Praga, Ottobre 2004.
Un tempo era il fulcro delle attività spionistiche tra i due grandi blocchi, quello della NATO e quello del
Patto di Varsavia. Il crollo del muro di Berlino l'ha ricondotta alla sua vera natura, quella di città turistica, ma alcune abitudini sono dure a morire.
- Mi avevi detto che sarebbe andato tutto liscio, invece...
La voce di colui che aveva appena parlato era quella di Budimir Evilenko. Un tempo era una spia russa, ora,
sulla soglia dei 60 anni, continuava una sorta di gioco di ruolo tra ex spie abbandonate in quei luoghi di
confini.
- Cosa credi che io abbia voluto che succedesse questo? Ora però dobbiamo stare attenti...
L'altra voce era quella di Jorge Klausmann, spia tedesca doppiogiochista, al soldo di entrambe le nazioni
tedesche.
- Cosa temi?
Non appena finì la frase la porta del piccolo negozietto abbandonato della città vecchia fu divelta,
svelando una figura in penombra. Jorge sfilò la pistola dal fodero e sparò, ma la figura fu più agile e schivò
i colpi, per poi raggiungerlo e spezzargli il collo con un solo strappo.
Budimir rimase inchiodato al muro, tremante, biascicando preghiere allo spirito di Lenin, ma nemmeno a lui
toccò una sorte migliore.
Washington D.C., qualche mese dopo.
Steve Rogers entrò nella sala di briefing che Nick Fury gli aveva indicato. Al suo interno, oltre al generale, c'erano altri due uomini a lui sconosciuti.
- Prima di iniziare questo briefing, è bene che ti presenti i nostri due ospiti. - fece Fury indicando i due
uomini.
- Il colonnello Raschenko, delle forze armate Russe, o come diavolo si chiamano adesso, e il capitano
Vladimir Lenin, uomo di punta dei servizi di intelligence del Cremlino.
Il colonnello era un uomo tarchiato, leggermente sovrappeso, di circa 70 anni. Il suo sguardo truce si posò
su Steve, che non si lasciò intimidire. L'altro invece, il capitano Vladimir Lenin aveva poco più che 35
anni, ed era alto ed atletico, e sotto i suoi indumenti risaltava una muscolatura insospettabile.
- Piacere! - rispose Steve, sedendosi.
Fury prese una cartella da un ripiano e l'aprì davanti a Steve, facendo scivolare fuori decine di fotografie
di uomini, apparentemente morti.
- Chi sono?
- Sono agenti di spionaggio in pensione.
Steve lo fissò con aria interrogativa.
- Durante la fase del secolo scorso chiamata Guerra Fredda, i due blocchi, alla ricerca chi della supremazia
e chi della libertà, e lascio a te la scelata su chi era alla ricerca di cosa, - disse sorridendo al
colonnello – attuarono una politica di spionaggio molto dura. I nostri migliori agenti furono mandati sul
campo, pronti a scoprire le trame del nemico.
- Capisco.
- Dopo il crollo del muro di Berlino, molti di questi agenti, diciamo un buon 70%, divennero inutili. Non
servivano più le loro competenze, ne le loro conoscenze, il mondo stava cambiando rapidamente, e loro, come i
dinosauri, non erano in grado di evolversi.
Steve fissò le fotografie, incuriosito.
- Ed ora stanno morendo!
- Si, qualcuno li sta uccidendo, e la cosa ci sta mettendo in grave imbarazzo, perchè nonostante siano fuori
gioco da anni, la responsabilità su di sloro è dei nostri governi.
Steve si alzò, turbato.
- Un momento, non vorrete che me ne occupi io?
- Si, ma non sarai solo...
- No, no, non è questo il punto. Io non sono stato addestrato per missioni sotto copertura, quello adatto a
questo è Jack Daniels.
Lo sguardo dell'unico occhio di Fury si fece duro.
- Tu sei Capitan America, cerca di non dimenticarlo, ed io in questo momento rappresento l'America che ti da
un ordine.
- Ma...
- Il presidente è al corrente di questa missione, ed è stato lui a stabilire che tu sei l'agente che andrà
in campo per risolverla. Considera inoltre che come ben sai, USAgent è impegnato altrove...
- Ma, ci sarebbe lo Shield... - rispose con tono duro Cap.
- Tu sei lo Shield! Tuo è lo scudo! - rispose Fury, sbattendo i pugni sul tavolo.
Poi si ricompose e si rivolse ai suoi due ospiti.
- Scusate lo sgradevole sketch! - poi rivolgendosi a Cap e indicando Vladimir – Lui sarà il tuo compagno in
missione. Abbiamo deciso, di comune accordo con il presidente, che una missione cooperativa renderà a tutti
la vita più semplice, e ci permetterà di arrivare prima alle dovute conclusioni.
Steve lo fissò incuriosito.
- Sarà in grado di starmi dietro? - chiese.
A rispondere fu il generale Raschenko.
- Oh, mi creda capitano Rogers, avrà seri problemi a scrollarselo di dosso.
Praga, 5 giorni dopo.
Steve e Vladimir, entrambi vestiti con abiti civili, percorsero via Nerudova col passo più adatto ad un
turista che a due spie, ma i loro sguardi attenti lasciavano trasparire una grande preoccupazione.
- Altri due agenti, o meglio ex-agenti, morti negli ultimi giorni. - disse a bassa voce Vladimir – Qui sta
avvenendo un'ecatombe.
- Grazie a Dio la cosa è rimasta coperta, e nessuno ha relazionato gli eventi, altrimenti ci sarebbe panico
a Praga.
- Venti agenti morti nell'arco di pochi mesi... credo che sia più che sufficiente per generare il panico...
- Eppure la città sembra tranquilla. - sospirò Cap.
I due si affacciarono nella Piazza del Piccolo Quartiere, fermandosi davanti al municipio.
- Lavora qui il vostro agente? - chiese Steve.
Il secondo rimase qualche secondo in silenzio, quasi a non voler rispondere.
- Si. - e si inoltrò verso l'ingresso.
I due entrarono nella grande sala di ingresso del municipio di Praga. Vladimir scambiò due parole con
l'addetto che li attendeva, poi fece a Steve segno di seguirlo, e dopo aver percorso qualche corridoio
entrarono in un salone arredato finemente.
Ad attenderli c'era un uomo di quasi sessant'anni, alto e robusto, dai capelli rossicci, anche se chiazzati
di bianco e dal volto aquilino. Il suo sguardo inquisitore colpì quello da soldato di Steve, e per un attimo
negli occhi del primo apparve un barlume di odio.
- Compagno Sergej. - lo saluto Vladimir.
- Com... - si interruppe, fissando con circospezione Steve – Capitano Vladimir, sa meglio di me che
l'appellativo “compagno” non esiste più.
Vladimir sorrise, poi fece cenno a Cap di avvicinarsi.
- Steve Rogers le presento Sergej Liebienko, generale delle forze del male staliniste.
Steve sorrise, cogliendone il sarcasmo, ma l'altro non fece nessun cenno di intesa e si rivolse al russo.
- So perchè siete qui, e mi stavo chiedendo perchè tardaste così tanto. Agenti in pensione vengono uccisi
come mosche, da qualche mese a questa parte, e solo a Praga. Nessun altro centro ne è stato coinvolto,
nemmeno per errore, e la cosa rende il tutto molto strano.
- Che idea ti sei fatto?
Sergej sorrise.
- Che ci sia un “dormiente” impazzito.
- Un dormiente? - chiese Cap.
I due russi lo fissarono con uno sguardo tra lo stupore e il biasimo.
- Un dormiente – espose Vladimir – è un agente senza compiti attivi, abbandonato quasi a se stesso, finchè
non viene deciso che deve entrare in attività.
- Mi state dicendo che probabilmente un agente segreto impazzito di cui nessuno conosce l'identità gira per
Praga?
- E' un'ipotesi tanto suggestiva quanto plausibile.
Steve scosse il capo sconsolato.
- Tutto questo non fa altro che complicare le nostre indagini...
- Fossero solo le vostre. - aggiunse Sergej.
Vladimir lo fissò con uno sguardo interrogativo.
- A cosa ti riferisci?
Sergej si sedette dietro la scrivania, sorridendo in maniera quasi beffarda.
- Mi sembra di essere tornato ai vecchi tempi, quando questa città era il centro del mondo più di quanto
tutti credessero. La faccenda della morte di decine di agenti fuori servizio ha allarmato i servizi segreti
di tutto il mondo, ed ora Praga pullula di spie.
Steve lo fissò accigliato.
- Quindi la matassa da sbrogliare è più complessa di quello che può sembra a prima vista.
Sergej afferrò un foglietto e vi scrisse sopra qualcosa rapidamente, poi lo porse a Vladimir.
- Recatevi a questo posto e chiedete di un certo Manuel. Era un agente al servizio del Cile di Pinochet.
Conosce molti segreti di questa città e dei suoi agenti, e potrà essere un buon punto di partenza.
Vladimir prese il foglietto, ne lesse il contenuto, e poi accese l'accendino che aveva in tasca e
lo bruciò. Poi saluto tenendo il pugno alzato e uscì dalla stanza, seguito da Steve.
- Steve Rogers è qui!
La voce che aveva appena detto questa frase era quella di una donna, mentre dall'altro lato del telefono
cellulare si udì una voce maschile, fredda e tagliente.
- Sviluppo interessante, devo dire.
- Cosa faccio?
- Seguilo. Dalle informazioni in nostro possesso, lui avrebbe più possibilità di trovare il dormiente.
- E dopo?
- Non eliminarlo, non ne saresti in grado.
- Dici?
- E' una certezza, e non ho intenzione di perdere i tuoi servigi. Limitati a raccogliere quanti più dati e
campioni possibili. Se poi riesci a portarti via il “dormiente”, anche morto, sarebbe un buon colpo.
- Farò del mio meglio.
- Brava, non mi aspetto altro da te.
E la comunicazione si interruppe.
- E' questo il posto. - disse Vladimir.
Erano entrambi fermi davanti ad un piccolo ristorantino di cucina sudamericana alla periferia di Praga.
- E' chiuso.
- Strano... secondo l'insegna dovrebbe essere chiuso il lunedì, ed oggi è giovedì.
- Non mi piace questa cosa, entriamo dal retro.
I due entrarono nel vicoletto, avvicinandosi silenziosamente alla porta. Vladimir fece cenno di aprirla, ma
Cap lo fermò e fece uscire dal polsino della camicia una canula snodabile che si infilò sotto la
porta; rimase qualche secondo fermo e in silenzio.
- Non c'è nessuno... entriamo.
La canula si ritirò, e i due entrarono. Subito sentirono delle voci e dei rumori venire dalla stanza
accanto; le voci erano due, una impaurita e una gelida e profonda, ma i rumori facevano intuire che nella
stanza ci fossero più di due persone.
- Dov'è? Piccolo bastardo, parla. - disse la prima voce, quella fredda, dal forte accento mitteleuropeo.
- Crepa! - fu la risposta della seconda voce, dall'inflessione sudamericana.
Il rumore sordo che si sentì dopo fu inequivocabile: avevano colpito il prigioniero con qualcosa di duro.
I due entrarono sfondando la porta, e si trovarono davanti ad una tipica scena di tortura, con il loro uomo
legato ad una sedia, con il corpo coperto di sangue e la testa rovesciata all'indietro. Attorno a lui c'erano
tre uomini, due un po' più distanti, mentre il terzo era difronte a lui e dava a loro le spalle, ma quando
Steve e Vladimir entrarono girò leggermente il capo, e i suoi occhi balenarono di un rosso acceso.
- Uccideteli! - disse con un tono monocorde.
Gli altri due alzarono i bracci destri, mostrando la loro arma, un guanto d'acciaio traslucido; fu una
frazione di secondo e dai guanti partirono due scariche di energia, ma Steve e Vladimir reagirono
tempestivamente, ognuno a modo suo: il primo fece apparire lo scudo davanti a se, parando il colpo, sebbene i
nanoidi che lo componevano cominciarono a bruciarsi, maltollerando la quantità di energia che li stava
colpendo, mentre il secondo, rapido come un gatto, e rimbalzando da un lato all'altro della stanza e
schivando le scariche, giunse davanti al suo aggressore, gli afferrò il braccio armato e lo spezzo, facendo
scaturire un urlo terribile, ma non si sentì soddisfatto e con preciso colpo del piede gli spezzò la gamba,
facendolo cadere in ginocchio, per poi afferrargli con rapidità la testa e girarla di 360 gradi, spezzando
completamente il collo e facendola finire penzoloni; nello stesso tempo Cap aveva estratto dallo scudo parte
dei nanoidi da cui forgiò una piccola lama, che lanciò con precisione, facendola infilare nel collo del suo
assalitore, che cadde a terra in un gorgoglio di morte.
Steve e Vladimir si fissarono per qualche attimo, poi un applauso interruppe i loro pensieri.
- Bravi, ma vi siete dimenticati di me.
Vladimir balzò verso di lui, ma il misterioso uomo lo afferrò per il collo, lo sollevò e lo sbattè contro il
muro; nel frattempo Cap gli aveva lanciato contro lo scudo, di cui aveva reso i bordi taglienti, ma
l'avversario lo afferrò con una mano e lo buttò a terra, schiacciandolo con un piede, poi con l'altra gamba
colpì al volto Steve, che nel frattempo l'aveva attaccato, poi lo sgambettò facendolo finire a terra, per poi
mettergli il piede sul collo, incurante degli sforzi di entranbi di liberarsi.
- Siete pronti a morire?
Un colpo di pistola interruppe la discussione, facendo cadere indietro il misterioso assalitore con un buco
di 3 cm sulla fronte. Steve e Vladimir si rialzarono e videro sulla soglia della porta che loro avevano
sfondato una donna con in mano una pistola dalla foggia strana, ma dall'indubbia utilità. Il suo volto era
sorridente, i suoi occhi verdi limpidi e spettrali allo stesso tempo, e i suoi capelli neri davano l'esatto
impressione di essere difronte ad una dark lady.
- Quando voi ragazzi litigate, siamo sempre noi donne a mettere le cose al loro posto...
Note: con questa storia inizia la seconda stagione di Capitan America versione extreme, ed inizia con quella che sembra profilarsi come una classica spy story, ma che rivelerà sviluppi considerevoli sul nostro eroe. Nel frattempo vi annuncio che è in fase di sviluppo (e qui il mio lavoro influenza il mio linguaggio) Extreme Avengers, grazie alla collaborazione di una preziosa collaboratrice, e che al più presto vedrete su queste frequenze di bit.