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E poi venne un cavaliere

di Sergio Gambitt

1. Il Castello Scintillante.

Prima un leggero crepitio di energia elettrostatica al centro della stanza, poi un’esplosione di luce ne prende il posto, quindi sei figure rimangono a riempire il vuoto della grande e sterile sala bianca.

“Benvenuti, X Men,” tono affabile e non privo di una punta di orgoglio di Warren Worthington III mentre si avvicina a loro “ecco a voi la vostra nuova Stanza del Pericolo, modello Istituto Xavier post-Forge, situata nel cuore della sede principale del C.A.Box a Manhattan.” sguardo rivolto verso il basso da oratore professionista e veloce riempimento dei polmoni “Per garantire la sicurezza dei nostri dipendenti abbiamo schermato tutto il resto del Chrysler Building da ogni tipo di teletrasporto… eccetto ovviamente questa sala, quindi se un giorno sentirete il bisogno di tornare sappiate che… ma cosa è successo?”

Kitty Pride abbassa immediatamente ed istintivamente lo sguardo, rimasugli di pudore adolescenziale su un viso che ha perso l’innocenza così tanto tempo fa che non riesce nemmeno a ricordare di essere stata mai veramente giovane. Kurt Wagner stringe nella mano a tre dita la croce che porta sempre con sé da qualche tempo a questa parte, invocando la forza necessaria per salvare sé stesso e gli altri dai pensieri che gli viaggiano per la mente. Rogue, pugni stretti e sguardo perso nella struttura geometrica rettangolare dei pannelli bianchi che ricoprono le pareti, cerca in tutti i modi di evitare di incrociare gli occhi rapaci di Warren per non essere costretta a dover dare una spiegazione di quanto è successo. Davy Jones, il ragazzo nuovo, sente sulle proprie spalle tutta la pesantezza della situazione e quasi trattiene il respiro, per paura di accendere la miccia della miscela esplosiva di emozioni che sente attorno. Alfiere ha lo sguardo fisso davanti a sé, come a sfidare il mondo da dietro i suoi occhiali scuri e minacciosi, e a nascondere la stanchezza insopportabile del proprio animo. Cable avanza:

“Warren… dobbiamo parlare.”

Greenwich Village, New York.

Il suo passo è deciso, nervoso, fermo, come se al momento macinare i marciapiedi sotto di sé sia l’unico scopo della sua esistenza. Le gambe nude affrontano l’aria gelida della sera avanzando aritmicamente una davanti all’altra, un passo dopo l’altro, sicure di niente tranne del fatto che devono continuare a camminare, continuare ad andare avanti. I pugni sono stretti, serrati, come le labbra. Gli occhi guardano fissi davanti a sé, orientati verso la propria destinazione situata proprio lì, di fronte, all’infinito. La sua mente è vuota. Anzi, non vuota, oscura, immersa in tenebre così profonde che nessuno oserebbe anche solo avvicinarvisi a meno che non sentisse di esserne non parte, ma signore e padrone. E’ così bello, così confortante lasciarsi sprofondare dentro il nulla, non sentire niente e nello stesso tempo percepire il mondo per quello che è realmente: un ingorgo di destini ciechi che viaggiano alla deriva cercando di dare un senso a qualcosa che in effetti non ne ha alcuno. Nelle tenebre, solo lì si può essere onesti, solo lì la cecità diventa una forza, solo lì capisci il senso del non senso dell’esistenza. Solo lì puoi nasconderti.

“Ma guarda cosa abbiamo qui…” l’uomo sbuca fuori da un angolo, fermandosi esattamente innanzi a lei “Cosa ci fai tutta sola da queste parti, bellezza?”

Lei si ferma, non per la sorpresa - aveva percepito la sua presenza già da qualche minuto - ma perché cambiare direzione adesso sarebbe inutile. Già… inutile.

“Forse cerca compagnia…” un altro uomo, la sua voce insinuante e fastidiosa, dietro di sé.

“L’ha trovata… allora.” un terzo, proveniente dall’altro lato della strada, assieme alle sagome indefinite di altri che la circondano.

Il primo la guarda fisso negli occhi, offendendola solo con lo sguardo.

“Sei contenta?”

Le sue labbra si serrano ancora di più.

Psylocke è stanca di nascondersi.

Infermeria del C.A.Box.

Chrysler Building, Manhattan.

Davy si guarda attorno, spaesato. Il bianco inflessibile dell’intero complesso unito ai ricordi che gli erano stati asportati telepaticamente che stanno tornando prepotentemente a galla sta cominciando a dargli la nausea. Colto da un improvviso giramento di testa si siede lentamente sul letto della stanza in cui lo hanno messo, e mani alle tempie cerca di riportare il mondo ad una gravità accettabile. Quando il senso di nausea scompare sospira leggermente, e cerca di fare il punto della situazione. Gli hanno detto di rimanere lì, di aspettare che arrivi qualcuno specializzato per aiutarlo nel suo problema, ma sono già passati diversi minuti e non ha visto nessuno. Ha capito che a Salvation è successo qualcosa, qualcosa di serio, e adesso si sente totalmente fuori posto. Pensava fosse una buona idea rimanere con gli… X Men, ma comincia a credere che sia stato un grosso errore. Anche perché, in qualche modo, si sente responsabile per qualsiasi cosa sia successa. E quell’immensa solitudine che si respira nel complesso…

“Ciao.”

Davy si volta di scatto verso la porta, pagando il gesto con un’improvvisa vertigine. Porta subito due dita alle tempie, cercando inutilmente di soffocare una smorfia che esce fuori ugualmente, quindi quando mette a fuoco l’immagine vede una ragazza, bionda, ferma sull’uscio.

“Ciao…” ignorando il maremoto nella sua testa si alza in piedi “Sei la dottoressa che mi dovevano mandare?”

“Temo di no.” la ragazza rimane ferma sulla porta, timida, fino a che non si accorge che Davy ha qualche problema a mantenere l’equilibrio “Qualche problema?”

“No… tutto a post… oof!!” e cade, a peso morto, in avanti. Prima che tocchi terra due braccia di un candore magico lo afferrano.

“Tu non stai bene.” dice lei scostandogli alcuni dei suoi capelli bianchi dal viso.

“Ho solo… un po’ di capogiro.”

“Aspetta.” le sue mani si poggiano sul capo di lui, e si illuminano di calda luce gialla. Davy sente un piccolo calore e poi luce, luce nella sua testa a far emergere e chiarire tutto. E la memoria gli appartiene di nuovo.

“Whoa! E’ tutto… chiaro! Come hai fatto?”

La ragazza lo guarda e sorride, quindi:

“La luce è il mio regno.” e poi, porgendogli la mano “Io mi chiamo Grace, Grace Worthington.”

“Worthington? Worthington come Warren ‘sono capo di questa baracca’ Worthinghton?”

“Sì, sono sua figlia.”

“Oh…” negli occhi del ragazzo un attimo di smarrimento, poi “Se li porta bene i suoi anni.”

Grace alza gli occhi al cielo, quindi:

“E’ una lunga storia…”

“Ho tempo…” risponde Davy, quando delle voci provenienti dal corridoio raggiungono entrambi.

“Capisco benissimo che è un brutto momento, Forge, ma Ororo e Betsy risultano mancanti e non abbiamo idea di come possano aver reagito alla morte di Havok. Sono sconvolto anche io, più di quanto tu pensi, ma adesso la priorità è trovarle.”

Forge stempera:

“Forse vogliono solo stare un po’ da sole…” ma Warren scuote la testa in segno di dissenso:

“Negli ultimi tempi Betsy è cambiata, ho paura di quello che può fare. Ed Ororo… ha ucciso l’assassino di Havok ed è fuggita, non è da lei.”

Forge annuisce:

“Ho attivato il comando a distanza di Cerebro, è pronto per una nuova ricerca. Una volta trovatele hai già pensato cosa fare?”

La voce di Warren è decisa:

“Io vado a recuperare Betsy, Cable si è offerto per Ororo. E speriamo solo che non sia troppo tardi…”

Grace li vede scomparire dietro l’angolo, quindi si volta, allarmata, verso Davy, il quale altrettanto preoccupato sussurra:

“Ok… forse tu di tempo non ne hai…”

Grace si volta di nuovo verso la direzione in cui sono scomparsi Arcangelo e Forge, quindi Davy dice:

“Vai.”

Lei annuisce, e raggiunge l’uscio, quando le ultime parole di Davy la fanno voltare:

“Io mi chiamo Davy, comunque.”

Grace gli regala un sorriso, quindi scompare nel corridoio.

Greenwich Village, New York.

Un sospiro, e Psylocke si alza in piedi. Attorno a lei, i corpi riversi a terra degli uomini che l’avevano avvicinata. Nelle mani, nella bocca, nelle narici, l’odore acre del loro sangue, e la voglia di averne ancora di più. La sua mente è completamente immersa nelle tenebre del potere dell’Alba Cremisi che è divenuto parte della sua stessa anima, ma non come vittima. Ne è padrona, questa volta. Tentacoli di tenebre fuoriescono dalla propria mente, ciascuno legato ad ognuno degli uomini distesi sull’asfalto. Sa cosa le volevano fare, sa cosa avevano in mente, sa fino a dove si sarebbero spinti, e prova piacere a scendere sempre di più nei recessi dei loro cuori neri. Le tenebre non sono cattive, le tenebre nascondono, proteggono, nutrono, e lei è sempre più deliziata dallo scoprire quanto in fondo può scendere un essere umano. In piedi in quel vicolo buio della città più contraddittoria del mondo, Psylocke si nutre di verità e cattiveria.

E ne vuole ancora.

Poco lontano da lì.

La donna, gambe incrociate sul pavimento e mani nella posa del loto, sta meditando, il nulla nella sua mente. Immersa in quel bianco inesistente, inconsistente, cerca la pace da una vita sempre più spesso governata dal rosso del sangue. L’ora di meditazione è l’unico momento di pace della giornata, l’unico in cui si possa sentire in equilibrio con le forze contraddittorie dell'universo e del suo cosmo personale, ma stavolta qualcosa... qualcosa la turba. Sono delle piccole intrusioni, all’inizio, minuscoli filamenti neri nel bianco rilassante del proprio nirvana spirituale, ma poi crescono, alimentate da ogni frammento di sé che affiora man mano che lei torna alla realtà. I filamenti divengono tentacoli, trivelle, che iniziano ad andare più a fondo, sempre più a fondo, sempre…

“Basta!”

Elektra adesso ha gli occhi aperti, e guarda le mura del proprio dojo privato con fermezza. Su di esso, i tentacoli di tenebra che avevano tentato di penetrarle l’anima si stano accartocciando su sé stessi per sparire negli infissi. Ora Elektra è ancorata alla realtà. Ha riconosciuto il responsabile dell’invasione, ma non se n’è sentita aggredita. Piuttosto sembrava come… una richiesta di aiuto. E quello che la fa subito andare a prepararsi per uscire alla ricerca di Psylocke è il fatto che se non la trova subito potrebbe diventare un pericolo ben più grande di quanto chiunque immagini.

2. Il Regno.

Greenwich Village, New York.

Le ali compiono grosse falcate nell’aria, mentre Arcangelo plana sul tetto di un palazzo volando rasente alle antenne televisive. I suoi occhi da rapace sono fissi un po’ sui vicoli sotto di lui e un po’ sul minicerebro da polso sul quale è stato memorizzato il tracciato genetico di Psylocke, e che ora gli indica la direzione in cui lei si sta muovendo. Warren non ha alcuna idea del motivo per cui Betsy possa essere venuta lì. Capisce bene che può essere sconvolta, ma non si ricorda di niente che leghi la sua ex ragazza a quella zona, niente che possa spiegare il suo comportamento.

Delle luci rosse e blu nella strada sotto di lui lo distolgono dai propri pensieri. Eseguendo stretti cerchi nell’aria fredda della sera, Warren plana sul terrazzo di un condominio proprio sopra un vicolo vicino al quale si sono fermate diverse volanti della polizia e autoambulanze, ed aguzza lo sguardo per vedere bene cosa è successo. Ci sono degli infermieri che stanno caricando uomini sulle loro barelle, poliziotti che allontanano passanti, sangue ovunque. E qualcosa alla base della nuca che lo avverte che là sotto c’è più di quel che sembra esserci.

“Sta per esplodere…”

La voce lo fa voltare di scatto.

“Angel… Grace! Cosa ci fai qui?!” esclama sorpreso.

“Ti ho… seguito.” Angel avanza timidamente, i suoi capelli che sembrano brillare di luce propria e il suo corpo dentro una uniforme nera da X Man presa in prestito al C.A.Box “Ho sentito te e Forge parlare di Psylocke, e ho creduto che le mie conoscenze sull’Alba Cremisi potessero esserti utili. Ho… sbagliato?”

“Sì! Cioè… no! Cioè…” Warren per un attimo entra nel pallone. Come si può pretendere che si comporti da padre con una ragazza che dimostra già di essere adulta? Cosa sarebbe tenuto a fare? “Avresti dovuto rimanere al centro.”

“Papà… Warren…” e si avvicina, sempre sotto lo sguardo diffidente del padre “Non voglio essere un peso per te, davvero. Anzi, vorrei aiutare te e la tua causa, e credo davvero di potere fare la differenza, in questo caso. Mettimi solo alla prova.”

Warren la guarda, incerto sul da farsi. Poi, finalmente, si arrende:

“Cosa sai?”

“Sento il potere dell’Alba Cremisi, il vicolo laggiù ne è saturo. Credo che Psylocke si stia abbandonando sempre di più all’oscurità, e questo potrebbe farla diventare un canale per far arrivare le tenebre in questo mondo. Non sarebbe positivo. Già quegli uomini ne sono stati contagiati.”

“E cosa… possiamo fare?”

“Dobbiamo trovarla e fermarla, e dobbiamo liberare questa realtà dai residui dell’Alba, in modo tale che non si sviluppi. Tu puoi cancellarne ogni traccia, con la tua arma.”

“La mia…”

“Hikarinoken, la spada di luce. Evocala. E’ stata creata come perfetto contraltare al potere dell’Alba Cremisi.”

Warren sposta lo sguardo sulle proprie mani, quindi serra la bocca e chiude gli occhi. Immediatamente dopo sul suo corpo affiora un’armatura di soffice luce che illumina morbidamente il corpo della ragazza. Warren, dietro ad un elmo che protegge i suoi lineamenti da occhi indiscreti, guarda giù nel vicolo e spalanca le ali. I portantini e gli agenti vengono sorpresi per un attimo da una luce accecante, quindi tutto torna alla normalità, lasciando gli uomini sorpresi ed allo stesso tempo con un gran senso di benessere diffuso in tutto il corpo.

Warren si volta verso Grace, la quale attiva le proprie ali di luce e dice:

“Ora andiamo a recuperare Psylocke.”

Le due figure alate spiccano il volo lasciando una scia luminosa nel cielo. Dal cornicione del palazzo accanto esce un’altra figura, completamente avvolta nell’oscurità, che si lancia al loro inseguimento.

The Grey Mouse, pub dalla frequentazione losca del basso Greenwich Village.

Quando entra tutti si voltano verso di lei. Non tanto per l’abbigliamento, il costume blu che lascia scoperte braccia e cosce tranne per qualche nastro dello stesso colore, e nemmeno per il lungo mantello nero che sembra nascere da guanti eterei sugli avambracci e che cambia forma ad ogni occhiata, quanto per il suo modo sensuale ed allo stesso tempo sprezzante di avanzare tra la manovalanza locale di bassa ed alta criminalità. O forse… forse sono solo i suoi occhi, completamente neri e con il marchio dell’Alba Cremisi che sta brillando di un rosso cupo e minaccioso. Psylocke cammina decisa fino al centro del locale, quindi si ferma, ed il mantello di tenebre svolazza per un attimo nell’aria prima di posarsi sul pavimento e dividersi in una miriade di serpentelli neri.

“Allora, ragazzi, devo insegnarvi io come si tratta una donna?”

Quindici minuti dopo.

“Qui dentro.” segnala Arcangelo planando davanti ad un locale del Greenwich Village mentre controlla le pulsazioni del minicerebro da polso.

“Sì, deve essere qui.” conferma Angel atterrando accanto a lui ed indicando con lo sguardo il vetro rotto e l’uomo che penzola metà dentro metà fuori dal locale. Warren le lancia uno sguardo poco rassicurante, quindi apre la porta del locale e rimane di sasso. Non è tanto il fatto che sembra che lì dentro sia appena passato un uragano, quanto quello che ha preso il posto dell’equilibrio infranto del posto. Sopra i cocci di vetro sparsi per tutto il pavimento, tra schegge di legno e sedie e tavolini rivoltati, tra i corpi più o meno inerti di diversi uomini che ancora sanguinano copiosamente, ci sono una miriade di tentacoli scuri. Inconsistenti, sinuosi, poggiati su una superficie solida ed apparentemente privi di consistenza, diventano più numerosi e fitti man mano che vanno verso il fondo del locale. Lì l’atmosfera si fa più cupa, le ombre prendono possesso dell’ambiente e lo riplasmano a loro piacimento nascondendo oggetti e corpi nel loro freddo e rassicurante oblio. E più si va avanti più l’ambiente si annulla nelle tenebre, così nere ed omogenee da eliminare profondità e forma. L’unica cosa che spicca è il trono, fatto di un amalgama indefinita di corpi umani ed oggetti inanimati, fusi e tenuti assieme dall’oscurità.

Su di esso, Psylocke.

Le tenebre le hanno coperto tutto il corpo, ma non omogeneamente come quando era divenuta una dissimulante. Adesso le braccia e le gambe sembrano più scure, e dai polsi parte un lungo mantello etereo fatto di tenebra leggera e pesante allo stesso tempo. Il suo volto è l’unica cosa risparmiata dall’ombra, che sembra aver preso possesso anche dei capelli rendendoli più neri che mai, ma sull’occhio spicca lucente come non mai il marchio rosso dell’Alba Cremisi. Muovendosi lentamente, come sotto l’effetto di qualche droga, Psylocke sposta gli occhi su Arcangelo ed Angel, e le sue labbra sorridono impercettibilmente mentre dice:

“Ah… tesoro, sei arrivato alla fine.”

“Betsy…” dice con calma Arcangelo, spaventato da quel che vede ed avvertito da Hikarinoken sull’instabilità dell’ambiente circostante “…cosa sta succedendo?”

“Niente… niente di che…” risponde lei guardandolo con aria di superiorità “Ho avuto un brutto momento, ma ora è tutto a posto… davvero. Si sta bene, qui.”

“Qui… dove?”

“Qui… nell’ombra. Sai, dovresti provare anche tu a conoscere l’oscurità dentro di te. E’ così… appagante.”

“Betsy è sbagliato… non è così che si supera quello che è success…!”

“Cosa ne puoi sapere tu di come lo si supera?!” la frase di Psylocke, quasi gridata, fa sussultare Arcangelo. Gli occhi di lei adesso lucidi ed accusatori sono puntati sull’ex fidanzato “Cosa puoi saperne di un brutto momento, un singolo evento, che può sconvolgere la tua vita?! Abbiamo dato tutto di noi per permettere a questo mondo di vedere un’altra mattina, e tutto quello che abbiamo ottenuto è stato odio e morte! Non voglio… preferisco essere onesta, e seguire la mia strada. Ho deciso di non accettare più l’ipocrisia del mondo.”

“Hai ragione, non è tutto facile, ma passo dopo passo…”

“Cosa si può ottenere passo dopo passo quando l’odio dell’uomo è sempre lì, fisso, inamovibile? Io lo vedo, da quando ho l’Alba Cremisi nelle mie vene riesco a vedere ogni singolo pensiero meschino, ogni piccola falsità di tutti quelli che mi stanno attorno. Nessuno ne è esente, nemmeno io, con la sola differenza che ora ho deciso di accettare la mia oscurità come parte di me, ed esserne padrona.”

“Betsy… ti prego… non è necessario…”

“Non è necessario?! E cosa lo è allora!! I tuoi piani per la salvezza dell’umanità?! Xavier predica le stesse cose da anni e non ha ottenuto nessun risultato, come speri di farcela tu?!”

“Sei ingiusta…”

“No, sono onesta, qualcosa che tu non potrai essere mai. Ti sento in questo momento, nella mia testa, sto vedendo qual è la tua preoccupazione principale. Sto vedendo quanto poco spazio ha ed ha avuto Alex lì dentro.”

“Questo non è vero Betsy…”

“Questa è l’unica verità che non è stata ancora annegata dal mare delle tue menzogne, Warren. Sei sempre stato un superficiale, hai sempre cercato l’approvazione degli altri. E’ per questo che cerchi disperatamente di essere un eroe, ed è per questo che non lo sarai mai.”

“Possiamo… parlarne dopo, con calma.” le sue parole sono pronunciate con fatica.

“Tu non mi credi ancora, vero? Preferisci aggrapparti alle bugie che ti sei costruito così bene attorno piuttosto che ascoltare la brutale, scomoda, verità. Ma vedrai il mondo come lo vedo io, che tu lo voglia o no.” dai suoi piedi, legati a lei attraverso tentacoli di tenebra e quasi completamente coperti dall’oscurità, piccoli serpenti scuri cominciano ad avanzare strisciando sul terreno in direzione di  Arcangelo. Quando lui comincia a distinguerli ormai hanno raggiunto e circondato le sue caviglie, affondando con le estremità dentro l’armatura di luce e diffondendo in essa una ragnatela scura che inizia a salire verso le ginocchia. Un freddo intenso comincia a diffondersi lungo tutto il suo corpo, così forte e pungente da togliergli letteralmente il fiato per la forza prorompente della sensazione, fino a che improvvisamente si interrompe. Arcangelo spalanca gli occhi e guarda verso terra, dove i tentacoli scuri sono stati spezzati da delle lame di luce ancora fisse al pavimento. Immediatamente dopo il suo sguardo va verso Angel, in piedi dietro di lui, ali luminose spalancate e sguardo fiero puntato su Psylocke.

“La piccola ha trovato il coraggio di agire…” commenta lei con tono sarcastico, e poi, tornando più seria “…è un vero peccato non riuscire a leggere nella tua mente, sarebbe interessante scoprire i tuoi di scheletri nell’armadio…”

“Arrenditi, creatura delle tenebre.” dice solo Angel, la cui fierezza nello sguardo la fa sembrare più vecchia di almeno dieci anni.

“Vuoi giocare alla fata e alla strega? Sarai accontentata!” e con uno strattone ai tentacoli di tenebra che li legano Psylocke anima i corpi degli avventori del locale, i quali adesso sono completamente neri tranne che per dei minacciosi occhi rossi da dissimulante. Questi si rialzano, lentamente, quindi improvvisamente si gettano contro Arcangelo ed Angel.

“In volo, Grace!” esclama il primo spalancando le sue possenti ali mentre si libra nell’aria. La ragazza però non ha i nervi altrettanto saldi, e subito è sopraffatta dai corpi di tre uomini che la fanno crollare a terra. Lasciando agire l’istinto, Arcangelo spalanca la mano e da essa emerge veloce un fascio di luce, subito seguito dal resto di Hikarinoken. Muovendosi in aria come una forza della natura, i suoi gesti veloci ed epici allo stesso tempo, brandisce la lama di luce fendendo l’aria fino a raggiungere gli aggressori di Angel. Una volta toccati dalla luce, questi si inarcano, come colpiti da una scarica elettrica, e le tenebre si ritirano dai loro corpi lasciandoli a terra inerti.

“State lontani!!” urla intanto la ragazza, ed alzando il pugno in aria emette un’intensissima scarica di luce che allontana gli ultimi rimasti. Poi di nuovo Psylocke:

“Carine le vostre fiammelle… ma niente in confronto alla Tenebra.” e la parete dietro di lei scompare, inghiottita dentro un nero così freddo e profondo da spaventare anche solo al guardarlo. Non succede nulla per un unico, lunghissimo istante, quindi miliardi di grossi tentacoli ne fuoriescono all’unisono, tutti diretti verso Arcangelo ed Angel. Ogni parte del loro corpo viene immediatamente circondata, legata, incatenata, e per quanto possano usare i loro poteri di luce per eliminarli dal nulla spuntano fuori sempre più tentacoli, sempre più catene. Quando l’ultimo di questi si alza fino al volto di Arcangelo ed affonda nella sua bocca colorando di nero le sue orbite, ogni speranza di sopravvivenza per Angel sembra svanita.

Ma poi un fruscio netto, un bagliore argenteo nell’aria, ed i due prigionieri sono di nuovo liberi.

“Basta così.”

Le mani a stringere salde due sai, orbite nere come la morte ma ostinate e passionali come la vita, Elektra si staglia al centro del pub.

Psylocke la riconosce, e sorride.

“Oh… ci sei anche tu.”

Elektra non risponde. Solo, si mette in posa di difesa, e le lancia una sfida con lo sguardo.

3. Il Cavaliere Scarlatto.

The Grey Mouse Pub, Greenwich Village.

Da un lato Psylocke, dall’alto del suo trono, muove un turbine di tentacoli neri sopra e attorno a sé.

Dall’altro Elektra, in piedi, la scruta cercando di anticipare la sua prossima mossa.

Dietro, Arcangelo ed Angel si riprendono dalla possessione mancata per un soffio.

"Il mio è un nuovo mondo, un mondo privo dalle menzogne..." la voce di Psylocke è ora più profonda, calda e spaventosa allo stesso tempo "Un mondo di cui non potete fare parte."

Pylocke chiude le labbra ed abbassa leggerermente il capo, dando il tempo alle sue parole di posarsi sulla superficie del locale. Poi succede, all'improvviso l'intero luogo sprofonda completamente nelle tenebre. Warren e Grace si voltano di scatto in ogni direzione, in allerta e pronti a respingere qualsiasi attacco. Solo Elektra non fa una mossa, i suoi occhi ancora dentro quelli di Psylocke.

Saranno loro a dirle da dove arriverà il pericolo.

Il marchio sul volto di Betsy si fa più scuro, del colore del sangue raggrumato, mentre serpentelli di tenebra le scivolano su tutto il corpo fino a giungere in ogni anfratto. Ben presto, di Psylocke rimane solo un'ombra, che spalanca le braccia e si lascia cadere ed inghiottire dall'oscurità alle sue spalle. Nello stesso momento le tenebre si animano. Da ogni parte, da qualsiasi direzione, si formano degli spuntoni neri che iniziano a bersagliare i presenti. Warren si libra in volo, brandendo la propria spada come un vero arcangelo di Dio, la sua coscienza annullata e potenziata dalla luce totalizzante di Hikarinoken. Grace è anch'essa nell'aria, a muovere le ali di luce come lame contro le stalattiti di tenebra che le incrociano. In ogni dove un turbine di sue piume luminose fende e ferisce l'oscurità. Elektra salta, si abbassa, corre, rotola, ma non attacca. Solo, si difende. E parla.

"Sapevo che avevi un percorso difficile davanti a te, sapevo che ti saresti trovata costretta ad affrontare una scelta. Ma non pensavo che saresti stata così debole da intraprendere questa via."

"Tu non hai idea di quello di cui stai parlando." la voce di Psylocke proviene da qualsiasi direzione contemporaneamente "Tu non sai come ci si sente ad accettare ed essere completamente sé stessi, tu non hai mai provato l'onnipotenza di rifiutare i limiti che ci siamo autoimposti ed ascendere al ruolo di unico e solo padrone della propria esistenza."

"Credimi, lo so. Anche io ho provato l'ebbrezza di agire come volevo nel momento in cui volevo, anche io ho saputo abbandonarmi completamente all'istinto ed alla vera natura dell'uomo, ma non era la strada giusta."

"Come puoi dirlo! Se è vero quello che mi stai dicendo come hai potuto scegliere di lasciare la tua divinità per tornare in un mondo fatto di falsità ed ipocrisia?!"

"Perchè non era quello che volevo, non era vera libertà."

"Non lo è? Cosa c'è di più vero della legge naturale, cosa di più concreto dell'istinto di sopravvivenza, dell'egoismo che permette all'uomo di conservarsi. E' questa la verità a cui mi sono votata, quella che è sempre stata definita come oscurità da chi aveva paura di sé stesso. Viverla pienamente mi rende libera."

"No, ti rende schiava di essa. In te c'è più del semplice istinto, più dell'Alba Cremisi che scorre nelle tue vene, più di quello che ti ha mostrato di te e più di quel che tu stessa immagini."

"Ah! Come puoi affermare una cosa del genere?!"

Elektra atterra e lancia uno dei suoi sai nell'oscurità. Una scia argentea fende l'aria e scompare nelle tenebre, finché si sente un piccolo tonfo ed un gemito, e l'ombra inizia a ritirarsi. Osservando le gambe di Psylocke cedere, una mano a toccare l'altra spalla su cui spicca il sai, Elektra risponde:

"Perchè sei stata tu a cercarmi per fermarti."

"Sei... sei una bugiarda, come tutti gli altri." una delle sue ginocchia cede, la stanchezza del suo corpo che inizia a prendere il sopravvento "E sei un'ipocrita... anche tu avevi scelto l'oscurità."

"E' per questo che sono qui ad impedire che tu faccia il mio stesso errore. Niente di tutto quello che ti ha promesso è concreto, la verità che ti ha svelato non è così reale come ti ha portato a credere, tutto quello che ti ha rivelato non è altro che... ombra."

"BUGIARDA!!!" le mani di Psylocke scattano in avanti, un flusso diretto di tenebra con a capo il sai di Elektra che sta tornando prepotentemente verso la sua padrona. Lei salta, lo afferra a mezz'aria ed atterra esattamente davanti a Psylocke. Quindi la afferra per una spalla e la sbatte contro il muro tenendo con l'altra mano stretto il sai. Poi si avvicina e... le loro bocche si uniscono.

Il silenzio più solenne sprofonda nel locale, anticipato solo dall'ultimo ansimo di Warren prima di trattenere il fiato. Grace ha gli occhi spalancati, ma non riesce a distogliere lo sguardo da Elektra e Psylocke, dalla loro unione così violenta ma così completa allo stesso momento. Il tempo si ferma, fisso in un istante silenzioso e prezioso, dove sono i corpi a parlare. Infine Elektra si scosta, il rumore delle sue labbra che si staccano da quelle di Psylocke pesante come quello di una pietra che viene gettata in uno stagno. I loro occhi rimangono a fissarsi per qualche altro istante, quelli della prima rassicuranti come possono essere gli occhi una madre, quelli della seconda spauriti e distrutti. Sono loro a scostarsi per primi, lacrime nere ad uscire dalle cornee.

"Perché doveva morire...? Perchè deve... succedere?"

Le mani di Elektra carezzano i capelli di Psylocke.

"Non è stata una tua scelta, non c'era niente che tu potessi fare."

Ora Psylocke sta piangendo lacrime copiose, che cadono sul pavimento nero ed evaporano mentre lei si abbassa su sé stessa. La tenebra inizia a scomparire dal suo corpo, lentamente, quando improvvisamente la aggredisce di nuovo con forza rinnovata.

"Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaagh!" grida Psylocke per l'introduzione forzata, questa volta.

Elektra si alza di scatto osservando le tenebre che tornano a coprire il corpo di Psylocke, quindi sposta lo sguardo attorno, nella sala, dove l'oscurità sta di nuovo prendendo il sopravvento. Non la lascerà andare così facilmente.

I suoi occhi si posano su quelli di Arcangelo ed Angel.

"Facciamo un po' di luce qua dentro."

Loro annuiscono, e si prendono per mano. Quindi alzano le braccia e da loro si emana una luce tale da rischiarare per un istante ogni anfratto del locale. L'ombra si ferma, arretra indebolita, finisce per ripiegare su sé stessa e sul suo epicentro. Psylocke viene assalita dagli stessi tentacoli che prima comandava, e ne viene sopraffatta. La sua mente viene messa a tacere, il suo corpo circondato interamente di tenebra. Quando il processo finisce, al posto di Psylocke si trova solo un grosso oggetto ovale di un materiale più scuro di qualsiasi altra cosa in natura. La mano di Elektra vi si avvicina, lo sfiora, un freddo improvviso le sale lungo indice e medio fino a scorrerle giù per la spina dorsale. Warren e Grace la raggiungono.

"Cosa è quella... cosa?" chiede Arcangelo.

"E' un bozzolo. L'Alba Cremisi non ha intenzione di perdere la propria avatar." risponde Angel.

"Allora... non è finita?"

I tre si osservano per un lungo istante, quindi è Elektra a rispondere per tutti:

"Credo che lo sapremo solo quando si schiuderà."

Epilogo.

Scogliere di Donover, Norvegia.

I pescatori del posto ne hanno visto di tempeste da quando abitano lì, ma poche come quella che si sta abbattendo sulle loro abitazioni adesso. Il mare è furioso, le onde così alte che riescono a raggiungere e a scalfire il ciglio della scogliera trenta metri più sopra, il vento così implacabile da colpire come lame affilate chiunque di loro si trovi in prossimità anche solo di uno spiffero, la pioggia così fitta da non permettere di vedere niente oltre i due metri. E lì, proprio nel punto più alto della scogliera, una figura lunga ed immobile.

Scintille luminose si accendono nell'aria, quindi un varco si apre. Quando Cable ne esce fuori, la pioggia lo investe con la forza di un monsone.

"Nnnf..." fa lui, ed erige uno scudo telecinetico sulla propria testa per ripararla. Quindi con la sua telepatia cerca e trova la persona per cui è arrivato fin lì, e si avvicina a lei.

"Hai intenzione di continuare così ancora per molto?"

Tempesta non si volta, il suo sguardo sempre fisso sul mare burrascoso. Il suo corpo è rivestito da una sottile ma densa patina di metallo argenteo, sulla quale le gocce si infrangono impietose. Qua e là degli spuntoni minacciosi, come la tiara che si trova sulla sua fronte, dagli aculei affilati che le affondano nei capelli bagnati.

"Non credi sia ora di tornare a casa?" la mano di Cable poggia sulla sua spalla, e lei finalmente si volta. Per un attimo Nathan Summers ha paura di quello che vede nei suoi occhi bianchi come quelli di un fantasma, poi la voce concreta e decisa di Tempesta lo raggiunge:

"Dovranno cambiare..." il suo sguardo torna a fissare l'oceano "Sì, molte cose dovranno cambiare."

Continua...

Next: un nuovo gruppo, una nuova missione, ed una minaccia che rischia di cambiare per sempre il volto degli Stati Uniti!

Stay tuned for more!