Salvation, Texas, 1.328 anime.

Oggi, sono tutti mutanti.

 

Quattro.

Sono solo quattro e potrebbero distruggere in pochi istanti un esercito.

Tempesta è in aria, così tanti fulmini attorno a lei da farla sembrare quasi un essere di pura energia. Dall’alto un essere dalle ali e dalla testa d’aquila sta calando in picchiata su di lei, becco ed artigli protesi. Il momento in cui entra nel campo elettrico della mutante sembra subire il colpo per alcuni decimi di istante, ma rannicchiandosi sotto le sue ali ed aprendole subito dopo con uno scatto riesce a creare una folata di vento di immane potenza che spezza la concentrazione della X Woman, e la tempesta elettromagnetica che aveva scatenato si interrompe. L’uomo aquila si getta nuovamente contro di lei, ma Tempesta crea sulla sua scia una corrente fredda che lo fa deviare di almeno una decina di metri.

“SKREEEEEEEE!!!!” urla lui voltandosi verso la mutante, e spalancando becco ed ali crea un potente turbine nella sua direzione. Tempesta nota immediatamente il cambiamento nella pressione atmosferica. Non le ci vorrebbe niente per caricare elettricamente la zona in cui si trova l’essere e porre fine alla sua vita, ma non può dimenticare che tutte quelle creature fino al giorno prima erano umane, e che il loro attacco può essere stato causato semplicemente dalla paura di trovarsi improvvisamente in un corpo estraneo. Quindi spalanca le braccia e devia il turbine in due folate di vento che indirizza verso la creatura alata. Le due correnti lo colpiscono all’unisono da entrambi i lati, e sotto il comando della padrona degli elementi si uniscono a formare uno stretto tornado. L’essere comincia a girare vorticosamente mentre la temperatura precipita vertiginosamente attorno a lui. Sul suo becco spalancato a gridare di dolore compaiono le prime stalattiti di ghiaccio, quindi sotto il pungente freddo della tormenta il suo cervello cede e si abbandona all’oblio. Quando il tornado si dissipa, il suo corpo cade esanime verso terra, e trova due braccia forti a sorreggerlo. Osservandolo con uno sguardo misericordioso, Tempesta lo poggia delicatamente sul tetto di una casa, quindi raggiunge il centro della piazza.

Ed è esattamente lì che si trova Rogue. Furia scatenata, i suoi pugni possenti colpiscono qualsiasi cosa le capiti a tiro con violenza inaudita. La donna dagli arti dei più diversi materiali viene sbalzata via da un diretto e la sua testa metallica si schianta contro la statua al centro della piazza, polverizzandola. La vecchia rugosa le giunge alle spalle, e la sua pelle grigia le copre interamente braccia e gambe immobilizzandole. Nello stesso tempo il pungiglione velenoso alla fine della coda dell’essere metà uomo e metà serpente vola come un fulmine verso la sua testa. Rogue ha solo qualche frammento di istante per reagire, ed è tutto quello che le serve. Contraendo i muscoli di braccia e gambe in modo sovraumano piega la schiena in avanti sollevando l’immensa mole di grasso grigio che è divenuta la vecchia, in tempo perché il pungiglione la raggiunga e rimanga intrappolato tra le innumerevoli pieghe della sua pelle. Il veleno viene iniettato nel suo corpo, ed il grasso che intrappolava l’X Woman si indebolisce quel tanto che basta da permetterle di liberarsi. Afferrando la pelle della vecchia con entrambe le mani rotea su sé stessa per darsi la spinta necessaria a lanciarla via. Il pungiglione, ancora intrappolato in quel corpo, la segue nella sua folle corsa con l’uomo serpente al seguito, finché i due non collidono contro lo scheletro di quel che è rimasto del municipio, le cui ultime macerie ancora in piedi dei piani superiori crollano interamente seppellendoli. L’ultimo sguardo di Rogue è di superiorità, prima che si giri e voli via.

Già da qualche momento poco oltre si sta tenendo uno scontro di energie. C’è un ragazzo di colore al centro della strada, le cavità degli occhi e della bocca interamente nere ed un cerchio dello stesso colore attorno a sé che assorbe tutto quello che si trova nei paraggi. Davanti a lui, aggrappato ad un lampione per non finire dentro il buco nero, Havok sta cercando di escogitare un modo per neutralizzarlo senza arrivare ad ucciderlo. Per acquistare tempo spara una raffica di plasma solare al pavimento in modo da creare una trincea improvvisata, e modellandola con i suoi raggi la rende abbastanza protetta da potercisi rifugiare dentro. Una volta al suo interno nota un sibilo proveniente da uno dei tubi che la sua azione ha scoperto. Si avvicina ed annusa piano. Gas. Sarebbe facile sconfiggerlo con questo, basterebbe una scintilla e l’intera zona attorno esploderebbe, e le scintille certo non gli mancano. Ma, anche se sa che questa azione non metterebbe in pericolo nessun altro eccetto il ragazzo, non può farlo. Uccidere non è la soluzione, gli X Men sono tenuti a trovare altre strade, gli X Men non possono abbassarsi al livello dei criminali che combattono. Strappando un lembo di pelle nera dal proprio costume lo stringe attorno al tubo che perde, interrompendo alla meno peggio la fuga di gas. Quindi si affaccia dal proprio riparo, per vedere il buco nero del ragazzo che ancora fa sparire al suo interno tutto quello che gli capita a tiro. Deve saturarlo... riempirlo in qualche modo. Carica l’energia solare in una mano, e puntandola verso il lampione a cui era aggrappato prima la scarica in un sol colpo. Il lungo palo, con un discreto pezzo di asfalto, si stacca da terra e comincia a volare verso il buco nero dietro il ragazzo, nel quale scompare. Troppo poco e troppo veloce, deve riuscire a trovare qualcosa che lo riempa e che non lasci tempo al ragazzo di ristrutturarlo. Si guarda intorno, non c’è niente di così grande, ma forse... Forse... Reggendosi bene sull’asfalto Havok esce fuori dal suo nascondiglio, mentre comincia a sentire i suoi capelli attirati dal risucchio del buco nero. I suoi piedi si ancorano al terreno, ma cominciano ugualmente a strisciare in avanti. Havok non se ne cura, è impegnato a caricare tutta l’energia a cui riesce a fare appello nei pugni chiusi, e con una scarica devastante la libera verso il ragazzo, il quale comincia ad assorbirla avidamente. I buchi neri assorbono anche la luce, sta pensando Havok, e ha intenzione di scoprire fino a che punto. Il plasma solare scorre come un flusso continuo mentre Havok si avvicina sempre più. Lo scontro di energie è di proporzioni mastodontiche. Da un lato Havok assorbe e scarica il 90% dei raggi del sole Texano che splende sopra di loro, dall’altro il ragazzo tenta di mantenere intergo il buco nero nonostante venga continuamente riempito ad una velocità eccessiva. Fronti corrugate per la concentrazione, muscoli allo spasimo, ormai i due sono arrivati ad un metro l’uno dall’altro. Havok è quasi a corto di energia, ma il buco nero ha già raggiunto la metà delle dimensioni che aveva precedentemente. L’ultimo sforzo, pensa Havok, l’ultimo sforzo, e raccogliendo ogni iota di energia ambientale che riesce ad assorbire la scarica tutto sull’avversario. L’energia usata nel conflitto è tale che per un istante tutta la zona è riempita da una luce accecante, che si dissipa lasciando una figura in piedi sull’altra, vincitrice. Una figura che con il braccio si asciuga il sudore dalla fronte sulla quale sono appiccicati molti riccioli biondi, e che poi osserva il ragazzo svenuto pensando di essere stato lui il più fortunato, questa volta.

Quindi Havok si volta e torna in battaglia.

E guerra è un termine più esatto, se si prende in considerazione quella di Cable con il bambino pelato dallo sguardo scintillante. Una piccola guerra combattuta da soldati fatti di macerie di vario tipo e dimensioni, che volano ovunque sorrette dalla telecinesi dei due e che tentano di colpire ripetutamente l’avversario. Nessuno dei due si muove, la battaglia è combattuta con altri mezzi, ma non per questo è meno letale. Astronavi fatte di piccoli frammenti di asfalto volano ovunque collidendo l’uno con l’altro, ad ogni minima distrazione ciascuno di essi potrebbe penetrare nel campo avversario e colpire con la potenza di un proiettile. Esperienza da un lato, semplice e pura potenza dall’altro, che non basta nel momento in cui Cable decide di cambiare tattica. Cercando di tenere su il proprio esercito spinge la sua mente più in basso, nell’asfalto sotto il bambino, e con un urlo psichico gli solleva in un solo istante il terreno da sotto i piedi. Il bambino corruga la fronte ancora di più ed abbassa con uno scatto le braccia, cercando di proteggersi dai detriti che stanno volando verso il cielo. Cable ne approfitta, e girandosi su sé stesso lancia la Psymitar verso la testa dell’avversario. L’istante dopo tutto cambia. Non è più nella piazza in rovina di un piccolo paese in cui sembra appena passato un ciclone, adesso è in un ambiente spaziale, stelle su uno sfondo nero e qualche pianeta colorato qui e lì. L’unica costante è la presenza del bambino ancora davanti a sé. Il piano astrale, pensa Cable, ci ha trasportati entrambi nel piano astrale! Quanto è potente?!

Le circostanze permettono una risposta immediata, nel momento in cui lo spazio attorno al bambino si colora di una sagoma azzurra ed un raggio psionico dalla potenza devastante parte verso Cable. Questo ha solo il tempo per incrociare le braccia e tentare di ripararsi dietro uno scudo psichico tirato su all’ultimo secondo, prima di subire l’attacco. E la cosa incredibile è che dopo alcuni istanti il flusso non sembra diminuire. Anzi... sembra sempre diventare più forte.

Altra tattica... non difesa passiva ma...

Cable apre gli occhi verso il bambino, quindi aumenta la potenza del suo stesso raggio ed abbassa improvvisamente il proprio scudo psichico. Il flusso devastante dell’energia psionica lo colpisce con tutta la sua forza, annichilendo la zona in cui si trova. Quando il bambino interrompe il suo attacco, della forma astrale di Cable non rimane niente. O meglio... di quello che Cable voleva fargli credere fosse la sua forma astrale.

Scivolare tra gli attimi, pensa ricomparendo alle spalle del bambino, è così che chiamavano questa tattica le Askani. Ed ha funzionato.

Le dita di Cable si poggiano sul collo della forma astrale del bambino, e lasciano partire una piccola scarica. Così impegnato nell’attacco, il suo avversario non aveva minimamente pensato a difendersi, e la sua concentrazione cade riportandoli entrambi alla realtà. La zona del loro combattimento, rimasta intatta ed immobile per tutto il tempo in cui si sono trovati in quella astrale, riprende a godere delle leggi fisiche dell’universo, e la Psymitar ricomincia a volare verso la testa del bambino che confuso stavolta non fa in tempo ad evitarla. Una piccola ferita sulla sua fronte segna la fine del conflitto. Ma non della guerra.

SBAM!!!!

Cable viene colpito con forza da un pugno inaspettato. Rosso, possente, invincibile, Diablo Rojo avanza, le corna pulsanti di energia pronta per essere scaricata interamente su di lui.

“Vi distruggerò tutti per avermi reso così!” e sta per sparare, quando un raggio dal nulla lo colpisce al petto impedendoglielo.

“Te la prendi con le persone sbagliate!” esclama Havok continuando a tenerlo sotto mira “Noi non c’entriamo!!”

“Sprechi il tuo fiato, bello.” ribatte Rogue volando verso la creatura imponente “Con quelli come lui non c’è da parlare!” ed i suoi pugni chiusi lo colpiscono al mento, scagliandolo in aria.

“Almeno avremo provato.” conclude Tempesta, mentre fulmini dalle sue dita lo intercettano a mezz’aria scagliandolo dall’altro lato della piazza. Quando Diablo Rojo si rialza, trova davanti sé quattro potentissimi X Men ad affrontarlo.

“Vi ucciderò...” sibila piano, e poi, più forte “VI UCCIDERO’ TUTTI!!!”

 

 

Poco lontano.

 

“Da questa parte!”

Alfiere in testa indica la strada, i suoi poteri di assorbimento di energia tutti proiettati nell’individuare la fonte di provenienza delle radiazioni che probabilmente hanno tramutato tutti gli abitanti del piccolo paese in mutanti. Dietro di lui Nightcrawler e Shadowcat ai lati, mentre Psylocke copre loro le spalle. Le strade sono innaturalmente deserte. Una buona metà degli abitanti, svegliatisi in corpi nuovi o con terrorizzanti poteri, si è letteralmente barricata in casa temendo il giudizio dei concittadini, mentre l’altra metà che aveva deciso di scendere in strada e scoprire cosa fosse successo aveva finito per raccogliersi interamente nella piazza principale, lasciando il resto del paese vuoto e silenzioso. Ed è in questo silenzio che i quattro sentono le prime urla. Alfiere si ferma, voltandosi di scatto verso gli altri, Shadowcat si gira verso Psylocke facendo per dire qualcosa, ma questa la zittisce con un gesto della mano e poi, un’aura rosa sopra la sua fronte, comincia a scansire telepaticamente i dintorni finché non riapre di scatto gli occhi ed indica una piccola casupola gialla. Nightcrawler annuisce e con un’esplosione di zolfo scompare, rimaterializzandosi esattamente davanti la porta dell’abitazione. Dalle fessure delle tapparelle, solo il nero delle tenebre in cui sono avvolti gli interni. Un nuovo urlo raggiunge le orecchie di Nightcrawler, e subito dopo la porta viene divelta dalla potenza del calcio di un piede blu a tre dita. Dentro, un grande ambiente vuoto avvolto nella penombra, al cui centro si trova un ragazzo in una spessa tuta nera e dai capelli lunghi bianchi che sta gridando con tutto il fiato che ha in gola. Il motivo? Le innumerevoli ragnatele che scendono dal soffitto, alle quali sono attaccati due grossi uomini-ragno, mentre un terzo sta calandosi attraverso un filo di ragnatela proprio sulla sua testa a fauci spalancate e grondanti saliva. Il ragazzo non fa in tempo a gridare di nuovo “Aiuto!” che da un muro spunta fuori Psylocke, che conosce già la zona attraverso gli occhi di Nightcrawler, e si lancia immediatamente contro uno dei ragni sulle pareti mandando in shock il suo sistema nervoso con la propria lama psionica. Dal muro opposto invece fuoriesce Shadowcat che, avvertita allo stesso modo dalle proiezioni telepatiche di Psylocke, si getta contro l’altro ragno sulla parete tramortendolo con un calcio sulla testa deforme. Il ragno centrale viene invece abbattuto da una raffica energetica proveniente dal pugno di Alfiere. Il ragazzo chiude impulsivamente gli occhi, ma quando li riapre vede davanti a sé i quattro X Men stagliati nella luce esterna che sta entrando prepotentemente nella stanza, e sussurra:

“Wow...”

“Allora, chi sei tu?” esordisce, a sorpresa, Psylocke, avvicinandosi a lui “Ci sono diverse zone d’ombra nella tua memoria, quindi dovremo fare alla vecchia maniera.”

“Io... io... No aspetta un attimo chi siete voi?!”

“Siamo gli X Men, ragazzo,” risponde raggiungendolo Nightcrawler, nelle sue parole il tentativo di assumere un atteggiamento meno rude rispetto a quello della sua compagna “e stiamo cercando di capire cosa sia successo qui. Puoi aiutarci?”

“Ma... come faccio a sapere che non vi ha mandati lui?”

“Lui chi?” scatta Shadowcat. Il ragazzo si volta verso di lei ma rimane in silenzio, allora Kitty si avvicina e si cala sulle ginocchia fino a poterlo guardare in faccia “Ascolta, so che non è la situazione più comoda del mondo e che hai tutti i motivi che vuoi per non fidarti, ma ti chiediamo di farlo, se non per te per la gente là fuori che si sta scannando perché non capisce cosa gli sia successo.” e detto questo la sua mano afferra le ragnatele che lo legano alla sedia, e scorporandole queste gli passano attraverso fino a cadere a terra. Il ragazzo la guarda, quindi:

“Si tratta... si tratta di un es.... AAAAAAGHHH!!!” urlando di dolore porta le mani alle tempie ed abbassa di scatto la testa. I quattro X Men si avvicinano allarmati, ed è Alfiere ad afferrarlo tra le sue braccia per evitare che cada a terra.

“Cosa... cosa ha?!” chiede allarmata Shadowcat.

“Sono le zone d’ombra che ho percepito prima...” risponde Psylocke “Chiunque lo abbia portato qui non voleva che rivelasse i suoi piani, e deve averlo sottoposto a diverse sedute telepatiche per impedirgli di parlarne.” l’X Woman si cala sul ragazzo e poggiandogli le mani sulla fronte tenta di usare il proprio potere per placarlo *Ascolta,* gli dice telepaticamente *lascia perdere. Più tenti di ricordare più le suggestioni post-ipnotiche a cui ti hanno sottoposto ti faranno male. Lo sforzo potrebbe ucciderti.*

“S-Sì...” risponde ad alta voce il ragazzo.

*Bene.* continua Psylocke *Ora rilassati... tenterò di riportare a galla i tuoi ricordi io.* e dicendo questo gli poggia entrambi i palmi delle mani sulla fronte, cominciando a sondarla con la propria telepatia. La mente di Psylocke sprofonda nella sua come un pesce in uno stagno. Il suo corpo diventa una sagoma interamente nera, eccettuato il marchio rosso dell’Alba Cremisi che le spicca sull’occhio sinistro, mentre si spinge sempre più in profondità. Per qualsiasi altro telepate l’impresa di raggiungere dei ricordi seppelliti in maniera così abile ed accurata sarebbe impossibile senza pregiudicare la sanità mentale del soggetto, ma Psylocke ha un’arma in più dalla sua. I ricordi sono sepolti in zone d’ombra piuttosto ampie, e le ombre, anche quelle più puramente simboliche, sono il suo regno. La mente di Psylocke guizza veloce nei ricordi del ragazzo, da quelli più lontani privi di alcuna protezione a quelli degli ultimi mesi, in cui deve viaggiare ad una velocità superiore a quella del pensiero per non rimanere intrappolata nella rete mnemonica preparata apposta per i telepati così arditi da giungere fin lì. Alla fine, comincia a parlare:

“E’ stato un esperimento. Hanno sviluppato queste radiazioni mutagene e questa è la prima prova su larga scala. Il ragazzo ha tentato di opporsi ed è stato messo qui, come variabile imprevedibile in un ambiente più o meno ostile. Capite: l’unico mutante consapevole dei propri poteri in mezzo ad un intero paese mutato.”

“Un mutante!” esclama Shadowcat “E con quali poteri?”

“...gravitazionali,” aggiunge Psylocke senza aprire gli occhi “ma il suo controllo su di essi lascia parecchio a desiderare. Comunque tutto questo è un test, è addirittura possibile che chiunque abbia approntato tutto questo ci stia osservando in questo momento.”

“E chi è?” chiede Alfiere.

“Il... il suo nome è troppo in fondo e io... aagh!” il contatto telepatico tra i due si interrompe, e Psylocke viene colpita dal feedback telepatico cadendo tra le braccia di Nightcrawler.

“Mi spiace ma non sono riuscita a raggiungere quelle informazioni... Lo scopo finale di tutto questo era troppo spaventoso per permettermi di proseguire oltre.”

“Perché? Che altro c’è?” chiede allarmato Nightcrawler.

“Credo... credo che il responsabile voglia rendere mutanti tutti gli abitanti degli Stati Uniti.”

 

 

Dall’altra parte, la situazione è un attimo più caotica.

 

Schifosi mutanti, E’ TUTTA COLPA VOSTRA!!!!”

Ma sarà che voi cattivi parlate in maniera così insulsa...” afferma Rogue volando in aria nel tentativo di evitare i raggi di Diablo Rojo “...per far risaltare le battute ad effetto di noi buoni?!”

“Comincio a sospettarlo, R.,” le risponde Havok mentre bombarda il gigantesco avversario nel vano tentativo di destabilizzarlo “e così si spiegherebbe anche perché è impossibile cercare con loro un dialogo...”

“Io non ho rinunciato, Havok.” dice Tempesta al centro di un forte tifone, e quindi, parlando nella rete telepatica tenuta su da Cable *Nathan?*

*Ci ritiene responsabili della condizione sua e degli altri abitanti del paese per il semplice fatto che siamo mutanti, ma non riesco a sondarlo più a fondo di così. Sembra che nel suo cervello siano stati innestati blocchi psichici che oltre a nascondere discrete porzioni di memoria l’hanno fatto regredire ad un livello primitivo. Un lavoro piuttosto rude, se posso dire la mia.*

*Allora l’unica priorità è fermarlo in modo rapido ed efficiente. Rogue?*

“Agli ordini, mia comandante!” ed impavida si lancia verso il viso di Diablo Rojo schivando i raggi prorompenti dalle sue corna e puntando verso il muso. Nello stesso tempo il turbine protettivo attorno a Tempesta si schiude come un fiore orientale, e due correnti gelide partono in direzione delle sue gambe, cominciando a congelarle per tenerlo ancorato al terreno. I raggi al plasma di Havok lo prendono al viso per confonderlo, e Cable trattiene telecineticamente le sue braccia. Un lavoro di squadra. Un buon lavoro. Qualcosa che hanno fatto miliardi di altre volte, qualcosa che è sempre riuscito nel migliore dei modi. Ma a volte basta poco, un minuscolo iota di errore, una molecola che va a destra invece di andare a sinistra, un piede messo al posto sbagliato, ed un’azione del genere può cadere come un castello di carte. Come, per esempio, il non conoscere affatto un avversario.

*Rogue atten...*

Diablo Rojo alza di scatto le braccia sottraendole con forza innaturale alla presa telecinetica di Cable, la cui concentrazione viene spezzata in un solo istante. Il suo tentativo di avvertire la compagna arriva troppo tardi, perché quegli stessi pugni l’hanno già colpita sbalzandola lontano. Nello stesso tempo, l’energia rossa dalle corna è partita in direzione di Tempesta, la quale ha dovuto schivare all’ultimo secondo la raffica interrompendo il proprio attacco e permettendo a Diablo Rojo di alzare un piede e colpire con violenza il terreno, sul quale cominciano ad aprirsi grosse crepe mentre l’intera piazza è pervasa da forti scosse sismiche. Cable perde per un istante l’equilibrio, e Diablo Rojo rivela il suo fine quando scaglia un potente pugno verso di lui. Cable fa solo in tempo a caricare la summa del suo potere telecinetico da scagliargli contro sperando che sia sufficiente a fermarlo, ma non avrà mai occasione di scoprirlo. La sua scarica telecinetica non verrà mai lanciata, il pugno non arriverà mai a colpirlo, non quando colpisce qualcos’altro nello spazio tra loro due, qualcosa di completamente inaspettato per entrambi, e anche per sé stesso.

Con un’espressione sorpresa negli occhi, Havok guarda la fronte contratta di Diablo Rojo, poi ne segue il braccio, avanti avanti fino a che non sprofonda interamente nel suo petto e fuoriesce dall’altro lato. Quindi non c’è più.

 

 

Confini del paese.

 

“E’ questa.” indica Alfiere, facendo cenno ad una alta antenna televisiva su una collinetta che sovrasta il paese “La radiazione è partita da là sopra, ma la centralina dei comandi mi sembra sia questa alla base.”

“E’ ancora accesa?” chiede Nightcrawler avvicinandosi alla struttura.

“Vuoi sapere se sta ancora emettendo radiazioni mutagene?” dice Alfiere “Non credo stia andando a pieno ritmo, ma sento una emissione molto debole che va via via affievolendosi.”

“Fermiamola allora!” interviene Shadowcat “Magari così gli effetti non saranno permanenti.”

“No, lo sono.” dice sorprendendo tutti il ragazzo, tenuto d’occhio da Psylocke “Una volta trasformati i soggetti non possono in alcun modo tornare umani. Da ora in poi saranno mutanti.” e poi, cercando di giustificare le sue conoscenze agli occhi diffidenti degli altri, aggiunge “Non so come lo ricordo, ma credo che l’intrusione nella mia testa della vostra amica abbia cominciato a farmi ricordare alcune cose. E’... normale... no?”

Gli altri continuano a guardarlo diffidenti, finché Psylocke non conferma:

“Sì... è una reazione plausibile.”

“Ma spiegami un po’ perché dovremmo fidarci di te, bianchetto!” interviene irruenta Shadowcat “Non sappiamo nemmeno come ti chiami!”

“Mi chiamo...” il ragazzo si guarda intorno, a destra e a sinistra, per fermarsi sul volto di Psylocke e rispondere “...Davy, Davy Jones.”

Psylocke non cambia espressione, dissimulando la propria curiosità riguardo il motivo per cui il ragazzo abbia sentito la necessità di mentire, ma essendo stata nella sua mente sa che le sue intenzioni non sono malvagie, e per il momento decide di coprirlo.

“Bene... Davy.” interviene Nightcrawler avvicinandosi verso di lui “Hai qualche idea su come è possibile interrompere l’effetto di queste radiazioni?”

“Non si può. Una volta emesse raggiungono il DNA umano e lo modificano nel tratto dei mutanti assegnato al gene X, ma l’effetto è irreversibile. Rimarranno così come sono, mi... spiace.”

“Nnnnf...” sbuffa Shadowcat avvicinandosi alla centralina dei comandi “Vuoi dire allora che... qualsiasi danno possa fare a questa... cosa... il risultato sarebbe sempre un paese pieno di umani mutati?”

Davy non fa in tempo ad annuire che Shadowcat sfoga la propria rabbia colpendo la centralina, che al semplice tocco della sua mano si smaterializza e si stacca dal resto dell’antenna. Quando Kitty si volta, in mano ha la centralina intatta.

“Adesso mi sento meglio...” dice, e poi la porge ad Alfiere “Tieni... questo forse ci dirà qualcosa di più di quel che ha rivelato il ragazzino.”

In quel momento, improvvisamente, Psylocke porta le mani alle tempie e sospira leggermente.

“Che succede Betsy?!” chiede preoccupato Nightcrawler.

“E’ Alex... non... non lo sento più!”

 

 

Di nuovo in piazza.

 

Alex Summers ha troppe situazioni irrisolte dietro di sé. Suo fratello, per esempio, non l’aveva più rivisto da quando era tornato, voleva salutarlo, almeno, chiedergli cosa gli era successo quando era sparito, e come aveva fatto a tornare. O Lorna, la sua magnifica Lorna, che l’ultima volta che lo aveva visto lo aveva insultato e ferito per la sua incapacità di portare a termine qualcosa, che sia questa una relazione o un lavoro come magistrato a Genosha. E anche Betsy, l’ideale erotico stesso di qualsiasi uomo, con la quale ultimamente sembrava star nascendo qualcosa che gli sarebbe piaciuto portare avanti. Sì, erano tante le situazioni che Havok avrebbe voluto chiarire, che avrebbe voluto sistemare. ‘Tante cose da fare, e così poco tempo’, mai come in questi istanti Alex capisce il senso di queste parole. Finché hai qualcosa da fare non ti sembra possibile che tutto possa finire così, senza un motivo, ma la morte non ha bisogno di spiegazioni.

La morte è, e basta.

E l’ultimo pensiero coerente di Alex è che in punto di morte il suo cervello non è proiettato verso il proprio passato, ma verso il futuro che avrebbe potuto essere e non sarà mai.

...

Con il senno di poi Rogue si darà la colpa di tutto. Doveva essere più attenta, doveva evitare di sottovalutare la velocità del proprio nemico, doveva fare più attenzione a lui e non a sé stessa. Ma l’unica cosa che riusciva a pensare mentre calava in picchiata su di lui era quanto fosse banale la situazione. C’era un cattivo grosso e stupido, attorniato da un esercito di supertipi completamente privi di esperienza che si sconfiggevano in quattro secondi, c’era la solita situazione colpisci e fuggi. Già visto. Già fatto. Roba da routine. Ed era finita così.

Colpa sua, ovviamente.

...

Con il senno di poi Cable ripenserà all’evento in termini analitici, e forse sarà l’unico che capirà dove hanno sbagliato, anche se non condividerà con nessuno questa scoperta. Ci sarebbe dovuto arrivare subito, aveva visto i blocchi psichici nella sua mente, avrebbe dovuto collegare immediatamente ed avvertire i suoi compagni della peculiarità di Diablo Rojo rispetto agli altri. Nessun altro degli umani mutati infatti li possedeva, ognuno di loro, tranne forse i telepati, aveva il cervello completamente libero a qualsiasi forma di intrusione. A nessun altro erano stati impiantati sistemi di protezioni psichica. E se lui li possedeva, evidentemente qualcuno non voleva che parlasse. E se non volevano che parlasse, voleva dire che sapeva qualcosa. E se sapeva qualcosa, era ovviamente preparato a quello che sarebbe successo. Non era nuovo ai propri poteri, penserà successivamente maledicensosi per non averlo capito subito, aveva avuto tempo per conoscerli e per abituarvisi. Anche se solo ad un livello istintivo, sapeva esattamente come e dove colpire.

E l’aveva fatto.

...

Con il senno di poi, Tempesta eviterà in qualsiasi modo di ripensare a quanto successo. Di rivedere vivido nella sua mente il corpo di Alex Summers, compagno, alleato, amico, sfondato dal pugno di quella bestia che ancora ghignava per essere riuscita nel suo intento. Eviterà di riportare alla mente la velocità con cui quella immagine le aveva fatto perdere il controllo che si era autoimposta per non danneggiare gli abitanti del paese mutati, in fondo vere vittime della situazione. Cercherà di nascondere a sé stessa il sottile piacere nell’abbandonarsi per una volta alla natura, priva di limiti ed imposizioni come una vera dea in grado di fare tutto, o la liberazione nell’uscire fuori dagli schemi mentre scaricava la tempesta elettrica che aveva appena evocato interamente su quel mostro rosso. Ma, più di ogni altra cosa, tenterà in tutti i modi di sottrarsi ai ricordi successivi, carne bruciata ed urla strazianti, che la coglieranno nel cuore della notte impreparata ed urlante per le settimane a venire, e che le risveglieranno un senso di colpa angosciante per essere venuta meno ancora una volta al giuramento di non prendere una vita umana.

Niente. Niente di tutto questo dovrà più ferirla. Deve difendersi, schermarsi, deve proteggersi.

...

I fumi dei corpi di Diablo Rojo ed Havok carbonizzati e stretti nell’ultimo abbraccio vengono dissipati dalla potenza di un vento freddo che come se uscisse da un reattore la posa a terra. Una tempesta elettromagnetica le gravita attorno, assieme a diversi pezzi metallici strappati dalle macerie che rivestono la piazza. Rogue dall’alto, Cable dal basso, la vedono atterrare vicino ai corpi, ma nessuno dei due si arrischia ad avvicinarsi a causa della tempesta di fulmini e dei venti impetuosi che ha evocato. Pezzi di lamiera, frammenti di acciaio provenienti dalle impalcature del palazzo municipale, schegge dei lampioni, tutti le vorticano attorno come sorretti da una forza al di fuori di ogni controllo, anche di quello di Tempesta stessa, che viene ripetutamente ferita da quelle particelle impazzite. Il suo costume è strappato in più punti, sangue comincia a colare dalle ferite che vengono coperte da pezzi metallici che si uniscono a mo’ di armatura, ma tutto questo non le interessa. I suoi occhi, di un bianco accecante, sono tutti per i corpi carbonizzati sotto di lei. Il suo piede destro, quasi interamente avvolto nella guaina metallica neocreata, tocca terra, e subito dopo il sinistro. In un paio di passi Tempesta raggiunge indisturbata il corpo di Alex Summers, al centro del ciclone che lei stessa ha creato, e mentre sul viso le si forma un elmo metallico che va ad intrecciare sottili fili tra i suoi capelli, si abbassa sui suoi resti. Delicatamente, le sue dita circondano la base di quel collo incenerito, l’altra mano sulla sua fronte, quindi Tempesta cala il proprio viso su di lui.

Una sola lacrima, a testimonianza del proprio dolore, le scende da un occhio.

Il -plic- del suono che fa quando si infrange contro la fronte di Alex segna la fine della tempesta elettromagnetica.

Rogue atterra, ad una discreta distanza, incerta se raggiungerla o meno. Cable è più intraprendente, e dopo qualche istante di indecisione si avvicina a Tempesta, per bloccarsi immediatamente quando lei alza leggermente la testa nella sua direzione.

“Ororo?” dice incerto “Stai bene?”

Il volto di Tempesta si gira completamente verso di lui. Sotto la guaina metallica che le copre come una tiara il viso, i suoi occhi ancora bianchi lo fissano per qualche istante. Quindi le sue labbra si aprono leggermente, e tre piccole parole ne escono piano:

Starò sempre bene.

Infine le sue mani abbandonano i resti di Alex, e dopo alcuni passi spicca il volo abbandonando la zona, senza guardare né Cable né Rogue.

 

 

Più tardi, sempre in piazza.

 

Shadowcat si tiene una mano davanti la bocca per non esplodere in un pianto infinito nel guardare le condizioni in cui è ridotto il suo ex compagno. Le fa male, vederlo così, ma non distoglie lo sguardo, non può. Nemmeno le braccia fredde di Nightcrawler poggiate sulle sue spalle riescono a scuoterla, forse perché l’elfo blu l’ha abbracciata per semplice istinto protettivo, puro senso del dovere, dal momento che anche lui non riesce a trovare niente di confortante da dire. Alfiere è poco lontano, il suo sguardo su Rogue, la quale si è allontanata da tutti e continua a fissare il corpo di Alex con le proprie braccia strette attorno alla vita. Davy, il ragazzo nuovo, è in disparte, ma anche lui non riesce a staccare gli occhi dai due corpi carbonizzati. Psylocke invece, è voltata dal lato opposto, i suoi lunghi capelli mossi dal vento, che le coprono il viso impedendo a tutti di vedere l’espressione del suo volto.

“Ho chiamato lo SHIELD.” annuncia Cable avvicinandosi agli altri “Saranno qui a momenti per occuparsi di tutto. Dovremmo andare.”

Alfiere lo guarda, quindi torna su Rogue, la quale perde alcuni altri istanti in contemplazione dei corpi e poi chiudendo gli occhi li raggiunge. Nightcrawler delicamentente fa pressione sulle spalle di Shadowcat, spingendola via, mentre Davy li segue. Un portale si apre dietro Cable, ed uno alla volta gli X Men vi si introducono. L’ultima è Psylocke, la quale prima di entrarvi si volta verso Cable. I suoi occhi fremono ancora di rabbia, e stanno combattendo una guerra all’ultimo sangue con loro stessi per non piangere. Psylocke non dice niente, non ce n’è bisogno, ma quando Cable entra nel disco, per un istante spera solo che non si riapra da nessuna parte.

 

 

#15 - Crying havoc

di Sergio Gambitt

 

 

FINE.

 

 

Note: la morte non è un evento eticamente definibile. Non è positiva, né negativa. Non è giusta, né sbagliata. Non è utile, né inutile. La morte è e basta. Non esistono morti che non siano fini a sé stesse, nella realtà, e succede che un bambino che avrebbe potuto divenire il nuovo Einstein cada dalle scale e si rompa la testa, come anche il fatto che un uomo assolutamente mediocre campi fino a 100 anni. Non c’è motivo, succede, ed è da prendere così.

PS: per chi non l’avesse capito Havok è morto, e mi assicurerò personalmente che resti tale finché sono in questo sito.

Per commenti, suggerimenti e (questa volta ci vuole) insulti, il mio indirizzo è: gambittolo@hotmail.com .