” sfondo di queste pagine e si saranno chiesti quale sadismo mi abbia ispirato… beh il motivo è semplice (almeno lo è per un pazzo come me): Rogue vive costantemente la sua vita con migliaia di voci che le fanno da sottofondo nella sua testa, rendendole difficile la quotidianità e io volevo rendere graficamente questo sottofondo di parole. Il risultato sta a voi giudicarlo (a proposito: Secondo voi da dove vengono le parole dello sfondo?) Ho voluto pure usare delle immagini per segnalare da dove partivano e dove finivano le parti al passato. E ora passiamo alla storia in se che ci da delle interessanti nozioni in più sulla vita di Rogue. Partiamo dal sogno iniziale che sintetizza facilmente ciò che Rogue è: un corpo (l’aereo) pieno di anime, di personalità e di ricordi non suoi che il più delle volte la sovrastano lasciando la sua vera anima fuori! In questo racconto scopriamo inoltre la verità su Cody da ciò che ricorda sua madre, la vecchia signora Heathcliff (Non mi pare sia mai stato menzionato il cognome di Cody): suo figlio non era quello stinco di santo che credevamo e in realtà tentò di sfogare i suoi bollori con Rogue. Fu allora quindi che, per difendersi, lei attivò inconsciamente per la prima volta i suoi poteri con le conseguenze che tutti conosciamo! Allora perché Rogue si ricordava un semplice bacio tra dodicenni? La risposta ci viene data dalla madre: Cody pensava di non far niente di male e la sua convinzione si è trasmessa nella mente della nostra eroina, influenzandole i ricordi! Come proseguiranno le vicende di Rogue? Lo scoprirete solo leggendo Gli Incredibili X-Men del nostro prode Tobia Brunello. Quanto a me, potrete contattarmi e darmi tutte le vostre impressioni sulla storia a questo indirizzo: paranoidandroid85@hotmail.com mentre se vi intriga la mia mente malata potrete trovarmi sulle pagine di Spiderette

 

Ciao

 

Fra



[1] Dove li avevamo lasciati in GLI INCREDIBILI X-MEN #8

[2]  Come narrato nel ciclo di CABLE pubblicato su MARVEL MIX #22 della MARVEL ITALIA (James Robinson & Ladronn)

[3] Su GLI INCREDIBILI X-MEN #7

[4] Come narrato su WOLVERINE #123 della MARVEL ITALIA (Erik Larsen – Eric Stephenson & Lienil Francis Yu)

  

1 e che in effetti era Hank McCoy, o almeno la sua versione malvagia proveniente dall’Era di Apocalisse.

2 su Gli Incredibili X Men MIT #3.

3 scritta da Marrow stessa dopo essere stata salvata da Arcangelo dalle grinfie di Abominio. Potete ritrovare quella storia su GIXM #105.

4 per chi non l’avesse capito, è questa la stanza in cui Marrow tentava di curare Callisto dopo che questa era stata ferita durante Operation: Zero Tolerance.

5 sarà forse il gene-x, il virus che sta facendo preoccupare il prof. X e soci su X Men MIT?

 

[i] Vedi Vendicatori della Costa Ovest #3

 

[1] Alias Mystica e Destiny

[2] Avvenuta nella miniserie di Rogue apparsa nei primi 3 numeri di Marvel Mix

[3] Gioco di parole, intraducibile in italiano, tra il nome di battaglia della bella sudista e il suo significato in inglese (Mascalzona, teppista)

[4] Remy LeBeau alias Gambit