#13 - Non un sogno
di
Sergio Gambitt
L’intera stanza, una ventina di metri per ogni parete, è gremita di gente. Molti giornalisti stanno rileggendo il taccuino, ripassando mentalmente le domande che hanno intenzione di fare. Dietro di loro, in piedi, almeno trenta tra cameramen ed inviati stanno sistemando gli ultimi dettagli di registrazione. Davanti tutti loro un palchetto rivestito da velluto rosso, al centro del quale spicca un leggio dello stesso colore su cui si trovano diversi microfoni. Qualche metro alla sua sinistra, dietro ad una spessa tenda che separa la sala conferenze da quella attigua, due uomini stanno sbirciando il fermento di tutti quegli giornalisti impazienti di veder cominciare la dichiarazione per la quale sono stati convocati.
“Allora... è proprio sicuro di volerlo fare?”
Un uomo basso e pienotto, ma con uno sguardo da volpe negli occhi che gli ha permesso in poco tempo di scalare le gerarchie aziendali di una delle società più floride d’America.
“E’ il momento, Childs. E’ ora di cambiare veramente qualcosa.”
Peter Childs, attendente personale di Warren Worthington III, scruta per un attimo l’espressione risoluta del proprio superiore, quindi risponde:
“Bhe... buona fortuna allora.”
Warren Worthington non lo guarda nemmeno. Semplicemente scrolla le ali e supera la tenda entrando nella sala conferenze mentre risponde:
“La fortuna non c’entra niente.”
Un’ondata di flash lo investe con potenza inaspettata, i suoi occhi modificati geneticamente per riprodurre quelli acuti dei rapaci ne vengono per un attimo abbagliati, ma quando raggiunge il leggio ed alza le mani tutto il movimento dei giornalisti si interrompe. Nella sala cala un silenzio sacro, nel quale Warren, con voce calma ed allo stesso tempo decisa, comincia a parlare:
“Sono Warren Worthington III. Tutti voi mi conoscete sicuramente come dirigente della Worthington Enterprises, ma molti di voi mi conosceranno anche per la mia carriera... extra-lavorativa... nei panni del supereroe Angelo prima ed Arcangelo dopo.” tra la folla si leva un piccolo brusio, interrotto dall’apertura delle ali di Warren, che come dando un segnale riporta la stanza al silenzio “Osservate queste ali, vedete il colore blu della mia pelle, sono caratteristiche del mio corpo che si sono sviluppate più o meno naturalmente nel corso degli anni, e come supereroe ho cercato di metterle al servizio di una causa, di un sogno di integrazione e tolleranza per il quale nei secoli molti sono morti e molti continueranno a morire. Sbagliavo. Mettersi da parte, in clandestinità, e combattere per gente che comunque fosse andata avrebbe continuato a temerci ed odiarci non era la soluzione. Per una vita ho inseguito un sogno, ma non mi rendevo conto che il mondo in cui vivevo era sempre quello reale. Adesso è il momento di svegliarsi. Sono Warren Worthington III, e sono un mutante.” se prima si sentiva un piccolo brusio, adesso il rumore delle voci dei giornalisti quasi copre quella di Warren, il quale lascia loro qualche secondo per abituarsi alle sue parole, prima di alzare nuovamente le ali e riportarli alla calma “Per molti anni quello dei mutanti è stato considerato un problema. Molto spesso sono stati cacciati, braccati come animali e giustiziati senza alcuna pietà solo perché erano nati con un segmento diverso nel loro DNA. Tutto questo perché non si considerava una piccola, semplice verità. Quel piccolo segmento, quel gene x che modifica alcune parti del corpo, non riesce a renderne i portatori meno umani. Io mangio, bevo, respiro e dormo come tutti voi fate, e così come me molti degli altri mutanti che conosco. Fino a dodici anni non presentavo nessuna anomalia, ero un ragazzo come tanti altri. Potete immaginare anche voi quindi come mi possa essere sentito quando per la prima volta le sentii. Solo due piccoli moncherini, all’inizio, che mi uscivano dalle spalle e che mi facevano vergognare di fare la doccia con tutti gli altri al college. Non le volevo. Non volevo essere diverso, non volevo essere un mostro. Ma quando poi grazie a loro riuscii a salvare delle vite, capii che non erano le ali il problema. Non dovevano esserlo. Capii che non dovevo rifiutarle, che dovevo accettarle come parte di me, come un dono che mi permetteva di fare cose che nessun altro poteva. Se io lo compresi da piccolo, là fuori ci sono molti ragazzi e ragazze che sono nelle mie stesse condizioni e che non possono arrivare da soli alla mia stessa conclusione. Solo quattro giorni fa, Stacy Edwards, una ragazza del Michigan, si è sparata un colpo in testa con la pistola del padre perché non poteva più sopportare i commenti delle sue compagne di scuola sulla sua pelle da serpente. Aveva undici anni. E questo non è un caso isolato. Statisticamente ogni settimana solo negli Stati Uniti almeno cinque mutanti subiscono violenze, e questo solo per colpa di stupidi pregiudizi che nel ventesimo secolo non hanno e non devono avere motivo di esistere. Per questo ho istituito il C.A.Box, ovvero il Centro di Assistenza per Portatori di Gene X1. Mettiamo a disposizione di chiunque voglia chiamarci un numero verde ed un indirizzo e-mail - che potete vedere nel pannello elettronico dietro di me - per fornire informazioni, assistenza o anche solo parlare con chi sente il bisogno di una voce amica. La sede centrale si trova qui, nello stesso Chrysler Building, ed è situata esattamente nei sette piani superiori a questo, mentre nel resto degli Stati Uniti in questo momento stanno aprendo delle filiali nelle più importanti città, di cui potete vedere una mappa nel pannello elettronico. Il sito internet è già online in questo momento per chiunque abbia bisogno di informazioni veloci. La Worthington Enterprises, tra le altre cose, fornirà sistemazione e lavoro ai mutanti che ce lo richiederanno, il cui tipo di occupazione sarà stabilito in base al potere di cui sono dotati. Là fuori ci sono dei ragazzi che pensano a sé stessi come dei mostri e degli errori della natura, ma quello che non sanno è che potrebbero essere dei futuri Leonardo da Vinci, o Luis Armstrong. Finora i mutanti sono stati visti dalla società con sospetto, con la paura che potessero usare i loro poteri per prevalere sugli altri, e per questo sono stati perseguitati con notevoli perdite da entrambe le parti. Ma i mutanti non vogliono il male degli umani, perché sono essi stessi umani prima di tutto. Sono uomini e donne con delle potenzialità diverse rispetto ad altri, e come tutti possono metterle a disposizione della società. Non combatteteci, non ha senso la guerra. Rispettateci ed accettateci, i vantaggi che ne ricaveremo entrambi saranno smisurati.”
Quando finalmente Warren finisce di parlare, nella stanza cala un pesantissimo silenzio. Qualche istante per aspettare che la miccia accesa raggiunga la bomba, e le domande dei presenti esplodono. Questa volta a Warren non basta alzare ali e braccia per farli tornare alla calma. Si avvicina al microfono e dice:
“Per favore, uno alla volta.”
Diverse mani all’interno della sala si alzano nello stesso momento. Warren le scruta, poi indica un giornalista in terza fila, in giacca e cravatta e dall’espressione seria.
“Grant Nord, New York Times.” si presenta lui, quindi “Può chiarire cosa intende esattamente quando dice che uno degli scopi del C.A.Box è fornire assistenza ai mutanti che chiamano?”
“Certamente. Esamineremo attentamente ogni caso che ci viene presentato all’attenzione. Ci sono mutanti che a causa del pregiudizio potrebbero trovarsi in situazioni estreme, oppure che non riescono a gestire bene la propria mutazione e costituiscono un pericolo prima di tutto per sé stessi. In questo caso una equipe di specialisti verrà subito mandata sul posto a risolvere la situazione. Inoltre ci tengo a precisare che gli utenti rimarrebbero in ogni caso anonimi fino al momento in cui loro stessi non decidano di uscire allo scoperto. In America esistono delle leggi sulla privacy, e fortunatamente l’atto di registrazione mutanti non è mai passato, quindi tutte le informazioni che ci forniranno saranno da considerarsi in via del tutto confidenziale.”
“Grazie...” risponde il giornalista tornando a sedere mentre scrive qualcosa sul proprio taccuino. Guardando tra la folla di giornalisti ancora in attesa di fare delle domande Warren individua una ragazza dai capelli lunghi lisci di un nero brillante come gli occhi, e con un gesto le indica che può parlare:
“Skye High, NBC News.” esordisce lei “Innanzitutto mi complimento per il coraggio della sua dichiarazione, ma mi chiedo: con la situazione mondiale attuale, con il terrorista Magneto al governo di un’intera nazione di mutanti, non teme che il sentimento antimutante possa essere amplificato, e che quindi la sua C.A.Box possa andare incontro a diverse ostilità?”
“Guardi...” risponde Warren premendo un bottone sulla propria giacca. Improvvisamente davanti a tutti i giornalisti il suo corpo cambia, diventando quello di un biondo manager sulla trentina dai capelli biondi e dal sorriso solare “Per molto tempo è stato così che mi presentavo nelle occasioni mondane, e venivo accettato come un uomo normale nonostante tutti sapessero che ero un mutante. Questi tempi devono finire.” e con un altro clic sul pulsante ritorna al suo vero aspetto, alla sua pelle blu e al completo nero Armani dalla schiena del quale fuoriescono due grosse ali bianche “Non voglio essere accettato perché mi sono omologato a quello che il senso comune considera normale. Io sono diverso, come ognuno lo è dagli altri, ed adesso voglio che tutti lo sappiano. Non per imporre la mia presenza, ma perché le mie potenzialità potrebbero essere utili agli altri come la sua perizia giornalistica lo è per chiunque desideri essere informato, o come il genio di uno scienziato lo è per il proprio Paese. Questo stesso dispositivo olografico che le ho fatto vedere è stato realizzato da un mutante dalla mente brillante, riesce solo ad immaginare quanti altri vantaggi ci sarebbero se solo si mettessero da parte i pregiudizi?”
“Che mucchio di scemenze!”
Tutta la sala si volta verso un uomo che è improvvisamente scattato in piedi, dalla camicia a quadretti rossi e dai pantaloni gualciti. Warren si volta verso di lui ed inarcando il sopracciglio chiede:
“E lei è...?”
“Jarod Sandler, Umanità Nuova.” al sentire il nome del suo giornale, Warren, come molti in sala, rotea gli occhi esasperato “E non finga di essere il nuovo salvatore, lei, che ha messo su questo circo mediatico solo per rendere legale la lobby mutante che vuol costituire a partire dalla sua società. Un numero verde di assistenza ad i mutanti... certo! Di reclutamento vuole dire. Una mossa astuta, sicuramente. Con tutti i mutanti che chiameranno sarà il primo a poter disporre in poco tempo di una forza spaventosa, tutta ad i suoi ordini! Scommetto che ha già a sua disposizione una schiera di telepati per ‘convincere’ i mutanti a lavorare per lei!”
“Mi ascolti... signor Sandler. Quello che ho istituito qui è un servizio pubblico, a cui tutti possono accedere e senza obblighi di nessun tipo. A me non interessa imporre il mio personale esercito mutante, e la mia società va già molto bene così. Ho detto prima che la Worthington Enterprises è la prima a cercare tra i mutanti i propri lavoratori, ma quello che mi auguro è che presto anche le altre società la imitino. Potrebbe essere l’inizio di una nuova età dell’oro - si rende conto? - di una new economy mutante. E per quanto riguarda le mie intenzioni, crede davvero che se avessi mirato al predominio dei mutanti avrei invitato un esponente di un giornale dichiaratamente antimutante e potentemente tendenzioso come il suo?”
“L’hai fatto apposta, genoschifo!” scatta il giornalista. Warren, senza nemmeno guardarlo, risponde:
“Credo che abbia dimostrato esaurientemente il suo punto di vista... adesso se non le spiace avrei una conferenza stampa seria da mandare avanti.” e senza aspettare repliche indica un uomo sulla cinquantina piuttosto grassoccio ma dallo sguardo attento “Lei.”
“Sam Ruckus, Wall Street Journal. Passando ad un altro argomento, al mio giornale interessava sapere come lei, in qualità di dirigente della Worthington Enterprises, abbia reagito al feroce attacco economico della Reynolds Industries in vari campi del mercato internazionale. Da un mese a questa parte il presidente della società, Stephen Reynolds, ha stipulato diversi contratti e sovvenzioni, alcuni dei quali ha sottratto alla stessa Worthington Enterprises. Non ha paura che un exploit così veloce possa intaccare ulteriormente la sua azienda?”
“La Worthington Enterprises è una multinazionale che esiste da tre generazioni, ed in tutto questo tempo è rimasta una delle più importanti società di import-export presenti sul mercato. Io stesso non mi sono occupato di essa per svariati anni, e nonostante questo è ancora qui più florida di prima. Non sarà una azienda neonata che ne potrà segnare la fine.”
“La ringrazio.” dice il giornalista sedendosi, quindi Warren seleziona un ragazzo dai capelli ritti in testa e dalle orecchie piene di pearcing, che tiene con aria sicura un microfono davanti a sé.
“Brad Leavis, MTV News.” dice questo con uno sguardo divertito negli occhi “Mi chiedevo... ma dopo tutti questi anni che fine ha fatto il supereroe Arcangelo? Cos’è... ha deciso di crescere e di appendere il costume al chiodo?”
Warren rimane a fissarlo intensamente per qualche secondo, una miriade di risposte turbinanti nel suo cervello una più infelice dell’altra. Alla fine si limita a dire:
“Ora lo combatto in un’altra maniera.” e quindi: “Bene, signori, la conferenza stampa è conclusa. Grazie a tutti voi per essere venuti e ricordate di prendere appuntamento con il mio attendente se volete un’intervista più estesa. Arrivederci.” ed esce dalla sala lasciando i giornalisti in subbuglio sia per la poca chiarezza dell’ultima risposta sia per l’improvviso abbandono. Dietro la tenda, Peter Childs si avvicina e gli poggia una mano sulla spalla:
“Ha gestito tutto alla perfezione signore. Complimenti.”
Warren si passa una mano sulla fronte, come a voler scaricare tutta la tensione, poi si volta verso Childs e risponde:
“Grazie. Ora sono tutti suoi.” Childs annuisce ed entra nella sala conferenze, mentre Warren aggiunge tra sé e sé:
“Io ho qualche altra faccenda da sbrigare.”
Australia. Base degli X Men.
“Vorrei proprio sapere cosa vi è saltato in mente!”
Kitty Pride è davanti al megaschermo della sala dei computer, sotto la consolle del quale si intravedono due paia di piedi i cui corpi sprofondano all’interno dei macchinari.
“Guardate qua... un sistema pauroso... un po’ vecchiotto certo ma con qualche modifica poteva diventare un gioiellino... e voi no invece avete fatto saltare tutto in aria e adesso può essere usato a malapena come videocitofono!2”
“Ammesso che riusciamo a sistemarlo bene, Katzchen.” le risponde Nightcrawler uscendo da sotto la tastiera con un cacciavite in mano ed una tenaglia tenuta dalla coda, il suo viso parzialmente sporco di polvere.
“Ahhh... l’ho sempre detto io che senza di me non riuscireste a riparare nemmeno un tostapane!”
“E’ per questo che sei qui con noi, gattina.” risponde Tempesta avvicinandosi a lei ed accarezzandole la spalla con fare materno.
“Ecco... credo di aver fatto...” interviene in quel momento Cable uscendo da sotto la consolle “Accendetelo.”
“Ai suoi ordini, mio capitano!” ribatte Kitty facendo il saluto militare. Quindi si avvicina alla consolle e preme il tasto di accensione. Il sistema si avvia con un rumore un po’ sforzato, mentre sullo schermo comincia ad intravedersi qualcosa. Poi un paio di scariche elettrostatiche lo attraversano, ed il computer si spegne di nuovo.
“C’è un problema all’alimentazione.” dice Tempesta, i suoi occhi interamente bianchi “Vedo un paio di linee di energia interrotte esattemente dietro lo schermo, probabilmente dei cavi rotti. Ma c’è bisogno che qualcuno lo sposti se vogliamo ripararli.”
“Posso farlo io...” propone Cable.
“Alla larga, macho, mai complicarsi la vita quando si può tranquillamente aggirare i problemi.” e smaterializzando parte della mano Kitty trapassa la coda di Nightcrawler afferrando la tenaglia che reggeva. Quindi si smaterializza nel pavimento e scompare.
Kurt guarda gli altri due per un istante, poi:
“Credo che significhi che adesso ci pensa lei.”
Qualche stanza più in là.
“Posso entrare?”
Havok sposta lo sguardo verso l’ingresso della propria camera, in tempo per vedere Psylocke avvicinarsi con passo sensuale, quindi si ributta sul letto rispondendo:
“Quando mai hai avuto bisogno del permesso di qualcuno per fare quello che vuoi?”
“Colpo basso, Alex,” risponde lei sedendosi accanto a lui “sai bene che non ero in me quando ti ho baciato3.”
“Sì lo so e... scusami. Devo essere più nervoso di quanto pensassi se attacco così facilmente chi mi sta attorno...”
“Non devi scusarti. Piuttosto... se ne vuoi parlare io sono qui...”
“Io... ecco... è... è che sono sempre stato usato! Qualsiasi ragazza incontravo aveva dei doppi fini... mi rigirava come un calzino e poi mi buttava via! L’unica a non averlo fatto è stata Polaris... ma alla fine anche lei mi ha lasciato4. Credo che il ritorno di Madelyne ed il tuo bacio... abbiano fatto un po’ l’effetto di una violenza su di me. Ma non è niente di personale... non ho niente contro di te... quindi... scusami.”
“Ti ho già detto che non è necessario scusarsi. Ho anche io la mia parte di colpa. Sono stata io a salirti praticamente di sopra, e tutto questo solo perché avevo appena lasciato Warren5 e l’idea di restare da sola mi spaventava. Certo... anche il fatto che l’Inferno avesse tirato fuori la parte più istintiva di me c’entrava qualcosa...”
“Ci siamo chiariti allora.”
“Sì, l’abbiamo fatto.”
“Bene.”
“Bene.”
I due rimangono un po’ in silenzio sul letto, quindi Alex, quasi distrattamente, sussurra:
“Non che mi sia dispiaciuto in fondo il bacio...”
“Sì, lo so.” risponde Psylocke.
I due si guardano negli occhi per un istante, quindi scoppiano a ridere assieme.
Le porte metalliche di un ascensore si aprono, lasciando entrare nella sala un uomo alto e sicuro di sé, la pelle blu che richiama il colore dei suoi occhi ma che cozza con quello biondo dei capelli, e due grosse ali piumate sulle spalle. A riceverlo, un uomo dalla pelle rossastra, con un pizzetto scuro sul mento ed i capelli sistemati a mo di treccia.
“Ben arrivato, Arcangelo.” esordisce l’uomo.
“Warren, solo Warren. I tempi di Arcangelo sono finiti. Ed anch’io sono felice che anche tu sia qui, Forge. Non avrei saputo immaginare nessuno migliore di te nel ruolo di direttore del C.A.Box.”
“Quanti complimenti...”
“Meritati. A proposito, come procede?”
“Ottimamente. Vieni con me.” e comincia a camminare per un corridoio dalle pareti grigio metalliche, seguito da Warren “Da quando li abbiamo attivati i centralini sono semplicemente saturi di telefonate, ed abbiamo almeno una cinquantina di messaggi da leggere in email. La pubblicità online ha dato i suoi risultati.” ed arriva in una grandissima stanza rettangolare grigia e bianca, all’interno della quale sono sistemate almeno quaranta postazioni di centralinisti, molti dei quali sono impegnati in conversazioni telefoniche “Certo... molti di questi erano falsi allarmi o scherzi, ma almeno un paio di casi degni di attenzione ci sono. Abbiamo già mandato degli agenti a controllare.”
“E... l’altro genere di servizio?”
Forge si guarda attorno, come se temesse orecchie indiscrete, quindi cammina fino ad una porta metallica facendo segno a Warren di seguirlo. Mentre lo raggiunge, questo capta alcune delle conversazioni dei centralinisti.
“...lo so signora ma il fatto che il suo vicino non faccia la raccolta differenziata non significa che sia un mutante...”
“...e da quanto hai detto che ti sono spuntati questi zoccoli?”
“...sta’ tranquillo un po’ di acne in ritardo è perfettamente norma... come? ...schiacciandole esce acido?”
Warren sorride leggermente, anche nel notare che alcuni dei centralinisti presentano evidenti malformazioni fisiche e gli altri nemmeno ci fanno caso. Quando raggiunge Forge, questo estrae da un pannello accanto alla porta una specie di mini-videocamera che punta verso la propria testa. Uno scanner rosso esce dall’obbiettivo e dopo aver percorso la sua fronte in lungo e il largo una spia passa dal rosso al verde. Forge ripete l’operazione con Warren, mentre gli spiega:
“E’ uno scanner psichico. Nessuno può entrare in quest’ala senza che la sua impronta mentale sia registrata qui. E persino per un telepate di livello alfa sarebbe quasi impossibile imitare l’impronta psichica di qualcun altro.”
La porta si apre, ed i due entrano dentro ad una stanza dall’alto soffitto piena di macchinari poggiati su muri neri. Alcuni uomini in camici bianchi e visori trasparenti stanno lavorando ad una specie di laboratorio chimico, mentre molti altri sono davanti a sofisticatissimi computer con mappe degli Stati Uniti sopra.
“Questo è il centro operativo. Solo i più fidati ed esperti possono accedervi. Li abbiamo sottoposti ad una serie quasi infinita di esami prima di ammetterli e ad ogni inizio e fine turno devono sottoporsi ad uno scan psichico per prevenire eventuali fughe d’informazione. Se succedesse sarebbe un disastro, perché è qui dentro che si decide del destino della gran parte dei mutanti presenti negli Stati Uniti. E’ qui che abbiamo gli archivi sia degli agenti fissi che di quelli a riposo, ai quali abbiamo fornito una nuova identità ed una nuova vita fino a che non ci saranno assolutamente necessari i loro particolari poteri. Nel momento in cui qualche mutante ci contatti per cercare protezione ha tre possibilità: può entrare nel corso di studi dell’istituto Xavier, può entrare nella rete interna del C.A.Box come suo agente, oppure se vuole possiamo creargli un’altra identità ed un nuovo lavoro in un posto dove nessuno lo conosce e nessuno sospetta che sia un mutante. Come vedi cerchiamo di fare contenti un po’ tutti.”
“Ottimo. E dimmi... per quella mia... richiesta?”
“Sì... da questa parte.” gli dice Forge ed apre una porta dietro la quale compare un corridoio di un bianco quasi accecante. Dopo alcune svolte, raggiunge una stanza con la scritta 202-BIS su una targhetta al centro. Girando la maniglia, lascia entrare Warren in un piccolo stanzino con una scrivania sulla quale si trova un sofisticato computer bianco, e davanti alla quale c’è un grosso pannello di vetro che lascia vedere la stanza, sempre bianca, adiacente. Qui una ragazza bionda vestita solo di un camice da ospedale è seduta sul letto mentre guarda la televisione.
“Da... da quanto tempo è lì?” chiede Warren, la sua voce adesso un po’ esitante.
“Da un paio di ore.” risponde Forge guardandola “Le abbiamo detto che poteva rivestirsi e fare un giro del centro operativo, se voleva, ma ha preferito rimanere lì a guardare la tv fino a che non saresti tornato tu.”
“Capisco...” dice Warren poggiando le dita sul pannello di vetro che lo separa da quella che solo una settimana prima era piombata nella sua vita dicendo di essere sua figlia6 “Angel... cioè Grace,” comincia a spiegare a Forge senza smettere di guardarla “ha detto di essere rimasta prigioniera per anni in una dimensione infernale, e credo che adesso voglia... recuperare il tempo perduto.”
“E penso che conti su di te per farlo. Sei l’unica cosa rimastale.”
“Già...” risponde Warren perso nella contemplazione della ragazza. Quindi si riprende, e voltandosi verso Forge chiede “Senti... per quelle analisi. Hai...?”
“Sì... già fatto. Dall’analisi del DNA risulta che combacia con quello tuo. Anche troppo.”
“Che vuoi dire?”
“A livello legale quando si fa il test del DNA si mettono in relazione il codice genetico del presunto figlio e la metà che potrebbe aver ereditato dal padre, e su questo 50% si rileva quanto siano simili. La somiglianza può arrivare anche al 99% dell’intero materiale genetico che si prende in considerazione. In questo caso abbiamo addirittura una perfetta corrispondenza tra la metà del codice genetico che le avresti trasmesso e la sua. In pratica si potrebbe dire che la ragazza è tutta suo padre.”
“Mmmm... allora è davvero mia figlia.”
“Sì... direi di sì.” tra i due cala un pesante silenzio, nel quale Warren non riesce a smettere di fissare la ragazza bionda oltre il vetro mentre Forge, alla fine, gli propone “Vuoi... vederla adesso?”
“No!” scatta Warren voltandosi verso di lui, un’espressione spaurita nei suoi occhi “No... no, io... è meglio che finiamo il tour prima, non credi?”
“Come vuoi...” risponde Forge, quindi si incammina di nuovo uscendo nel corridoio, Warren come sempre alle sue spalle. Questa volta il percorso attraverso i corridoi bianchi ed asettici è più lungo, ed intervallato da varie scalinate tali che ben presto Warren perde il senso dell’orientamento. Improvvisamente, girando un angolo, i due raggiungono un punto in cui il corridoio finisce in una grossa porta circolare metallica con una X disegnata al suo interno. Dal centro di essa Forge tira fuori un aggeggio simile allo scanner psichico di prima, e ripete l’operazione. La X della porta ruota su sé stessa, quindi il cerchio che la contiene si divide in due semicerchi e si apre. Dentro, una stretta passerella che conduce ad una piccola consolle, tutto sospeso in una grossa struttura circolare rivestita da diversi pannelli metallici.
“Warren... ti presento Cerebro.”
Warren entra dentro la stanza mentre Forge armeggia con la tastiera. La porta circolare si richiude, quindi l’ambiente sprofonda nel buio più profondo, finché le pareti circolari non si illuminano di linee di luce che disegnano un mappamondo. Sopra di esso... svariate lucine bianche sembrano ricoprirlo come piccole stelle.
“E’... è stupefacente...” sussurra Warren raggiungendo Forge davanti alla plancia dei comandi.
“Impressionante, vero? E pensare che ho solo ripreso gli schemi di quello dell’Istituto Xavier, apportando qualche modifica qua e là. Questo per esempio rileva la presenza dei mutanti attivati ed anche solo dei portatori di gene x, e non necessita di un telepate per attivarlo. Come avrai capito quelle lucine bianche rappresentano tutti i mutanti presenti sulla faccia della terra in questo momento, se guardi lì...” ed indica un grosso cerchio luminoso accanto la costa africana “...noterai il grande epicentro mutante formato dall’isola di Genosha, mentre qui negli Stati Uniti il punto di maggior concentrazione è situato proprio all’istituto Xa.... WHOA!”
Improvvisamente, inaspettatamente, una grossa colonna di luce compare al centro degli Stati Uniti d’America, all’interno del Texas.
“E quello cosa...?!” si lascia scappare Forge. Warren rimane a fissarlo per qualche istante, poi si avvia verso l’uscita della stanza rispondendo:
“Un grosso problema.”
Australia. Il villaggio abbandonato sopra la base degli X Men.
“Non mi hai chiesto se volevo venire a vedere il tramonto con te, potrei offendermi.”
Le parole di Alfiere, unite alla propria mano sulla sua spalla, fanno letteralmente trasalire Rogue, che si gira di scatto cominciando ad indietreggiare guardinga.
“Ehy ehy sta’ calma! Sono io!”
“Sì... sì scusami Alfiere. E’ che sono un po’ nervosa ultimamente.”
“Se posso fare qualcosa...”
“Potresti evitare di rifare uno scherzo del genere, tanto per cominciare.”
“Non pensavo che potesse darti fastidio...”
“E invece sì! Quindi vedi di starmi alla larga!”
Alfiere rimane a guardarla per un po’, le sue mani conserte ed i suoi occhi a scrutarlo ancora con diffidenza, quindi:
“Ancora i tuoi poteri?”
“Come... come l’hai capito?”
“Non vuoi essere toccata... non ci vuole molto a dedurlo. Sono un detective, ricordi?”
Per un attimo Rogue è indecisa se mandare il proprio compagno brutalmente a quel paese o no, poi la ragione prevale su di lei e risponde:
“E’ successo sull’astronave Phalanx, quando Joseph è penetrato nel mio corpo7. Le altre volte ero riuscita a mantenere la mia personalità tra quelle che assorbivo, ma in quell’occasione la sua psiche è stata così forte da seppellire la mia e prendere possesso del mio corpo. Sono... caduta - se si può dire così - nel profondo della mia mente e lì c’erano ad aspettarmi le personalità di tutti quelli che ho assorbito finora, pronte a farmela pagare per aver sottratto loro un pezzo di anima. Mi sono sentita impotente, spacciata. E non mi sentivo così sin da quando la psiche di Carol Danvers usava il mio corpo...”
“Ed ora hai paura dei contatti con gli altri... per questo stai sempre in disparte.”
“Io... sì.”
“Sai...” ed Alfiere si siede su una sporgenza rocciosa ad un paio di metri da Rogue “Nel mio futuro i mutanti erano parte integrante della società, e in alcuni settori, come per esempio quello dell’ordine pubblico, erano addirittura preferiti agli esseri umani. All’accademia di polizia ogni giorno dovevamo sottoporci ad almeno tre ore di tecniche di combattimento, ed altre tre erano dedicate all’uso del proprio potere personale. E’ con la pratica e l’allenamento continuo che sono diventato quello che sono oggi.”
Rogue, sempre in piedi, rimane in silenzio per un po’, poi:
“Potresti... potresti insegnarmi?”
Alfiere la scruta, quindi risponde:
“Certo. Certo che posso.”
Rogue si volta di nuovo verso il tramonto, Alfiere la imita.
Aspetteranno l’arrivo della notte assieme.
Più sotto, nella sala dei computer.
“Ok, così dovrebbe andare. Prova un po’?”
Cable si avvicina alla tastiera del computer e preme il pulsante di accensione. Il sistema si avvia nuovamente, ma questa volta sullo schermo compare lo sfondo del desktop e successivamente il resto dei comandi.
“Kitty Pride colpisce ancora!” esulta la ragazza, mentre Nightcrawler, indicando una scritta in basso a destra, dice:
“Sembra che abbiamo ricevuto chiamate mentre il computer era spento.”
“E’ il numero di referenza di Arcangelo.” nota Cable.
“Avrà chiamato per sapere come sta Betsy.” suggerisce Kurt, a cui Tempesta risponde:
“Contattiamolo e scopriamolo subito.”
Cable annuisce, quindi seleziona il suo numero ed effettua la chiamata. Dopo un paio di squilli a vuoto sullo schermo compare il volto di Arcangelo, visibilmente preoccupato al di là delle scariche elettrostatiche.
“Buongiorno Warren.” esordisce Tempesta “A cosa dobbiamo il piacere?”
“Niente di cui essere felici, Ororo. La nostra unità Cerebro ha rilevato un picco improvviso all’interno dello stato del Texas.”
“Unità Cerebro?!” esclamano all’unisono Shadowcat e Nightcrawler guardandosi stupiti. Solo Tempesta e Cable rimangono calmi, ed è il secondo a chiedere:
“Hai idea di cosa possa significare?”
“Quello che so,” risponde Warren “è che da un momento all’altro in un paesino del Texas chiamato Salvation sono comparsi una miriade di mutanti, ed ognuno dei miei agenti è troppo lontano per andare a controllare.”
“Allora...” dice Tempesta “...vorrà dire che ce ne occuperemo noi. Grazie per la segnalazione.”
“Dovere.” risponde Warren, quindi stacca la chiamata. Tempesta si volta verso i presenti, quindi:
“Nightcrawler, Shadowcat, radunate gli altri. Cable, contatta telepaticamente Gateway. Una missione ci attende.”
Next:
....Salvation!
Note dell’autore: ed ecco finalmente il primo vero numero totalmente mio, in cui a livello di azione non succede molto, ma che è importante perché pone i semi di tutte le trame future e soprattutto perché avviene qualcosa che potrebbe modificare definitivamente l’ambito mutante del cosmo MarvelIT. Parlo dell’istituzione del C.A.Box, ovviamente, e della reazione dell’opinione pubblica ad un evento del genere. Inoltre le parole di Arcangelo durante la conferenza rappresentano un po’ il manifesto delle tematiche che voglio affrontare in questa serie, e del mio modo di interpretare il mondo mutante. Ovviamente, questo è solo l’inizio.
Change
is good, change is now.
Per commenti e/o suggerimenti l’indirizzo è: gambittolo@hotmail.com
1 Centre of Assistance for Bearers of X-gene
2 Cable ne ha infettato il sistema con il proprio virus tecnorganico nel numero scorso per eliminare la coscienza di Madelyne Prior che lo infestava
3 nel numero scorso
4 su WCA MIT #3
5 su Arcangelo MIT #4
6 su Arcangelo MIT #1
7 è successo sul numero #11 di questa serie