#3 – ROAD TO REDEMPTION
di
Elisabetta “Firestar” Negro
New York, stanotte.
N |
ew York è la città della vita, la città che non
dorme mai. Contrariamente alla gente.
Quella, di dormire ne ha bisogno. Ma c’è
qualcuno che di dormire non ne ha nessuna intenzione.
Una figura si muove tra le ombre della notte, muovendosi tra i tetti, le scale
esterne, i cornicioni, con grande agilità e senza sentire
la fatica della notte pesare sulle proprie membra. E’ una figura femminile una
giovane donna dai capelli neri, occhi scuri
come le tenebre in cui si muove, e di tenebre vestita:
delle tenebre stesse sembra essere schiava e figlia, ma non è così. Lei non è
figlia delle tenebre, né loro schiava. Ma quella
schiavitù lei l’ha conosciuta, e se n’è liberata, dedicando la propria vita ad
un solo scopo: la redenzione. Lei è la
liberatrice, colei che va in soccorso dei deboli e dei derelitti, di
coloro che della normale giustizia devono farne a meno: lei è Elektra!
Mentre volteggia verso casa, vede in un locale che dovrebbe essere già
chiuso una luce. Si avvicina di soppiatto,silenziosa,
mimetizzandosi con l’oscurità, e osserva inosservata la scena…
“Senti amico, Sergey Ivanowich non ama perdere
tempo….” Due sgherri, molto probabilmente della mafia
russa, circondano quello che deve essere il proprietario del locale. Un
vecchietto pelle e ossa,sui 70, solo con qualche
ciocca di capelli sulle tempie, grigi, la pelle bianca, anch’essa tendente al
grigiastro, piccolo e senza forze. Loro invece sono giovani, forti,alti,robusti e armati. E pure
parecchio. Due pistole, calibro 9. una calibro 50, e
naturalmente, un coltello a scatto ciascuno.
Lui invece non ha nulla con cui difendersi.
“ma
ho già pagato questo mese!” obbietta l’uomo abbassandosi e celando con le mani
il volto, terrorizzato dalla vista del coltello. Dietro al bancone una donna,
poco più giovane di lui, tiene stretti in grembo due bambini
ispanici, sui 5-6 anni, devono avere poco di differenza.
Pizzo. Luride sanguisughe,
prosciugate questa povera gente, esigete sempre di
più, e li terrorizzate…ma giuro che non la passerete liscia…com’è vero che mi
Chiamo Elektra, giuro che stanotte non terrorizzerete nessun altro. E non lo
farete mai più… mentre
pensa questo, sul volto di Elektra Natchios
compare un sorriso di compiacenza ma anche di divertimento, perché lei adora essere una vigilante, e velocemente
abbottona il mantello scuro e si cala il cappuccio sul viso, celando il proprio
sguardo a chiunque.
“Ooook,
amico, lo hai voluto tu, dove lo preferisci un buco? Che en
dici se facessimo come la Yakuza, se ti tagliassimo
un dito?”
Uno degli sgherri ha già
afferrato l’uomo, gli tiene il braccio bloccato dietro alla schiena, e avvicina
alla mano il coltello, pronto a colpire…quando improvvisamente è lui ad essere
colpito. Un pugnale a 3 punte, col manico rosso, si pianta nella sua mano
destra,facendolo urlare di dolore e facendogli mollare
la presa. L’anziano, liberato fugge, e
si nasconde dietro al bancone, sotto ad esso chino,
facendo mettere la moglie e i nipotini a lui affidati nella medesima posizione.
“la Yakuza
taglia le falangi,non le dita. Non lo sai, cretino?
Ah, dimenticavo – dice sarcastica con quel sorriso
stampato sul volto, estraendo dalla cintura il pugnale posto alla sua sinistra
e facendolo piroettare in aria con la mano destra e allungando verso i due sicari lo stesso – vorrei l’altro mio pugnale. Sono
piuttosto costosi, e antichi. “
Il non ferito estrae
dalla fondina sulla cintura la sua calibro 9, la medesima usata anche, ironia della sorte, dalla polizia.
La
punta verso Elektra, che è appoggiata con un ginocchio al telaio della
finestra, e che nel medesimo istante in cui vede l’arma compie una piroetta in
aria, muovendosi in direzione dell’avversario, e colpendo nel medesimo istante
con il pugnale rimastole il lampadario, togliendo così la luce.
Privo di luce, in pochi possono vedere, perché prima che con i sensi, deve
vedere con la mente. Questo le ha insegnato la sua sensei, questo lei sa fare. E può scommetterci tutto
quello che ha che quelli questo non lo sanno fare. Mentre quello che ha ferito continua a stare
chino su sé stesso stringendosi al mano piagnucolante
ma possibile che non li
facciano più i criminali di una volta? Tutte mezze calzette,
manco posso divertirmi…manca solo che si metta a chiamare la mamma….
Pensa fra sé e sé la giovane donna, mentre
silenziosa e quatta come un gatto si avvicina alle spalle dell’avversario. Si mette a terra, bassa, mentre lui,avvertito un leggero rumore, si volta, dito sul grilletto,
pronto a sparare alla prima avvisaglia di pericolo verso di sé. Elektra, ancora
a terra, muove una gamba verso di lui, e
colpisce la gamba destra dell’uomo, facendolo cadere a terra, permettendogli
però di far partire,forse però involontariamente,un
colpo, che colpisce in pieno il soffitto, ed in esso si conficca. Mentre è ancora a terra, si getta su di lui, inizia a
colpirlo con i pugni, gli strappa la pistola di mano e la spinge con la punta
degli stivali lontano da lui.
“Così non potrai usarla
contro gente indifesa, amico!”
“va all’inferno, brutta stronza!” le dice
mentre le mette le mani intorno al collo. Elektra sembra però impassibile, e
mentre lui le stringe le mani intorno al collo, lei fa perno con lo stivale destro sul petto dell’uomo, e con una mano tenta di
allentare la presa sul suo collo, stringendo il più possibile il polso dello
sgherro russo, e facendo pressione con l’altra mano libera su un dato punto
vicino al collo dell’amico. Il tessuto neurale passa su tutto il corpo. Siamo
un ricettacolo di nervi, noi esseri
umani. E i nervi altro non sono che
neuro-trasmettitori di impulsi elettrici che collegano tutto il corpo. E se sai dove far pressione,
puoi fare qualsiasi cosa. Puoi provocare piacere,
torpore, far svenire, ma anche uccidere, uno volesse. Elektra queste
cose le sa fare, sono le prime cose che la sua sensei
le ha insegnato, quando era solo una ragazzina, ma
uccidere non è più nel suo stile, lo ha affinato quello.
L’amico russo resiste, più del normale, la stringe forte al collo, inizia
a pensare di non potercela fare. E inizia a fare una cosa che non pensava di
fare,che non fa da molto tempo, prega. E sembra che le sue preghiere facciano effetto, perché alla
fine lui cede, perde i sensi, lascia il collo della ragazza, che si china su sé
stessa, inginocchiata a terra, massaggiandosi il collo e tossendo leggermente, facendo grossi sospiri.
Un attimo e poi anche
l’altro è dietro di lei, con una mano tiene una bottiglia ,
pronto a sfracellargliela contro la testa. Mentre è a pochi millimetri dal
cranio, lei, sempre china,alza il braccio destro e lo
blocca, afferrandogli il polso e
facendolo ruotare,rompendoglielo,poi si alza, e immobilizza le braccia
dell’uomo dietro alla schiena del
tipo legandole un sottile filo
trasparente di nylon.
“ti avevo detto che se
non avessi ridato il pugnale me la sarei presa parecchio…” dice andando a
prendere i due pugnali, nell’oscurità più totale. Poi una luce si accende, una
candela, e un uomo la guarda da dietro al bancone prendere i
sue pugnali a tre lame. Si volta
e poi se ne va, senza dire niente,solo con un sorriso
sul volto. Ma stavolta, il suo è un sorriso d’invidia, perché quei bambini una
famiglia ce l’hanno ancora, lei no.
Mentre
esce dal locale, non si rende conto che una figura la sta seguendo, una figura
con indosso una tuta di kevlar nero, un uomo mascherato ,con
due d sul petto, un uomo con due corni su quel costume, un uomo di cui presto
scoprirà il nome: DareDevil , ma lui, per lei, anche se
lei non lo ancora, lui non è un diavolo, è un angelo, un guardiano mandato a
vigilare su di lei.
Hell’s Kitchen, alcune ore più
tardi.
Elektra è bagnata completamente dalla testa ai piedi. Mentre
tornava a casa, si è scatenato un nubifragio, un diluvio universale, quasi Dio
volesse mondare tutte le ingiustizie e i mali del mondo.
Apre
la porta blindata del piccolo appartamento
posto in una vecchia palazzina, al terzo piano. Una ragazza sui 25 anni,
di colore, le si avvicina di corsa e la abbraccia,
buttandola quasi a terra.
“El!!!!!!!!!!!! Grazie a Dio sei
salva! Tutte le notti mi fai stare peggio amica mia….”
“tutto
bene, ho solo avuto a che fare con dei tizi della mafia russa, domani dovrò
cercare delle informazioni sul loro capo…” le dice buttando il mantello su una
poltrona e iniziando a massaggiarsi il collo.
“oh
certo – le risponde l’amica in piedi davanti a lei, ora seduta sulla stessa
poltrona, tenendo le braccia incrociate – per questo, quindi, perché è andato
tutto bene che hai quei segnacci sul collo, giusto?
Non sarò una vigilante come te, ma non sono cretina
Elektra Natchios, perciò non trattarmi come tale “
“So
che non sei una cretina,Liz, e so che manterrai il
segreto su di me. E te l’ho detto, non è nulla.”
Liz
si getta in ginocchio,davanti a lei, prende tra le
mani le sue,le stringe con tristezza.
“El, tu di me ti potrai sempre fidare…dopo quello che hai fatto per me mesi or sono, come potrei non
esserlo? Ma come io ho messo in te la massima fiducia, e come io ti stimo, vorrei che tu facessi lo stesso, e mi dicessi la
verità, mi dicessi perché lo fai…”
Elektra
rimane in silenzio, a osservare l’amica. Non dice
nulla. I suoi occhi si socchiudono, lasciando trasparire una lacrima. Si alza e
si dirige con le lacrime agli occhi nella sua stanza. Liz si alza e la osserva,
chiedendosi il perché. La coinquilina,intanto, si
chiude nella propria stanza, serrandosi a chiave e gettandosi sul letto,
piangendo, inondando il cuscino di lacrime.
Oh Liz, se solo sapessi…mi crederesti,
mi stimeresti? Se ti dicessi che ho ucciso decine di persone a sangue freddo,
cosa penseresti di me? E se
ti dicessi che sono stata letteralmente all’inferno e ho fatto ritorno? So che
tu riponi in me la massima fiducia, ma non so, ho
paura a porre tutta questa fiducia, a dirti al verità, anche se non scorderò
mai il giorno in cui ti ho conosciuta…
New
York State University, giardini.
A volte capita di camminare per i giardini
dell’università, a quest’ora di notte.
Le biblioteche non chiudono, e senza che te ne accorgi
viene mattino. Magari invece lo fai perché sei andata ad una
festa organizzata da una confraternita e hai incontrato qualcuno con cui intrattenerti. Elizabeth Waith, detta liz, ad una festa ci è
andata. Ma non ha trovato nessuno con cui intrattenersi, è più giusto dire che qualcuno ha trovato lei.
Liz non è la ragazza che passa inosservata. Ha un corpo da favola, e
nonostante sia di colore ha dei bellissimi occhi verdi. Ed
un fisico mozzafiato che ama metter in mostra, perché se Dio ti da qualcosa,
perché non lo devi sfruttare?
Stasera
alla festa ha trovato due tipi che la infastidivano. Poi, per scusarsi, le
hanno offerto da bere. E lei ha dimenticato cosa le
dicevano da piccola, cioè mai accettare roba dagli
sconosciuti. Lei ha iniziato a barcollare, e loro, asserendo che fosse ubriaca e che la conoscevano, si sono offerti di
accompagnarla a casa. Così ora uno dei
due la tiene in braccio e la trasporta attraverso il parchetto,
fino a che non trova quello che cerca,
un posto appartato,dietro a dei cespugli. Lui va lì, e l’amico, telecamera alla mano, lo segue.
“ehi,
dopo mi diverto io con la ragazza, ok?”
“Sì,
sì – gli risponde l’amico mentre la spoglia delicatamente dei vestiti – tranquillo,
non la faccio stancare troppo, ce n’è abbastanza per tutti e
due…”
Mentre
si slaccia i pantaloni e dice all’amico di tenersi pronto a girare, sente un
tonfo, e voltatosi vede il compare a terra, accasciato a terra, esanime,e in piedi una
ragazza, vestita di pelle nera,con un pugnale in mano. Un pugnale che non ha
mai visto, con tre punte.
“oh
oh…” dice alzando lo sguardo verso di lei, furiosa in
volto “stavo giusto andando via, ora..vado”
“codardo
che non sei altro, dove credi di andare? “ lo afferra per la camicia e mette la
punta centrale del pugnale sotto al suo collo.”se
sento che è accaduto un solo stupro qui attorno, giuro che verrò a cercarti e
te la farò pagare cara, stronzetto pervertito e malato,sono stata chiara?”
Il ragazzo non si volta, non se lo fa dire due
volte,e corre via, lontano da lei,senza voltarsi una
sola volta. Elektra si china sulla
ragazza, estrae da una delle tasche della cintura una fialetta con un intruglio
di erbe ,verdastro,e lo fa bere alla ragazza.
“Stai bene, ti hanno fatto del male?”
“no…ehm…..ah che male alla testa….non hanno
avuto tempo, grazie a te. Chi…chi sei….”
“Mi
chiamo… - inizia esitante ma poi si fa
forza – mi chiamo Elektra NAtchios, e sono una sorta
di vigilante…”
“elektra…è
strano…ma mi piace come nome” le risponde la ragazza sorridente.
Altri
osservano però la scena,non visti. Suo padre e il suo
misterioso messo, si compiacciono di come ella abbia
agito, della sua fredda lucidità. Della strada che ella
ha intrapreso per loro conto.
Ma
anche altri la osservano, pronti a
prenderla nel momento in cui sarà più debole, pronti
a portare quella straordinaria forza della natura la loro servizio…
Mi scuso per la prolungata assenza,
dovuta a motivi di forza maggiore, e vi ringrazio per l’attenzione.